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Trasformazione delle politiche urbane in Europa

Capitolo 2. L’emersione di nuovi scenari urbani tra macrotrasformazioni e

2.6 Trasformazione delle politiche urbane in Europa

Le ragioni sottostanti alla predisposizione di politiche urbane sono molteplici e di natura differente. Questioni relative ai concetti di equità ed efficienza, la risoluzione di problemi riguardanti processi di ristrutturazione economica, legati al passaggio da economie prevalentemente industriali ad economie basate sul terziario avanzato, rappresentano alcune delle principali motivazioni di carattere economico alla base dell’elaborazione di politiche pubbliche a livello urbano. Un’altra dimensione importante è rappresentata dalla realizzazione di beni pubblici, che le politiche urbane possono e devono fornire per il soddisfacimento della domanda posta da cittadini e imprese. Esistono, inoltre, motivazioni di carattere sociale. Se, oggi, le città sono investite in modo più diretto da possibilità e compiti per lo sviluppo economico, in modo altrettanto diretto si trovano a fronteggiare i problemi legati alla povertà, alla salute, all’invecchiamento della popolazione, alla casa e alla devianza (Bagnasco, 2005). All’interno delle aree urbane si concentrano tutta una serie di problematiche sociali, la cui risoluzione richiede l’attuazione di politiche mirate. Consentire ai cittadini, come indicato dalle riflessioni di Amartya Sen (1999; 2002), di vivere la propria vita compiutamente, attribuendo ad ogni individuo l’effettiva possibilità di perseguire ed ottenere ciò che una persona ritiene importante per il proprio sviluppo personale, dovrebbe rappresentare un must delle politiche anche a livello locale. Questa visione pone l’accento, quindi, non solo su una più equa distribuzione della ricchezza

generata, ma anche sulla fornitura di servizi pubblici (istruzione, sanità ecc.) e, più in generale, su questioni riguardanti la democrazia, la cittadinanza e la rappresentatività all’interno delle città.

Il quadro delle politiche urbane nel corso degli ultimi decenni, come già detto, si è ampliato e complicato considerevolmente. Le principali trasformazioni delle politiche urbane riguardano, in sintesi: la mutazione delle priorità dei governi locali, con una maggiore attenzione allo sviluppo economico soprattutto nelle città grandi e medie; il cambiamento delle modalità di gestione dei servizi, che vede un più consistente coinvolgimento dei privati nell’erogazione delle prestazioni49; e, infine, il crescente coinvolgimento dei cittadini nelle scelte pubbliche che li riguardano (Bobbio, 2002). A questi elementi, si aggiunge il numero di politiche pubbliche urbane elaborate e attuate con altri livelli di governo e altre istituzioni e organizzazioni. Come già detto, durante la fase fordista, il livello locale in Europa, in un quadro di stretta dipendenza dal centro, era dedito prevalentemente alla gestione delle politiche redistributive, mentre le decisioni di natura macroeconomica e fiscale, che riguardavano la produzione capitalista, erano prese esclusivamente a livello nazionale. Oggi, la situazione è abbastanza differente, con i governi locali protesi sempre di più verso l’elaborazione di politiche a sostegno dello sviluppo economico locale e della competitività territoriale (Bobbio, 2002). La “politics of production”, a sostegno della promozione economica e della competizione, si affianca (e in alcuni casi tende a scalzare) alla “politics of welfare”. Politiche per lo sviluppo che si dispiegano sempre più attraverso l’interazione di autorità politico-istituzionali collocate su scale differenti (UE, nazione, regione, istituzioni metropolitane e città).

Il nuovo quadro delle politiche urbane emergente (e in particolare, la maggiore attenzione alla sfera economica) è stato influenzato, da un lato, dalle criticità derivanti dal passaggio verso una base economica di tipo post- industriale e dai costi associati a questa trasformazione in termini di

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Molti servizi pubblici tendono ad essere gestiti all’esterno dell’ente locale da parte di soggetti privati tramite il fenomeno dell’esternalizzazione (outsourcing o contracting out). La motivazione principale esistente dietro la diffusione di questo fenomeno risiede nella ricerca di una maggiore efficacia e nella possibilità di realizzare risparmi nella fornitura dei servizi. A questa esigenza di natura pratica si affianca una convinzione, più ideologica, sulla maggiore efficienza del settore privato rispetto a quello pubblico. Questa visione è centrale nel New Public

Management, che comprende un insieme di prescrizioni e tecniche per gestire la pubblica amministrazione, ispirate

alle metodologie utilizzate all’interno dell’impresa privata: controllo di gestione, orientamento ai risultati e al cliente e attenzione per la qualità (Bobbio, 2002: 202).

disoccupazione, declino economico e spopolamento (urban crisis); dall’altro, dalle minacce ed opportunità poste dalla maggiore integrazione delle economie su scala mondiale. Il venir meno delle barriere spaziali, la maggiore integrazione di economie e territori insieme alle restrizioni di bilancio e la riduzione degli strumenti d’intervento macroeconomici in risposta a situazione di crisi hanno determinato uno scenario di crescente insicurezza e instabilità nelle collettività locali50 (Camagni, 2001). E’ accresciuta, conseguentemente, la domanda per politiche innovative a livello urbano, in grado non solo di risolvere problemi contingenti, ma di anticiparli attraverso strategie di lungo periodo, atte a prevenire più che a risanare situazioni di crisi e di sviluppo non sostenibili e a cogliere i vantaggi di una maggiore integrazione (Capello e Hoffmann, 1998)51. All’aumento delle richieste di politiche e interventi in differenti ambiti non è, però, corrisposto un aumento adeguato delle risorse finanziarie, tutt’altro. Esiste una tendenza, piuttosto generalizzata nei Paesi dell’UE, che riguarda la diminuzione del volume dei trasferimenti dal livello centrale verso il basso, a cui si accompagna, in seguito all’istituzione dell’unione monetaria e la sottoscrizione del “Patto di Stabilità”, un aumentato delle restrizioni e dei controlli sulla finanza locale, da parte dei governi nazionali, per evitare che le scelte effettuate dai governi locali possano vanificare le politiche di rigore impostate a livello nazionale. I governi locali si trovano così in una situazione particolarmente difficile: rispondere alle domande crescenti dei cittadini a fronte di trasferimenti statali decrescenti che possono compensare solo con un aumento – chiaramente impopolare – delle imposte o delle tariffe locali (Bobbio, 2002).

Un altro elemento particolarmente interessante che contraddistingue le nuove politiche urbane – di centrale importanza nell’impianto teorico della

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L’adozione della moneta unica e il rispetto del “Patto di Stabilità” hanno di fatto ridotto in modo sostanziale la gamma degli strumenti macroeconomici a disposizione dei singoli stati all’interno dell’UE.

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Per i sistemi urbani, la globalizzazione impone strategie volte al potenziamento dei fattori di attrattività e di vantaggio localizzativo urbano, che rappresentano gli asset competitivi forti (economie di agglomerazione e accessibilità) con i quali competere nel sistema urbano europeo. Questi fattori devono diventare obiettivi primari nell’ambito delle politiche economiche a livello urbano, “perché è proprio sui meccanismi di rendimenti crescenti e di accessibilità urbana che si gioca la competitività tra città” (Capello e Hoffman, 1998: 16).

La crescente importanza del territorio, della sua identità e delle sue specificità nei processi di sviluppo economico pone di conseguenza l’enfasi sul ruolo che le politiche pubbliche a livello locale possono svolgere nella creazione di

asset strategici territoriali in grado di garantire la creazione ed il mantenimento di vantaggi competitivi alle imprese

locali all’interno dei mercati mondiali. Sulla base di queste trasformazioni, si è assistito ad un radicale mutamento delle politiche di sviluppo locale. Si è andato affermando un nuovo paradigma delle politiche di sviluppo territoriali che predilige l’impiego di risorse endogene latenti, non utilizzate a sufficienza, la creazione e sviluppo di asset territoriali specifici ed unici in grado di garantire vantaggi competitivi di medio-lungo termine al territorio. Si è passati, quindi, da politiche settoriali a politiche di contesto, volte a migliorare le condizioni “ambientali”, attraverso l’implementazione di strategie integrate.

“Nuova Saggezza Convenzionale” sulla rinascita della città (cfr. supra, cap. 1, § 1.3) – riguarda la ricerca di una maggiore integrazione e coordinazione delle politiche messe in campo. Il raggiungimento di uno sviluppo urbano equilibrato sembra dipendere da un maggiore raccordo tra le diverse politiche, tra pianificazione territoriale e interventi di promozione economica e sociale e salvaguardia dell’ambiente52 (Camagni, 2001). All’interno di questo scenario, le relazioni tra i vari soggetti istituzionali rappresentano oggi un elemento fondamentale in grado di aumentare l’efficacia delle politiche. Tra gli obiettivi intermedi delle attuali politiche urbane rientra, quindi, la realizzazione di nuove e più spesse geometrie istituzionali, di nuove modalità di policy making, capaci d’intercettare un maggior numero di attori e differenti livelli di governo al fine di facilitare la realizzazione di progetti collettivi.