2.4 Interventi sulla competitività del settore
2.4.6 Le relazioni fra banche, non banche e gruppi bancari
La questione delle relazioni fra banche e non banche transita attraverso le relazioni finanziarie e patrimoniali che si instaurano fra le banche e diversi soggetti, non solo all’interno del conglomerato finanziario.
La questione è molto complessa: la vigilanza sta operando per individuare i migliori percorsi in grado di mantenere una distanza sostenibile fra interessi di-versi e spesso contrastanti. Il processo di liberalizzazione in corso toccherà didi-versi aspetti fra i quali non sono trascurabili gli interventi della banca centrale che ten-dono ad essere neutri rispetto agli interessi espressi dal mercato: ciò significa che la banca centrale tende a vigilare sui comportamenti piuttosto che a promuoverli o a indirizzarli.
Su questa scia la Banca d’Italia ha recentemente stabilito di non dover es-sere più destinataria dell’informazione dovuta dalla banche in caso di fusioni o acquisizioni, prima della decisione degli organi aziendali. L’intento è quello di in-tervenire, eventualmente, solo successivamente al perfezionamento della decisione degli organi medesimi21.
2.5 Osservazioni conclusive
Il buon funzionamento di un sistema economico deve disporre di un efficace ed efficiente settore bancario ben integrato nella più vasta industria del credito, articolata in istituzioni (banche e altri intermediari finanziari), strumenti tecnici (strumenti finanziari e mezzi di pagamento), mercati (borse valori e borse merci) e autorità di vigilanza. Fra i diversi fattori che possono minarne la stabilità vi sono le crisi delle singole banche: la storia insegna che le debolezze e le inefficienze del settore bancario hanno avuto conseguenze gravi, a volte disastrose, sull’intera eco-nomia dei paesi coinvolti. La solidità del sistema bancario e delle singole banche, bancario e della piazza finanziaria italiana in un contesto di mercato aperto alla competizione transfrontaliera e caratterizzato da una crescente ‘concorrenza tra ordinamenti’.
L’abrogazione delle disposizioni in questione non esime, peraltro, i responsabili organi aziendali delle banche e delle società capogruppo dal porre in essere le misure idonee a controllare e gestire, nell’ambito dei rischi connessi all’attività svolta, anche i rischi derivanti dal mismatching di scadenze dell’attivo e del passivo di bilancio e i rischi impliciti nell’attività di finanziamento a medio–lungo delle imprese.» v. BI, Boll. Vig., n. 3/2006.
21«Le istruzioni di vigilanza in materia di partecipazioni al capitale delle banche e delle so-cietà finanziarie capogruppo. . . prevedono, nei casi di acquisizione di partecipazioni rilevanti che comportino il controllo della banca o della capogruppo, l’obbligo di rendere un’informativa preventiva alla Banca d’Italia. . . prima della convocazione degli organi aziendali. . .
In attesa di una più ampia revisione della normativa in materia di partecipazioni al capitale delle banche. . . [viene] meno l’obbligo di comunicare alla Banca d’Italia il progetto di acquisi-zione di una partecipaacquisi-zione di controllo prima che esso venga sottoposto agli organi aziendali competenti per l’approvazione dell’iniziativa.
In caso di operazioni volte ad acquisire il controllo su una banca o su una società finanziaria capogruppo l’istanza di autorizzazione deve essere tempestivamente trasmessa alla Banca d’Italia una volta assunta la relativa decisione da parte degli organi aziendali competenti» v. [53]
dunque, è prioritaria e deve essere raggiunta e tutelata: a questo obiettivo mira la Vigilanza che tende a garantire e a sollecitare, mediante controlli ed interventi anche stringenti, la sana e prudente gestione delle banche.
L’obiettivo viene oggi perseguito attraverso la vigilanza prudenziale il cui prin-cipio fondamentale prevede l’utilizzo del patrimonio di vigilanza quale grandezza economica destinata a fronteggiare i rischi che ciascuna banca assume. In assenza di vincoli patrimoniali, la convenienza di breve periodo spingerebbe verso impieghi ad alta redditività ma con rischi elevati, con grave pregiudizio per le condizioni di compatibilità economica, finanziaria e patrimoniale delle singole banche e del sistema. L’importanza della grandezza patrimoniale è testimoniata dalla circo-stanza che ad essa è stata dedicata grande attenzione da parte del Comitato di Basilea (v. ultra, Cap. 4).
Gli attori del settore bancario operano all’interno di un ordinamento che ha subìto recentemente notevolissime trasformazioni e che è ora sottoposto ad ulte-riori riflessioni che interessano i paradigmi fondamentali sui quali ha poggiato il settore del credito in generale e quello italiano in particolare: la separatezza fra banca e industria, la specializzazione funzionale delle aziende di credito, l’azione della vigilanza.
L’economia monetaria può essere rappresentata da un sistema di vasi comu-nicanti ove i beni economici sono sempre investiti ma anche, simultaneamente, sempre in attesa di realizzo in quanto è sempre possibile il loro smobilizzo al fi-ne di cogliere la migliore combinaziofi-ne rischio–rendimento. Questo schema è ben più evidente con riferimento ai beni e ai servizi finanziari, data la loro prevalente immaterialità e sostituibilità.
Soffermarsi, perciò, sulle questioni giuridiche e regolamentari, che tendono cioè ad evitare che ‘vi sia comunicazione fra vasi comunicanti’, oppure che vi sia fra di essi la ‘naturale’ comunicazione, consente di capire le modalità attraverso le quali gli ordinamenti (economici, giuridici, sociali, ecc.) vengono costruiti e governati e di dare ragione degli obiettivi che si prefiggono. Fra di essi, nell’ambito del settore delle banche, non ha poco rilievo la preoccupazione di individuare il modo migliore per contemperare la salvaguardia della ragione dei creditori delle banche, cioè dei depositanti, con la salvaguardia della stabilità delle aziende di credito in quanto tali, cioè in quanto imprese che rappresentano, di per se stesse, beni economici risultanti da un lungo processo di accumulazione di conoscenze e di know how : la questione delle relazioni fra banca e industria (v. ultra, § 6.1) è sicuramente una delle questioni clou della stabilità delle singole banche e del sistema.
Le banche italiane si trovano oggi in una situazione forse mai conosciuta nei de-cenni precedenti quanto a condizioni di mercato, e quindi di competitività; quanto a condizioni di vigilanza e di regolamentazione, migliorate dal punto di vista della precisione e della trasparenza; quanto a uniformità di forma giuridica e di capa-cità operativa, dato che la forma della società di capitali connota ormai tutte le aziende di credito e che la capacità operativa è estremamente vasta e lasciata alla discrezionalità degli organi aziendali; quanto, infine, a livello competitivo, anche
2.5. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE 67
con intermediari finanziari non bancari, quali le imprese di investimento, sulla possibilità di intercettare il circuito risparmio–investimenti del pubblico.
Tutto questo deve essere inserito in un quadro che ha previsto la riduzione delle barriere all’entrata e di quelle all’uscita: le prime ora riferite prevalentemente al possesso di determinati requisiti patrimoniali e organizzativi, mentre le altre si sono ridotte in forza della mobilità intrinseca dei pacchetti azionari che agevolano fusioni e acquisizioni, anche in caso di dissesto.
Dal punto di vista dell’assetto istituzionale i comparti più difficili da governare nel corso dei prossimi anni, come si è già ricordato, riguarderanno la despecia-lizzazione operativa di tutte le imprese di credito cui segue l’individuazione dei conglomerati finanziari cui ricondurre le numerose banche e imprese di investi-mento tuttora presenti nel mercato italiano e il livello di commistione con i settori assicurativo, finanziario e con il settore non finanziario.
La banca commerciale, tuttavia, sembra essere il cardine intorno al quale ruota il sistema almeno perché è l’unica impresa di credito che ha l’obbligo di rispettare contemporaneamente i seguenti vincoli:
— rispettare il vincolo di bilancio;
— detenere una riserva obbligatoria di liquidità;
— rispettare livelli minimi patrimoniali a fronte dei rischi assunti e disporre di free capital per ampliare la propria attività;
— compensare quotidianamente e inderogabilmente le proprie ragioni di cre-dito e di debito che affluiscono al sistema dei pagamenti, con la possibilità di disporre di una linea di credito overnight, illimitata e gratuita presso la banca centrale;
— rimborsare i finanziamenti di banca centrale prima di poter mobilizzare la riserva obbligatoria.
Capitolo
3
Il vincolo di liquidità
3.1 Note introduttive
Le banche che si avvalgono della raccolta a vista vedono accentuata la que-stione della liquidità almeno per due motivi: l’obbligo di detenere la riserva obbli-gatoria (ROB); l’obbligo di compensare le rispettive ragioni di debito e di credito a fine giornata. Quando i crediti e i debiti fra le banche vengono regolati, infatti, danno luogo a pagamenti e a riscossioni in base monetaria (cioè in debiti a vista della banca centrale) in contropartita con la banca centrale medesima, che gestisce il meccanismo di compensazione fra le ragioni di debito e di credito delle diverse banche.
La moneta bancaria, cioè l’insieme dei debiti a vista delle banche (i depositi in conto corrente), è il mezzo di pagamento più diffuso e utilizzato come se avesse il potere liberatorio negli scambi: in verità tale potere appartiene esclusivamente alla moneta legale, che è una parte della base monetaria; spesso, tuttavia, il pubblico attribuisce tale caratteristica anche alla moneta bancaria, in forza dell’efficacia e dell’efficienza del sistema dei pagamenti bancari, ma trascurando il rischio di credito attribuibile all’emittente lo chèque, da parte di chi lo riceve.
Nel capitolo che segue si descriveranno, in termini stilizzati, tre processi: l’uno, riguardante la base monetaria, attivato dalla banca centrale; l’altro, riguardante la moneta bancaria, attivato dal settore bancario; il terzo riguardante il sistema dei pagamenti bancari che consente di trasformare le promesse di pagamento delle banche in pagamenti effettivi, cioè di trasformare la moneta bancaria in base monetaria.
Le due specie monetarie cui si farà riferimento sono quelle prevalenti in ogni sistema economico sviluppato, collegate strettamente fra di loro per il tramite di un sistema di compensazione che testimonia quotidianamente il buon fine dei
pagamenti bancari di cui si avvalgono gli scambi; cioè la loro trasformazione da pagamenti da regolare (o promesse di pagamento) in pagamenti regolati (in base monetaria). Diviene così necessario riassumere anche i connotati del sistema dei pagamenti che si perfeziona attraverso il sistema della compensazione, consen-tendo di andare alla radice del fenomeno monetario–creditizio. Poiché la banca centrale è deputata a presiedere alla creazione della base monetaria e alla gestione della compensazione, se ne descriveranno le funzioni in questo ambito di attività. Si è visto (v. supra, § 1.3) che i processi monetari riguardano la nascita e la circolazione della moneta e la conseguente formazione e variazione delle grandezze monetarie. Essi si affiancano ai processi reali che riguardano gli scambi di beni in natura.
Questi ultimi, di regola, non sono simultanei (baratto) perché non prevedono la contestualità fra prestazione e controprestazione: il che avverrebbe se uno scambio avvenisse mediante cessione di determinati beni e servizi attuali contro altri beni e servizi, pure attuali. Tali scambi possono realizzarsi, invece, in momenti diversi cosicché prestazione e controprestazione vengono ad essere distanziate nel tempo. Si tratta dunque di cessione di beni e servizi attuali contro beni e servizi futuri: cioè di uno scambio a credito1.
Gli operatori hanno la necessità di memorizzare questi scambi a credito: cioè i debitori devono tenere conto che spetta loro eseguire una controprestazione così come i creditori devono tenere conto che spetta loro riceverla. La memorizzazione da parte dei debitori avviene, di regola, rilasciando a favore dei creditori una promessa di pagamento che individua i termini della controprestazione.
I conti finanziari degli operatori pareggiano in forza di queste promesse di pagamento che sono sia debiti, cioè passività emesse dal debitore, sia crediti, cioè le stesse passività, divenute attività nel bilancio del creditore: si tratta delle due facce di una stessa medaglia che testimonia la promessa, rilasciata dal debitore a favore del creditore, di procedere alla successiva controprestazione.
Le due facce della medaglia, tuttavia, hanno contenuti solo apparentemente simmetrici: il debitore, infatti, ha l’onere di dar luogo alla controprestazione, ma il creditore assume il rischio di credito, il rischio cioè che il debitore, alla scadenza, non onori la promessa.
Le promesse di pagamento cui si è fin qui fatto riferimento non sono altro che quelle rilasciate da un qualsiasi debitore a favore di un qualsiasi creditore: possiamo esemplificare questo mezzo di pagamento antichissimo con la cambiale. Ma la cambiale ha il limite di regolare relazioni d’affari fra privati operatori ove l’elemento fiduciario fra coloro che la scambiano assume una rilevanza tale da limitarne la circolazione: infatti si ha il trasferimento del rischio di credito fra operatori i quali, per colmare il divario informativo, dovrebbero spendere molte risorse.
1Gli scambi in natura, si è già detto, non sono molto diffusi per cui si è deciso di tralasciarne la descrizione (v. supra, § 1.3, n. 10 e 14).
3.1. NOTE INTRODUTTIVE 71
Alle cambiali si è così affiancato un altro mezzo di pagamento, la moneta, cioè una promessa di pagamento emessa motu proprio da un’autorità indipendente e accettata da tutti gli operatori di un determinato sistema economico come stru-mento in grado di risolvere il problema del divario temporale fra prestazione e controprestazione nello scambio di beni e servizi.
Il potere dell’autorità e l’accettazione da parte degli operatori costituiscono gli elementi essenziali affinché la moneta stessa abbia il potere liberatorio negli scambi : essa diviene così il mezzo di scambio per eccellenza in quanto il compratore che la usa per pagare non può vedersi rifiutare il pagamento dal venditore e il venditore che cede la merce contro moneta ha la certezza di poterla utilizzare a sua volta in un successivo acquisto di merci.
La moneta diviene così sinonimo di moneta legale2 e si contrappone a tutti gli altri mezzi di pagamento che non hanno il potere liberatorio negli scambi, a cominciare dalla moneta bancaria.
Come si vedrà, tuttavia, il termine moneta assume altri significati e, nel mo-mento in cui essa diviene il mezzo di scambio per eccellenza, si pone il problema di decidere, o di riconoscere, quali siano le autorità delegate ad emetterla, quale sia la loro autonomia, quanta moneta possano o debbano emettere, quali siano gli strumenti per controllarne l’andamento, cosa si debba intendere esattamente per moneta, eccetera.
2La moneta legale è rappresentata dai mezzi di pagamento che hanno il potere liberatorio negli scambi, cioè che non possono essere rifiutati dal creditore: essa comprende le monete metalliche e le banconote. La somma delle due componenti viene denominato circolazione. Quando alla circolazione viene dedotta la parte detenuta dalle banche si ha la configurazione di circolante.
Per un lungo periodo, gli Stati hanno emesso esclusivamente la moneta divisionaria rappre-sentata dalle monete metalliche che consentono di facilitare gli scambi più minuti; fino a pochi anni orsono, in Italia, erano in circolazione anche biglietti a corso legale da cinquecento lire, pure emessi dallo Stato.
La banconote venivano emesse invece dalla banca centrale; come appariva dalla scritta in sovrimpressione sulle banconote italiane («pagabile a vista al portatore»), vi si rappresentava una promessa di pagamento, un debito a vista della banca centrale. Scritte analoghe si hanno tutt’ora, ad esempio, sulle banconote del Regno Unito («promise to pay the bearer the sum of . . . »). Le banconote statunitensi, del Federal Reserve System, invece, non portano scritte del tipo appena citato, ma vi si legge direttamente che esse sono un mezzo di pagamento perfetto: «this note is legal tender for all debts, public and private». Le banconote in euro, eliminando qualsiasi equivoco, non portano in sovrimpressione alcuna scritta se non un numero di serie e la sigla del Paese ove la banconota è stata stampata (N: Austria, Z: Belgio, L: Finlandia, U: Francia, X: Germania, Y: Grecia, T: Irlanda, S: Italia, R: Lussemburgo, P: Paesi Bassi, M: Portogallo, V: Spagna).
La scritta che ricorda la promessa di pagamento, retaggio della convertibilità dei biglietti, sta oggi a significare che la banca centrale emittente è disponibile a convertire una banconota logoratasi, ma ancora riconoscibile secondo determinati elementi, con una banconota nuova presso i suoi stessi sportelli.
Le banconote sono attualmente un mezzo di pagamento perfetto perché l’ordinamento attri-buisce loro il potere liberatorio negli scambi. La sostituibilità fra banconote e moneta divisionaria viene stabilita dagli ordinamenti i quali prevedono quale sia il mezzo di pagamento non rifiutabile dal creditore in modo da rendere la circolazione funzionale alle esigenze degli scambi.
Non sfugge che gli scambi in natura, mediante baratto o credito, sono irrilevanti nelle moderne economie ove tutto viene intermediato dalla moneta: sui mercati, infatti, ognuno compra o vende beni e servizi contro moneta o mezzi assimilabili alla moneta.
L’estensione dell’uso della moneta e l’abitudine ad utilizzarla è talmente vasta e profonda in ciascun soggetto e settore dell’economia che risulta alquanto arduo distinguere i processi reali da quelli monetari; la funzione della moneta è talmente importante che gli strumenti per rappresentarla tendono anche a formarsi autono-mamente nei mercati qualora essi scarseggino o non siano adeguati alle necessità degli scambi. Tutto questo avviene nonostante il governo della moneta sia affidato a poteri pubblici che utilizzano strumentazioni tecniche sofisticate e innovative in risposta alle esigenze sempre crescenti dell’economia.
L’importanza dei processi monetari si è ampliata al punto che spesso la loro manifestazione non è facilmente riferibile ai processi reali sottostanti e, spesso, è solo lontanamente collegata e collegabile ad essi: mentre secondo l’opinione pre-valente i processi monetari ebbero origine per consentire lo scambio fra beni reali, oggi si assiste al fenomeno di processi monetari che sembrano indipendenti dalle trasformazioni reali: si pensi ai derivati finanziari e di credito (v. Glossario). La dimensione di tali processi, inoltre, sia in termini di valore sia di spazio geografico, è così vasta che prima del 1971, cioè prima della dichiarazione di inconvertibilità del dollaro statunitense, essi erano difficilmente immaginabili3.
A seconda del punto di vista, la moneta appare come:
— moneta legale, cioè come quel mezzo che ha il potere liberatorio negli scambi; — quasi–moneta, cioè come l’insieme dei mezzi di pagamento che possono essere considerati dei surrogati della moneta legale in quanto, pur non avendo il potere liberatorio negli scambi, sono suscettibili di trasformarsi a vista e/o a costi ridotti, in moneta legale.
3Nel luglio 1944, la conferenza di pace di Bretton Woods (New Hampshire) stabilì un nuovo ordine monetario mondiale fondato anche sulla parità fra il valore di un’oncia d’oro e il valore del dollaro: la parità stabilita fu di 35 dollari Usa per oncia. Il valore di un dollaro Usa in termini di oro era pari a 1/35 e tutte le monete, rapportandosi al dollaro, potevano essere commisurate anche all’oro (gold exchange standard ). Astrattamente, nel 1970, con 35 dollari si potevano comperare indifferentemente un’oncia d’oro e una unità della merce A, che sul mercato avesse quel prezzo. Il valore del dollaro, in termini di oro e in termini di unità della merce A, rimaneva pari ad 1/35.
Se il prezzo del bene A saliva del 10%, era necessaria più di un’oncia d’oro e quindi erano necessari più di 35 dollari per avere un’unità della merce stessa: erano necessari un’oncia d’oro, oppure 35 dollari, maggiorati del 10%. Ciò significava che la moneta aveva ridotto il proprio potere d’acquisto del 10%, il che equivaleva a dire che il potere d’acquisto del dollaro e dell’oro erano passati da 1/35 a 1/38,5 rispetto alla merce A.
Dopo un periodo molto tormentato, il 15 agosto 1971 la convertibilità venne revocata e si entrò in regime di inconvertibilità del dollaro e quindi di tutte le monete ad esso collegate: il valore di qualsiasi moneta, perciò, viene oggi espressa in termini di merci che possono essere acquistate. Se il prezzo delle merci aumenta da un anno all’altro, ciò significa che diminuisce il potere d’acquisto della moneta rispetto alle specifiche merci considerate.
3.1. NOTE INTRODUTTIVE 73
Alla moneta e alla quasi–moneta si affiancano altri mezzi di pagamento accet-tati dalle parti che se li scambiano (le cambiali, le ricevute bancarie e le disposizioni di incasso e di pagamento).
A ben vedere, la moneta avente corso legale è rappresentata dai debiti a vi-sta dell’autorità emittente e la quasi–moneta è rappresentata dalle passività che sono suscettibili di trasformarsi a costi ridotti in moneta legale. Nelle moderne economie, l’autorità emittente è la banca centrale la quale ha avuto, nel corso degli ultimi duecento anni, la funzione di emettere moneta legale in nome proprio ma per conto dello Stato di appartenenza. Le emissioni in parola, effettuate dallo Stato direttamente o indirettamente dalla banca centrale, sono sempre state rap-portate alla quantità di riserve detenute dall’autorità, di regola costituite in oro