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I diritti di cittadinanza e lo sviluppo delle relazioni intercultural

3) Le politiche per l’integrazione

3.3 Le contraddizioni del modello assimilazionista repubblicano francese e il «le mal-être des banlieues»

3.3.1 I diritti di cittadinanza e lo sviluppo delle relazioni intercultural

I limiti dei meccanismi d’integrazione del modello francese, sono da ricercare anche nel mancato accesso da parte degli immigrati a diritti veri e in particolare a quelli di cittadinanza. Nonostante la Francia tradizionalmente sia stata piuttosto generosa nella concessione della cittadinanza, la svolta neoassimilazionista che influenzato le politiche migratorie, ha condizionato anche questo aspetto. La massima espressione delle politiche neoassimilazioniste è probabilmente il CAI (Contrat d’Accueil et d’Integration) del 2003, divenuto obbligatorio nel 2006. Attraverso questo strumento, l’acquisizione della cittadinanza viene fatta dipendere dalla buona volontà degli stessi immigrati che vengono inoltre valutati nelle loro competenze linguistiche e civiche per il rinnovo. Questo provvedimento è stato fortemente criticato dalle organizzazioni che si                                                                                                                

occupano da tempo di immigrati e razzismo in Francia. Lamentano in primo luogo l’apparentemente intento di promuovere l'integrazione del CAI che invece limita fortemente il numero delle presenze regolari, rendendo più difficile il rinnovo del permesso. La capacità di integrarsi da parte degli immigrati diventa un criterio per l’ottenimento del permesso e nei fatti diventa un pretesto per la messa in pratica di una politica dell'immigration choisie88. Una caratteristica specifica francese sta nella distinzione tra cittadinanza e nazionalità. La cittadinanza, basata sui principi della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, sancita nel 1789, non è un diritto, come la nazionalità, bensì un principio: una caratteristica associata alla partecipazione alla vita della comunità, per cui nel passato ci sono stati numerosi nazionali non cittadini, soprattutto come conseguenza della cittadinanza evolutiva, inizialmente riservata solo a coloro che pagavano il censo, estesa in seguito agli uomini e, infine, agli uomini e alle donne con più di ventuno anni89. Oggi in Francia la cittadinanza può essere acquisita in tre modi diversi:

• Il primo comprende sia l’acquisizione per filiazione (jus sanguinis) che quella per nascita (jus soli);

• il secondo modo di acquisizione è rappresentato dal matrimonio con cittadino o cittadina francese;

• il terzo si produce in seguito ad una decisione delle autorità francesi (naturalizzazione).

L’acquisizione della cittadinanza francese per filiazione stabilisce che ne ha diritto il figlio, legittimo o naturale, di una coppia in cui almeno uno dei due genitori sia francese. Per quanto riguarda l’acquisizione per nascita, è francese il figlio, legittimo o naturale, nato in Francia quando almeno uno dei due genitori vi sia nato, qualunque sia la sua cittadinanza90. Il processo di naturalizzazione invece non è automatico. L’acquisizione della nazionalità è sottoposta a una doppia condizione di residenza: può                                                                                                                

88 Le Contrat d’accueil et d’intégration: un parcours obligatoire, condition d’une installation durable,

http://www.vie-publique.fr.

89 Lombardi M., (a cura di), Percorsi di integrazione degli immigrati e politiche attive del lavoro, Milano,

Franco Angeli, 2005.

averne diritto solo lo straniero maggiorenne che dimostri la propria residenza abituale in Francia dall’età di 11 anni, nei 5 anni precedenti la domanda, con l’eccezione di coloro che hanno ultimato due anni di studi in un istituto di istruzione universitaria francese o abbiano reso importanti servizi allo Stato, nel qual caso il criterio della residenza viene ridotto a 2 anni. La legislazione sull’acquisizione della cittadinanza è stata più volte modificata nel corso degli anni, ad esempio la legge 2006-911 del 24 luglio 2006, relativa all’immigrazione, ha modificato il secondo criterio di acquisizione della cittadinanza, ovvero quello per matrimonio, per contrastare il fenomeno delle unioni a scopo di naturalizzazione. Sia l’acquisizione mediante dichiarazione (matrimonio) che quella mediante decreto (naturalizzazione) richiedono, in forme diverse, una conoscenza sufficiente della lingua francese da parte dell’interessato91. Il percorso ad ostacoli costruito per rendere sempre più difficile agli immigrati il pieno accesso alla cittadinanza francese era così configurato non solo e non tanto per gli immigrati di prima generazione, ma anche per i loro discendenti. A partire dal blocco ufficiale dell’immigrazione nel 1974 questo fenomeno è sempre stato trattato come un problema o un ostacolo nella retorica dei discorsi pubblici. La spettacolarizzazione e la politicizzazione di quegli anni sulla questione migratoria hanno alimentato un senso d’insicurezza infondato nei confronti degli stranieri, che sarà sfruttato a fini propagandistici dal Front National e dalla destra francese anche negli anni a venire. Con la crisi del sistema globale, l’aumento della disoccupazione e della precarizzazione, la prima reazione da parte dei governi, abbastanza comune anche ad altri paesi europei come la Gran Bretagna, è stata quella di chiudere le frontiere e trovare un capro espiatorio nell’immigrazione. Se non c’è abbastanza lavoro per tutti, allora sono gli immigrati a dover fare ritorno a casa, soprattutto quelli considerati non assimilabili perché culturalmente troppo distanti. In quel momento queste persone, prima considerate utili per la costruzione della grandeur de la France e adesso indesiderate, prendono coscienza che il ritorno a casa, non era altro che un’illusione. A partire dagli anni ottanta, è stato promosso lo sviluppo di quelle che furono chiamate «relazioni interculturali». Per portare avanti il dialogo interculturale sono stati presi una serie di provvedimenti, che apparentemente erano in contrasto con l’approccio assimiliazionista, ma che in realtà hanno rivelato degli scopi ambigui. Ad esempio durante il settennato di                                                                                                                

Valéry Giscard d'Estaing (1974-1981), la valorizzazione delle lingue e delle culture di origine portò alla creazione dell'Agenzia nazionale per la promozione delle culture immigrate (ONPCI), in seguito ribattezzata Information Culture Et Immigration (ICEI)92. Questi provvedimenti, seppur in apparenza potevano sembrare dei segnali di apertura verso le culture altre, nei fatti erano stati messi al servizio di incentivi per tornare al paese di origine e coincidevano con l'introduzione di una politica a favore del ritorno (Gruson 2009). Con l'arrivo della sinistra al potere nel 1981, sembra esserci un punto di svolta nella politica francese. Questo avviene in particolare anche grazie alla relazione presentata da una deputata di sinistra, Françoise Gaspard, che mette in discussione il modello assimilazionista e la sua reale efficacia. Dal rapporto emerge come le politiche adottate fino a quel momento abbiano riproposto il modello imposto nelle colonie dalla Francia e hanno di fatto dissuaso gli immigrati dall’integrarsi nella società. Ed è questo tipo di approccio che, secondo Gaspard, ha portato alla nascita dei ghetti. Dopo tanti anni la maggior parte di queste persone pur nella mancata integrazione, fanno parte della società francese a tutti gli effetti, tanti possiedono un’abitazione, hanno costruito delle relazioni amicali e una comunità di riferimento, hanno figli nati in Francia, che sono francesi a tutti gli effetti. Un ritorno in patria per loro non è più concepibile. Ed è sulla base di questo presupposto che il rapporto raccomanda delle misure sia in campo sociale che culturale, propone lo sviluppo dei movimenti associativi, la promozione delle espressioni culturali, un’educazione interculturale nelle scuole, tra cui l'insegnamento delle lingue d'origine dei genitori. Soprattutto sostiene l’importanza del coinvolgimento degli immigrati nel processo decisionale e della comunicazione ai francesi di quanto possa essere positivo l’apporto dell’immigrazione nella società. Propone quindi la creazione dell'Agenzia per lo Sviluppo delle Relazioni Interculturali (ADRI), che segna un passo avanti per l’integrazione culturale in Francia. Nasce dalla ristrutturazione dell’ICEI nel 1982 con lo scopo di favorire il dialogo interculturale, l'integrazione sociale e professionale delle popolazioni straniere e di origine straniera nella società francese (Gruson, 2009). Nel                                                                                                                

92  Luc Gruson, Immigration et diversité culturelle : 30 ans d’intégration culturelle des immigrés en France, contribution pour le colloque de clôture de l’année européenne du dialogue interculturel (Centre

Pompidou, octobre 2008. Actes: éditions de l’OPC, Grenoble décembre 2009).  

rapporto per la prima volta si propone il riconoscimento del culto musulmano, apertamente in contrasto con i dettami del modello assimilazionista, aprendo così all’accettazione delle differenze culturali e religiose nella sfera pubblica. La relazione Gaspard si rivela essere molto lungimirante per quei tempi non solo per gli aspetti estremamente importanti appena citati, come quello del riconoscimento culturale come antidoto all’isolazionismo, ma perché è tra i primi a sollevare la questione delle seconde generazioni in un momento in cui ancora non era ancora emersa nei dibattiti pubblici.