9 IMMIGRAZIONE E ASILO
9.5. Espulsione
Punti salienti
• La vulnerabilità dei figli dei migranti all’espulsione è intrinsecamente legata allo status di residenza dei loro genitori nel paese ospitante.
• Il principio dell’interesse superiore dovrebbe orientare tutte le decisioni relative all’espulsione dei migranti minorenni e delle loro famiglie/dei responsabili della loro assistenza.
• Il diritto dell’UE contempla situazioni in cui i migranti minorenni possono rimanere in un paese ospitante nonostante lo status giuridico dei loro genitori, in particolare allo scopo di terminare gli studi o qualora la costruzione di una vita familiare altrove fosse difficile.
Nell’ambito del diritto dell’UE, come per altre sfere della legislazione dell’UE in materia di migrazione, le norme che disciplinano l’espulsione dei minori variano a seconda della loro cittadinanza, della cittadinanza dei loro genitori e del con-testo del loro trasferimento. Una volta che un minore ottiene l’autorizzazione ad accedere a uno Stato membro in virtù della legislazione sulla libera circolazione nell’UE, vi sono buone probabilità che possa rimanere in quel Paese, anche se il cittadino dell’UE con cui si era trasferito originariamente non ha più diritto a sog-giornare o decide di andarsene.
In particolare, ai sensi della direttiva sulla libera circolazione, i figli e altri fami-liari possono rimanere nel paese ospitante dopo il decesso del cittadino dell’U-nione con cui si erano inizialmente trasferiti (articolo 12, paragrafo 2), purché abbiano soggiornato nello Stato ospitante per almeno un anno prima del deces-so del genitore. Analogamente, posdeces-sono rimanere nel paese ospitante, in linea di principio, anche dopo la partenza del genitore. In entrambi i casi, tuttavia, se il figlio o familiare è cittadino di un paese terzo, il diritto a soggiornare in que-sto Paese è subordinato alla loro capacità di dimostrare di disporre di risorse economiche sufficienti a mantenersi. Devono anche possedere un’assicurazio-ne malattia (articolo 7).
457 Detta anche rimpatrio, allontanamento o estradizione, a seconda del contesto legale. Ai fini del presente capitolo, il termine espulsione sarà usato per indicare l’allontanamento illecito di uno straniero o di un altro soggetto da uno Stato. Cfr. anche FRA e Corte EDU (2014), sezione 5.4 sul ricongiungimento familiare – protezione dall’espulsione.
Immigrazione e asilo
Le norme sono ancora più permissive nel caso di figli iscritti presso strutture scolastiche nel Paese ospitante. In questi casi i minori e i genitori o tutori che ne hanno l’effettivo affidamento sono autorizzati a rimanere nel Paese ospitante dopo la partenza del cittadino dell’Unione dallo Stato membro ospitante o il suo decesso, indipendentemente dalla cittadinanza del minore (articolo 12, para-grafo 3). Se originariamente si è ritenuto che questo ulteriore diritto correlato al percorso scolastico si applicasse soltanto ai figli di famiglie con risorse sufficienti a mantenersi,458 successivamente la giurisprudenza ha confermato che esso si estende anche ai figli che beneficiano di un supporto di previdenza sociale per potersi dedicare agli studi.459
Inoltre, hanno diritto a rimanere nel Paese ospitante anche i familiari e, in par-ticolare, il genitore non avente la cittadinanza di uno Stato membro e divorziato dal coniuge cittadino dell’UE, se ha ottenuto l’affidamento dei figli o beneficia del diritto di visita ai figli se le visite devono obbligatoriamente essere effettua-te nel Paese ospitaneffettua-te (articolo 13, paragrafo 2, leteffettua-tere b) e d)).
La Corte si è fondata direttamente sullo status di cittadino dell’Unione di cui all’ar-ticolo 20 del TFUE per accordare ai genitori di un minore che siano cittadini di un Paese terzo il permesso di lavorare e soggiornare nello Stato membro dell’UE di cittadinanza del minore. In questo modo il minore può godere dei diritti correlati al suo status di cittadino dell’UE, se in caso contrario il minore sarebbe costretto a lasciare l’UE per accompagnare i genitori.460 La giurisprudenza della CGUE indi-ca, tuttavia, che “la mera circostanza che possa apparire auspicabile al cittadino di uno Stato membro, per ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, che i suoi familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con lui nel territorio dell’Unione, non basta di per sé a far ritenere che il cittadino dell’Unione sia costretto ad abban-donare il territorio dell’Unione qualora un tale diritto non gli venga concesso”.461
458 CGUE, sentenza 17 settembre 2002, causa C-413/99, Baumbast e R c. Secretary of State for the Home Department.
459 CGUE, sentenza 23 febbraio 2010, causa C-480/08, Maria Teixeira c. London Borough of Lam-beth e Secretary of State for the Home Department; CGUE, sentenza 23 febbraio 2010 [GS], causa C-310/08, London Borough of Harrow c. Nimco Hassan Ibrahim e Secretary of State for the Home Department. L’istruzione dei figli dei migranti è esaminata anche al paragrafo 8.2.
460 CGUE, sentenza 8 marzo 2011, causa C-34/09, Gerardo Ruiz Zambrano c. Office National de l’Emploi (ONEm).
461 CGUE, sentenza 15 novembre 2011, causa C-256/11, Murat Dereci e altri c. Bundesministerium für Inneres, punto 68. Cfr. anche la sentenza della Corte 8 novembre 2012, causa C-40/11, Yoshikazu Iida c. Stadt Ulm Cfr. anche FRA e Corte EDU (2014), pag. 125–127.
La direttiva sulla libera circolazione stabilisce esplicitamente che qualsiasi misura di allontanamento di minori adottata in circostanze eccezionali dovrebbe essere conforme alla CRC (considerando 24). Inoltre, l’articolo 28, paragrafo 3, lettera b), ribadisce il divieto di allontanamento nei confronti di un minore, salvo quando sia necessario nell’interesse del bambino, secondo quanto contemplato dalla CRC.
Per quanto riguarda i minori richiedenti asilo la cui domanda sia stata respinta, la direttiva rimpatri specifica che le decisioni riguardanti il rimpatrio dei minori non accompagnati devono essere adottate tenendo conto dell’interesse supe-riore del minore (articolo 10). Oltretutto, prima di allontanare un minore non ac-compagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rim-patrio (articolo 10, paragrafo 2).
Quando i minori richiedenti asilo sono trasferiti in un altro Stato membro ai fini della valutazione della domanda di asilo, il regolamento di Dublino stabilisce che l’interesse superiore del minore deve orientare l’attuazione di tali decisioni (arti-colo 6). Il regolamento fornisce anche un elenco di fattori per assistere le autorità nell’individuazione dell’interesse superiore del minore, tra cui le possibilità di ri-congiungimento familiare; il benessere e lo sviluppo sociale del minore; le consi-derazioni di sicurezza, in particolare se sussiste un rischio che il minore sia vittima della tratta di esseri umani; l’opinione del minore, secondo la sua età e maturità.
Esempio: nella causa The Queen, su istanza di MA e altri c. Secretary of State for the Home Department,462 la CGUE doveva stabilire quale Stato fosse competente nel caso di un minore non accompagnato che aveva pre-sentato più domande di asilo in vari Stati membri dell’UE e che non aveva alcun familiare presente in altri Stati membri dell’UE. La CGUE ha chiarito che, in mancanza di un familiare che si trovi legalmente in uno Stato mem-bro, è competente a esaminare la domanda lo Stato membro nel quale si trova il minore. Così facendo, la CGUE si è richiamata all’articolo 24, para-grafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in base al quale, in tutti gli atti relativi ai minori, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente.
462 CGUE, sentenza 6 giugno 2013, causa C-648/11, The Queen, su istanza di MA e altri c. Secretary of State for the Home Department.
Immigrazione e asilo
Nell’ambito del diritto del Consiglio d’Europa, in linea di principio gli Stati sono autorizzati a interferire con il diritto al rispetto della vita familiare di cui all’arti-colo 8, paragrafo 2, della CEDU.
Esempio: il caso Gül c. Svizzera463 riguarda un ricorrente che viveva in Sviz-zera con la moglie e la figlia e al quale, insieme ai suoi familiari, erano stati concessi diritti di soggiorno per motivi umanitari. II ricorrente desiderava richiamare in Svizzera il figlio minorenne, che era rimasto in Turchia, ma le autorità svizzere avevano respinto la domanda, perché non godeva dei mezzi sufficienti per sostenere la sua famiglia. La Corte EDU ha sostenu-to che, lasciando la Turchia, il ricorrente si era intenzionalmente separasostenu-to dal figlio. I recenti viaggi in Turchia del richiedente dimostrano che i motivi inizialmente considerati per la richiesta di asilo politico in Svizzera erano venuti meno. Non sussistevano più ostacoli che impedivano alla famiglia di stabilirsi nel Paese d’origine, dove il figlio minorenne aveva sempre vissu-to. Pur riconoscendo le gravi difficoltà in cui la famiglia versava dal punto di vista umanitario, la Corte non ha riscontrato una violazione dell’artico-lo 8 della CEDU.
Esempio: nel caso Üner c. Paesi Bassi464 è stata ribadita la necessità di tenere in considerazione l’impatto che l’espulsione avrebbe sui bambini membri di una famiglia al momento di stabilire se l’espulsione rappresenta una risposta proporzionata. Si deve pertanto considerare: “il miglior inte-resse dei minori eventualmente coinvolti (in particolare la loro difficoltà a integrarsi nel Paese verso cui il genitore è espulso) e la solidità dei lega-mi sociali, culturali e falega-miliari coltivati dall’individuo nel paese di residenza e in quello di destinazione”.
Esempio: il caso Tarakhel c. Svizzera465 riguarda il rifiuto delle autorità sviz-zere di esaminare la domanda di asilo di una coppia afgana e dei loro sei figli, e la decisione di rinviarli in Italia. La Corte EDU ha accertato che, alla luce della situazione attuale del sistema di accoglienza in Italia, e in assen-za di dettagliate e affidabili informazioni riguardo alla specifica struttura di destinazione, le autorità svizzere non possedevano sufficienti garanzie che, se i ricorrenti fossero stati rinviati in Italia, sarebbero stati accolti in
463 Corte EDU, sentenza 19 febbraio 1996, Gül c. Svizzera (n. 23218/94).
464 Corte EDU, sentenza 18 ottobre 2006, Üner c. Paesi Bassi, (n. 46410/99), punti 57–58. Cfr. anche Corte EDU, sentenza 2 agosto 2001, Boultif c. Svizzera (n. 54273/00).
condizioni adeguate rispetto all’età dei minori. La Corte EDU ha pertanto dichiarato che, se le autorità svizzere avessero rinviato i ricorrenti in Italia in virtù del regolamento di Dublino II, senza prima aver ottenuto dalle au-torità italiane garanzie individuali sull’adeguatezza delle condizioni di acco-glienza rispetto all’età dei minori e sul mantenimento dell’unità familiare, esse sarebbero incorse in una violazione dell’ articolo 3 della CEDU.
Nell’ambito del diritto internazionale, in caso di detenzione, imprigionamento, esilio, espulsione o morte di uno o entrambi i genitori, o del fanciullo, uno Stato fornisce dietro richiesta ai genitori, o al fanciullo, le informazioni essenziali con-cernenti il luogo dove si trovano il familiare o i familiari, a meno che la divulga-zione di tali informazioni possa mettere a repentaglio il benessere del fanciullo (articolo 9, paragrafo 4, della CRC).