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Il razzismo istituzionale e i Race Relation Act

2) Le politiche d’ingresso in Francia, Inghilterra e Svezia.

2.2 Il multiculturalismo inglese

2.2.1 Il razzismo istituzionale e i Race Relation Act

Negli anni sessanta in concomitanza con il clima di crescente intolleranza nei confronti dell’immigrazione, si verificò anche un interessamento per la situazione delle etnie minoritarie e delle discriminazioni. Per questo motivo furono emanate le leggi sulle relazioni razziali Race Relation Act che affiancavano le leggi antimmigrazione di quel periodo. Il primo fu emanato nel 1965 ed ebbe implicazioni a lungo termine per il futuro delle British race institutions, ponendo le basi per molte politiche razziali britanniche di oggi. La decisione presa in quegli anni di istituire un modello amministrativo (sostenuto dal diritto civile) per punire l'eccesso di razzismo è stata fondamentale per lo sviluppo istituzionale britannico44. Lo scopo era di favorire l’integrazione degli immigrati e di risolvere le difficoltà dovute alla presenza, a volte conflittuale, delle diverse etnie. Si predispongono misure per combattere la discriminazione a partire da interventi nei servizi sociali e sul sistema scolastico dove, ad esempio, sono vietate le classi con più di un terzo di immigrati per consentire un miglior apprendimento della lingua. Il Race Relations Act del 1968 allargò la protezione contro l’eccesso di razzismo nei settori quali occupazione, alloggio, e la fornitura di una gamma più ampia di beni e servizi. Anche dopo la legge 1965, era rimasto ammissibile in Gran Bretagna rifiutare di attribuire un posto lavoro, un appartamento, o l'assicurazione di una persona a causa del colore della pelle (Bleich 2003). La legge 1968 ha fornito garanzie contro questo tipo di discriminazione. È inoltre particolarmente importante il Race Relation Act del 1976 poiché costituisce il primo riconoscimento giuridico dell’esistenza del razzismo. Tra le altre cose introduce norme che vietano discriminazioni nella pubblicità e nelle inserzioni lavorative predisponendo sanzioni amministrative per i trasgressori, istituisce anche la Commissione per l’uguaglianza tra le razze, con il compito di vigilanza e promozione della parità tra le diverse etnie. L’urgenza di cambiare nuovamente la legislazione in materia di immigrazione, si verificò nel 1981, quando avvennero dei disordini a Brixton, Southall e alla periferia di Liverpool. Tornarono in primo piano nell’agenda politica le questioni sull’ordine pubblico e sull’integrazione. Nei dieci anni di governo dei conservatori dal 1980, si ebbero nuovi sviluppi nella politica che aveva                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     prospettiva comparata, L’altro diritto, Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità,

curato dall'Università di Firenze. Cap. IV, http://www.altrodiritto.unifi.it.

44  Bleich E., Race Politics in Britain and France, Ideas and Policymaking since the 1960s, Cambridge,

avuto inizio con il Commonwealth Immigrants Act del 1962. Gli Immigration Control Act del 1962, 1968 e 1971 avevano tutti creato diverse categorie di cittadini britannici sia in Gran Bretagna sia negli ex territori coloniali. Questa tendenza proseguì con il British Nationality Act del 1981 approvato dal governo Thatcher. Fu modificato lo status dei patrials (ovvero “i cittadini Britannici delle colonie attraverso nascita, adozione, registrazione nel regno Unito o chiunque avesse più di 5 anni di residenza o avesse connessioni parentali”)45, in quello di cittadini britannici. Furono create due categorie: chi godeva di piena nazionalità britannica e del diritto di residenza, ossia i cittadini dei territori dipendenti, e i cittadini britannici d’oltreoceano che non avevano automaticamente il diritto di stabilirsi in Gran Bretagna. Fu inoltre deciso che i bambini nati nel Regno Unito da genitori non britannici, non avevano più diritto ad acquisire automaticamente la cittadinanza britannica, lo ius sanguinis sostituì così lo ius soli (Montagnana, Sorrentino 2009).

A partire dagli anni Novanta sono cambiate le caratteristiche della popolazione immigrata in Inghilterra. Se fino agli anni ottanta la composizione era sostanzialmente omogenea (con immigrati provenienti per lo più dalle ex-colonie), qualche anno dopo è aumentato il numero di richiedenti asilo e rifugiati, lavoratori immigrati da paesi terzi e dai nuovi Stati membri dell’UE, nonché degli studenti stranieri (Rapporto FIERI 2013). In particolare l’aumento degli asylum seekers portò negli anni 90 alla nascita di un clima di diffidenza e insofferenza nei confronti di queste persone, accusati di migrare per approfittare dei vantaggi offerti dal sistema di welfare britannico. Con la fine dell’era thatcheriana, l’elezione di un nuovo governo labourista e il dibattito che seguì l’inchiesta Macpherson (sull’uccisione di un adolescente di colore da parte della polizia), vennero messe in luce le discriminazioni continue di cui erano vittime i membri appartenenti alle minoranze etniche, e questo portò alla presentazione degli emendamenti del Race Relation Act del 2000. Fu rafforzato il Race Relation Act del 1976, dichiarando illegale la discriminazione sia in forma diretta sia in forma indiretta e la vittimizzazione su base etnica, furono estese queste tutele a tutti gli organi statali, polizia compresa. Nello stesso anno il governo di Tony Blair ha provato a creare nuove                                                                                                                

45 Nicola Montagna e Giuseppe Sorrentino, Vecchio continente…nuovi cittadini: normative, dati e analisi in tema di cittadinanza, Fondazione ISMU, 2009.

strade per la migrazione da lavoro nel tentativo di stabilire una politica di assunzione di manodopera. Il tentativo era quello di pianificare le migrazioni e di collegarle ai bisogni del mercato del lavoro (Geddes 2003). In quell’anno ha modificato le regole sull’immigrazione per lavoro abbassando la soglia di qualificazione richiesta per il rilascio del permesso di soggiorno. La comunicazione, l’informatica e la salute sono stati inseriti nell’elenco dei settori con acuta carenza di forza-lavoro e, nel 2002, è stato varato l’Highly Skilled Migrant Programme (HSMP), basato su un sistema a punti in stile canadese per aspiranti migranti. Questo accadde perché la Gran Bretagna si trovò costretta a riflettere sulle sue politiche in materia d’immigrazione e a rimodularle nel tentativo di attrarre nuove categorie di lavoratori. Il programma non poneva limiti di numero all’accesso dei professionisti e una volta ottenuto il permesso era rinnovabile indefinitamente. Per la prima volta in trent’anni era possibile entrare in Inghilterra senza la certezza di un lavoro. In quello stesso periodo “la politicizzazione del dibattito sull’asilo è divenuta esplicita con il Nationality Immigration and Asilum Act del 2002, che contiene ampie sezioni sulle questioni relative ai richiedenti asilo e ai rifugiati”46. Con l’aumentare del numero di questa categoria di persone (dal 1990 al 2000 si è passati da 26.205 a 80.315)47, si cercarono delle soluzioni per scoraggiarne l’arrivo e diminuirne così il numero. I primi provvedimenti furono quelli che riguardavano il ridimensionamento del sistema di welfare, come spesso accade in questi casi, si cerca di rendere una nazione meno attraente sotto questo punto di vista, poiché si ritiene che agli immigrati approfittino dei servizi dello stato magari fingendosi dei richiedenti asilo senza averne il diritto. La diffusione di questi pregiudizi non dipende solo dai discorsi pubblici dei partiti, che cavalcano gli umori della società a fini elettorali, ma anche dalla rappresentazione distorta che i media che diffondono riguardo gli immigrati. Il provvedimento del 2002 impedisce al richiedente asilo di lavorare per tutto il periodo dell’iter della richiesta, rafforza i controlli sugli immigrati già presenti nel territorio nazionale, introducendo nuove regole sulla naturalizzazione che avevano il compito di appurare la reale intenzione d’integrazione dei richiedenti (Gasparini Casari, 2010, pp.509). Oltre ad aver inasprito le norme per l’espulsione degli immigrati che violavano le leggi sull’immigrazione, ha disposto la costruzione di centri di residenza per i                                                                                                                

46  Basso P., Perocco F., (a cura di), Gli immigrati in Europa: disuguaglianze, razzismo, lotte, Milano,

Franco Angeli, 2003, pp. 261.

richiedenti asilo (accommodation centres), come vedremo più avanti nel capitolo riguardante le politiche sull’asilo.