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I mercati

Nel documento IlSettoreBancario PaoloBiffis (pagine 30-41)

Un ulteriore filtro che consente la ricognizione di eventi pertinenti all’indu-stria del credito, riguarda gli scambi cui possono essere assoggettati i prodotti finanziari.

Vi sono passività che non sono suscettibili di circolare nei mercati in quanto sono poste di bilancio costituite in contropartita esclusiva con unità economiche precisamente individuate: esse non circolano in quanto sono costituite a favore esclusivo di determinati soggetti (depositi e prestiti non monetari, gestioni patri-moniali individuali, fondi pensione, fondo per il trattamento di fine rapporto) o in contropartita del verificarsi di determinati eventi (contratti di assicurazione,

30Gli algoritmi della matematica finanziaria tendono a risolvere problemi di comportamento economico in condizioni di certezza mentre gli algoritmi della matematica attuariale sono volti a risolvere problemi di comportamento economico ove l’elemento aleatorio gioca un ruolo determi-nante. Si considera certo, un investimento per il quale risultano determinati i flussi degli introiti e quelli degli esborsi: quando tutti gli esborsi precedono il primo introito si ha un investimento in senso stretto; quando la scadenza media degli esborsi è sempre antecedente al primo introito si ha un investimento in senso lato. Quando invece gli introiti (tutti o la loro scadenza media) precedono gli esborsi si hanno operazioni di finanziamento (rispettivamente in senso stretto o in senso lato).

Fissato l’ordinamento si può scegliere un progetto di investimento o di finanziamento attraver-so, ad esempio, i due criteri del valore attuale netto e del tasso interno di rendimento. Il valore attuale netto richiede di individuare un tasso che consenta di applicare le leggi di attualizzazione; il tasso interno di rendimento è il tasso di interesse che rende equa l’operazione finanziaria, che rende cioè nullo il valore attuale dell’investimento (o del finanziamento).

La differenza fra i due criteri di analisi sta nel fatto che il primo criterio si basa sulla scelta soggettiva del tasso di valutazione: nel senso che si tratta di un tasso ‘di mercato’, stabilito cioè dagli operatori interessati all’iniziativa; con il criterio del tasso di rendimento interno, invece, si riduce la soggettività della decisione: essa viene affidata, per gli investimenti, al maggiore tasso di rendimento interno e, per i finanziamenti, al minore ([152]: § 1.1 e cap. IV).

È appena il caso di ricordare che il rendimento viene fortemente condizionato dalla dura-ta dell’investimento che deriva da diversi fattori (scadenza naturale contrattuale o probabile; cadenza di pagamento degli interessi; modalità di rimborso del capitale; modalità di computo dell’interesse fisso o variabile; ecc.). Tutti questi elementi sono necessari per calcolare la duration che si ottiene come media delle scadenze di ciascun flusso in entrata ponderato con il tasso di rendimento interno dell’attività finanziaria oggetto di esame La duration è uno strumento di misurazione efficace solo per strumenti finanziari a reddito fisso; nel caso invece di strumenti finanziari più complessi bisogna fare ricorso a tecniche più sofisticate [175].

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riserve tecniche delle imprese di assicurazione) e non hanno, almeno per ora, una forma adeguata allo scambio sul mercato secondario.

Le passività circolano anzitutto attraverso il cosiddetto mercato primario, in occasione cioè della loro prima emissione; quando sono oggetto di scambi succes-sivi, circolano sul cosiddetto mercato secondario. È utile tenere presente, anzi-tutto, che gli scambi che interessano il settore del credito sono, oltre che quelli che avvengono sul mercato primario, anche quelli che avvengono sul mercato se-condario: questi ultimi hanno per oggetto gli strumenti finanziari che sono tali proprio perché, per definizione dell’ordinamento, sono suscettibili di essere oggetto di negoziazione.

Ancora con riferimento alla intersezione fra strumenti finanziari e mercati, è necessario tenere presente che gli strumenti possono venire scambiati fra soggetti individuali e collettivi senza per questo transitare sui ‘mercati’: gli scambi che interessano il settore del credito, allora, sono quelli che, avendo per oggetto stru-menti finanziari, avvengono fra soggetti dei quali almeno uno sia un’impresa di credito. Ad esempio, non interessano il settore i prestiti obbligazionari o gli au-menti di capitale di un’impresa industriale non quotata, se non nel caso in cui intervenga un’impresa di credito per fornire determinati specifici prodotti (finan-ziamento, collocamento, consulenza, ecc.); interessano, invece, le negoziazioni fra privati delle azioni di una determinata banca non quotata perché è necessario l’intervento della banca stessa per modificare il libro dei soci.

In generale, tuttavia, sono i mercati secondari, regolamentati e/o organizzati, a suscitare il maggiore interesse: essi divengono più esattamente includibili nel-l’ambito delle istituzioni di credito; il loro rilievo è tuttavia peculiare e richiede una trattazione più specifica.

L’interconnessione fra scadenza, rendimento, rischi e liquidità degli strumenti finanziari non sfugge; non può quindi sfuggire l’importanza che assume il merca-to nel quale essi possono venire negoziati. Partendo dall’amplissimo spettro del mercato del credito, riducendone il grado di apertura e avvalendosi delle confi-gurazioni ordinamentali fin qui richiamate, si può tentare di scindere i mercati dell’industria del credito in:

— mercato dei mezzi di pagamento; — mercato degli strumenti finanziari; — mercato assicurativo.

Il mercato dei mezzi di pagamento riguarda la nascita e la circolazione della base monetaria, nonché i mercati riguardanti i diversi mezzi: la moneta bancaria, gli strumenti postali e gli effetti cambiari. Il mercato degli strumenti finanziari è rappresentato dal mercato dei contratti di finanziamento (di debito e di capitale) e dei contratti derivati: sovente questo mercato viene denominato mercato mobilia-re oppumobilia-re anche mercato finanziario31. Con quest’ultima locuzione, si sottendono

31Si utilizza la locuzione mercato finanziario, invece che quella di mercato dei capitali : que-st’ultima, infatti, evoca il punto di intersezione fra grandezze macroeconomiche relative alla produzione, e quindi agli investimenti, e a quelle relative al consumo e al risparmio [181], [153].

altre volte tutti i prestiti a scadenza protratta, siano essi incorporati in strumenti finanziari o meno; ad essa si contrappone la locuzione mercato monetario con la quale si indicano gli scambi di passività a breve o di strumenti finanziari pronta-mente ed economicapronta-mente liquidabili. Anche i depositi bancari, a seconda della loro scadenza originaria, vanno a far parte dell’uno o dell’altro mercato: possono essere prodotti finanziari di raccolta o mezzi di pagamento, ma non sono stru-menti finanziari. Il mercato assicurativo comprende il mercato dei contratti (le polizze) che prevedono, a fronte della corresponsione di premi, la corresponsione di una prestazione da parte dell’assicuratore. Il mercato comprende le polizze caso vita e caso morte, individuali e collettive, oltre che quelle relative alle prestazioni pensionistiche. A differenza del mercato degli strumenti finanziari il mercato delle polizze assicurative e previdenziali non ha una dimensione secondaria perché non è prevista la vendita delle polizze già stipulate.

Evidentemente risulta complesso proporre divisioni fra mercati, soprattutto quando essi non sono organizzati in qualche forma.

Si deve avvertire fin da ora che a differenziare questi mercati non vi sono solo i prodotti, le imprese titolate ad accedervi o la loro forma (monopolio, concorrenza, concorrenza monopolistica, asta, ecc.) ma, ad esempio con riferimento al mercato della base monetaria, sussiste un altro elemento di differenziazione e cioè l’assenza o la ridotta importanza dell’impersonalità degli scambi, elemento questo essenziale nella definizione di mercato. E non potrebbe essere diversamente, nel caso di specie, soprattutto quando il connotato dell’impersonalità potrebbe impedire di raggiungere gli obiettivi che la banca centrale si prefigge.

In generale, tuttavia, i mercati vengono intesi come organizzazioni che con-sentono lo scambio impersonale fra i beni che vi si scambiano: l’organizzazione prevede che lo scambio avvenga all’interno di determinate regole, con determinate forme tecniche, con cadenze prefissate, ecc. Essi possono essere ufficiali o privati: ad esempio la Borsa Valori italiana, costituita nel 1913 dai pubblici poteri, è stata trasformata in società per azioni nel corso del 1997.

I mercati possono essere denominati in modo diverso, a seconda dei prodotti finanziari che vi si trattano prevalentemente o esclusivamente e che tendono anche a dare un’idea immediata del grado di liquidità che vi si può incontrare: così, uno strumento finanziario di mercato monetario evoca un grado di liquidità maggiore di uno strumento finanziario di mercato finanziario o di uno di mercato aziona-rio. Rimane tuttavia difficile distinguere con precisione fra i diversi segmenti del mercato finanziario. Una distinzione basata sui requisiti di scadenza originaria o residua delle passività trattate risulta poco soddisfacente da molti punti di vista. Per motivi istituzionali, tuttavia, la normativa delle autorità creditizie attualmen-te in vigore scinde i prestiti monetari delle banche in due gruppi: quelli a breve e quelli a medio–lunga scadenza, prendendo come elemento discriminante il limite contrattuale relativo alla scadenza dei diciotto mesi.

Da un punto di vista più generale, tuttavia, va ricordato che gli strumenti fi-nanziari esistenti nei portafogli degli operatori vengono incessantemente comprati

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e venduti tenendo conto anche della loro scadenza ma, soprattutto, tenendo conto del loro tasso di rendimento, del loro grado di liquidità, della composizione sog-gettiva del portafoglio, del core business dell’operatore, ecc. In effetti, la scadenza contrattuale degli strumenti finanziari, sempre in ipotesi di assenza di rischio fi-nanziario e di rischio di insolvenza del debitore, diventa una fra le caratteristiche che vanno tenute in considerazione, assieme ad altre non meno importanti e rile-vanti, per i calcoli di convenienza degli operatori. Una distinzione sulla base delle sole scadenze contrattuali appare poco esauriente: ad esempio, uno strumento a scadenza protratta (tre–cinque anni) può essere considerato fra gli elementi del-l’attivo monetario perché il suo mercato è molto efficiente e gli operatori ritengono di considerarlo fra le risorse finanziarie destinate ad aggiustare la loro liquidità. In tal caso, però, la distinzione appare più convincente se riferita ai connotati degli operatori che compongono e ricompongono continuamente i rispettivi por-tafogli, alla ricerca della più conveniente combinazione di rischio e di rendimento, piuttosto che alla scadenza del titolo.

Le considerazioni testé introdotte permettono di accennare, prima che alle di-stinzioni fra segmenti del mercato finanziario, ad alcuni connotati che si ritiene rendano efficienti i mercati e che, pertanto, incidono con forza sulla riduzione della loro segmentazione e quindi sulla possibilità di descriverne i limiti. Le caratteri-stiche che rendono i mercati adeguatamente efficienti dipendono da alcuni fattori che possono venire così riassunti32:

— profondità, riferita alle quantità effettive e potenziali domandate e offerte, nella convinzione che un mercato alimentato da scambi quantitativamente rilevanti e continui sia anch’esso fattore di stabilizzazione dei prezzi;

— ampiezza, riferita alla quantità e alle caratteristiche degli operatori che vi affluiscono, nella convinzione che una vasta gamma di operatori alimenti continue correnti di domanda e di offerta, con evidenti effetti di stabilizzazione dei prezzi; — elasticità, riferita alla circostanza che le variazioni di prezzo che si verificano inducono esse stesse nuove correnti di domanda e di offerta, nella convinzione che l’elasticità della domanda e dell’offerta rispetto al prezzo aumentino lo spessore del mercato, favorendo la trasformazione della domanda e dell’offerta da potenziale in effettiva.

Si può notare come questi fattori di efficienza dipendano dai comportamenti effettivi e potenziali degli operatori, oltre che dalle categorie cui appartengono gli investitori, cioè dalle loro caratteristiche operative: singoli risparmiatori o in-vestitori professionali e, fra questi ultimi, banche o imprese di investimento, ecc.

32Tale era negli Stati Uniti l’opinione dei responsabili della Riserva Federale nel 1952 con riferimento specifico alle operazioni di mercato aperto. Più precisamente «la ‘profondità’ si ma-nifesta allorché ‘esistono ordinativi, effettivi o potenziali, tanto al di sopra quanto al di sotto del prezzo di mercato’. L’ ‘ampiezza’ si ha ‘quando tali ordinativi raggiungono un volume consi-derevole e provengono da categorie di investitori ampiamente differenziate’. L’ ‘elasticità’ esiste ‘quando nuovi ordinativi affluiscono prontamente al mercato per trarre profitto da considerevoli e inaspettate fluttuazioni dei prezzi’» ([8]: 69).

Quando l’insieme degli acquisti e delle vendite si trasformano da potenziali ad effettivi, i prezzi degli strumenti scambiati si modificano e si stabilizzano ad un livello al quale nessuno ritiene, temporaneamente, di procedere ad ulteriori scambi effettivi. Il prezzo, la risultante dei comportamenti passati degli investitori, può essere considerato un fatto, un fatto economico statico, indicativo della configu-razione che determinati fenomeni economici assumono ad un dato momento. La successiva modificazione dei comportamenti degli investitori provocherà una mo-dificazione del prezzo: l’analisi delle cause che determinano i fenomeni economici e le condizioni della loro variazione nel tempo, in questo caso la variazione dei prezzi di mercato, viene denominata analisi dinamica.

Le cause che possono modificare i prezzi dei beni sono molteplici ma, ad ogni momento, esse possono essere ricondotte al valore prospettico attribuito dagli investitori a quel bene33. Il valore corrente dei beni si forma dunque sulla base di confronti soggettivi sui vantaggi prospettici che possono essere tratti dal possesso o dalla proprietà di specifici beni in un determinato periodo. Sono dunque i vantaggi singolarmente attesi che attivano, per determinati beni, le correnti di domanda e offerta sulle quali si formano i prezzi, cioè la misura monetaria del valore dei beni scambiati.

Per tornare all’efficienza dei mercati degli strumenti finanziari ed ai loro prezzi, accanto ai tre connotati richiamati sopra, e che riguardano condizioni strutturali, si deve aggiungere che tali condizioni si raggiungono se gli investitori conoscono e riconoscono i mercati stessi come dotati dei requisiti di efficienza e perciò stesso li frequentano alimentandone gli cambi. L’informazione, la conoscenza, diviene così elemento determinante di giudizio per l’efficienza del mercato.

Questa questione è molto complessa per diverse ragioni; la più rilevante sem-bra essere legata alla circostanza secondo la quale ipotizzare l’esistenza di un’in-formazione perfetta o, ancora, ipotizzare la possibilità che gli operatori possano confrontare le rispettive informazioni o che possano giudicare gli effetti comparati delle informazioni parziali di cui dispongono tempo per tempo appaiono ‘operazio-ni’ tendenti ad introdurre nel ragionamento ipotesi di lavoro che, pur rassicurando il ricercatore, allontanano il confronto con la realtà effettuale [308]. È verosimile invece che gli operatori, avvalendosi delle informazioni parziali a loro disposizione, le confrontino con le rispettive attese e assumano così decisioni operative che

van-33«Il fenomeno del valore ha dunque la stessa origine del carattere economico dei beni: esso nasce dal rapporto quantitativo tra fabbisogno e quantità di beni disponibili. La differenza tra i due fenomeni sta nel fatto che, da una parte, la conoscenza di questo rapporto sollecita la nostra attività economica di modo che divengano oggetto di essa i beni che sono scarsi in confronto al fabbisogno (beni economici); dall’altra, tale conoscenza ci fa capire l’importanza che ha per la vita e il benessere la disponibilità di ogni quota di tali beni ed essi quindi acquistano per noi un valore».

«Il valore dei beni nasce dunque da una relazione tra i beni e il nostro fabbisogno. Con il mutare di questo rapporto il valore può nascere o sparire».

«Il valore è perciò soggettivo sia in rapporto alla sua natura sia per quel che riguarda la sua misura» ([238]: 191–193, 196, 234).

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no ad influire sugli scambi e sui prezzi. I prezzi così formati risultano sicuramente lontani da quelli che sarebbero i più economici, quali si sarebbero determinati sulla base di una equa distribuzione delle informazioni, ma per colmare questo divario sarebbe necessario accrescere il livello informativo e quindi sostenere costi addizionali per ‘completare’ l’informazione. Ciò non garantirebbe, peraltro, al-cuna percezione di quale sia il parametro informativo da raggiungere, quale sia cioè la quantità di informazione sufficiente ad essere considerata completa. Sen-za considerare poi che, indipendentemente dall’equità della loro distribuzione, le informazioni andrebbero rapportate alle propensioni individuali degli investitori, che difficilmente possono risultare omogenee ed omogeneizzabili.

Gli operatori, pertanto, decidono sistematicamente in condizioni di incertezza e i prezzi che si formano nei mercati sembrano derivare dall’azione di un numero indeterminato di soggetti che dispongono di un bagaglio informativo fortemente differenziato sulla base del quale, seguendo le rispettive aspettative sui valori pro-spettici dei beni da scambiare, decidono di acquistare o di vendere34. La varietà e la variabilità dei comportamenti sembra difficilmente generalizzabile se non di-stogliendo l’attenzione dall’economia politica applicata e concentrando l’attenzio-ne sull’economia politica pura la quale avrebbe, «così concepita, . . . l’accentuato carattere di una scienza psico–matematica» ([320]: 68)35.

34«La conclusione principale è che esiste essenzialmente un unico modo per deliberare ragione-volmente. In primo luogo, le incertezze presenti debbono essere quantificate in termini di valori detti probabilità. In secondo luogo, le varie conseguenze delle azioni possibili debbono essere descritte in termini di utilità. Infine, deve essere scelta quella decisione che ha la massima utilità prevista rispetto alle probabilità già calcolate. Il significato di ‘dovere’, usato ben tre volte, è semplicemente che ogni procedura di decisione che si discosti dalle nostre regole è dimostrabil-mente assurda, o, come diremo, incoerente» [230]. I fondamenti della teoria delle decisioni in condizioni di incertezza possono essere fatti risalire alle osservazioni di D. Bernoulli (1700–1782) in tema di avversione al rischio. «A risk averter is defined as one who, starting from a position of certainty, is unwilling to take a bet which is actuarially fair (a fortiori, he is unwilling to take a bet which is actuarially unfair to him)» [7]. «Lo scopo della teoria delle decisioni è quello di descrivere il comportamento di un individuo razionale in condizione di incertezza, in modo da permettere al decisore di individuare eventuali incoerenze o contraddizioni con il criterio di scelta adottato. Quindi l’obiettivo non è quello di individuare un ordinamento di preferenza nelle scelte unico e oggettivo, che sia valido cioè per tutti gli agenti economici. . . Si tratterà piuttosto di individuare una classe di criteri decisionali che raccolga al suo interno i singoli criteri indi-viduali e che sia caratterizzata da pochi principi generali economicamente significativi» [256]. Sulle relazioni fra teoria finanziaria classica e finanza comportamentale si veda [281].

35La questione della incompletezza delle informazioni intorno agli scambi delle merci e dell’im-portanza di questo elemento conoscitivo era ben presente in Menger nel 1871 ([238]: 334–342). Ma «alla stessa epoca in cui Jevons pubblicava per la prima volta la sua Theory of Politi-cal Economy (1871–1872), Carl Menger, professore all’Università di Vienna, pubblicava i suoi Grundsätze der Volkswirthschaftslehre, che sono una terza opera, anteriore alla mia, in cui sono poste in maniera indipendente e originale le basi della nuova teoria dello scambio. . . Egli segue il metodo deduttivo, ma si guarda dall’uso del metodo matematico. . . Questa circostanza mi im-pedisce di criticare la sua teoria in poche righe come ho fatto per Gosse e Jevons. Dirò soltanto che mi sembra che egli e gli autori che l’hanno seguito, come von Wieser e von Boehm–Bawerk, si privino di una risorsa preziosa e anche indispensabile rifiutando di spiegare liberamente il metodo e il linguaggio matematici in un argomento essenzialmente matematico. Aggiungerò

La questione della distribuzione perfetta delle informazioni è funzionale ad una scienza economica riconducibile e interpretabile attraverso modelli propri di una scienza ‘psico–matematica’, per l’appunto. Il tentativo di rimozione dell’ipotesi neoclassica della perfetta ripartizione delle informazioni fra gli agenti avviene in tempi recenti36; la modellistica con la quale si cerca, tuttavia, di imbrigliare il fenomeno continua a prevalere nonostante lo sviluppo dei mercati finanziari degli ultimi lustri non sembri consentire di lavorare con ipotesi esplicative come quelle su cui sono fondati i modelli delle due forme di mercato estreme, la concorrenza e il monopolio.

Almeno due famosi lavori [285, 178], concludendo una serie di sperimentazioni, hanno dato l’avvio ad una serie di studi volti a capire come il bagaglio informativo contribuisca a rendere efficienti i mercati. Per realizzare questo obiettivo si parte da una accezione di efficienza piena, estrema: il mercato è efficiente solo ex post, cioè quando i prezzi incorporano di già le informazioni transitate nei mercati e

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