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Il grande cruccio della sinistra francese: il diritto di voto per gli immigrat

3) Le politiche per l’integrazione

3.3 Le contraddizioni del modello assimilazionista repubblicano francese e il «le mal-être des banlieues»

3.3.3 Il grande cruccio della sinistra francese: il diritto di voto per gli immigrat

Legata al tema dell’integrazione, è anche la questione del diritto di voto agli immigrati. Il fatto di non poter votare, “rende deboli e più difficili da tutelare i diritti degli immigrati, a fronte delle pretese di priorità o di esclusività avanzate dai cittadini- elettori”98. Agli stranieri residenti legalmente in Francia ad oggi questo diritto non è ancora stato concesso ed è per questo oggetto di un dibattito ultraventennale che non si è mai concretizzato con provvedimenti normativi. Il processo di costruzione nazionale pone inevitabilmente anche in Francia, il problema dei diritti di cittadinanza. “La dottrina della laïcité richiede l’inderogabile eguaglianza di trattamento di tutti i cittadini nella sfera pubblica, sottolineando come l’appartenenza religiosa – o a una qualsiasi minoranza – non costituisce base per la concessione di diritti speciali, concepiti invece come potenziali fonti di esclusione”99. I diritti politici (diritto di voto attivo e passivo) ancora oggi non sono concessi agli stranieri. In Francia, come nel resto d’Europa, il Trattato di Maastricht del 1992 ha delineato il concetto di cittadinanza europea accordando il diritto di voto e di eleggibilità per i residenti stranieri di paesi membri della UE alle elezioni europee e comunali. In Francia, hanno partecipato per la prima volta alle elezioni europee del 1999 e alle elezioni comunali del 2001. Questo ha senza dubbio migliorato i diritti civici di un numero importante di stranieri, ma d’altra parte ha anche creato delle nuove disuguaglianze contro le quali si battono numerose organizzazioni sul territorio francese. Anche per quanto riguarda l’impiego nella funzione pubblica, possono accedervi solo i cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, quelli della Norvegia, dell’Islanda e Lichtenstein, dei principati di Andorra e di Monaco e della Svizzera, gli altri sono esclusi. Nel 2012 il partito socialista francese ha riaperto il dibattito sul diritto di voto agli immigrati. Nel suo programma elettorale, François Hollande aveva promesso la possibilità di votare alle elezioni amministrative per gli stranieri non comunitari residenti regolarmente in Francia da almeno cinque anni. Per questo motivo a settembre 77 deputati del partito socialista, tra cui l’ex ministro della giustizia Elisabeth Guigou, hanno pubblicato su Le Monde un appello al presidente perché prepari un disegno di legge il prima possibile. Ma, al momento questo                                                                                                                

98 A cura di Maurizio Ambrosini, Governare città plurali. Politiche locali di integrazione per gli immigrati in Europa: Prima parte, Franco Angeli.

tema non sembra una priorità per il governo. La questione del diritto di voto è un argomento spinoso di lunga data per la gauche francese. Già promesso dalla sinistra nel 1981 con François Mitterrand, che l’inserì nelle sue proposte di legge, non riuscì a farlo approvare poiché per modificare la costituzione non aveva la maggioranza. Nel 2000, un disegno di legge costituzionale fu approvato al Senato, ma per un decennio molti senatori, per lo più sfavorevoli al testo, non lo misero mai all'ordine del giorno. Questo testo, che dà il diritto di voto a tutti i residenti stranieri alle elezioni locali, è stato infine adottato nel dicembre 2011 dalla maggioranza di sinistra alla camera. Ma, perché sia adottato anche dall’Assemblée nationale, la volontà del governo attuale sarà decisiva. È una strada in salita quella che Hollande ha davanti a se, poiché il Congresso richiede per l’approvazione della legge una maggioranza dei tre quinti sulla quale in questo momento non può contare. E anche all’interno degli stessi socialisti, le posizioni sono differenti. Il ministro dell’Interno Manuel Valls non la considera una priorità, anzi, in un’intervista rilasciata a fine 2012 al quotidiano Le Monde dice:

“Est-ce que c'est aujourd'hui une revendication forte dans la société française? Un élément puissant d’intégration? Non. Ça n'a pas la même portée qu’il y a trente ans. Aujourd'hui, le défi de la société française est celui de l'intégration”.100

Questa affermazione dimostra che anche a sinistra, il tema del concedere agli immigrati pieni diritti politici divide, per il ministro Valls l’integrazione non passa per il diritto di voto, non è una priorità per la società francese e anzi, la considera un rischio dal punto di vista politico e sociale, poiché secondo i sondaggi la maggioranza dei francesi sarebbe contraria al provvedimento. C’è anche da molte parti il timore, infondato, che questo nuovo elettorato possa essere manipolato da forze esterne o sottomesso al clientelismo di alcuni politici. Si parla di un possibile ‘voto etnico’, anche se nessun istituto di statistica ha mai certificato questa possibile tendenza. Nonostante la tradizione rivoluzionaria del paese dei diritti umani, rispetto ad altre nazioni europee, la Francia è in ritardo. Dei 15 paesi dell’Unione, 9 hanno concesso il diritto di voto alle                                                                                                                

100 David Revault d'Allonnes, Valls : le droit de vote des étrangers n'est pas une "revendication forte" de la société, Le Monde, 17 settembre 2012.

elezioni locali, a volte anche regionale (alcuni da molto tempo), Grecia, Lussemburgo e Austria rifiutano di concederlo e 3 sono in fase di discussione: Germania, Italia e appunto la Francia. Questo argomento è indubbiamente una questione che spaventa i partiti, sia a sinistra che a destra, proprio su questo si espresse Sarkozy alle elezioni del 2012 e non esitò a definire la possibile concessione del voto agli stranieri un “atteinte à la République”; e certamente divide l’opinione pubblica che oscilla nei sondaggi tra il favore e il totale rifiuto. Per quanto riguarda l’integrazione, negli ultimi anni, ci si è concentrati su due aspetti della questione migratoria che sono stati messi in luce nel dibattito pubblico dalle associazioni che si occupano di immigrazione: l’antirazzismo e la lotta contro le discriminazioni. In Francia gli strumenti adottati sono inferiori rispetto alle politiche britanniche e statunitensi dove da molto tempo l’intervento su questi temi è considerato essenziale per l’integrazione. In Francia gli strumenti a disposizione sono il numero verde 114; il GELD, Groupe d'étude et de lutte contre les discriminations, il Codac, Commissions d’accès à la citoyenneté succeduta dalla Commission pour la Promotion de l’Égalité des Chances et la Citoyenneté (COPEC); le leggi del 1972, 1990, 2001, 2006 e 2008 tra le altre. La GELD fu fondata nel 1999 come gruppo di interesse pubblico che unisce, sotto il Ministero degli Affari sociali101, dipartimenti, organizzazioni professionali, associazioni e docenti universitari e nasce con lo scopo di essere un osservatorio nazionale sulla discriminazione razziale. La GELD è anche responsabile per la gestione del numero verde 114, creato per le vittime e testimoni di discriminazione razziale. Questo servizio è stato istituito il 16 maggio 2000 ed è sancito dall'articolo 9 della legge del 16 novembre 2001 sulla lotta contro la discriminazione, che definisce anche le modalità messe in atto in ogni reparto, sotto l'autorità Prefetto per il trattamento e monitoraggio dei casi riportati. Le commissioni d’accesso alla cittadinanza (CODAC), succedute dalle Commissioni per la promozione delle pari opportunità e della cittadinanza (COPEC), hanno svolto un importante compito per la lotta contro le discriminazioni. La circolare del 20 settembre 2004 estende il campo d’intervento della precedente commissione, il CODAC, ad ogni forma di discriminazione. La nuova commissione, il COPEC, amplia il campo di applicazione E definisce un'azione preventiva contro qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su origine, sesso, disabilità, orientamento sessuale o appartenenza reale o presunta di un                                                                                                                

gruppo etnico, nazione, razza o religione. Ciascuna commissione deve consentire ai funzionari pubblici dei dipartimenti di mantenere stretti legami con particolari associazioni che rappresentano le vittime della discriminazione, le comunità religiose e le organizzazioni professionali. Non è un caso che si auspichi un coordinamento con le associazioni, poiché svolgono sempre più, un ruolo fondamentale di allerta e di sostegno alle vittime di discriminazione. L’impulso impresso alla vita associativa grazie alla libertà di associazione concessa nel 1981, ha contribuito “ad arricchire i quartieri più disagiati con attività civili e culturali finanziate dai Fonds d’Action Sociale”102. Sebbene ci siano dei tentativi per cercare di arginare le discriminazioni, in Francia sono numerose soprattutto nell’ambito lavorativo, quando i posti di lavoro sono rifiutati agli stranieri. A questo si aggiungono le forti discriminazioni che subiscono i giovani francesi, ma di famiglia immigrata, quando s’inseriscono nel mercato del lavoro. Secondo un rapporto dell’INSEE del 2012, i giovani figli di immigrati, in particolare di origine africana, soffrono la disoccupazione tre volte di più degli autoctoni. Cinque anni dopo aver lasciato la scuola, l'11% di loro sono disoccupati, contro il 29% dei francesi103. Differente è la situazione dei figli di immigrazione proveniente dal Sud Europa, che hanno un percorso pressoché simile a quelli di origine francese. Molto deve essere ancora fatto sotto questo punto di vista. La legge 396-2006 del 31 marzo 2006 offre nuovi strumenti per combattere la discriminazione e promuovere la diversità. La legge legalizza la pratica del "test di discriminazione" come mezzo di prova di un’eventuale discriminazione. Questo prevede l'introduzione del curriculum anonimo nelle aziende con più di 50 dipendenti, con regole che devono ancora essere determinate dal Consiglio di Stato. Sono alcuni dei provvedimenti che si stanno mettendo in campo per cercare di arginare un problema molto diffuso come quello delle discriminazioni del lavoro soprattutto per le seconde e terze generazioni di immigrati.

                                                                                                               

102 A cura di Marco Lombardi, Percorsi di integrazione degli immigrati e politiche attive del lavoro,

Franco Angeli, 2005, pp.33 .

103 Alexia Eychenne, Pourquoi les descendants d'immigrés souffrent-ils plus du chômage que les autres?,