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189 differenza di livello, essendo l'elevazione della porta Osio di Bergamo di soli 115 metri per rispetto a Milano, e di soli 78 per rispetto a Bre-

scia, nè la piegatura da darsi alla strada, dopo che molte deviazioni dalla linea retta ed assai considerabili sono state riconosciute conve- nienti per condurla alle più importanti città del territorio Veneto.»372

Insediatesi le due Direzioni, iniziarono a serpeggiare diffidenze sul comportamento reciproco sulla gestione delle promesse di azione e la trasparenza nella tenuta dei protocolli di prenotazione dei titoli; queste que- relle, abilmente sfruttate dai gruppi finanziari stranieri, portarono la parte lombarda a denunciare alla corte imperiale le irregolarità dei veneti ed a chiedere l’ annullamento degli atti congressuali. Aperta un’ inchiesta da parte del governo imperiale, la vicenda, grazie anche all’intervento del Governo veneto, non ebbe seguito e tutto fu messo a tacere.

Lo scontro tra le due Direzioni rimarcava ancora una volta le continue divisioni regionalistiche in atto. A sua volta, la richiesta dei grandi gruppi azionisti di aprire agenzie all’estero significava, oltre a snellire il si- stema della raccolta fondi, dare una identità sovraregionale all’impresa.

Da questa vicenda la Direzione veneta usciva rafforzata grazie all'alleanza col Governo veneto che, a sua volta, consolidava il legame con la borghesia cittadina nel segno di una convergenza d’interessi; questa convergenza, volta a risollevare le sorti economiche di Venezia e della regione, si realizzava in un clima di patriottismo cittadino e regionale. Al contrario, l’esito della vertenza metteva in una condizione di minor rilievo la componente lombarda , cosa che avrebbe inciso sulla sua dinamicità operativa e sulla determina- zione a proseguire con speditezza i lavori.

Poco dopo il Congresso, il 9 settembre, Cattaneo venne nominato Segretario della sezione lombarda; per la sezione veneta la scelta cadde sul dottor Giovanni Battista Breganze.

Sul fronte progettuale, Milani prese a modello le ferrovie belghe, le uniche a quel tempo che potessero fornire dati di riferimento attendibili. Rilievi del terreno, pendenze, curve , rettilinei e riferimenti tecnici furono ricavati dalla letteratura britannica, detentrice della tecnologia di fabbricazione dei materiali e mezzi. Nella stesura del progetto nacque, però, la prima frizione tra l'ingegnere e Cattaneo (si sarebbe la- mentato che i progetti erano stati fatti sulla carta senza rilievi approfonditi sul campo, seguendo la linea che Cattaneo stesso aveva precedentemente indicato, ma senza riconoscerlo), resa di pubblico dominio pubblico attraverso la stampa solo alcuni anni dopo:

« E quindi, per valerci d’una nobile frase del sig. Milani, sono tutte «fandonie» quelle ch’egli ci narra, d’aver riconosciuto il corso di tutti i fiumi… onde stabilire i migliori e più sicuri passi; d’aver riconosciuto tutto il terreno chiuso tra Bergamo, l’Adda e il Serio (§:182). Egli non ha riconosciuto altro corso che quello del filo di seta ( linea adottata da Cattaneo ndr) né altro terreno che quello della carta dell’Instituto. »373

Nell'aprile 1838 , completata la livellazione dell'intera linea, Milani confermò la validità della linea delle cit- tà proposta da Cattaneo, con una variante all’altezza di Peschiera; questa prevedeva di superare le colline in direzione di Desenzano e Lonato con una curvatura a Sud anziché attraversarle. La logica della scelta, ol- tre alla pendenza minore era in un maggior avvicinamento a Mantova. Altre diversità riguardavano la sta-

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Strada ferrata da Milano a Venezia, Biblioteca Italiana, Vol. LXXXVIII, p.so la Direzione Giornale, Milano ottobre 1837, pp.58 -83. 373

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zione di testa di Milano, preferita a Porta Tosa e quella di Venezia, attestata poco più a sud, nell'area della chiesa di Santa Lucia. Milani previde, inoltre, un braccio di collegamento da Treviglio a Bergamo nella pro- spettiva di un possibile futuro collegamento con Cremona e il territorio della bassa Val padana. Il progetto dette subito origine a contrasti, emersi ancora una volta a mezzo stampa. Nei vari interventi, in cui la pen- na di Cattaneo era sempre attiva, oltre alla riproposizione di varianti al tracciato, venivano avanzati dubbi sulla paternità del progetto translagunare lagunare, unitamente ad alcune soluzioni tecniche e sulla bontà della scelta della stazione di testa di Milano.

In merito al tracciato, i primi ad aprire la polemica furono i rappresentanti bergamaschi. Costoro, riunitisi in Comitato dopo aver sondato, senza esisto, Cattaneo e Milani, raggiunsero un’intesa con il gruppo finan- ziario Putzer, socio di maggioranza con gli Holzhammer nella Società Milano- Monza, che a quella data non aveva ancora avuto conferma del richiesto privilegio imperiale. L'accordo, che prevedeva l’avvio di studi per il collegamento tra Monza e Bergamo e la presentazione per quel tratto della richiesta di privilegio, esprimeva anche la volontà di proseguire fino a Brescia. Sulla base di quest’intesa, che aveva registrato an- che l’apprezzamento di alcuni gruppi bancari lombardi e della Camera di Commercio di Brescia, Putzer ini- ziò a collocare sul mercato sia le promesse di vendita per la Monza - Bergamo che per la Bergamo - Brescia; di quest’ultima, però, non era stata presentata alcuna richiesta di privilegio né predisposto alcun studio di fattibilità. La risposta dei promotori della Milano-Venezia non si fece attendere; la Società fece sapere di aver presentato anch’essa la richiesta di privilegio per la Milano - Monza. Lo scontro fu inevitabile e portò l’Imperatore, di li a poco, a respingere la richiesta di privilegio sulla Monza - Bergamo inoltrata dal gruppo Putzer, ma a negare eventuali diritti di priorità sulle diramazioni secondarie avanzati dai soci della Milano Venezia.

La contrarietà di Cattaneo alla soluzione bergamasca era legata ai maggiori costi e tempi di percorrenza. Preoccupato per i rischi di speculazione sui titoli, egli rinfacciava ai bergamaschi di non aver fatto sentire né il suono della voce né quello della borsa

« Fatto si è che la gravissima questione della linea venne diligentemente discussa da Milanesi e Veneti per un anno e mez- zo; da parte del commercio bergamasco neppure una parola. Si diramarono i certificati d' azione. Vi presero sommo impe- gno non solo Milano e Venezia, ma Vienna, Augusta, Francoforte , Basilea, Ginevra ed altre più lontane città. Il commercio bergamasco mantenne tuttavia la più stretta riserva; no fece udire né il suono della voce né quello della borsa. Sarà stato un mostrar prudenza; non si nega:, ma non fu certamente un prendere interesse.».374

La replica bergamasca apparve il 19 gennaio del 1938 sulle pagine del Giornale della provincia di Bergamo; nel precisare che la richiesta al gruppo Putzer era solo una alternativa, il Comitato di Bergamo esprime- va tutti i dubbi sulla reale volontà della Società per la Milano- Venezia di collegare Bergamo a Treviglio, mentre invece era fondamentale la connessione con Milano, che rappresentava:

«Il più poderoso stromento allo sviluppo delle nostre risorse.»375

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C. Cattaneo, Intorno alla progettata strada a ruotaje d ferro nel Regno Lombardo Veneto, Annali Universali Statistica, Serie 1^, Vol. LIV fasc. dic. 1837. cit,. p. 347. 375

AM, Esame delle osservazioni soggiunte dagli Annali Universali di Statistica alla Memoria pubblicata da un Comitato Bergamasco, intorno alla progettata strada a ruotaje di ferro nel Regno Lombardo- Veneto in rapporto ai bisogni della città e provincia di Bergamo, Il Giornale della provincia di Bergamo, 19.1.1838, in A. Bernardello, La prima ferrovia fra Venezia e Milano, cit., p.111.

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L’apertura di questo nuovo fronte polemico mise ulteriormente in contrasto Cattaneo con Milani, a cui fu rinfacciato di non aver predisposto i richiesti progetto della Treviglio - Bergamo, né uno studio sulla Berga- mo - Monza.

Cattaneo imputava a Milani anche l'approssimazione dei preventivi di spesa, i criteri di stesura dei con- suntivi. Agli attacchi di Cattaneo, Milani rispose presentando il consuntivo sui lavori finora eseguiti, ma omise di citare il peso avuto da Cattaneo nell’elaborazione della soluzione della linea delle città.

«Segnata sulla carta ( col filo di seta)… la tracciai sul terreno … La vera linea della strada, la vera linea del progetto è per tutto compresa nella lista di suolo ch'egli aveva determinato prima di comunicare la livellazione: Il ché è quanto dire; la linea delle livellazioni Milani è sempre dentro al limite dei cento metri di distanza dalla linea della seta.»376

Conclusa anche la prima fase della progettazione, gli elaborati vennero approvati dai Direttori delle due sezioni e dati alle stampe, contribuendo a fornirgli numerosi attestati di stima. Avviate le procedure di approvazione, gli elaborati furono sottoposti al rigoroso controllo dei vari organismo intermedi prima di arrivare davanti ai dicasteri centrali; come vedremo in seguito, sui tempi di risposta pesarono le implica- zioni connesse con gli interessi dello Stato e della collettività.

In una corrispondenza del 7 agosto 1838 tra due rappresentanti della Sezione veneta, Giovanni Battista Breganze scrisse a Giacomo Treves che :

« I risultati dell'adunanza di Verona non potevano essere migliori. Il progetto, operazione la cui imponenza sotto tutti i ri- guardi è impossibile a descriversi con parole , offre una spesa di ... e un prodotto del … Viene subito innalzato il progetto, la domanda del privilegio, la supplica per il permesso dell'introduzione del ferro estero, ed un'istanza a parte onde ottenere privilegio pel ramo di Bergamo.»377

Nonostante i riconoscimenti, la conflittualità tra Cattaneo e Milani non cessò. Il 21 Agosto, di fronte al permanere dei contrasti, Cattaneo venne licenziato; il motivo addotto fu la mancata ratifica del contratto del Milani. L’ 8 Agosto Cattaneo aveva sollevato la questione della validità del contratto dell’ingegnere, ri- fiutandosi di sottoscriverlo perché ritenuto illegale. La motivazione era che ad uno stipendiato dalla Socie- tà veniva concessa troppa autonomia, svincolata da rapporti di dipendenza con la Società stessa :

«Ma i direttori non potevano avere braccio sulla condotta dell’ingegnere in capo, dal momento che avevano mancato all’officio loro di nominare essi gli ingegneri subalterni e riservandosene la rimozione (Statuto § 56): Questo punto dello sta- tuto è assai provido – se gl’impiegati superiori potessero eleggere e rimuovere i subalterni, questi diverrebbero loro com- messi e non impiegati della direzione. ( …. ) Il Dottor C. Cattaneo non volle prestarsi ad apporre il suo nome a quell’illegale pasticcio. (… ) Erasi immaginato… che quel contratto gli avesse conferito una piena balia colla quale diverrebbe il padrone dell’opera, e la Società non meno che la sua Direzione discenderebbero al grado d’un semplice pagatore. (…) O in settem- bre 1838 lo statuto valeva:- e i direttori non avevano facoltà fuori di quello, e contro quello. O lo statuto non valeva ancora: - e la Società anonima non aveva legale esistenza, e non poteva contrarre né dare altrui facoltà di contrarre per lei.»378

Richiamato inutilmente dalla Società a modificare la sua posizione, la Direzione fu costretta ad allontanarlo. Poco dopo il contratto di Milani fu firmato. Coperta inizialmente dal silenzio, la polemica tra i due emerse con veemenza tre anni dopo dalle pagine dei giornali.

Tra il 29 Dicembre '37 e il 18 Giugno '38 due risoluzioni sovrane stabilirono le norme di riferimento per le imprese private in materia di richiesta di concessione delle strade ferrate. Tra queste vi era la costituzione

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C Cattaneo, Replica del Dottor Carlo Cattaneo alla Risposta dell’ingegnere Giovanni Milani, cit., p. 286. 377

G. B. Breganze, Breganze a Treve, 7 agosto 1838, Carteggio, Fondo Baldissera Venezia, in A. Bernardello, La prima ferrovia fra Venezia e Milano, cit, p.121. 378

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di un deposito cauzionale di garanzia, il limite massimo possibile per i profitto sul capitale, oneri di imposta per il trasporto postale e di imposta finanziaria, passaggio alla proprietà dello stato delle opere, escluso il materiale rotabile, allo scadere del privilegio (fissato di massima in 50 anni). Lo stato inoltre si riservava il diritto di costruire strade ferrate indipendentemente dalle concessioni erogate. Le imprese avevano mano libera nella scelta dei tracciati e tariffe di trasporto. La Società avrebbe potuto costituirsi solo dopo la con- cessione, prima provvisoria poi definitiva, conferita dopo l'approvazione di statuti, progetti e preventivo di spesa e utili. I progetti avrebbero dovuto essere sottoposti all'esame degli organismi militari prima del loro invio a Vienna per l’approvazione definitiva.

Nelle sedute del 4 e 29 luglio ‘38 la Cancelleria Aulica approvò gli Statuti sociali, prescrivendo la nominativi- tà dei titoli azionari (non più al portatore) nella speranza di regolare il mercato azionario, ma ottenne l'ef- fetto di deprimerlo anziché stimolarlo. Il 15 ottobre '37 Ferdinando I°, successo al trono nel 1835 dopo la morte del padre, firmò la concessione degli Statuti accettando che alla Società fosse dato il nome di Ferdi- nandea; la notizia raggiunse Milano e Venezia solo a dicembre: trascinando al rialzo i valori azionari. Nelle more dell’approvazione degli Statuti emersero dissapori tra i due Governi, veneto e Lombardo, a causa di lamentati comportamenti negligenti di una Direzione regionale nei confronti dell’altra; questo portò en- trambe le autorità regionali a consultarsi separatamente con le autorità centrali. Questi episodi fornivano l’ulteriore prova che la divisione in due sezioni rendeva complessa anche per gli organi di governo regiona- le la trattazione di ogni atto. Inoltre, date le frequenti incursioni del Vicerè in materie di loro esclusiva competenza, ponevano l’esigenza di opportunità di far accentrare la trattazione delle richieste presso un solo Governo; questa almeno era la posizione della Direzione veneta che cercava, in qualche modo, di as- sumere un ruolo guida.

Le vicende della Ferdinandea, seppur marcate da difficoltà di percorso, potevano, comunque, segnare a proprio favore un successo: aver fatto da catalizzatore per altre iniziative. Nel 1838 alcuni commercianti trevigiani presentarono domanda per collegare Treviso con Mestre e la Ferdinandea; l’anno successivo an- che un gruppo triestino propose una linea da Trieste a Treviso via Oderzo, punto di contatto per raggiunge- re la Ferdinandea. Dopo una serie di confronti , il Governo approvò la sola tratta da Mestre a Treviso, rite- nendo la prosecuzione verso Trieste poco utile all'economia veneta. Anche nel Veneto l'euforia per le stra- de ferrate si era propagata a macchia d’olio trovando, però, nei passaggi obbligati del formalismo burocra- tico austriaco, un freno alle iniziative speculative con elevato rischio di aggiotaggio, oramai frequenti nelle altre realtà europee.379

Nel marzo ‘39, il progetto esecutivo, ricavato da quello definitivo venne sottoposto all'esame dei due Go- verni. La valutazione di merito fu espressa dalle rispettive Commissioni miste: tecnico-mercantili e militari, in cui erano presenti anche rappresentanti della Società, delle associazioni di categoria, delle Camere di Commercio, delle Istituzioni finanziaria e militare. Le maggiori richieste di rettifica vennero avanzate dal

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Genio Militare per adeguare i progetti alle esigenze difensive. Altre osservazioni riguardarono la lacunosità dei preventivi e la preoccupazione per la ricaduta negativa sugli altri sistemi di trasporto, che rischiavano la scomparsa. Alla fine le richieste di modifiche, nonostante comportassero un incremento dei costi, venne- ro accettate dalla Società in cambio dell'estensione della durata del privilegio a 99 anni. La Commissione veneta, inoltre, ribadì l'indispensabilità del ponte lagunare. Alla fine dei lavori delle due Commissioni, il progetto venne inviato a Vienna per l'esame degli organismi centrali austriaci.

Sul fronte bergamasco, nel frattempo, si erano create alcune incomprensioni col gruppo Putzer che aveva chiesto di inserire nella proposta di Statuto elaborata dai bergamaschi alcune modifiche. La percezione era che, mentre le disposizioni imperiali prevedevano che una società potesse essere costituita solo dopo l’affidamento di una concessione provvisoria, il gruppo degli azionisti che faceva capo a Putzer puntasse ad anticipare i tempi nell’emissione e commercializzazione dei certificati internali. In questo senso erano state interpretate le richieste di modifica, confermate dalla lettera dell’ing. Sarti, che aveva ricevuto l’incarico di redigere il progetto preliminare, a Paolo Carcano, rappresentante del gruppo bergamasco; lo stesso infatti scrisse di considerare realistico:

«anche tutto ciò che può rendere la nostra impresa appetibile dal lato della speculazione di borsa. Al lungo andar il più giu- sto misuratore d'ogni impresa è il credito che esso può farsi in borsa».380

A fine anno ritornò l'intesa; Putzer sciolse ogni riserva, permettendo la presentazione degli Statuti alle au- torità per la loro approvazione; nel successivo mese di Marzo l'ingegnere Giulio Sarti, nonostante la man- canza del consenso imperiale, si offrì di cominciare la costruzione di un ponte sulla base dell’assenso del solo Vicerè; l’iniziativa di quest’ultimo lo esponeva al sospetto di favorire un gruppo imprenditoriale a dan- no di altri e metteva, di conseguenza, in serie difficoltà gli equilibri politici del Regno.

Inaspritasi la tensione, nell’ambito della Ferdinandea il Direttore della Sezione Veneta, Treves, cercò di mediare tra Milani e il gruppo bergamasco perché fosse presa in considerazione anche la soluzione via Bre- scia-Bergamo-Milano. Treves era stato contattato dal gruppo finanziario viennese Arnstein & Eskeles, socio di maggioranza con Putzer e Holzhammer nella iniziativa della Milano- Monza e detentore di un significati- va quantità di azioni della Venezia- Milano, perché limitasse la Ferdinandea alla costruzione del solo tratto Venezia-Brescia, cedendo la Brescia-Bergamo-Milano al gruppo Putzer.

Intanto, il gruppo di Putzer e soci continuava a proporre ai mercati le promesse di vendita della Monza- Bergamo. Per sostenerne il prezzo in borsa, venne dato incarico all’ing. Sarti di predisporre anche il pro- getto della Bergamo-Brescia. Nel contempo fu chiesto alla Direzione lombarda di abbandonare la sezione Brescia-Milano e di associarsi alla Milano-Monza-Bergamo-Brescia; la linea diretta Brescia-Treviglio-Milano avrebbe potuto essere costruita più avanti. La proposta era accompagnata da previsioni di maggiori guada- gni e apporti di capitale, dietro cui si nascondevano velate minacce di concorrenza pesante. Parallelamen- te al gruppo Putzer, quello che faceva capo a Eskeles iniziò ad emettere promesse per la Bergamo-Brescia senza alcun progetto, né autorizzazione.

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Queste intraprendenza preoccupò ulteriormente i vertici della Ferdinandea. Breganze espresse tutte le sue preoccupazioni a Treves:

«Diversi Ingegneri stanno ora occupandosi della rilevazione del Progetto per una strada ferrata da Brescia a Bergamo. »381

Lo stesso fece Reali a Treves:

«Le voci qui sparse da Milano lasciano luogo a temere che i lavori di rilievo da Brescia a Bergamo sieno pressochè finiti, e che entro il prossimo aprile si propongano di domandare il Privilegio e rassegnare a S. M(aestà) il progetto.»382

Per Treves, invece, non era ancora maturato il tempo per un ricorso. Alla fine, le due Direzioni della Ferdi- nandea fecero appello ai rispettivi governi ed alla Cancelleria Aulica perché venisse bloccata l'emissione delle promesse di vendita della Bergamo-Brescia, assolutamente illegali.

Il 7 Aprile1840 l’imperatore Ferdinando firmò la sovrana risoluzione che accordava il privilegio imperiale,

stabilendo i termini della concessione alla Imperial Regia Strada Ferrata Ferdinandea Lombardo Veneta.383

Ottenuto il definitivo privilegio imperiale, le due Direzioni fissarono per il successivo 30 luglio la data del secondo Congresso con all'ordine del giorno il rinnovo delle due Direzioni, i collegamenti di Bergamo e Man- tova alla linea principale e l'istituzione di due agenzie da aprirsi a Vienna e Augusta. Contemporaneamente chiesero la concessione della Mestre-Treviso.

I gruppi Putzer, Arnstein & Eskeles, allora, cambiarono tattica e cercarono di convincere i grandi azionisti viennesi a fondere le due Società; poi, nominarono in loro rappresentanza un veneziano, l'avvocato Jacopo Castelli, perché partecipasse al Congresso. Nel contempo un gruppo di azionisti viennesi della Ferdinandea, che dichiarava di avere il 70% delle azioni, chiese alle due Direzioni di trattare con la Società concorrente per giungere ad un accordo. Le iniziative degli azionisti mettevano in palese difficoltà i loro Direttori che non potevano ignorare le richieste avanzate.

Mentre rappresentanti lombardi sondavano le intenzioni di alcuni gruppi di azionisti stranieri, tra cui i vien- nesi Rotschild e Sina, il 15 Giugno la Direzione veneta entrò nel merito delle richieste pervenute. Emerse- ro due posizioni. La prima, rappresentata da Giuseppe Maria Reali, proponeva di iniziare i lavori nel

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