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Al di là dei motivi, per così dire, di carattere politico-religioso, veniva riba- riba-dito che l'esclusività delle cariche a favore del clero sardo avrebbe avuto un

Nel documento a cura di Giovanni Murgia (pagine 127-130)

positivo riscontro anche in termini economici, perché il ricavato dalle pre-bende, invece che prendere la via d'oltremare, sarebbe rimasto nell'isola, con grande vantaggio anche per le finanze del Regno'.

Venendo poi incontro agli interessi del ceto mercantile, rappresentato in maniera marcata dai mercanti genovesi, che insieme al ceto signorile ed al clero locali controllavano il monopolio della commercializzazione del grano, il de Moncada presentava la richiesta della concessione di una saca straordi-naria per l'esportazione di 4 mila starelli di grano. Gli utili sarebbero stati interamente devoluti a favore del convento di Santa Chiara che, saccheggia-to durante l'invasione francese, correva seri pericoli di crollo.

Per rilanciare le attività economico-produttive e commerciali della città insisteva affinché fossero attivati interventi mirati a promuovere l'attività nelle peschiere, con la contestuale repressione della pesca di frodo, e a rilan-ciare l'attività delle saline regolamentando soprattutto il prezzo del sale bian-co. Per favorire il commercio interno ribadiva la conferma degli antichi pri-vilegi della città relativi al libero ingresso e allo smercio in città dei prodotti provenienti dalla campagna, senza balzelli aggiuntivi. Come pure dovevano liberamente circolare i prodotti della pastorizia e quelli derivanti dalla viticol-tura. Particolare attenzione doveva essere prestata al rigoroso rispetto dei cal-mieri, delle tariffe, dei pesi e delle misure.

Considerato poi 10 stato di estrema povertà in cui veniva a trovarsi la città, ad essa dovevano essere condonati tutti í ratei non ancora saldati, relativi al pagamento delle quote del donativo precedente, fissate nel Parlamento pre-sieduto dal viceré Bayona nel 1631 e concluso dal vescovo di Alghero don Gaspare Prieto l'anno seguente.

Gli stessi rappresentanti della villa di Santa Giusta, richiamando gli anti-chi privilegi e poiché sulla comunità ricadeva l'onere di tenere sempre in effi-cienza il ponte che la collegava alla città, chiedevano di non essere sottoposti a nuovi tributi, in occasione della ripartizione, tra le ville del Regno, delle quote del donativo242.

Ma la richiesta più innovativa (e che forse per questo non verrà presa ín alcuna considerazione) sarà quella relativa al riconoscimento, per almeno dieci anni, del privilegio di franquesa per il porto della città. Come pure veni-va perentoriamente respinta l'istanza diretta al riconoscimento del diritto di autoconvocazione dei rappresentanti del ceto nobiliare residenti nella città e nel Marchesato d'Oristano243.

241 Cfr. ASC, AAR, Parlamenti, vol. 170, "Capitoli della città di Oristano", n. 34, cc. 738-738v.

242 Ibidem, "Capitoli di Santa Giusta", n. 1, c. 694.

243 Per un approfondimento sulla società oristanese nella prima metà del Seicento, cfr. G.

MURGIA, La città di Oristano, cit., pp. 3-21.

Le altre città del Regno, Alghero, Bosa, Iglesias e Castellaragonese, per quanto si trovassero ad affrontare una profonda crisi economica per il crollo dei commerci, in concomitanza con una guerra che aveva frenato i traffici nel Mediterraneo, interessando tutti i porti caricatori dell'isola, denunciavano con forza, ma anche con un certo qual senso di rassegnazione, questo stato di cose, sollecitando la monarchia ad intervenire per superare lo stato di grave congiuntura che esse attraversavano.

Il sindaco di Alghero don Marco Boyl, ad esempio, rimarcava il progres-sivo spopolamento della città negli ultimi anni', dovuto al crollo dei traffici e soprattutto alla fuga dei corallari da quei litorali, resi insicuri dalla continua presenza corsara245.

Le entrate della città, rispetto alle uscite, presentavano uno sbilancio pari a

1408 lire per cui non era possibile provvedere né alle spese del culto, né tan-tomeno alla sorveglianza delle marine. Poiché il donativo risultava superiore a quello fissato nel parlamento Bayona, nonostante il forte calo demografico e l'estremo stato di povertà della città a causa delle rovinose conseguenze della pestilenza e della guerra in corso, il Boyl presentava istanza perché si procedes-se ad un nuovo censimento della popolazione, affidato ad un funzionario regio della massima fiducia e serietà, e che non comportasse spese; chiedeva inoltre che la quota di donativo venisse alleggerita e la città esentata dal pagare oneri processuali in tutti i tribunali del Regno. Per alimentare le esauste finanze cit-tadine sollecitava poi la concessione di una saca pari a 3 mila starelli di grano.

Contestualmente premeva perché alla città venisse riconosciuta una più ampia autonomia soprattutto nella gestione del governo locale, limitando i poteri di rigido, e spesso soffocante, controllo esercitati dal governatore del Capo di Sassari nelle operazioni di insaccolazione ed estrazione dei consiglie-ri. In futuro questo compito doveva essere riservato esclusivamente al veguer, agli assessori e ai consiglieri della città, per evitare inconvenienti e spese.

Al pari di Alghero anche la città di Bosa denunciava una situazione di grave congiuntura che aveva colpito in maniera particolare i settori relativi alla pesca e ai traffici portuali. Pertanto per voce del suo delegato presentava la richiesta di poter immagazzinare ogni anno mille rasieri di frumento, acquistato al prezzo d'afforo fissato nella città di Cagliari, e terminato l' insier-

244 Per le conseguenze demografiche e sociali che le pestilenze esercitarono sulla città sardo-catalana cfr. J. DAY, Uomini e terre nella Sardegna coloniale, cit., pp. 227-242; A.

BUDRUNI, Pestilenze e ripopolamento ad Alghero nell'età spagnola (1582-1652). Crisi e vitalità di una cultura urbana, in "Quaderni sardi di storia", n. 5 (1985-86), e ID., Breve storia della città di Alghero, Alghero, 1989.

245 La crisi del commercio mediterraneo ebbe pesanti ripercussioni sull'economia algherese. Cfr. A. MATTONE, P. SANNA, Per una storia economica e civile della città di Alghero, cit., e G. MURGTA, L'attività della pesca del corallo, cit.

ro di potere liberamente immettere sul mercato il grano vecchio, senza il

pagamento dei diritti di saca, al pari di quanto godevano Cagliari e Alghero, a compratori forestieri o naturales.

Interventi urgenti venivano richiesti per la manutenzione delle mura del castello, aperte in più punti, per dotare d'armamento la torre situata allo sbocco del Temo e per liberare la foce dalla sabbia che impediva l'approdo alle barche'.

Il problema dell'incentivazione dei traffici commerciali veniva sollevato

Nel documento a cura di Giovanni Murgia (pagine 127-130)

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