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Il problema della disuguaglianza nella società svedese

3) Le politiche per l’integrazione

3.5 Il «modello svedese» d’integrazione

3.5.1 Il problema della disuguaglianza nella società svedese

La politica della Svezia in materia di immigrazione, in particolare agli inizi, è sempre stata molto liberale. Pur prevedendo un legame tra permesso di soggiorno e permesso di lavoro, la politica svedese non ha mai considerato la presenza degli immigrati come momentanea, ha sempre rifiutato il concetto di lavoratore ospite. Ha infatti garantito ai migranti diritti economico-sociali uguali a quelli dei cittadini autoctoni, inoltre “dal 1975 furono loro ampiamente riconosciuti anche dei diritti culturali, nell’ambito di un

                                                                                                               

127  Daniel  Wiklander,  Syndicalists  protest  racial  profiling  targeting  sans-­‐papiers  in  Sweden,  

Arbetaren,  22  febbraio  2013,  http://libcom.org/.  

dichiarato ‘multiculturalismo’ che trovò attuazione soprattutto nelle scuole”129. Dal 1976 venne data la possibilità ai bambini stranieri l’insegnamento della loro madrelingua nelle scuole pubbliche. In Svezia, le famiglie immigrate appena arrivate, hanno la possibilità di usufruire di un’interprete in occasione delle speciali riunioni di benvenuto e alla 'discussione per lo sviluppo personale" che coinvolge tutti i genitori due volte l'anno130. Dal primo luglio 2013 inoltre, una legge ha garantito il diritto all’educazione scolastica anche per i figli degli immigrati irregolari. L’atteggiamento liberale si estende anche per quanto riguarda l’acquisizione della cittadinanza, bastano cinque anni di residenza legale per ottenerla (due soltanto per chi proviene dai paesi nordici) e dalla metà degli anni novanta è ammessa anche la doppia cittadinanza. Per quanto riguarda l’elettorato attivo e passivo, sin dal 1975 bastano tre anni di permanenza legale, la denizenship, non è necessaria la cittadinanza. Dopo un breve periodo di residenza legale dunque, “qualche diritto socioeconomico e politico è garantito, ma è solo quando la piena cittadinanza è ottenuta, per esempio per naturalizzazione, che i controlli interni finiscono, almeno visto dalla prospettiva dello stato”131. Nonostante le restrizioni al welfare degli ultimi anni e le sempre più pressanti limitazioni alle politiche di ingresso, la Svezia resta comunque uno dei paesi con un maggiore grado di accoglienza nei confronti degli immigrati. Tuttavia un rapporto dell'OCSE del 2011 ha però messo in luce che la Svezia, paese tradizionalmente a bassa diseguaglianza insieme a nazioni come Germania e Danimarca, negli ultimi dieci anni ha aumentato il divario della disuguaglianza. L’indagine mostra, a sorpresa, come sia proprio la Svezia ad avere il più veloce tasso di crescita della disuguaglianza dei 34 paesi aderenti all’organizzazione. Emergono delle differenze sociali ed economiche molto marcate tra svedesi e immigrati, soprattutto per quanto riguarda la disparità dei redditi. Il quadro tracciato dall’OCSE dedicato alla disuguaglianza sociale nei paesi membri e discusso dai ministri degli Affari sociali, è comunque impietoso. Queste recenti tendenze “evidenziano un divario crescente tra ricchi e poveri in alcuni dei paesi

                                                                                                                129 Op. cit., Melotti, 2004.

130 L'integrazione scolastica dei bambini immigrati in Europa, Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli

audiovisivi e la cultura, http://eacea.ec.europa.eu/.

a già alta disuguaglianza sociale, come Israele e Stati Uniti”132. Uno spaccato, quello che emerge dal rapporto, che ha meravigliato e portato la Svezia ad interrogarsi sulla reale efficacia delle politiche pensate per gli immigrati e sull’approccio al fenomeno. A maggior ragione questo è avvenuto dopo i disordini tra manifestanti e polizia nelle cinque giornate del maggio 2013 e che hanno avuto grande eco sulla stampa internazionale. Si è iniziato a parlare di fallimento del modello di integrazione svedese e di messa in discussione delle politiche di immigrazione e accoglienza. Molti osservatori, “hanno posto al centro dell’analisi l’emarginazione economica e la segregazione residenziale che affliggono gli immigrati in Svezia”133. Il problema della concentrazione degli immigrati nelle periferie delle grandi città è emerso in Svezia proprio in concomitanza con questi eventi ed è sicuramente originato da scelte politiche che con il tempo hanno rivelato tutti i loro limiti. Nel 1965 il governo socialdemocratico decise di avviare un piano che prevedeva la costruzione di 1 milione di abitazioni popolari in 10 anni, da qui il nome di Million Programme. Nell’arco del decennio successivo, dal 1965 al 1974, vennero costruite all’incirca un milione di nuove abitazioni, appartamenti pensati per famiglie che presero il posto per lo più di case demolite o di vecchie abitazioni ristrutturate. Nonostante l’obiettivo lungimirante del progetto e l’ambizione di dare a tutti una casa a prezzi accessibili, è evidente dopo anni che quei quartieri e la situazione abitativa ha agevolato l’insediamento degli immigrati. L’alta concentrazione nelle periferie però ha portato a una segregazione residenziale e a tutti i problemi che ne conseguono. È stata così inevitabile la nascita di zone suburbane, del tutto simili a quelle di altre città europee, con schiere di edifici tutti uguali, pochi luoghi di socializzazione e di ritrovo. Così emergono casi come quelli della cittadina di Södertälje, comune appartenente alla contea di Stoccolma, dove i cittadini di origine non svedese compongono il 44% della popolazione. Una concentrazione altissima per un così piccolo centro. La Svezia detiene il primato in Europa per presenza di immigrati, che si attesta intorno al 14%. “Ma il Paese praticamente non ha immigrazione economica. La stragrande maggioranza di chi arriva lo fa chiedendo asilo politico per sfuggire da una guerra o da una dittatura”134. Così gli sforzi per

                                                                                                               

132 Growing income inequality in Oecd countries: what drives it and how can policy tackle it?, OECD

Forum on tackling inequality, Parigi, 2 maggio 2011, http://oecd.org/

133 Op. cit., Quirico, 2013.

134 Andrea Bonanni, Nella città più xenofoba di Svezia il sogno dell'integrazione è fallito, La Repubblica,

l’integrazione si fanno molto più difficili, nonostante i numerosi programmi statali che mettono a disposizione, ad esempio, corsi di formazione, di lingua e di storia gratuiti. I sussidi e gli aiuti concessi ai richiedenti asilo sono visti dai cittadini come spese sempre più insostenibili e tutto questo contribuisce a creare un terreno fertile per quei movimenti populisti basati sul razzismo e la xenofobia. A Södertälje la Sverigedemokraterna ha raddoppiato i consensi ottenuti a livello nazionale, raggiungendo quasi il 10%. La Svezia non ha alle spalle una tradizione colonialista, a differenza invece della Francia e della Gran Bretagna, e per lungo tempo i movimenti di estrema destra hanno ricoperto un ruolo pressoché insignificante. Nei primi anni Ottanta comparirono “un paio di gruppi razzisti, il più famoso dei quali era il movimento Bevara Sverige Svensk [Manteniamo la Svezia svedese]”135. Il partito dei Democratici Svedesi nasce dalle ceneri di questi movimenti xenofobi, ma non ha mai avuto un seguito così vasto come negli ultimi anni. Non è mutato solo l’approccio della politica nei confronti dell’immigrazione, soprattutto con l’avvento al potere del centrodestra dal 2006, ma anche il clima nel paese ha iniziato a subire dei cambiamenti. Nel dibattito svedese, attualmente si affrontano due tendenze contraddittorie:

“da un lato la volontà di fare onore ai principi di solidarietà e ospitalità che hanno caratterizzato la politica svedese del dopoguerra; dall’altro, la svolta dal Welfare al Workfare, con conseguente pressione sul diritto d’asilo e sulle politiche di integrazione dei rifugiati nonché sul piano di inserimento per i richiedenti asilo”136.

La necessità di ridurre la migrazione dei rifugiati e richiedenti asilo, per il Premier Reinfeldt, deriva anche dall’esigenza di dare del fenomeno migratorio un’immagine più positiva. La Svezia è un paese che è riuscito a reggere bene ai contraccolpi della crisi economica che ha investito l’Europa negli ultimi anni, ma nonostante questo la disoccupazione giovanile è molto alta come anche la dispersione scolastica. E i dati sono più alti per quanto riguarda gli immigrati di seconda e terza generazione che abitano soprattutto nelle periferie. Anche da questo deriva il malessere dei giovani figli di immigrati, poiché “non sono i

                                                                                                               

135 Daniel Strand, La politica a braccio teso, 10 maggio 2013, http://www.vice.com/. 136 Op. cit., Rapporto Fieri per CNEL, 2013.

rifugiati a compiere crimini, semmai i figli o i nipoti degli immigrati di trenta, quarant'anni fa, che non sono riusciti a integrarsi e si sono progressivamente auto-ghettizzati”137. Gestire l’integrazione e l’inclusione sociale sembra essere una delle sfide più grandi che la Svezia dovrà cercare di affrontare nei prossimi anni.

                                                                                                                137 Op. cit., Bonanni, La Repubblica, 2010.