3 UGUAGLIANZA E NON DISCRIMINAZIONE
3.5. Divieto di discriminazione sulla base di altri motivi oggetto di
Punto saliente
• Altri motivi di discriminazione, quali la disabilità o la nascita, sono stati trattati nella giurisprudenza europea riguardante i minori.
Nell’ambito del diritto dell’UE, l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE vieta anche la discriminazione fondata su altri motivi particolarmente rile-vanti per i minori, quali il sesso, le caratteristiche genetiche, la lingua, la disabilità o l’orientamento sessuale. Almeno per quanto riguarda la disabilità, la CGUE ha ammesso che l’UE tutela anche dalla cosiddetta “discriminazione per associazio-ne”, ossia la discriminazione nei confronti di una persona che è associata a un’al-tra avente le caratteristiche protette (ad esempio la madre di un minore disabile).
97 Corte EDU, sentenza 29 febbraio 1988, Bouamar c. Belgio (n. 9106/80) (cfr. anche il paragrafo 11.2.2).
98 Corte EDU, sentenza 16 maggio 2002, D.G. c. Irlanda (n. 39474/98) (cfr. anche il paragrafo 11.2.2).
Uguaglianza e non discriminazione
Esempio: nella causa S. Coleman c. Attridge Law e Steve Law,99 la CGUE ha os-servato che la direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione contiene talune disposizioni volte a tener conto specificamente delle esigen-ze dei disabili. Tuttavia, tale constatazione non permette di concludere che il principio della parità di trattamento in essa sancito debba essere interpretato in senso restrittivo, vale a dire nel senso che esso vieterebbe soltanto le di-scriminazioni dirette fondate sulla disabilità e riguarderebbe esclusivamente le persone che siano esse stesse disabili. Secondo la CGUE, la direttiva non si applica a una determinata categoria di persone, ma alla natura stessa della discriminazione. Un’interpretazione che ne limiti l’applicazione alle perso-ne disabili rischierebbe di privare tale direttiva di una parte importante del suo effetto utile e di ridurre la tutela che essa dovrebbe garantire. La CGUE ha concluso che la direttiva deve essere interpretata nel senso che il divie-to di discriminazione diretta ivi previsdivie-to non è limitadivie-to alle persone disabili.
Di conseguenza, qualora un datore di lavoro tratti un lavoratore che non sia esso stesso disabile in modo meno favorevole rispetto al modo in cui è trat-tato un altro lavoratore in una situazione analoga, a causa della disabilità del figlio, al quale presta la parte essenziale delle cure di cui quest’ultimo ha bisogno, un siffatto trattamento viola il divieto di discriminazione diretta enunciato dalla direttiva.
Nell’ambito del diritto del Consiglio d’Europa, la Corte EDU si è occupata della di-scriminazione nei confronti dei minori in una serie di situazioni diverse da quelle già indicate, quali la discriminazione fondata sulla lingua100 o sulla filiazione.101
Esempio: nel caso Fabris c. Francia,102 il ricorrente aveva presentato ricorso sostenendo di non aver potuto beneficiare di una legge introdotta nel 2001 che riconosceva a favore dei figli “adulterini” i medesimi diritti successori dei figli legittimi, una legge approvata dopo la sentenza pronunciata dalla Corte EDU nella causa Mazurek c. Francia 103 nel 2000. La Corte ha ritenuto che lo scopo legittimo della tutela dei diritti ereditari del fratello e della sorella uni-laterali del ricorrente non fosse tale da prevalere sul diritto del ricorrente di
99 CGUE, sentenza 17 luglio 2008, causa C-303/06, S. Coleman c. Attridge Law e Steve Law [GS].
100 Corte EDU, sentenza 7 febbraio 2013, Fabris c. Francia [GC] (n. 16574/08).
101 Corte EDU, sentenza 23 luglio 1968, Caso “Relating to certain aspects of the laws on the use of languages in education in Belgium” c. Belgio (nn. 1474/62, 1677/62, 1691/62, 1769/63, 1994/63 e 2126/64).
102 Corte EDU, sentenza 1° febbraio 2000, Mazurek c. Francia (n. 34406/97).
103 Ibid.
ottenere una parte della successione materna. Nel caso di specie, la disparità di trattamento è stata discriminatoria in quanto priva di una giustificazione oggettiva e ragionevole. La Corte EDU ha riscontrato una violazione dell’ar-ticolo 14 della CEDU in combinato disposto con l’articolo 1 del Protocollo n. 1 della CEDU.104
Per quanto riguarda i minori disabili, il comitato europeo dei diritti sociali ritiene che l’applicazione dell’articolo 17, paragrafo 2, della CSE sia accettabile per operare una distinzione tra minori disabili e non disabili. Dovrebbe tuttavia essere la norma a integrare i minori disabili nelle scuole ordinarie, che dovrebbero adottare disposi-zioni volte a permettere di provvedere alle loro esigenze speciali, mentre le scuole specializzate dovrebbero costituire l’eccezione.105 Inoltre, occorre impartire un’istru-zione e una formaun’istru-zione sufficienti ai minori che frequentano istituti scolastici spe-ciali conformi all’articolo 17, paragrafo 2, della CSE affinché, in proporzione, nelle scuole specializzate completi la propria istruzione un numero di alunni equivalen-te a quello degli studenti che frequentano scuole ordinarie.106 Ulteriori approfondi-menti sui diritti dei minori in relazione all’istruzione sono contenuti al paragrafo 8.2.
Nell’ambito del diritto delle Nazioni Unite, l’articolo 2 della CRC vieta la discrimi-nazione nei confronti dei minori sulla base di un elenco non esaustivo di motivi, citando espressamente fra questi la “nascita”. L’articolo 2 sancisce che:
1. Gli Stati parti s’impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdi-zione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro in-capacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza.
2. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o con-vinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.
104 Corte EDU, sentenza 7 febbraio 2013, Fabris c. Francia [GC] (n. 16574/08).
105 CEDS, sentenza 4 novembre 2003, International Association Autism Europe (IAAE) c. Francia, (ricorso n. 13/2002).
106 CEDS, sentenza 3 giugno 2008, Mental Disability Advocacy Center (MDAC) c. Bulgaria (ricorso n. 41/2007).
UE Argomenti
trattati Consiglio d’Europa Registrazione
della nasci-ta e diritto al
nome
Corte EDU, Johansson c. Finlandia, n. 10163/02, 2007 (rifiuto di registrare un nome che altre persone avevano preceden-temente avuto il permesso di utilizzare) Convenzione quadro per la protezione del-le minoranze nazionali, articolo 11 (diritto di utilizzare il proprio cognome nella lingua originale)
Convenzione europea sull’adozione dei minori (riveduta), articolo 11, paragrafo 3 (mantenimento del nome originale di un mi-nore adottato)
Diritto all’i-dentità personale
CEDU, articoli 6 (equo processo) e 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) Corte EDU, Gaskin c. Regno Unito,
n. 10454/83, 1898 (rifiuto di accedere ai fa-scicoli redatti durante l’infanzia)
Corte EDU, Mizzi c. Malta, n. 26111/02, 2006, (impossibilità di disconoscere la paternità) Corte EDU, Mennesson c. Francia, n. 65192/11, 2004 (maternità surrogata in cui il padre biologico è il padre committente) Corte EDU, Godelli c. Italia, n. 33783/09, 2012 (elementi non identificativi sulla ma-dre biologica)
Convenzione europea sull’adozione dei mi-nori (riveduta), articolo 22