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L'intervento legislativo di Filippo II si dimostrava efficace soltanto nella valorizzazione di alcuni porti, che venivano dotati di torri, di magazzini e tal-

Nel documento a cura di Giovanni Murgia (pagine 39-42)

69 Si tratta delle prammatiche regie dell'il febbraio 1566, del 9 luglio 1570, del 14 agosto 1576, del 19 luglio 1589 e del 21 maggio 1598: cfr. Quatre reals pragmaticas de la S. C. R. Maie-stat del Rey nostre seiior, fetas en augmento de la agricoltura..., Caller, s. a. (contiene solo quel-la del 19 luglio 1589); quel-la prammatica del 14 agosto 1576 è in ACA, Cancilleria, Sardiniae, reg.

4334, cc. 176-182; E DE Vico, Leyes y pragmaticas, cit., I. tit. VI, capp. I-VIII, pp. 42-45, dove le prammatiche cerealicole sono raccolte solo in parte. Cfr. a questo proposito G. SORGIA, Note sui provvedimenti a favore dell'agricoltura sarda nella seconda metà del sec. XVI, in Medioevo Età Moderna. Saggi in onore del pro]: Alberto Boscolo, Cagliari, 1972, pp. 151-169 e B. ANATRA, La Sardegna dall'unificazione aragonese ai Savoia, cit., pp. 301-308.

70 A. ARGIOLAS, A. MATTONE, Ordinamenti portuali e territorio costiero di una comunità della Sardegna moderna. Terranova (Olbia) in Gallura nei secoli XV-XVIII, in G. Meloni, P. F.

Simbula (a cura di), Da Olbìa ad Olbia. 2500 anni di storia di una città mediterranea, Sassari, 1996, pp. 186.

volta di più adeguate infrastrutture; scarsi risultati conseguiva invece nella regolamentazione del meccanismo dell' insierro a causa della disastrosa viabi-lità interna. La distanza delle locaviabi-lità di produzione dai porti abilitati all'e-sportazione, inoltre, continuerà a favorire le "estrazioni" clandestine di cerea-li, spesso controllate dagli stessi feudatari produttori.

Per porre rimedio, in qualche misura, ai traffici clandestini, con la pram-matica del 21 maggio 1598, Filippo II modificava la precedente liberalizza-zione delle "estrazioni" di merci e derrate, stabilendo che i porti d'imbarco abilitati alle esportazioni dovessero essere soltanto quelli di Cagliari, Orista-no, Alghero e Porto Torres. Tutte le esportazioni effettuate in altri porti o approdi del Regno sarebbero state considerate illegali e pertanto i carichi sarebbero stati sequestrati dagli ufficiali regi".

I porti di levante, Terranova, Posada, Orosei, Ogliastra, adatti alla picco-la navigazione, venivano utilizzati soprattutto per il commercio interno.

Per tutta la prima metà del XVII secolo la politica economica della Coro-na oscillò tra uCoro-na rigida applicazione delle misure mercantilistiche e protezio-nistiche e parziali aperture o deroghe alle richieste di maggior liberalizzazio-ne dei commerci avanzate soprattutto dalle città minori.

La concentrazione delle esportazioni cerealicole in soli quattro porti cari-catori produceva infatti forme dí controllo monopolistico sull'intero sistema delle tratte, il che creava, come nel Parlamento del 1631, aspre frizioni tra Stamenti e viceré".

Durante il parlamento Avellano il problema di riformare il monopolio delle sacas del grano veniva affrontato ma non risolto, per l'opposizione soprattutto del ceto ecclesiastico, preoccupato di vedersi privato di buona parte del gettito decimale. In una consulta tenuta dalla Reale Udienza, ad esempio, veniva apertamente denunciato che i labradores erano da tempo in balia degli asientistas sia per la determinazione del prezzo che per l'esporta-zione del grano. E proprio a questo perverso meccanismo veniva addebitato il crollo della labranca, tanto che oramai annualmente non si estraevano più di 100/200 mila starelli di frumento, quando prima se ne esportavano anche 600/700 mila.

«Con la riforma introdotta proprio dalle Cortes Avellano, secondo cui 2/5 delle esportazioni andavano considerati di caxa e tassati a 4 reali per starello, gli altri 3/5 del labrador, e tassati a 2 reali per starello — ai prezzi cioè anterio-ri al 1629, ma nelle stesse proporzioni introdotte negli asientos dei monopo-

71 Cfr. ACA, Consejo de Aragón, legajo 1170.

72 Per una esauriente e puntuale analisi della normativa relativa ai porti caricatori e alla libe-ralizzazione del commercio cerealicolo, rinviamo al saggio di A...,ARGIOLAs, A. MATTONE, Ordi-namenti portuali, e territorio costiero di una comunità della Sardegna moderna. Terranova (Olbia) in Gallura nei secoli XV-XVIII, cit., pp. 127-251.

listi — avveniva infatti che per i contadini, non potendo per i 2/5 delle loro eventuali esportazioni sopportare il peso dei 4 reali richiesti per starello, diventava giocoforza che malbaraten estos billetes como en tiempo de los asientos fino a 1/10 di reale per starello... Tutto ciò denota peraltro che, in concomitanza con la scadenza formale del 5° asiento (1643), si era venuto a determinare un doppio regime delle tratte: mentre si protraevano quelle dei monopolisti, che intendevano rientrare degli arretrati delle loro anticipazioni finanziarie, si riattivavano quelle a libera contrattazione, coloro che riusciva-no ad accaparrarsele a loro volta beneficiando della depressa forza contrat-tuale dei contadini, in questo aiutati dal Parlamento»73.

Contestualmente veniva denunciato che la Reale Udienza non era in grado di esercitare un diretto controllo sul raccolto e sui billetes che venivano rila-sciati ai labradores, in quanto, in fase di scrutinio, l'arcivescovo di Cagliari si rifiutava dí mettere a disposizione le relative liste per timore di perdere quote non indifferenti delle decime per rifiuto al versamento intiero proprio da parte dei produttori. Al riguardo, per porre fine a questi inconvenienti, essa proponeva di rendere uguali los precios de las sacas a 2,5 reali per starello, sostenendo che il dispositivo in vigore con i monopolisti (2,6 reali per starel-lo) aveva consentito a questi di specularci sopra, perché cuanto nuis suba el precio de las tratas, es tanto mayor la baxa del precio de los granos. Ciò ancor più si verificava con la tassa riformata, che comportava 2,8 reali per starello.

Per spezzare il monopolio degli asientos, che producevano l'asfissia del mercato con gravi conseguenze sull'attività agricola, in quanto in un mercato ristretto i prezzi troppo bassi ne scoraggiavano la produzione, i ceti privile-giati proponevano la liberalizzazione del commercio del grano, di cui annual-mente si esportavano circa 400 mila starelli su un raccolto medio di oltre un milione, limitando nel contempo la concessione delle tratte ai forestieri in favore dei naturales.

Fin dal 1619 l'amministrazione regia, per assicurarsi una rendita sicura e costante, aveva infatti appaltato il monopolio dell'esportazione del grano esclusivamente a mercanti genovesi, tra i quali si distinguevano gli Airaldo e i Vivaldi74.

73 B. ANATRA, Aspetti della congiuntura seicentesca, cit., p. 22; cfr. ACA, Consejo de Aragón, legajos 1198 e 1199 e Tesoreria General, vol. 134; e ASC, AAR, Parlamenti, vol. 170, "Capito-li dei tre Stamenti", cc. 684-686v.

74 Sulla presenza genovese in Sardegna cfr. I. ZEDDA, L'Arciconfraternita dei Genovesi ín Cagliari nel secolo XVII, Cagliari, 1974; G. SORGIA, Genova, Sardegna e Spagna nel Cinquecen-to, in R. Belvederi (a cura di), Rapporti Genova-Mediterraneo-Atlantico nell'Età Moderna, 1983, pp. 113-125; L. GALLINART, Famiglie genovesi in Sardegna, in Dibattito su grandi famiglie del mondo genovese fra Mediterraneo e Atlantico, in G. Pistarino (a cura di), Atti del Conve-gno (Monteggio, 28 ottobre 1995), Genova, 1997, pp. 72-87; B. ANATRA, Economia sarda e commercio mediterraneo, cit., pp. 173-176, e ID., I genovesi a Cagliari nella prima metà del XVII

A premere in questa direzione sono soprattutto i ceti urbani, per i quali

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