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151 «Signori deputati, La commissione che voi incaricaste, o signori, di esaminare il progetto di legge presentato dal sig mini-

stro de’ lavorii pubblici, e relativo agli studi ed alla costruzione di alcune linee di strade ferrate, fa plauso anzitutto al gran- dioso concepimento di una rete di strade ferrate, la quale innalzar deve la patria nostra al più alto grado di prosperità, di po- tenza, di civiltà,. Si tratta , o signori, di richiamare all’Italia il commercio dell’Oriente e del Mediterraneo, che già la fece un dì gloriosa e potente; è degna l’Italia nostra di riconquistarlo, ora che come in que’ tempi, trovasi retta da istituzioni che la in- nalzano al grado di nazione.-… Un altro vantaggio grandissimo di una tal rete di strade ferrate sarà quello di congiungere, e direi quasi affratellare fra loro maggiormente i vari popoli d’Italia. Nel Belgio si osservò specialmente un tale risultato; le va- rie province di quel Regno erano fra loro divise di interessi, di simpatie, di tendenze: colle strade ferrate non formano più che una sola famiglia. Una volta era la guerra soltanto che metteva i popoli in contatto fra loro, per lasciarli, quindi più ostili; ma al presente sono le agevolate e numerose vie di comunicazione e specialmente le strade ferrate, che mettono i popoli a contatto fra loro, e quindi li uniscono, e ne formano una sola famiglia. La prosperità di un popolo non più considerata come calamità di un altro popolo, ma come esempio, ed anche come mezzo per essere egualmente prospero. »287

La proposta avanzata dalla Commissione fu di costruire le opere a con fondi a carico dello Stato, perché di utilità eminentemente nazionale :

«Nel fare una tale proposta la Commissione non fu trattenuta dalla grandezza della spesa, perché le proposte linee interes- sano egualmente tutto il nuovo regno dell’Alta Italia, e perché le forze di un tale regno non saranno certamente minori alla grandezza dello scopo. … Una tale dichiarazione poi non pregiudicherà la quistione, se converrà, dopo ultimati gli studi, e dopo ristabilita la pace in Europa, di affidare in tutto o in parte ciascuna delle indicate linee a qualche società privata, e spe- cialmente nel caso che si volesse simultaneamente procedere alla costruzione delle medesime.»288

Il 24 settembre 1848 venne raggiunto Trofarello, vicino a Moncalieri e aperto all'esercizio il primo tratto di 8 chilometri. Sul rallentamento dei lavori pesarono sicuramente la congiuntura economica negativa degli anni 47 e 48 e le vicende politico - militari che vedevano lo Stato dapprima impegnato ad armare il pro- prio esercito e poi affrontare, con alterne vicende, la campagna antiaustriaca, conclusasi con la sconfitta definitiva di Carlo Alberto e la sua abdicazione, il 24 marzo 1849, a favore del figlio Vittorio Emanuele. Nonostante gli esiti militari, il 24 settembre 1849, con un nuovo tratto di 46 km anche Asti venne collega- ta a Torino. Pe raggiungere Asti, posta in collina, fu necessario superare numerosi corsi d'acqua, alcuni di un certo rilievo, che richiesero la realizzazione di numerose opere d'arte. La difficoltà maggiore però veniva dalla pendenza (26 per mille), difficilmente superabile con i mezzi di trazione dell'epoca. La soluzione di realizzare linee provvisorie con trazione sussidiata dagli animali fu quasi subito abbandonata a favore di nuove locomotive fornite nel 1851 da Robert Stephenson, cui era stata chiesta, nel frattempo, una consu- lenza. La collaborazione che intercorse sia con Robert Stephenmson che con il padre era il chiaro segnale che i tecnici savoiardi avevano preso a riferimenti il knock how e la tecnologia britannici, tra cui lo scarta-

mento standard, e che fu adottato per le linee del Regno.289

Il primo gennaio dell'anno successivo fu la volta di Alessandria e Novi Ligure, il 10 febbraio 1851 venne raggiunta Arquata Scrivia, il 10 febbraio 1853 Busalla e finalmente il 12 dicembre 1853 si potè andare da Torino a Genova in treno. L'intera linea, di 166 chilometri circa, venne inaugurata ufficialmente il 20 febbraio 1854 alla presenza del Re e di Cavour. Il tratto finale presentò le difficoltà maggiori. Per superare l'Appen- nino fu realizzata la galleria del Giovi, lunga 3250 metri, che risultava essere a quel tempo la più lunga del mondo. Per avere ragione della pendenza (36 per mille) furono ancora una volta necessari gli interventi de-

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Commissione Protasi, Relazione sul progetto di legge riguardante la costruzione di una strada ferrata da Torino a Ciamberì con due diramazioni, l’una al confine di Francia e l’altra al confine svizzero, e gli studi di altre tre linee (adunanza del 18 luglio della Camera dei Deputati di Torino), Annali Universali di Statistica, Serie 2^, Vol XVII, fasc. 49 Luglio 1848, pp.89-92.

288 Ivi, p.96. 289

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gli Stephenson che produssero nelle loro officine dei locomotori speciali, due macchine accoppiate, passa- ti alla storia col nome di Mastodonti del Giovi.290

L’importanza strategica dell'opera era evidente; il collegamento di Torino col porto di Genova garantiva svi- luppo economico a tutta la Regione e sosteneva l’immagine del Regno nel consesso internazionale.

Alla conclusione dell'opera furono indispensabili la condivisione e il sostegno da parte di Vittorio Emanuele II° e dei suoi primi Ministri Massimo D'Azeglio e Cavour. Cavour, che vedeva nello sviluppo della rete delle comunicazioni la leva per superare gli interessi localistici e costruire il suo disegno politico, impresse una radicale accelerazione allo sviluppo economico e sociale dello Stato, superando la politica protezionistica e aprendo al libero scambio. Per sostenere gli investimenti e fornire credito alle imprese, affidò alla Banca nazionale dello Stato Sardo, nata dalle fusione della Banca di Genova con la Banca di Torino, le funzioni di Tesoreria dello Stato, sottraendo lo stato dalla dipendenza dei finanzieri Rothschild; ridusse i dazi, applicò imposte agli enti morali, laici ed ecclesiastici ed avviò la collaborazione tra finanza pubblica ed iniziativa pri- vata.291

In campo infrastrutturale Cavour non guardava solo alle strade ferrate ma puntava anche al potenziamento della rete viaria, all' introduzione della navigazione a vapore, alla costruzione di canali navigabili, come il Cavour, per sostenere il settore agricolo e la sua modernizzazione. Iniziata la progettazione nel 1852 per collegare Chivasso a Vercelli e Novara per poi gettarsi sulle acque del Ticino, l'opera fu però, realizzata solo tra il 1863 e il 1866, sotto il Regno d'Italia.

Cavour dedicava attenzione anche all'indotto prodotto dalle costruzioni ferroviarie. Come era successo per Pietrarsa nel Regno delle due Sicilie, anche nel regno sabaudo il boom ferroviario aveva aperto nuove pro- spettive per l' industrializzazione del settore. Il bisogno di notevoli quantità di materiale ed il tentativo di rendersi autonomo dalle forniture e monopoli stranieri portava lo Stato a cercare soluzioni per dare vita ad un apparato industriale proprio. Su forti pressioni di Cavour, nel 1853 apriva a Sampierdarena l'officina Gio. Ansaldo & C., una fabbrica meccanica, che aveva rilevato la precedente officina Taylor e Prandi, la cui attività era iniziata nel 1846, godendo di un contributo economico del governo sabaudo, per riparare ma- teriale ferroviario e formare personale qualificato.292

L'anno successivo la stessa era in grado di produrre locomotive e materiale ferroviario.

Mentre venivano aperti i cantieri della Torino- Genova, l'amministrazione statale aveva avviato la progetta- zione del collegamento tra Alessandria ed il Lago Maggiore. Nel '46 iniziò la programmazione del tratto Alessandria Novara, ma le vicende della guerra d'indipendenza e difficoltà tecniche, come quella della galle- ria in località Valenza e di un ponte di 420 metri per superare il Po, incisero sui tempi di realizzazione ral- lentando i tempi d'esecuzione. Solo il 2 luglio 1854 venne raggiunta Novara e il 18 maggio 1855 Arona sul lago Maggiore. L'intera linea, che nel frattempo era entrata in esercizio per tratti, venne ufficialmente

290

L. Ballatore, Storia delle ferrovie in Piemonte, cit., p.33. 291

Rosario Romeo, Cavour e il suo tempo, Laterza, Bari 1969, p..84. 292

Paolo Lavadas, La politica ferroviaria del Piemonte,Lucomano e Frejus, Articoli & Recensioni, Tram Treni & altro, in

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inaugurata il successivo 17 giugno.293 Contestualmente all'arrivo della strada ferrata venne attivato un ser-

vizio di battelli a vapore lungo il Lago. Arrivare in Svizzera da Genova o da Torino era una felice realtà; ora si poteva guardare anche più a Nord verso il cuore del continente.

Sul Bollettino delle Strade ferrate del periodo era riportato il seguente commento:

«Niun avvenimento meritava di essere meglio solennizzato, poiché il compimento di questa strada ferrata è un fatto capitale per ilo nostro commercio, per le nostre relazioni estere, per le nostre finanze».294

Il successo della Torino - Genova aveva messo in moto, da una parte le comunità che chiedevano di essere collegate e facevano a gara per raccogliere fondi e presentare proposte, dall'altra le aspettative d'investi- mento del capitale privato che, ora, mirava ad affiancare l'azione dello Stato nella realizzazione di tratti collaterali alla rete principale, coniugando l'interesse sociale del trasporto con quello economico dell'inve- stimento. Erano capitali che provenivano dal mondo della borghesia produttiva e dell'aristocrazia, veicolati dai nuovi soggetti bancari e che, attraverso la costituzione di nuove Società anonime, creavano fermento e stimolo all'iniziativa imprenditoriale sino ad allora poco dinamica.

Agli inizi degli anni '50, due dichiarazioni del governo avevano fatto percepire la volontà di aprire con convinzione al capitale privato; il cambio di rotta era, sicuramente, dovuto alla concomitanza di due nuovi fattori: l'idea liberale che aveva Cavour dell'intervento dello stato nell'economia e la difficoltà di cassa delle finanze pubbliche nel gestire da sole il progetto di rilancio del paese. Nell'ottobre del 1851 il Ministro degli interni Filippo Galvagno dichiarò:

« … se non che lo Stato gravato dalle conseguenze delle passate vicende, ed impiegato a spingere con sollecitudine verso il loro compimento le linee principali già intraprese di Strade ferrate, mal potrebbe assumere sopra di se, per interamente, l'e- secuzione delle linee: e quando pur lo potesse sarebbe forse più vantaggioso concedere l'intrapresa all'industria privata...». 295

Alle parole del Ministro fecero eco quelle di Cavour:

«per le linee secondarie lo Stato ha fatto appello all'industria privata che, siamo lieti di dirlo, non è stata sorda alla sua vo- ce».296

Nel 1851, in linea con il contenuto delle Regie Lettere Patenti e a dei pronunciamenti del Parlamento Sa- baudo, l'Amministrazione dello Stato aveva avviato lo studio di una strada ferrata da Torino a Bussoleno e Susa; scopo finale era superare il Moncenisio, giungere a Chambery nella Savoia e da lì fare il balzo verso la valle del Rodano, le province francesi e la regione di Ginevra, aprendo una nuova direttrice per incremen- tare il commercio con l'estero . L'incarico di studiare il progetto venne ancora una volta affidato a imprese inglesi, presenti nel Regno con altre iniziative industriali. Approvati il progetto nel 1852 , il governo stabilì una nuova modalità per il suo finanziamento. La linea venne data in concessione alla medesima società in- glese per un periodo di 99 anni, con possibilità di riscatto dopo 20 anni, in cambio della corresponsione della metà del capitale occorrente all'esecuzione dei lavori di costrizione; l'altra metà restava a carico dello Stato. L'impresa provvide alla sua costruzione, ma lo Stato si assunse l'onere dell'esercizio, dividendo al

293

L. Ballatore, Storia delle ferrovie in Piemonte, cit., pp.35-8. 294 Ivi, p.38. 295 Ivi, p.39. 296 Ibidem.

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50% con l'impresa i relativi introiti lordi. Il 25 maggio 1854 la linea venne aperta all'esercizio.297 Da Susa fu

previsto un servizio di carrozze che portava poi in Savoia e in Francia attraverso il Moncenisio; questo fin quando non fu costruito, con capitali privati, l'ardito tratto che passò sotto il nome di ferrovia Fell e fin quando l'altrettanto ardito traforo del Frejus non divenne realtà.

In merito a questa opera , va ricordato che nel 1840 un commissario di dogana, un certo Giuseppe Médail, aveva presentato a Carlo Alberto un memorandum nel quale ipotizzava la costruzione di un tunnel ferrovia- rio sotto il Colle del Frejus e raggiungere rapidamente il territorio savoiardo. Nel 44 l’idea fu ripresa dal Mi- nistro De Ambrois, che commissionò degli studi. Il progetto prese sostanza e nel 1857 Vittorio Emanuele II° ordinò la costruzione del traforo ferroviario del Frejus finanziandone l’opera . Con la cessione nel ‘60 di parte del territorio alla Francia, la sua realizzazione fu sostenuto economicamente anche dai francesi (convenzione del 1862). Lo scavo del tunnel fu concluso nel 1866, la linea aperta al traffico nel 1871. Nel 1852 gli organismi governativi approvarono bel 15 nuovi progetti per una lunghezza di 330 km.

Mentre si discuteva sull'indirizzo politico che il nuovo Re Vittorio Emanuele II avrebbe assunto, nel 1850 si era costituita la Società della strada ferrata da Torino a Savigliano, i cui azionisti erano personalità dell'ari- stocrazia e borghesia locale, e tra i quali era compreso anche Cavour; lo scopo dell'intrapresa sociale era la realizzazione di un vecchio progetto di collegamento tra Torino e Savigliano, la cui proposta di studio era stata presentata 5 anni addietro. Ottenute le autorizzazioni, firmata la concessione e superate alcune diffi- coltà sul calcolo dei costi , la Società affidò i lavori ad un'impresa inglese. La linea, che si dipartiva da Trofa- rello , venne completata e inaugurata il 13 marzo 1853. A pochi giorni di distanza il sindaco di Cuneo chiese, a mezzo stampa che la linea fosse prolungata fino a Cuneo, via Fossano e, nel contempo, invitò la cittadi- nanza a sottoscrivere le quote azionarie per il finanziamento del nuovo tronco. Il 15 agosto del 1855 l'inte- ra linea venne aperta all'esercizio.

Oltre a questi interventi, il capitale privato aveva manifestato il proprio interesse a costruire la linea tra Torino e Novara e la sponda del Ticino, che era stata da sempre negli obiettivi dello stato. Dopo alcuni arti- coli di stampa che informavano di questi interessamenti, apparsi agli inizi del 1851, una società inglese pre- sentò formale richiesta di “fare i primi studi di una strada ferrata che, partendo da questa Capitale, metta

capo a quella che il Governo sta costruendo fra Alessandria e il lago Maggiore”. 298 La proposta era in sin-

tonia con gli obiettivi programmatici che guardavano alla creazione di direttrici di traffico che aprisse ai mercati esteri, in particolare ai territori lombardi , e che avevano funzione strategica nella politica milita- re perseguita da Cavour. Sottoscritta una convenzione preliminare nel settembre 1851, il governo fece costituire la Società anonima della strada ferrata da Torino a Novara, al cui capitale azionario concorsero per un quarto la Società inglese, per la metà Governo ed enti locali ( province, comuni, comunità). L'ultimo quarto venne posto sul mercato. Era questa la prima volta che gli Enti locali partecipavano alla formazione di una società, segno che l'interesse pubblico era enorme. L'anno successivo, approvato il progetto, ven-

297

L. Ballatore, Storia delle ferrovie in Piemonte, cit, pp. 42-.3 298

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nero affidati alla Società inglese i lavori. Anche in questo caso, ritardi sulle scelte di alcuni tracciati e la complessità di alcune situazioni presenti sul terreno, ostacolarono i lavori. Finalmente il 6 marzo 1855 ven- ne aperto all'esercizio il tratto Novara Vercelli, allungato l'8 aprile 1856 a Chivasso. Tra mille difficoltà sul- la scelta della stazione definitiva di Torino, individuata a Porta Susa, finalmente l'attivazione dell'intera linea avvenne il 20 ottobre 56. Completata la linea, si pose il problema di come arrivare al Ticino, linea di confine con il Lombardo Veneto. I vantaggi commerciali erano evidenti, ma l'opposizione dell'Austria era altrettanto forte. Forti pressioni della borghesia milanese portarono comunque la corte austriaca ad approvare nel 1855 un progetto per la costruzione di una strada ferrata da Milano al Ticino e a sottoscrivere con il Re- gno di Sardegna, l'anno successivo, una convenzione in cui «l'Imperiale Regio Governo austriaco si obbli- gava di far terminare interamente la linea della strada ferrata da Milano al confine Sardo presso Boffalora» nel termine di tre anni e il «Regio Governo Sardo si obbligava ugualmente, dal canto suo, a fare compiere in eguale e anche minore tempo, ed in pari modo, la linea di Strada ferrata fra Novara ed il confine di Boffalo-

ra».299 Così, approvato nel 1856 il progetto, l'incarico della costruzione venne assegnato alla Società della

strada ferrata da Torino a Novara. La fusione tra la Vittorio Emanuele( che vedremo più avanti) , la Susa e la Torino Novara portò ad una accelerazione dei lavori; gli stessi terminarono il 20 ottobre '57, mentre il trat- to lombardo Milano - Magenta venne aperto all'esercizio l'anno successivo, il 18 ottobre 1858. Restavano da completare in territorio lombardo il tratto fino a Boffalora e definire per parte piemontese gli interventi di adattamento del ponte sul Ticino. Gli eventi della seconda guerra d’indipendenza travolsero ogni inten- to. Alla prova dei fatti, comunque, si poteva andare in treno da Genova al confine con la Lombardia e quella fu la strada che presero le truppe francesi giunte per nave al porto di Genova allo scoppio della seconda guerra d'indipendenza, e che condusse alla battaglia di Magenta e alla vittoria dell'esercito sardo francese. Di questo fervore sabaudo in campo ferroviario ne aveva dato ampio riconoscimento un articolo apparso sugli Annali Universali di Statistica del 1857 col titolo Le strade ferrate del Piemonte e quelle del Regno Lombardo Veneto che confermava come il settore, che agli inizi del 1848 non contava alcun chilometro in esercizio, ora fosse in piena espansione e come la rete dei collegamenti disegnatasi dimostrasse funzio- nale ad un progetto industriale che lo Stato, che ne era l’ispiratore, attuava con proprie risorse e la colla- borazione del capitale privato. La filosofia economica era ispirata a contenuti sociali e politici che pone- vano il Re di Sardegna, per il senno e la capacità dimostrate, nella condizione di assumere il ruolo guida per unificare politicamente l’Italia, mettendo finalmente d’accordo Gioberti, Balbo e molti altri pensatori risorgimentali.300

Altra iniziativa di rilievo che portò alla costituzione di una delle società che avrebbero fatto da capofila alla rete ferroviaria del Regno d'Italia, si era realizzata nei territori della Savoia..

299

Ivi, p. 60. 300

Le strade ferrate del Piemonte e quelle del Regno Lombardo Veneto, Annali universali di statistica, economia pubblica, legislazione , storia,viaggi e commercio, Serie 3^- vol- XIII° - fasc.37, Presso gli Editori, Milano 1857, pp. 96-104 - Testo in Appendice 69.

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Nel 1853 il parlamento sabaudo approvò una legge per dotare la Savoia di una rete ferroviaria, vista la sua posizione mediana tra Piemonte e Francia e la necessità di creare regolari collegamenti tra Chambery, Lione e Ginevra. Per realizzarla, lo Stato accettò l'offerta di investitori privati di costruire una strada ferrata da Modane a Chambery e Ginevra. Nel 1854 autorizzò la costituzione della Società delle strade ferrate Vitto- rio Emanuele, che portò a conclusione tutta la linea nel 1858. Nel '56 la stessa si fuse con la Società della strada ferrata da Torino a Novara, incorporando le altre linee della Savoia, sorte nel frattempo; quindi ot- tenne in concessione dallo Stato l'esercizio della Torino- Susa. Ceduta la Savoia alla Francia , la Società si era trovata divisa tra due stati. Con la legge del 14 maggio 1865 voluta dal nuovo Regno d’Italia, portarono la Società a cedere la sua rete in Piemonte (Torino- Susa e Torino- Novara) allo nuovo stato in cambio della concessione a costruire ed esercire la rete ferroviaria siculo calabra..

Nel luglio 1854 il parlamento sabaudo aveva approvato anche la costruzione della Strada ferrata da Ales- sandria, per Tortona e Voghera, a Stradella, colle diramazioni da Tortona a Novi e da Alessandria ad Acqui. Era una linea che apriva ai rapporti con gli stati confinanti, Ducato di Parma in primis, e consentiva di dare continuità alle direttrici che guardavano a sud, alle Romagne, alla Toscana, alle terre del Papato e più in la verso oriente; in tal senso era tra le linee più importanti di tutta la penisola italiana. Messa a concorso la concessione e non riscontrata alcuna proposta del capitale privato, lo Stato fece costituire il 10 novembre 1855 una Società di scopo, la Sardo centrale che si obbligò ad eseguire la ferrovia da Alessandria a Stradella e la diramazione da Novi a Tortona. Alla copertura del capitale sociale contribuirono, oltre allo Stato, anche

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