3. La categorizzazione giuridica delle identità collettive e il conseguente condizionamento delle scelte di identificazione individuali
3.3. La Bosnia – Erzegovina post-Dayton
3.3.3. La divisione del sistema educativo ed il rafforzamento delle identità etniche435
Si concorda con Bieber, nell’affermare che l’educazione rappresenta un settore chiave per la formazione identitaria e per i diritti delle minoranze436.
L’educazione, infatti, riunisce in sé due elementi strategici per l’integrazione: gli elementi culturali fondamentali per la formazione dell’identità, così come il contesto in cui si creano reti monoetniche o inter-etniche, importanti nella formazione di un’identità capace di coesistere o solo di realizzarsi in opposizione alle altre.
Durante la guerra del 1992-95, l’educazione è stata sottoposta ad un processo di adattamento agli obiettivi politici, perseguiti dai gruppi di potere “etno-nazionalisti”, che si sono affermati nei vari territori ed i cui effetti sono ancora oggi presenti.
La Costituzione di Dayton ne ha, de-facto, favorito la perpetuazione conferendo la competenza esclusiva dell’educazione alle Entità sub-statuali, che è così attribuita:
in Republika Srpska, è assegnata al ministro dell’educazione;
in Federazione, è suddivisa fra il ministro federale ed i dieci ministri cantonali, con un ruolo preponderante di questi ultimi, grazie ad un emendamento alla Costituzione della Federazione del 1999437.
Questa scelta ha consentito:
alla Republika Srpska di impostare il sistema educativo sui programmi ed i libri di testo in vigore in Serbia e Montenegro e di adottarne la variante linguistica,
alla Federazione:
nelle aree croate di replicare il modello in vigore in Croazia, incluso il nuovo
435 Trogu Silvia, Il superamento del sistema educativo affermatisi con la guerra in Bosnia – Erzegovina: un
processo in corso volto a favorire la convivenza fra le nuove generazioni, in Rassega europea. Atti 2006,
Accademia europeista del Friuli Venezia Giulia, Gorizia, pp. 62-70.
436 Bieber Florian, Institucionaliziranje etničnosti. Postignuća i neuspjesi nakon ratova u Bosni i Hercegovini, na
Kosovu i u Makedoniji, Forum Bosna, n. 25, 2004, Sarajevo, p. 89.
437 L’emendamento del 1999 sancisce che: "ogni cantone può trasferire l’autorità nei settori di educazione e cultura ai comuni e ha l’obbligo di farlo se la maggioranza della popolazione del comune è di una nazionalità diversa da quella della maggioranza del cantone".
standard linguistico;
nelle aree bosgnacche ci sono due tendenze principali: una porta a sviluppare un modello inclusivo basato sulla tradizione dei programmi dell’ex-Jugoslavia, l’altra tendente a rafforzare l’esistenza di una identità separata, soprattutto attraverso i manuali di storia e di lingua.
In questo panorama si distingue il Distretto di Brčko che, sotto l’egida della Comunità Internazionale, ha sviluppato un proprio sistema scolastico che, allo stato attuale, risulta il più multiculturale tra quelli presenti nel Paese.
Il fatto che non esista ancora, a quindici anni dalla fine del conflitto, il consenso politico per creare un Ministero dell’Educazione a livello statale, evidenzia quanto l’educazione sia ancora ritenuta un tema politicamente sensibile.
Un’analisi del sistema educativo attuale mostra che esso si è mosso e si muove fra due concetti estremi: in ogni area la maggioranza difende l’assimilazione nei confronti delle minoranze, mentre queste ultime lottano per il separatismo.
Il sistema politico, trincerandosi dietro i diritti delle minoranze, ha creato un fenomeno “dis-educativo” originale: quello delle cosiddette “due scuole sotto lo stesso tetto”438.
Questa idea, applicata parzialmente nei Cantoni e nelle città miste della Federazione di Bosnia – Erzegovina, è nata come misura temporanea all’inizio degli anni ’90 su progetto dell’OSCE – Dipartimento di educazione, in vista di una futura unificazione amministrativa e, eventualmente, di una integrazione. Il progetto si basa, come ha affermato il direttore del dipartimento educativo Kieffer, sul “diritto inalienabile di ogni popolo costitutivo ad un insegnamento, per i propri figli, esclusivamente nella propria madrelingua”439.
In questo tipo di scuole le attività didattiche sono organizzate in modo tale che gli allievi croati non abbiano contatti con quelli bosgnacchi, con l’unico fine di rafforzare un’appartenenza etnica esclusiva.
438 Trogu Silvia, Il superamento del sistema educativo affermatisi con la guerra in Bosnia – Erzegovina: un
processo in corso volto a favorire la convivenza fra le nuove generazioni, in Rassega europea. Atti 2006,
Accademia europeista del Friuli Venezia Giulia, Gorizia, pp. 62-70.
439 Anes Alić, Bosnia and Herzegovina: Two Schools Under One Roof, 3 giugno 2008 http://chalkboard.tol.org/Bosnia-and-herzegovina
Analizzando il sistema educativo, l’allora Alto Rappresentante, Wolfgang Petritsch, ha dichiarato, nell’aprile 2000, che una “apartheid educativa” regna nel Paese440.
Questa complessa situazione “educativa” rappresenta un serio ostacolo al ritorno dei rifugiati e dei profughi, oltre che un grave problema identitario per tutti coloro che non si identificano nei due gruppi principali. Secondo il Rapporto dell’UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) del Giugno 2000, l’85% dei rifugiati e profughi in età scolare ritornati nella Republika Srpska, frequentano scuole della Federazione.
L’UNHCR, ancora nel 2008, descrive i programmi scolastici come «continuo e frequente uso di simboli culturali e religiosi in modo discriminatorio», di «retorica politica incendiaria sottolineante le differenze etniche». Tutto ciò contribuisce alla decisione dei rifugiati e degli sfollati di rimanere o spostarsi in aree in cui il proprio gruppo etnico è dominante. Sottolinea inoltre che «i curriculum scolastici della scuola dell'obbligo e di quella superiore continuano ad essere pesantemente politicizzati»441.
Come ha sottolineato una relazione del Consiglio d’Europa, “il risultato del mandato giuridico di Dayton è che nel sistema educativo domina la politica”. Nello stesso rapporto sono evidenziati due problemi: quello della segregazione e dei libri di testo, che non includono affatto la storia o la cultura delle altre etnie442.
Questa definizione concorda con quella basata sull’analisi effettuata nel 2006 da ProMente, una agenzia di consulenza finanziata dal Open Society Fund. Secondo l’opinione di uno dei professori che ha svolto la ricerca, Vedrai Zubić, i manuali rappresentano una estensione della retorica nazionalista in vigore durante la guerra e instillano odio ed intolleranza. “Questo è il motivo per cui oggi abbiamo una generazione di giovani allievi, etnicamente isolati, che vengono strumentalizzati dai politici nazionalistici”; “non è un caso che essi siano i maggiori partecipanti a raduni come quello contro l’indipendenza del Kosovo, e simili”443.
440 Programmatic Address by the High Representative, Wolfgang Petritsch, University of Banja Luka: Postgraduate Course in European Studies, 19 April 2000. www.ohr.int
441 Walter Kälin, Representative of the Secretary-General on the Human Rights of Internally Displaced Persons,
Key findings and recommendations, 16-20 June 2008
442 Consiglio d'Europa, Education in Bosnia and Herzegovina. Governance, Finance and Administration,
Rapporto per la Banca mondiale, 10.11.1999, p. 9. In: Bieber Florian, Institucionaliziranje etničnosti. Postignuća i neuspjesi nakon ratova u Bosni i Hercegovini, na Kosovu i u Makedoniji, Forum Bosna, n. 25,
2004, Sarajevo, p. 90.
443 Anes Alić, Bosnia and Herzegovina: Two Schools Under One Roof, 3 giugno 2008 http://chalkboard.tol.org/Bosnia-and-herzegovina
In una simile situazione non sorprende che l’educazione dei giovani alla tolleranza ed al rispetto per le altre culture non si affermi, mentre sarebbe di importanza capitale in un Paese che ospita tre gruppi etnici principali e numerose minoranze in un territorio così piccolo.
3.3.3.1. Alcuni aspetti specifici del sistema educativo che influenzano fortemente l’identità: lingua e religione
Nella Costituzione di Dayton non è stata affrontata la definizione della lingua ufficiale.
Ciò ha creato, in un Paese di soli quattro milioni di abitanti, le premesse per l’attuale divisione linguistica:
in Federazione le lingue ufficiali sono il bosniaco e il croato, l’alfabeto è quello latino;
nella Republika Srpska la lingua ufficiale è il serbo, l’alfabeto è quello cirillico. Si ricorda che la precedente Costituzione della Repubblica di Bosnia – Erzegovina, quale stato federale della ex-Jugoslavia, stabiliva un’unica lingua ufficiale, il serbo-croato, e garantiva l’uso di entrambi gli alfabeti.
Al di là delle singole rivendicazioni, le varianti linguistiche sono minime al punto che, secondo la maggior parte dei linguisti, si tratta di un’unica lingua scritta con caratteri diversi. Quindi l’applicazione della divisione linguistica, in base al principio del diritto alla propria madrelingua da parte dei “popoli costitutivi”444, ha senso solo se applicata come diritto all’utilizzo individuale delle varianti linguistiche; non ha senso, invece, arrivare ad una vera e propria divisione delle lingue, tanto artificiale, quanto costosa, in quanto comporta la “traduzione” in tre “lingue” di tutti i documenti formali a livello statale.
Oggi si riaffermano con vigore le differenze: le parole croate dimenticate (e, in parte, quelle turche) sono reintrodotte, certi vocaboli croati sono inventati di sana pianta. Si sottolinea che in tutta la Bosnia – Erzegovina l’alfabeto prevalente era il latino e la variante linguistica era foneticamente più vicina al croato (ijekavo), ma lessicamente più vicina al serbo. L’aspetto utilitario della lingua pare oggi meno importante del suo valore simbolico come emblema della nazione445.
444 Riferimento alla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle minoranze linguistiche o etniche (art. 2)
L’esperienza storica della maggior parte dei paesi dimostra che la definizione della lingua ufficiale rimane di primaria importanza nella creazione di un’identità nazionale.
Bieber sostiene che la questione linguistica, non solo è strumentalizzata in situazioni ai limiti del paradosso, ma è inclusa nell’ordinamento giuridico del Paese, con il riconoscimento di tre lingue ufficiali. Inoltre, i “diritti linguistici non hanno nulla a che vedere con i diritti umani, ma sono solo una questione di affermazione nazionale”. Lo status giuridico delle varie lingue non è una questione comunicativa o giuridica, ma nasce dalla mancanza del consenso riguardo alla denominazione della lingua e al tentativo di rafforzare tutte le differenze fra i popoli costitutivi, compresa la variante linguistica. Per concludere, l’inclusione delle tre lingue nelle Costituzioni delle Entità è un fattore sostanzialmente simbolico, ma in pratica problematico e finisce per portare, fra le altre cose, anche alla segregazione scolastica446.
La religione è un altro tema molto sensibile che non è stato regolato dalla Costituzione di Dayton.
La Costituzione, infatti, pur riconoscendo la libertà di religione fra i diritti individuali, non regola in alcun modo i rapporti fra lo Stato e le chiese, così come la questione dell’eventuale insegnamento religioso nelle scuole.
Su questo tema le due Entità sub-statuali hanno attuato scelte molto diverse:
la Costituzione della Republika Srpska sancisce che: "Lo Stato supporta finanziariamente la chiesa ortodossa e con essa collabora nello sviluppo e nella salvaguardia dei valori culturali e spirituali".
nella Costituzione della Federazione la religione non è menzionata. Di conseguenza l’insegnamento religioso nelle scuole è regolato a livello cantonale e comunale.
3.3.3.2. La riforma del sistema scolastico: un tentativo di attenuare le cause culturali dell’etno-nazionalismo
Su sollecitazione della Comunità Internazionale, i ministri per l’educazione delle due Entità sub-statuali hanno firmato nel 1998 un accordo per la revisione dei libri di testo delle cosiddette “materie nazionali” (storia, geografia, lingua, letteratura, scienze sociali e religione).
446 Bieber Florian, Institucionaliziranje etničnosti. Postignuća i neuspjesi nakon ratova u Bosni i Hercegovini, na
Questo accordo ha dato vita ad un processo di revisione dei libri di testo che ha portato, dopo cinque anni, all’eliminazione delle descrizioni maggiormente ideologizzate dei fatti e dei termini più offensivi per gli altri gruppi etnici presenti nel paese.
Nel 2000, in un accordo dei Ministri dell’Educazione mediato dall’OHR (Ufficio dell’Alto Rappresentante) si legge: “l’educazione non si può utilizzare per dividere e frammentare il Paese; al contrario si deve usare per unire le comunità affinché vivano nella tolleranza, sottolineando l’eredità comune. Tutte le forme di segregazione vanno rimosse, così come è necessario un coordinamento statale al fine di facilitare il ritorno dei rifugiati”; inoltre è necessario eliminare dai manuali scolastici le parti che possono risultare “insultanti” per una delle etnie447.
Nel giugno 2003 è stata sancita una legge quadro sull’educazione scolastica a livello statale, ratificata dalla Republika Srpska e dalla maggioranza dei cantoni della Federazione. Questa legge prevede:
per quanto concerne la lingua, la parziale reintroduzione nelle scuole di entrambi gli alfabeti ed il diritto di alunni e insegnanti di avvalersi della propria "lingua" (o variante linguistica);
per quanto concerne la religione, ne rende l’insegnamento facoltativo nelle scuole pubbliche. Sancisce, inoltre, che le scuole sono tenute a organizzare corsi di religione per ogni alunno che ne faccia richiesta. Salvo lodevoli eccezioni, tuttavia, vengono organizzati, de-facto, soltanto i corsi relativi alla religione della maggioranza.
Nel giugno 2005 è stata istituita una Commissione per lo sviluppo di linee guida per la stesura dei libri di testo di storia e geografia.
Oltre alla modernizzazione della didattica, la novità fondamentale (contenuta nelle linee guida elaborate), consiste in un approccio agli avvenimenti storici aperto a diverse interpretazioni. A mio parere, questa direttiva va nella direzione giusta per consentire al sistema educativo di favorire la piena ricostruzione di una civile convivenza.
447 Conferenza dei Ministri dell'Educazione di Bosnia – Erzegovina, Dichiarazione, 10 maggio 2000, in: Bieber Florian, Institucionaliziranje etničnosti. Postignuća i neuspjesi nakon ratova u Bosni i Hercegovini, na Kosovu i
Probabilmente la vera sfida che il sistema scolastico è ora chiamato ad affrontare è la definizione di una piattaforma condivisa per le cosiddette “materie nazionali”.
Si tratta di una sfida per certi versi analoga a quella che l’Unione Europea sta affrontando attraverso l’elaborazione, con il contributo del Consiglio d’Europa e dell’UNESCO, di idonee linee guida per i programmi scolastici dei paesi membri. Secondo questa impostazione i programmi dovranno avere un 40-50% di contenuto comune e solo un 30% di contenuto nazionale, al fine di rafforzare l’identità europea.
Le riforme in atto del sistema educativo bosniaco, vanno quindi nella stessa direzione che è stata scelta dalla Unione Europea per favorire la creazione di un’identità europea condivisa e, al contempo, rispettosa delle identità nazionali448.
Ma è altrettanto vero, come ha autorevolmente affermato Paolo Rumiz, che l’Europa può apprendere molto dall’esperienza storica che ha portato alla creazione della Bosnia – Erzegovina multiculturale449.
3.3.3.3. Il sistema universitario e la creazione di classi dirigenti monoetniche
Un’altra grossa ipoteca posta sui processi di promozione della pacifica convivenza interetnica e dello sviluppo di un’identità comune condivisa, è rappresentata dalla “etnicizzazione” del sistema accademico chiamato, come in ogni paese, a preparare i futuri quadri dirigenti.
Le università sono caratterizzate da una forte tendenza alla omogeneizzazione in funzione dell’etnia di riferimento, sia a livello di studenti che di docenti: serba a Banja Luka; croata a Mostar Ovest; bosgnacca a Mostar Est e prevalentemente bosgnacca a Sarajevo. L’unica università ancora plurietnica è quella di Tuzla, grazie alla capacità del Comune di preservare la convivenza durante il conflitto e di promuovere il dialogo fra le parti.
La caratterizzazione “etnica” dell’insegnamento è perseguito dalle autorità accademiche, non solo attraverso la definizione dei programmi scolastici (soprattutto di quelli dei futuri insegnanti delle cosiddette materie nazionali: lingua, letteratura, storia, geografia, scienze sociali, religione), ma anche attraverso una selezione dei docenti su base etnica.
448 Trogu Silvia, Il superamento del sistema educativo affermatisi con la guerra in Bosnia – Erzegovina: un
processo in corso volto a favorire la convivenza fra le nuove generazioni, in Rassega europea. Atti 2006,
Accademia europeista del Friuli Venezia Giulia, Gorizia, pp. 62-70.
449 Trogu Silvia, Il superamento del sistema educativo affermatisi con la guerra in Bosnia – Erzegovina: un
processo in corso volto a favorire la convivenza fra le nuove generazioni, in Rassega europea. Atti 2006,
Questa selezione è talmente rigorosa che per far fronte alla mancanza di docenti è prassi consolidata:
dell’università di Banja Luka attingere alle università serbe di Belgrado e Novi Sad;
dell’università di Mostar Ovest attingere alle università croate di Spalato e Zagabria;
dell’università di Mostar Est attingere alle università di Sarajevo, Tuzla, Zenica. Naturalmente, se le suddette università richiedessero gli insegnanti alle sedi rispettivamente più vicine, potrebbero più che dimezzare i costi, considerazione questa che, in un paese impoverito dalla guerra, non dovrebbe essere secondaria.
Se pensiamo al ruolo che in passato il sistema accademico jugoslavo ha avuto nella creazione di una élite intellettuale e di una classe dirigente inter-etnica, possiamo comprendere il contributo che una modifica dell’attuale sistema scolastico ed universitario, offrirebbe nello sviluppo di reti sociali inter-etniche450.