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I processi di governance urbana

Capitolo 2. L’emersione di nuovi scenari urbani tra macrotrasformazioni e

2.7 I processi di governance urbana

Nel corso degli ultimi decenni l’ambito d’intervento delle politiche urbane si è ampliato notevolmente e con esso anche il numero degli attori coinvolti nel processo d’elaborazione e implementazione degli interventi.

La crescente complessità che caratterizza i contesti urbani contemporanei, pone nuove sfide in termini di policy making. Situazioni complesse e interdipendenti richiedono soluzioni e approcci integrati. Questo accresce, a sua volta, la complessità di network e processi decisionali, perché soluzioni d’insieme richiedono la partecipazione di diversi soggetti istituzionali e non, portatori di conoscenze e risorse non disponibili all’interno dei governi locali.

La diminuzione della regolazione statale e il processo di devolution hanno indubbiamente rafforzato questo processo, incoraggiando una maggiore mobilitazione degli attori locali nella definizione e attuazione delle

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Le nuove politiche urbane s’indirizzano sempre più al raggiungimento di obiettivi economici: incremento dell’efficienza del sistema produttivo locale, attrazione di nuovi settori e funzioni, ampliamento dei mercati per le imprese locali attraverso migliori collegamenti esterni determinati da moderne infrastrutture di trasporto e comunicazione (Camagni, 1993). Ma non solo. Se da un lato, le attuali politiche mirano ad accrescere la competitività e l’attrattività dei territori, dall’altro, tentano di incrementare il livello di coesione ed equità sociale e di salvaguardia dell’ambiente. Questi aspetti assumono oggi maggiore rilevanza in quanto considerati sempre più spesso funzionali alla crescita economica e alla competitività che guida le politiche di sviluppo territoriali. La competizione tra territori, soprattutto per l’attrazione di attività economiche knowledge-based e di personale altamente qualificato, si gioca anche su aspetti ambientali, sociali e culturali che rappresentano un importante fattore localizzativo per famiglie e funzioni economiche di alto livello.

politiche territoriali a supporto dello sviluppo economico. Le Galès (1998) evidenzia come la diminuzione della regolazione statale, insieme alla crescente internazionalizzazione delle economie, abbia rafforzato il processo di concorrenza tra territori, sia in ambito economico che politico-istituzionale; e, che, a sua volta, la concorrenza tra città e regioni abbia determinato un rinvigorimento dei processi di mobilitazione locale, reso esplicito attraverso un incremento del numero e dell’intensità delle relazioni istituzionali ed informali, sia all’interno dei territori che all’esterno con altri attori e livelli di governo, per l’elaborazione e attuazione di progetti comuni53.

La mobilitazione degli attori locali è rafforzata, inoltre, dal processo di

devolution che sta interessando, seppur con modalità e caratteristiche

differenti, la quasi totalità dei paesi membri dell’UE, con il progressivo trasferimento di funzioni, in settori d’intervento prima di esclusiva responsabilità dei governi centrali, verso livelli territoriali di governo più bassi. Nuove opportunità per la promozione d’azione collettiva a livello locale provengono, inoltre, dai programmi e dagli strumenti elaborati dall’UE, che mirano ad incentivare la creazione di network all’interno dei territori e la promozione di reti interurbane ed interregionali (URBAN, INTERREG, reti tematiche ecc.).

E’ cresciuta, inoltre, la domanda del settore privato per un maggiore coinvolgimento nei processi decisionali e di governo. In un’epoca di crescente competizione, le imprese diventano consapevoli della necessità di assicurare la competitività del proprio ambiente, che dipende da questioni inserite nell’agenda politica quali, ad esempio, l’efficienza del sistema dei trasporti e la qualità della forza lavoro (John, 2001).

L’accresciuta mobilitazione a livello urbano dipende anche dalla diffusione di un nuovo atteggiamento delle città, caratterizzato da una maggiore consapevolezza riguardo alla possibilità e alle capacità degli attori locali di indirizzare i percorsi di sviluppo. L’idea principale di questo nuovo approccio è che lo sviluppo urbano non è definito irrimediabilmente da forze politico-economiche esterne, su cui non è possibile esercitare nessun

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Il rinnovato fermento degli attori locali, che dà luogo alla sperimentazione di nuove forme di regolazione ed azione collettiva, tuttavia, non è il solo riflesso del processo di competizione tra città. Gli attori urbani possono, infatti, adoperarsi per la ricerca di mediazioni originali fra sviluppo economico, coesione ed equità sociale e conservazione dell’ambiente e forme di collaborazione tra città (Le Galès, 1998).

controllo, ma piuttosto che le sorti delle città possono essere determinate e indirizzate, attraverso l’acquisizione di nuove capacità istituzionali e la messa in campo di strategie condivise di medio-lungo termine. “Le risorse chiave dello sviluppo – scrive Veltz (2004: 13) – sono socialmente costruite e non sono un given di natura o geografia. Le città come attori politici e sociali sono dunque responsabili del proprio successo (o insuccesso)” (trad. it. a cura dell’autore).

In sintesi, gli sviluppi appena descritti riguardano, in larga parte, un’intensificazione dei legami orizzontali a livello urbano e la crescente rilevanza di organizzazioni non appartenenti all’amministrazione dello Stato nel raggiungimento di obiettivi di governo (Harding, 2005). La diffusione di questo trend dipende principalmente dai seguenti fattori: primo, il settore pubblico da solo non può ottenere una maggiore competitività economica, che richiede varie forme di trasformazioni del contesto, processi continui di negoziazione e lavoro congiunto con attori del settore privato; secondo, nella sfera sociale, un’enfasi crescente su efficienza e produttività nella fornitura dei servizi, tipica del New Public Management (NPM), conduce verso la ricerca di forme alternative di offerta dei servizi da parte dei privati (attraverso percorsi di privatizzazione, contracting out, ecc.); terzo, infine, strettamente correlata all’idea che competitività economica e pace sociale sono altamente localizzate e place-dependent, i governi locali hanno la necessità di costruire e trarre vantaggio da una varietà di legami economici e sociali, non-tredeable, di fiducia, reciprocità e impegno democratico che possono sostenere la coesione sociale e la competitività economica (Harding, 2005: 70).

Queste trasformazioni hanno quindi innescato una fitta sperimentazione di nuove forme di governance54, di partenariati locali, nuove modalità di elaborazione e gestione delle politiche pubbliche a volte con risultati inaspettati, altre volte con risultati deludenti. Nuovi attori, quali agenzie di

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Il termine governance è oramai ampiamente utilizzato per descrivere le molteplici tipologie di coordinazione sociale ed economica. In concreto, molti processi di governance comprendono non solo agenzie governative, ma anche organizzazioni non governative, associazioni e partenariati pubblico-privato. Il governo, secondo la teoria politica di tradizione anglo-americana, si riferisce alle istituzioni formali dello Stato e al loro monopolio di potere coercitivo legittimo. Il governo si caratterizza per la sua abilità di prendere le decisioni e nella sua capacità di farle applicare. Il concetto di governance rappresenta, invece, un cambiamento nel significato di governo, riferendosi ad un nuovo processo, una nuova modalità di governare. Obiettivo della governance è di creare le condizione per la predisposizione di regole e azione collettiva. Pertanto i risultati della governance non differiscono da quelli del governo; si tratta piuttosto di differenze relative ai processi che sottostanno ai due termini. Esiste una sorta di consenso diffuso che la governance si riferisce allo sviluppo di forme di governo in cui i confini tra settori pubblici e privati ed al loro interno diventano sempre più labili (Stoker, 1998).

sviluppo, business élite, mondo dell’associazionismo e del volontariato, insieme alle amministrazioni locali si cimentano nel processo di regolazione locale, dando vita a nuove forme di governance in relazione all’elaborazione e gestione di programmi ed interventi, in risposta alle nuove minacce e opportunità presenti nel nuovo scenario globale. Il concetto di governance indica il modo in cui sta cambiando il modo di formazione delle politiche pubbliche, che “derivano sempre meno da atti di government, e sempre più sono frutto di una governance”, alle quali contribuiscono le autorità locali, ma anche altri attori (Bagnasco, 2001: 12).

La governance a livello urbano viene intesa come capacità di integrare interessi locali, organizzazioni e gruppi sociali e la capacità di rappresentarli al di fuori per sviluppare strategie unificate verso il mercato, lo stato, altre città e altri livelli di governo (Le Galès, 1998).

Come sostenuto da Stoker (1998: 21): “la prospettiva della governance riconosce l’accresciuta complessità nei nostri sistemi di governo e porta alla nostra attenzione un mutamento nella responsabilità, un indietreggiamento dello Stato e una maggiore enfasi nello spingere le responsabilità sul settore privato e del volontariato e più in generale verso i cittadini”. Questa prospettiva implica quindi la necessità di un ruolo attivo da parte di tutta una serie di attori locali, precedentemente esclusi nei processi di governo, nell’affrontare problematiche collettive senza poter contare sulle risorse formali del governo. Le amministrazioni locali, in un contesto di crescente complessità, necessitano infatti l’apporto dei privati e del terzo settore e delle loro risorse per risolvere i problemi economici e sociali.

La prospettiva della governance, oltre a descrivere le nuove e più intense forme d’interazione tra pubblico e privato, riguarda più in generale le reazioni istituzionali complesse a maggiori problemi economici e mutazioni sociali nell’emergente sistema globale-locale (Scott et al., 2001). Gli obiettivi della

governance, di conseguenza, non sono circoscrivibili esclusivamente

nell’accrescimento del grado di efficienza e dell’efficacia dell’azione collettiva, ma si estendono ben più in là fino ad includere lo sviluppo di una capacità di creazione di strutture cognitive per la comprensione dei cambiamenti dei processi di governo, la creazione di senso comune ed il rafforzamento dei processi d’integrazione sociale (Le Galès, 1998).

Le Galès (1998: 496-497) evidenzia due dimensioni della governance urbana: una dimensione interna ed una esterna. La dimensione interna riguarda la capacità della governance urbana di integrare, all’interno del territorio, le organizzazioni, gli attori, i gruppi sociali e i diversi interessi al fine di elaborare strategie comuni e politiche. La dimensione esterna della

governance concerne la capacità di rappresentare e difendere una strategia

all’esterno, una rappresentazione collettiva unificata nei confronti dello Stato, dell’UE e delle altre autorità locali al fine di sviluppare una capacità politica per l’acquisizione di risorse.

La crescente diffusione di processi di governance, alla cui idea sono spesso attribuite erroneamente infallibili virtù taumaturgiche, non coincide con uno svuotamento delle funzioni dei governi locali55. La dimensione politica, di

government, mantiene la sua centralità anche all’interno dei processi di governance (Pinson, 2002). Politica in termini di mobilitazione di interesse, di

gruppi e azione collettiva ma anche d’interesse collettivo e costruzione di senso (Le Galès, 1998). Le politiche per lo sviluppo economico locale, i cui costi e benefici spesso non sono equamente distribuiti, implicano di fatti un processo decisionale di natura politica. Le coalizioni che si pongono alla guida dei processi di sviluppo sollevano questioni di democrazia, cittadinanza e rappresentanza. La propensione verso un tipo di politica a supporto del capitale, i cui costi sono sopportati principalmente dalle classi popolari mentre i benefici sono a vantaggio delle imprese o, di contro, l’attuazione di politiche progressive, che tendono al rafforzamento dell’equità attraverso l’imposizione di tasse più elevate sulle attività economiche per la realizzazione di beni e servizi pubblici a beneficio dell’intera collettività, è essenzialmente il riflesso di decisioni di carattere politico (Cox, 1995).

Infine, è importante evidenziare che i processi di governance, al pari di istituzioni come Stato e Mercato, non è esente da fallimenti. Tensioni e difficoltà tra i soggetti coinvolti nel processo, le inadeguatezze nelle organizzazioni che collegano il pubblico, il privato e il volontariato, la

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I governi locali all’interno dell’UE sono stati attraversati da profondi processi di trasformazione e appaiono ovunque più forti. Hanno accresciuto i loro poteri e grado di autonomia. Contano di più nelle arene nazionali e, per le città più importanti, in quelle internazionali. Al tempo stesso, sono immersi in un ambiente istituzionale più complesso e più integrato e le loro politiche si intrecciano sempre più di frequente con quelle elaborate da altri livelli di governo. Rappresentano delle nuove entità dinamiche, maggiormente integrate con nuovi soggetti privati, e protesi alla ricerca di maggiore consenso su singole politiche e interventi (Bobbio, 2002).

mancanza di una leadership forte, la dissonanza di obiettivi tra gli attori e la presenza di conflitti sociali rappresentano le principali motivazioni alla base del fallimento del processo di governance (Stoker, 1998)56.

Concludendo, a parità di condizioni esterne, i territori che con più facilità riescono a maneggiare la complessità dei processi sociali e di produzione in corso, attraverso un’efficace azione collettiva, hanno maggiori possibilità di successo rispetto a quei territori dove la frammentazione del tessuto sociale, la mancanza di una visione strategica e di un’identità comune e la presenza di coalizioni deboli non consentono la predisposizione di un’efficace azione collettiva a sostegno dello sviluppo urbano57.

2.8 La diffusione di pratiche decisionali ispirate alla democrazia