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Definizioni

Nel documento IlSettoreBancario PaoloBiffis (pagine 51-55)

eliminare questo rischio; la vigilanza sul rispetto dei vincoli, tuttavia, ha buone possibilità di valutare preventivamente le situazioni più critiche e di approntare manovre di salvaguardia.

In Italia, l’attività bancaria viene perimetrata dal T. U. bancario e dalle auto-rità creditizie – Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR), Ministero dell’Economia e Banca d’Italia – cui sono affidati i poteri di indirizzo, di controllo, di vigilanza e di intervento. Le direttive che la Banca d’Italia ema-na periodicamente sono volte ad adeguare le norme positive al continuo evolvere dei mercati, delle istituzioni e delle nome comunitarie che mirano a realizzare il ’mutuo riconoscimento’ (v. supra, § 1.4, n. 17 e Glossario) per lo svolgimento dell’attività bancaria e finanziaria2.

Tutta la materia, comunque, deve sempre essere rapportata anche alle norme generali del Codice civile italiano cui anche lo Statuto di ciascuna azienda di credito deve adeguarsi.

2.2 Definizioni

Nell’ambito di questo lavoro, condizione necessaria e sufficiente perché un’im-presa possa venire denominata ‘banca’ è che la sua attività sia imperniata sulla funzione monetaria, cioè che l’esercizio del credito e la raccolta dei fondi in contro-partita con il pubblico avvenga anche tramite la forma tecnica del conto corrente di corrispondenza3. Si vogliono così isolare le sole imprese che producono moneta bancaria: restano pertanto escluse le banche che raccolgono fondi non a vista e, a maggior ragione, gli altri intermediari finanziari.

2La direttiva iniziale in materia creditizia (Direttiva n. 183 del 28 giungo 1973) tendeva ad eliminare i vincoli connessi con la libertà di stabilimento e con la libera prestazione dei servizi; successivamente la Prima Direttiva (n. 780 del 12 dicembre 1977) e la Seconda Direttiva (n. 646 del 15 dicembre 1989) in materia bancaria hanno riguardato il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative: – alla possibilità dei soggetti di essere qualificati enti creditizi (e quindi di accedere all’attività); – al genere di attività che caratterizza gli enti medesimi (e quindi ad esercitare l’attività). L’obiettivo, perseguito nel periodo 1985–1992 attraverso il progressivo smantellamento di gran parte delle frontiere fisiche, tecniche e fiscali che impedivano una completa circolazione intercomunitaria dei beni e dei servizi, oltre che delle persone, è stato considerato raggiunto a partire dal 1gennaio 1993.

I provvedimenti assunti a mano a mano sono stati ora rifusi nelle seguenti due Direttive (al-trimeni denominate Capital Requirements Directive - CRD 1):

— 2006/48, relativa all’accesso all’attività degli enti crediti e al suo esercizio ove si prevedono i termini dei requisiti patrimoniali minimi a fronte dei rischi di credito (v. Glossario) e dei rischi operativi (v. Glossario);

— 2006/49 relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti crediti-zi, ove si prevedono i requisiti patrimoniali per fronteggiare i rischi del portafoglio di negoziazione, cioè i rischi di mercato (v. Glossario).

3Ci si vuole occupare cioè del nucleo centrale del fenomeno ‘credito’: «. . . possiamo definire il nucleo centrale del fenomeno credito nella maniera seguente: il credito è essenzialmente creazione di potere d’acquisto al fine di cederlo all’imprenditore, e non semplicemente trasferimento di potere d’acquisto esistente» [295]: 117.

La definizione deriva dall’analisi del nostro ordinamento4 che riserva la de-nominazione di ‘banca’ all’impresa autorizzata dalla Banca d’Italia ad esercitare l’attività bancaria, avente cioè la capacità giuridica di:

– raccogliere il risparmio tra il pubblico; – esercitare il credito.

La raccolta di risparmio tra il pubblico è sinonimo di ‘acquisizione di fondi rimborsabili, sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma’. Per giungere alla definizione qui adottata, tuttavia, è necessario perimetrare meglio il comparto per-ché la locuzione ‘risparmio fra il pubblico’ comprende una vasta serie di fattispecie: depositi a risparmio e in conto corrente, pronti contro termine, certificati di depo-sito, obbligazioni, prestiti subordinati, ecc., non tutte ascrivibili esclusivamente all’attività bancaria in senso stretto.

La raccolta di risparmio che qui interessa è quella che deriva dalla funzione monetaria delle banche che promana dunque dall’esercizio del credito in conto corrente (v. ultra, § 3.5) e che viene riservata soltanto alle banche commerciali: infatti ‘l’acquisizione di fondi rimborsabili, sia sotto forma di depositi sia sotto al-tra forma’ viene riservata anche ad altri tipi di imprese (assicurative e finanziarie),

4L’ordinamento italiano discende dall’ordinamento comunitario, ora rifuso nelle Direttive 2006/48 e 2006/49 ove si definiscono gli enti creditizi (v. Glossario).

Per evitare che la definizione appaia troppo lontana dall’ordinamento in vigore, può essere utile riportare l’art. 10 e un estratto dell’art. 11 del T. U. bancario:

«Art. 10 – Attività bancaria.

1. La raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attività banca-ria. Essa ha carattere d’impresa.

2. L’esercizio dell’attività bancaria è riservato alle banche.

3. Le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse e strumentali. Sono salve le riserve di attività previste dalla legge.

Art. 11 – Raccolta del risparmio.

1. Ai fini del presente decreto legislativo è raccolta del risparmio l’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma.

2. La raccolta del risparmio tra il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle banche. 3. . . .

4. Il divieto di cui al secondo comma non si applica:

a) agli Stati comunitari, agli organismi internazionali. . . , agli enti pubblici territoriali ai quali la raccolta di risparmio è consentita in base agli ordinamenti nazionali. . . ;

b) agli Stati extracomunitari. . . ;

c) alle società per azioni e in accomandita per azioni per la raccolta effettuata. . . mediante ob-bligazioni;

d) alle società ed enti con titoli negoziati in un mercato regolamentato per la raccolta effettuata, mediante titoli anche obbligazionari,. . . ;

e) alle imprese per la raccolta effettuata tramite banche ed enti sottoposti a forme di vigilanza prudenziale che esercitano attività assicurative e finanziaria, (. . . );

f) agli enti sottoposti a forme di vigilanza prudenziale che svolgono attività assicurativa o finan-ziaria per la raccolta ad essi specificamente consentita. . .

5. Nei casi previsti dal quarto comma, lettere c), d), e) e f) sono comunque precluse la raccol-ta di fondi a visraccol-ta e ogni forma di raccolraccol-ta collegaraccol-ta all’emissione o alla gestione di mezzi di pagamento».

2.2. DEFINIZIONI 47

di società e di enti (oltre che ad alcuni Stati ed enti pubblici). A queste ultime, tuttavia, viene preclusa ‘la raccolta di fondi a vista e ogni forma di raccolta colle-gata all’emissione e alla gestione di mezzi di pagamento’. Come si vede, i fondi a vista possono essere acquisiti presso il pubblico solo dalle banche (e da alcuni Stati ed enti pubblici): il che non preclude che l’attività bancaria possa essere svolta acquisendo fondi soltanto a scadenza protratta, dando luogo alla configurazione di banca con raccolta a medio e lungo termine, oppure acquisendo fondi a vista ma non presso il pubblico.

Ma poiché le passività a vista in contropartita con il pubblico vengono gene-rate e si accrescono esclusivamente per effetto dei prestiti in conto corrente, cioè attraverso una concessione di credito, il nucleo centrale dell’attività bancaria è rappresentato appunto da questa funzione. La definizione adottata in questo la-voro è simile ma non identica a quella dell’ordinamento: lascia infatti sullo sfondo le banche a medio e lungo termine.

La locuzione ‘raccolta di risparmio presso il pubblico’, come si è già notato, non delimita precisamente il fenomeno economico–finanziario della raccolta del risparmio, come può apparire a prima vista. Si è così reso necessario interpretare meglio il dettato dell’art. 11 del T. U. bancario, anche alla luce delle disposizioni del T. U. finanziario, e la Banca d’Italia ha precisato il significato anche della locuzione ‘raccolta di risparmio dei soggetti diversi dalle banche’5.

Con riferimento all’altro elemento essenziale dell’attività bancaria, l’esercizio del credito, è necessario fare riferimento alle attività ammesse al mutuo ricono-scimento (v. T. U. bancario, art. 1 e Glossario), in particolare alle operazioni di prestito, ai servizi e ai mezzi di pagamento, al rilascio di garanzie e di impegni di firma e al credito mobiliare (T. U. bancario, art. 1, comma 2 f) punti da 2 a 8). Nel caso delle attività detenibili, la definizione adottata in questo lavoro si riferisce ad un ambito più ristretto di quello coperto dall’ordinamento, dato che l’esercizio del credito può avvenire con forme tecniche molto diversificate. Nella definizione qui adottata ci si riferisce all’esercizio del credito in conto corrente come conditio sine qua non per ricomprendere le imprese che svolgono attività bancaria perché l’attività bancaria in senso stretto non può prescindere dalla forma tecnica dello scoperto di conto.

L’impresa bancaria cui si farà riferimento dunque è l’impresa che, autorizzata a svolgere attività bancaria, utilizza il conto corrente per esercitare il credito e per indebitarsi in contropartita con il pubblico. Ne segue che la banca in questione svolge la funzione creditizia perché concede prestiti comprendendo, come minimo, la forma tecnica dello scoperto di conto corrente e svolge la funzione monetaria perché i prestiti in conto corrente, utilizzati come moneta, sono suscettibili di tra-sformarsi in passività rimborsabili a qualsiasi scadenza, cioè raccoglie fondi presso

5In materia di raccolta del risparmio non si può dunque prescindere dal dettato del Tit. IX, Cap. 2 delle Istruzioni di vigilanza della BI.

il pubblico con obblighi di rimborso che vanno dall’ ‘a vista’ (i conti correnti) alle passività subordinate (v. Glossario).

Le imprese che, invece, si indebitano solo a scadenza protratta e quelle che acquisiscono fondi collegati solo la prestazione di servizi di pagamento (v. Glossa-rio) esulano dall’analisi di questo lavoro e se ne è fatto cenno quando si è trattato di circoscrivre l’industria del credito (v. supra, § 1.5).

Si scindono, dunque, alcuni intermediari creditizi da altri sulla base della ca-pacità di attivare il moltiplicatore dei depositi (v. ultra, § 3.5) e, quindi, dalla capacità di generare moneta bancaria. Termini come banca di deposito, banca commerciale, banca di credito ordinario, banca popolare, banca di credito coope-rativo, banca mista, banca universale, azienda di credito, ente creditizio, verranno così riferiti ad unico gruppo di soggetti, cioè a quelle imprese che hanno la capacità giuridica (in quanto autorizzate dalla Banca d’Italia) di emettere, in contropar-tita con il pubblico, debiti a vista i quali, per definizione, fanno parte dei mezzi di pagamento che la banca centrale cerca di controllare, perché rientrano nella configurazione di M1 (v. ultra, § 3.4). Questi soggetti sono anche quelli che pos-sono accedere, in quanto candidati naturali, al ‘credito di ultima istanza’, cioè all’anticipazione infragiornaliera (v. ultra, § 3.8.5).

Poiché è evidente la difficoltà di scindere economicamente, ancor prima che giuridicamente, molti fenomeni finanziari, è necessario individuare i gruppi di aziende la cui attività è contigua a quella della banca, nell’accezione qui accolta. È tale contiguità, come si è visto, che consente di perimetrare un settore economico (v. supra, Cap. 1, n. 2 e pag. 7).

Si tratta allora di quelle imprese, cui si è già accennato, che si indebitano a scadenza protratta in contropartita con il pubblico e che, a buon diritto, si denominano banche con raccolta a medio e lungo termine6. Rimane poi il vasto gruppo delle imprese di credito cui si è fatto riferimento e che esercitano attività e servizi ammessi al mutuo riconoscimento.

Dal punto di vista di questo lavoro, si insiste, l’elemento che discrimina le banche commerciali anche dalle altre imprese che esercitano attività bancaria (le banche a medio termine) viene individuato nella possibilità di partecipare al

6Nell’ordinamento in vigore fino alla promulgazione del T. U. bancario (1993) esse venivano denominate Istituti di Credito Speciale (ICS) con locuzione riferita all’attività creditizia, anche se la Legge Bancaria del 1936 ne distingueva i connotati dal lato del passivo. È poco conve-niente oggi utilizzare la medesima locuzione almeno per due motivi: si creerebbe, anzitutto, un’ingiustificata continuità con il passato ordinamento ispirato alla specializzazione temporale degli intermediari adottata per legge; si rischierebbe, poi, di confondere le banche con raccolta a medio e lungo termine con l’attività bancaria svolta dalle banche quando intervengono con particolari operazioni di credito quali il credito fondiario, il credito alle opere pubbliche, il cre-dito agrario e peschereccio, il crecre-dito a medio e lungo termine alle imprese e il crecre-dito agevolato. Oltre alle banche a medio termine, vi sono poi anche gli Istituti Centrali di Categoria che non raccolgono, di regola e almeno fino ad ora, depositi a vista in contropartita con il pubblico ma che svolgono attività, anche bancaria, a supporto delle aziende associate. Anch’essi, tuttavia, potrebbero essere autorizzati a divenire banche a tutti gli effetti oppure possono specializzarsi in una o più delle attività ammesse al mutuo riconoscimento.

Nel documento IlSettoreBancario PaoloBiffis (pagine 51-55)