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2) Le politiche d’ingresso in Francia, Inghilterra e Svezia.

2.1 Il caso francese: il mito dell’immigration choisie

2.1.2 La svolta del

Nel 1974 avvenne un cambiamento importante proprio quando la crescita economica subisce una battuta d’arresto e la crisi petrolifera colpisce anche la Francia. Il sistema di produzione fordista entra in crisi e la disoccupazione diventa un fenomeno strutturale e di massa che colpisce principalmente i lavoratori immigrati (Costantini 2009). L’immigrazione, che fino a quel momento era un argomento trascurato e poco presente nel dibattito pubblico, da quel momento diventa un tema di primo piano nell’agenda di policy. Le frontiere per l’immigrazione economica e per le famiglie d’immigrati vengono chiuse: tuttavia, nonostante i sussidi per il rientro, la politica del ritornare a casa, non avrà il successo sperato. Svanita ormai l’illusione del ritorno, si deve fare i conti con il fatto che ormai gli immigrati fanno parte a tutti gli effetti della società francese. È sempre in questo periodo che, con le prime misure repressive contro l’immigrazione, nasce la nozione di sans papiers. Lavoratori che fino a quel momento                                                                                                                

erano serviti alla causa della nazione, si ritrovano ad essere indesiderati, perseguitati per la loro condizione. Molti stranieri durante gli anni 1950 e 1960 entravano illegalmente nel territorio francese e regolarizzavano in seguito la loro posizione. Questa situazione era in qualche modo tollerata dal governo fino a quando, con la crisi del 1974 e l’aumento della disoccupazione, non si decise di limitare l’ingresso ai lavoratori stranieri, ormai visti come concorrenza sleale. È in questa fase che hanno inizio le rivendicazioni dei diritti civili e di associazione, da parte di queste categorie di persone che reagiscono alle politiche repressive mettendo in atto manifestazioni, scioperi della fame e proteste. La repressione nei confronti dell’immigrazione degli anni ’70 non ha comunque posto fine agli ingressi, anche se sono evidentemente mutate le modalità. Oltre all’aumento dell’immigrazione clandestina, gli ingressi per così dire “regolari” sono stati per la maggior parte dovuti al ricongiungimento familiare e alle richieste di asilo, la popolazione immigrata si è femminilizzata e gli immigrati provengono da paesi più lontani.

Figura 3: Evoluzione della forza lavoro immigrata per paese d'origine (INSEE).

Questo periodo si chiuse con la legge 80-9 del 10 gennaio 1980, la cosiddetta legge Bonnet, che modificava le ordinanze del 1945, rafforzando le misure di allontanamento e i criteri d’ingresso e provando a legalizzare la detenzione amministrativa. Nonostante questi cambiamenti dal punto di vista legislativo, in quel periodo in Francia non vi era

un vero e proprio dibattito pubblico sull’immigrazione, gli atti amministrativi non erano discussi apertamente. A partire dal 1980 però le cose cambiano e inizia un dibattito pubblico più intenso su questa issue, un divide i principali partiti politici offrendo terreno fertile al Front National36. Comincia un’epoca di spettacolarizzazione della questione migratoria: “la lotta all’immigrazione clandestina lanciata in questo contesto permette la diffusione di un legame tra immigrazione e insicurezza sul quale il dibattito pubblico verrà progressivamente focalizzato, e che da patrimonio privato delle destre più estreme diventerà in breve tempo uno degli oggetti privilegiati della speculazione elettorale per tutti i maggiori partiti”37. Con la vittoria del socialista François Mitterand nel 1981 inizia un periodo favorevole per quanto riguarda gli immigrati in Francia: uno dei primi provvedimenti presi è proprio l’amnistia per tutti quelli che erano entrati illegalmente nel territorio francese prima del 1981, fornendogli un permesso temporaneo di tre mesi per avere tempo per regolare la loro posizione. I cambiamenti positivi non si limitano solo a quello, oltre all’introduzione del permesso di residenza decennale, un provvedimento di portata storica, in particolare tre leggi segnano un netto cambio di rotta della politica francese: la legge del 9 ottobre 1981 (libertà di associazione), quella del 17 ottobre 1981 (assunzione di lavoratori stranieri in posizione irregolare) e quella del 29 ottobre 1981 (modalità di ingresso e soggiorno degli stranieri). L’atteggiamento tollerante nei confronti dell’immigrazione o viceversa più restrittivo, cambierà nel corso degli anni in base ai partiti che si succederanno al governo del paese, così come i provvedimenti presi seguiranno le logiche dell’ideologia politica in quel momento in carica.

Nel 1986 le destre vincono le elezioni e vanno al potere, con un programma incentrato sulla riforma del codice della nazionalità. Questa battaglia ingaggiata dalla destra, politicamente serve “ad evitare di presentare all’opinione pubblica dei «francesi loro malgrado» […] a lottare contro i «francesi di carta» [d’identità], è diventata seguace dell’ipotesi volontaristica e contrattuale della nazione, mentre la sinistra ne ha difeso il concetto organico caldeggiando il mantenimento dell’acquisizione automatica della

                                                                                                               

36 Geddes A., The politics of migration and immigration in Europe, London: Sage, 2003, pp.56. 37  Op. cit., Costantini, 2009.

nazionalità”38. Alla fine di questo dibattito, la riforma del Code de la nationalité fu abbandonata, ma rimasero le forti divisioni tra i due schieramenti in merito alla questione migratoria. Gli anni novanta iniziano con la vittoria della sinistra nel 1993 che per contrastare l’avanzata del Front National si impegna ad effettuare controlli più rigidi sull’immigrazione e una modifica più restrittiva del codice di nazionalità. Non è solo il FN a preoccupare il governo, ma anche il clima che regna nel paese e l’aria di crisi che influenza il dibattito sulla cittadinanza e la nazionalità. La seconda Legge Pasqua del 1994, (la prima risale al 9 settembre 1986 e prende il nome dall’allora ministro dell’interno Charles Pasqua, concerneva l’entrata e il soggiorno degli stranieri e il progetto di riforma della nazionalità), stabiliva che i lavoratori e gli studenti stranieri dovessero aspettare due anni prima di poter ricongiungere i loro familiari e proibiva la regolarizzazione dei migranti senza documenti che sposavano cittadini francesi. L’obiettivo di quest’ultimo provvedimento era di evitare le mariage blanc ovvero i matrimoni di convenienza, che erano diventati particolarmente frequenti proprio a causa delle limitazioni agli ingressi regolari. La seconda legge Pasqua sarà applicata con la massima rigidità senza rispetto per i casi personali ma, fortunatamente per gli immigrati, il ministro non riuscì nell’intento di riformare il codice della nazionalità.