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La diffusione di pratiche decisionali ispirate alla democrazia deliberativa

Capitolo 2. L’emersione di nuovi scenari urbani tra macrotrasformazioni e

2.8 La diffusione di pratiche decisionali ispirate alla democrazia deliberativa

Il variegato panorama delle nuove forme di governance emergenti può essere sintetizzato, per semplicità, in due macro tendenze. La prima riguarda modalità di governance caratterizzate da processi di natura contrattuale, che danno luogo alla cosiddetta “politica a mezzo di contratti” (Bobbio, 2000). Secondo questa modalità, le scelte pubbliche, un tempo prese in maniera unilaterale, sono affidate a negoziati e accordi di natura bi o pluri-laterale, in cui figura in maniera esplicita il ruolo (chi fa cosa e come) e la partecipazione finanziaria di ciascun soggetto coinvolto e i tempi di realizzazione. Particolarmente diffuse in Francia (contrats d’agglomerationes, contrats de

ville, ecc.), ma adottate sempre più di frequente in altre nazioni, tra cui anche

l’Italia (contratti di programma, contratti di quartiere, accordi di programma e via dicendo), queste pratiche di natura contrattuale sono utilizzate in prevalenza per la predisposizione e attuazione di politiche che prevedono la partecipazione di diversi livelli di governo (centrale, nazionale, regionale e

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L’azione collettiva comporta un elevato grado d’interdipendenza tra le organizzazioni ed il raggiungimento dei risultati è di fatto subordinato allo scambio di risorse e alla negoziazione di propositi comuni. I risultati dello scambio sono determinati non solo dalle risorse ma anche dalle regole del gioco e del contesto dello scambio. Se manca uno di questi ingredienti, l’intero processo è destinato al fallimento. Per di più, nei processi di governance le responsabilità spesso sono più difficilmente individuabili, sollevando ambiguità e incertezza.

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Il processo di mobilitazione di attori e risorse è reso più facile se le città dispongono già di importanti risorse finanziarie, capacità d’attivazione di processi d’azione collettiva, presenza di una forte identità e visione comune (Cheshire e Gordon, 1998; Le Galès, 1998). I territori più fragili, che mancano di queste caratteristiche, rischiano di rimanere ai margini.

locale)58. L’altra tendenza – sulla quale ci si sofferma in questa sezione, considerata la sua crescente diffusione soprattutto nelle aree urbane – concerne processi di governance di natura deliberativa, in cui una platea ampia di soggetti, portatori di informazioni, idee e soluzioni, discute sul cosa si vuole fare e sul come, cercando di giungere a delle scelte condivise (Burroni, 2005)59.

Bobbio (2005) osserva come un limitato, ma crescente, numero di scelte pubbliche (soprattutto quelle che riguardano la dimensione locale: quartiere, città e area metropolitana) viene compiuto attraverso dei processi decisionali che si ispirano alle situazioni ideali descritte dai teorici delle democrazia deliberativa. Questa teoria argomenta riguardo la possibilità di raggiungere un accordo, sulla base di processi argomentativi, in cui i partecipanti illustrano le proprie posizioni, si confrontano, dibattono e giungono, se ci riescono, ad una posizione condivisa. La nozione di democrazia deliberativa include, pertanto: “un processo di presa di decisione collettiva con la partecipazione di tutti quelli che saranno interessati dalla decisione, o dei loro rappresentanti (parte democratica); e un processo decisionale attraverso argomentazioni offerte da e per i partecipanti, ispirati ai valori di razionalità e imparzialità (parte deliberativa)” (Elster, 1998: 8, trad. it. a cura dell’autore).

In altri termini, le scelte pubbliche per essere legittimate devono rappresentare il risultato di processi di deliberazione (anziché di processi di aggregazione delle preferenze e negoziazione) tra agenti liberi, eguali e razionali; è proprio attraverso la discussione che i partecipanti al processo deliberativo si convincono a vicenda e prendono delle decisioni condivise (Gbikpi, 2005).

Un processo deliberativo efficace, scrive Gambetta (1998: 23-24), può influenzare positivamente la qualità delle decisioni in quattro modi. Può facilitare:

1) il conseguimento di risultati Pareto-superiori attraverso la promozione di migliori soluzioni;

58 La “politica a mezzo contratti” è il risultato della diffusione di nuove pratiche di gestione e dell’aziendalizzazione

dell’amministrazione pubblica, fenomeno identificato come New Public Management, ispirato ai principi di efficacia ed efficienza (Donolo, 2005).

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Un’altra tendenza, più ridotta rispetto alle due appena descritte, riguarda l’adozione di processi decisionali che fanno riferimento alla democrazia partecipativa, come ad esempio il bilancio partecipato.

Spesso, nella realtà, s’incontrano processi decisionali ibridi, che includono elementi che fanno riferimento sia alla democrazia deliberativa che a quella rappresentativa.

2) il raggiungimento di esiti più giusti in termini di giustizia distributiva tramite l’assicurazione di una maggiore protezione delle parti più deboli;

3) l’ottenimento di un più ampio consenso sulle decisioni prese;

4) e il raggiungimento di una maggiore legittimazione delle scelte effettuate60.

Inoltre, la deliberazione, aggiunge Fearon (1998), può contribuire ad accresce le qualità morali e intellettuali dei partecipanti. Il processo deliberativo, se condotto in maniera adeguata, rappresenta un utile esercizio per l’accrescimento di virtù civiche e umane, finalizzato a creare dei cittadini più informati e responsabili61.

Diversi sono però i limiti e i rischi potenziali associati alle esperienze di democrazia deliberativa. Esistono due tipologie di limiti: la prima riguarda le circostanze in cui tali pratiche possono essere attuate – in alcuni circostanze questi esperimenti possono risultare inadeguati (vedi Gambetta, 1998), come ad esempio nei casi in cui è necessario prendere una decisione in tempi brevi; la seconda concerne, invece, l’efficacia dei processi deliberativi che possono rivelarsi lunghi ed inconcludenti 62.

Affinché i vantaggi potenziali associati all’adozione di processi decisionali ispirati alla democrazia deliberativa possano realizzarsi in concreto è necessario che le condizioni di piena eguaglianza e libertà tra i partecipanti siano assicurate63. Ciò richiede il soddisfacimento di una serie di requisiti in termini di inclusione, di disponibilità e circolazione dell’informazione e controllo

60 Le conseguenze positive della deliberazione, secondo Gambetta (1998: 23), riguardano, in primo luogo, la

distribuzione dell’informazione: nei casi in cui essa è distribuita in modo diseguale la deliberazione contribuisce a migliorarne l’allocazione e consente un più accurato rilevamento delle informazioni (e quindi delle preferenze) di gruppi e individui. I processi deliberativi, poi, possono introdurre nella discussione nuove soluzioni a problemi comuni. La discussione pubblica fornisce, inoltre, una serie di incentivi rivolti a diluire le richieste auto-interessate, ad esempio, attraverso l’introduzione di elementi di principio. La deliberazione può facilitare il compromesso, accrescere il consenso e disseminare principi nella vita pubblica; i principi, a loro volta, possono accrescere la giustizia distributiva e assicurare risultati migliori per i gruppi più deboli, che risulterebbero invece penalizzati in un sistema di pura contrattazione.

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Partecipare a delle discussioni, a differenza dell’avanzare semplicemente delle proposte e votarle, può favorire lo sviluppo di alcune competenze e virtù nei partecipanti (eloquenza, capacità retoriche e di ragionamento, empatia, cortesia, ecc.). Sapendo di partecipare a delle discussioni pubbliche su determinate questioni, i cittadini sono incoraggiati ad investire tempo ed energie nel prepararsi alla discussione, attraverso la raccolta di informazioni, l’elaborazione del problema e via discorrendo (Fearon, 1998: 59).

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Sui limiti e i rischi associati ai processi decisionali che si rifanno alle modalità della democrazia deliberativa cfr. anche Bobbio (2005) e Regonini (2005).

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Su questo aspetto, Cammelli (2005) argomenta che il requisito di eguaglianza sembra poter essere assicurato più facilmente nel caso di micro-decisioni (ambiti spaziali e oggetto di decisione delimitati), che per la loro modesta entità non interessano interessi di maggior rilievo. Quando si supera questa soglia i gruppi più forti potrebbero, infatti, far valere le proprie ragioni all’interno dell’arena deliberativa e influenzare gli altri soggetti che vi partecipano, non assicurando adeguato sostegno alle posizioni più deboli che possono, addirittura, essere manipolate da parte di chi ha più forza e mezzi per far circolare e affermare le proprie argomentazioni.

dell’agenda. Requisiti che spesso nella realtà sono difficili da garantire: accade che le condizioni di inclusione non sono soddisfate, che l’informazione è distribuita in modo asimmetrico tra i partecipanti al processo decisionale e che alcuni soggetti assumono il controllo esclusivo sull’issue framing (sull’agenda), ossia sulla definizione degli argomenti da ammettere al dibattito e quelli da escludere. Tutto ciò, aumenta il rischio che l’esito dei processi deliberativi risulti di minore democrazia e minore legittimità delle scelte64.

Nonostante i limiti e i rischi appena discussi, si registra un aumento costante, soprattutto all’interno delle aree urbane, delle esperienze di democrazia deliberativa. La maggiore frammentazione sociale (e della rappresentanza), i processi volti ad accrescere il decentramento di funzioni, poteri e il grado di autonomia dei governi locali e la crisi dei partiti politici costituiscono, secondo Bobbio (2005), le principali motivazioni sottostanti alla maggiore diffusione di tali pratiche65. “In queste condizioni – scrive l’autore (Bobbio, 2005: 85) – le istituzioni pubbliche si trovano nella necessità di reperire legittimità volta per volta allo scopo di sostenere singole politiche o singole decisioni; e la creazione di arene inclusive e deliberative può costituire una risposta plausibile”. Un crescente numero di politiche per lo sviluppo locale66, piani strategici delle città, piani sociali, progetti di “Agenda 21 locale” e piani di trasformazione urbana si rifanno, quindi, sempre più di frequente, ai due aspetti cruciali del modello della democrazia deliberativa: l’inclusione e la deliberazione67. Si tratta di politiche e programmi che mirano alla valorizzazione della componente deliberativa nel policy making (Donolo, 2005); esperienze che si muovono sempre più di frequente da arene chiuse, composte da pochi attori e interessi omogenei, ad arene più aperte, formate da molti attori e interessi differenti (Bobbio, 2005).

Alla base di queste esperienze risiede la fiducia nelle capacità dei cittadini di esaminare problemi di natura collettiva e individuare possibili soluzioni, nella promozione del dialogo quale strumento per giungere a

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Due sono i principali rischi generalmente associati alla discussione pubblica: acquiescenza alle opinioni dei soggetti più forti che conduce al conformismo; e manipolazione dell’informazione da parte di lobby (Gambetta, 1998).

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Su questo punto, Regonini (2005) aggiunge che la necessità di affiancare, integrare e, a volte anche, sostituire le istituzioni politiche sorge dalla constatazione della arretratezza di tali istituzioni rispetto alla capacità autonoma di riflessione e coordinamento dei cittadini.

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Sull’adozione di pratiche decisionali ispirate alla democrazia deliberativa nell’ambito delle politiche per lo sviluppo locale cfr. Cersosimo e Wolleb (2006).

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Sulla valutazione della serietà e dell’efficacia di queste iniziative, Regonini (2005) individua un elenco di punti per valutare la serietà degli esperimenti e la loro effettiva capacità di generare relazioni sociali basate sul dialogo e la riflessività.

decisioni condivise e nell’autodeterminazione dell’agenda, potenzialmente aperta ad ogni questione (Regonini, 2005). Lo scopo, dunque, non è solo quello di prevenire potenziali conflitti, ma di acquisire, anche, nuove informazioni, conoscenze e suggerimenti, di responsabilizzare gli attori riguardo le scelte prese e di costruire un orizzonte strategico comune, per far in modo che ogni attore si impegni a fare la propria parte nella direzione concordata (Bobbio, 2005).

Capitolo 3. Processi di regolazione urbana tra competitività e