3. La categorizzazione giuridica delle identità collettive e il conseguente condizionamento delle scelte di identificazione individuali
3.2. L’etno-nazionalismo ed il rafforzamento delle identità etniche
3.2.4. Le modifiche identitarie causate dal crollo del comunismo jugoslavo
Per capire quanto sia stato grande l’effetto della morte di Tito, bisogna ricordare che la Costituzione del 1974 aveva trasferito numerose competenze alle repubbliche ed alle due regioni autonome, fino a renderle quasi indipendenti e decentralizzando lo stesso partito comunista. Così vennero eliminati tutti gli elementi di centralismo, a parte l’arbitrato di Tito e l’esercito. Alla morte del “presidente a vita” (nel 1980), sostituito da una presidenza a rotazione di otto membri, per cui ogni anno il presidente era membro di una repubblica o regione autonomia, rimase solo l’esercito come elemento unitario388.
387 Andrei Simić, Urbanization and Cultural Process in Yugoslavia, Anthropological Quarterly, Vol. 47, No. 2. (Apr., 1974), pp. 211-227.
Il crollo dell’ideologia comunista ha, inoltre, travolto con sé i valori di cui si faceva portavoce (fra cui anche la fratellanza e l’unità fra i popoli) e sui quali basava la sua legittimità sociale, a scapito dei valori tradizionali quali la nazionalità o la fede religiosa.
Secondo Suran, la crisi identitaria, provocata da quella dei valori dell’internazionalismo socialista, ha portato a scorgere nel neo-nazionalismo e in uno Stato che potesse dare nuova forma all’identità nazionale, la protezione dal crollo dei valori e la sicurezza contro la destabilizzazione sociale e la crisi economico-finanziaria. Il ritorno in auge dei miti etno-nazionalisti e delle religioni, in un Paese plurietnico e multiconfessionale, ha inevitabilmente portato alla disintegrazione della società, già privata del suo comune denominatore389.
Bibò sottolinea come la Federazione Jugoslavia sia nata dalla resistenza partigiana, ma sia stata anche forgiata nella resistenza ai diktat di Stalin. Di conseguenza, al crollo dell’URSS ed al crollo di quel mondo bipolare, in cui la Jugoslavia aveva trovato il suo ruolo di leader dei Paesi non allineati, è naturale che la federazione abbia perso la sua ragion d’essere e siano riemersi in maniera incendiaria i problemi che avrebbero dovuto essere risolti, secondo lui, prima di costituire la federazione stessa390.
Hastings391 adotta la tesi dei vari etno-nazionalismi, secondo cui le divisioni nazionali sono frutto di una separazione datata a più di mille anni prima; ma ricorda anche quanta parte delle
élite serbe e croate condividesse gli ideali di Strossman, Trumbić e anche di Tito, nonché
l’alto numero di jugoslavi o di minoranze etniche nei nuovi Stati – nazionali. Egli conclude dicendo che la Jugoslavia non resse all’erompere di due aggressivi nazionalismi su un terreno democratico non maturo.
Secondo l’analisi di Barman, invece, i presunti “impulsi atavici” sono stati laboriosamente costruiti contrapponendo le etnie, marchiando tutti i membri di una futura progettata comunità come traditori e complici di un crimine. Lo scopo era la creazione di comunità tenute insieme da quello che egli definisce il “misfatto originario”; ogni comunità poteva essere ragionevolmente sicura della propria sopravvivenza per il fatto di diventare l’unico scudo capace di impedire che gli autori di crimini fossero chiamati criminali, invece che eroi, e quindi processati e puniti.
389 Suran Fulvio, La tutela delle nazionalità, in: Grusovin Marco (a cura di), Nazione e stato nell’Europa
centrale, Atti del XXXI Convegno ICM – Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei, Gorizia 1997, pp.
98-109.
390 Bibò Istvàn, Ibidem., pp. 13-14.
Il crollo della Jugoslavia ha rappresentato un’esperienza traumatica, un buon motivo per temere per la propria sicurezza, per questo la gente ha obbedito alla chiamata alle armi dei partiti etno-nazionalisti. Come spiega René Girare, gli individui in uno stato di crisi sociale, tendono ad incolpare sia la società, sia altri individui che sembrano particolarmente nocivi. La folla, non potendo agire sulla causa della crisi, cerca una causa accessibile che sazi il suo desiderio di vendetta. Le vittime designate, non sono tali perché diverse, ma per non esserlo abbastanza, è quindi necessaria la violenza per renderle evidentemente differenti. Distruggendole, si ha l’illusione di eliminare ciò che ha offuscato le distinzioni e di ricreare un mondo in cui le identità non sono più fragili, incerte, precarie392.
3.2.4.1. Il rivolgersi alla tradizione rurale al fine di rinforzare l’identità e la dignità personale e collettiva dopo il collasso della Jugoslavia
La transizione post-comunista ha avuto alti costi sociali, che sono stati accompagnati da tentativi politici di “ri-tradizionalizzazione”, in particolare attraverso l’aumento del ruolo pubblico delle religioni.
La nuova intellighenzia si è rivolta al mondo rurale in cerca di simboli culturali attraverso i quali legittimare le proprie aspirazioni nazionali. Così è stato riportato in auge il vecchio stereotipo di un mondo rurale caratterizzato da forza fisica e morale.
Il conservatorismo ideologico ha fatto presa sulle persone che vivevano ai margini socio-economici delle città.
La gente si è rivolta alla tradizione rurale al fine di rinforzare l’identità e la dignità personale e collettiva. L’ossessione per le idee conservatrici come il familismo o la sottomissione delle donne, insieme alla subordinazione al volere della collettività, hanno trovato sicurezza psicologica nelle strategie tradizionali per ridefinire l’identità.
Fare riferimento alla “nostra tradizione”, come evocazione del passato, è utilizzato con il doppio significato di rinnovare un senso di appartenenza e di giustificare un modo di vivere. I vari gruppi etnici hanno invocato il ristabilimento del sistema pre-comunista per giustificare le loro azioni393.
392 Bauman Zygmunt, Intervista sull’identità (a cura di Benedetto Vecchi), Laterza, Bari, 2003 (2008), pp. 68-69.
393 Andrei Simić, Urbanization and Cultural Process in Yugoslavia, Anthropological Quarterly, Vol. 47, No. 2 (Apr., 1974), The George Washington University Institute for Ethnographic Research , pp. 211-227.
Smith sottolinea il fenomeno del neo-tradizionalismo fra le cause che portarono ad una rilettura del passato in chiave etnica e, conseguentemente, a resuscitare (o estremizzare) l’identità etnica. Il neo-tradizionalismo utilizzò metodi moderni per mobilitare socialmente e politicamente la gente alla “riscoperta” dell’eredità religiosa tradizionale e per organizzare politicamente la comunità dei credenti (che nei Balcani coincide con l’etnia). La rilettura della storia ha lo scopo di definire e fissare l’identità ed il destino, oltre che di spiegare la caduta da una passata grandezza alla sfortuna contemporanea. E’ chiaro il ruolo guida e la responsabilità politica degli intellettuali in questa trasformazione strumentale. Questa forma di tradizione politicizzata su base religiosa porta inevitabilmente al nazionalismo etnico394.
3.2.4.2. La riaffermazione di una economia di contadini-lavoratori negli anni ’80 e la “ritradizionalizzazione”
Un ritorno nel passato ed una “ritradizionalizzazione” delle relazioni sociali si ebbe, parallelamente alla riaffermazione della simbiosi urbano-rurale, con la crisi economica degli anni ’80. Infatti, con la sempre maggiore dipendenza dalla coltivazione di terreni privati e da risorse economiche supplementari, si riaffermò nei villaggi uno strato di contadini-lavoratori. Contemporaneamente, la maggior parte della popolazione urbana rafforzò i propri legami sociali con i villaggi, spesso andando a coltivare degli appezzamenti di terra nei fine settimana. Si ebbe quindi una parziale ruralizzazione, ed un processo inverso rispetto alla semi-urbanizzazione intensiva, dominante nell’economia dall’inizio degli anni ’50 alla metà degli anni ’60395. In quel periodo i contadini costituivano quasi la metà del totale dei lavoratori. Secondo alcuni economisti, una produzione agricola su piccola scala continuò a integrare i redditi di molti lavoratori nei villaggi o nelle periferie delle città. Inoltre, la maggior parte dei lavoratori continuò a vivere nei villaggi o in piccoli centri. La popolazione cittadina, infine, raramente vendeva i terreni, preferendo mantenerli per integrare il budget o per far fronte ad improvvise necessità. Questo significa che, sia fra la popolazione rurale che fra quella urbana si potevano trovare persone che all’occorrenza lavoravano la terra.
394 Smith Antony, The crisis of Dual Legitimation, in Nationalism a cura di Smith Anthony, Hutchinson John, Oxford University Press, Oxford, 1994, pp. 116-121.
395Schierup Carl-Ulrich, Quasi-proletarians and a Patriarchal. Bureaucracy: Aspects of Yugoslavia's.
La crisi economica degli anni ’80 rinnovò l’importanza dello sfruttamento di aree agricole e divenne il principale strumento per farvi fronte 396.
3.2.4.3. Un aspetto della “ri-tradizionalizzazione”: la creazione della musica neo-folk finalizzata alla propaganda etno-nazionalista
La musica rock, che precedentemente caratterizzava la cultura giovanile urbana, è stata marginalizzata e la sua presenza pubblica è stata sostituita dal neo-folk, popolare nelle zone rurali e nelle periferie urbane e successivamente dal “turbo-folk” (tutt’oggi imperante), risultato di uno sforzo di modernizzazione del genere neo-folk.
Gli anni della mobilitazione etno-nazionalista e della guerra (1990-1996), furono segnati dalla sconfitta della cultura urbana e dall’invasione degli spazi urbani da parte della cultura rurale che elaborò la retorica etno-nazionalista.
Per esempio, in Serbia, Slobodan Milošević ha legato la sua ascesa politica ad un progetto culturale di “revival nazionale”, accompagnato da progetti politici che enfatizzavano il risentimento nazionale.
La musica neo-folk legittimava i progetti politici etno-nazionalisti, associandoli a tradizioni etno-nazionali. Slogan in chiave folcloristica, così come canzoni patriottiche e militariste, furono composte sia in Serbia che in Croazia. Il regime di Milošević promosse fortemente entrambe le varianti musicali: il neo-folk e il turbo-folk. Per questo motivo, il gusto musicale divenne importante per distinguere, non solo la cultura urbana da quella rurale, ma anche l’orientamento pro o contro il regime397.
La produzione scadente di quel tipo di musica, indica il fatto che è stata composta in fretta, con più attenzione alla propaganda che al mercato musicale. I testi di quelle canzoni erano in questo periodo appartenenti alle seguenti categorie: insulti agli oppositori politici, minacce di violenza, spesso a sfondo sessuale, contro i nemici, rivendicazioni sul diritto storico a determinate regioni o territori.
Un’altra caratteristica che indica quanto in fretta furono composti certi testi, è il fatto che molti compositori riadattarono canzoni della seconda guerra mondiale, su cetnici ed ustaša:
396 Schierup Carl-Ulrich, Quasi-proletarians and a Patriarchal. Bureaucracy: Aspects of Yugoslavia's.
Re-peripheralisation, Soviet Studies, Vol. 44, No. 1, 1992, 79-99. www.jstor.org/stable/152248
397 Gordy Eric D., Turbasi and rokeri as windows into the Serbia’s social divide, in Balkanologie, vol. IV, n. 1, settembre 2000, Sito-web: http://balkanologie.revues.org/index312.html
spesso le stesse canzoni (con le opportune inversioni) furono utilizzate sia per la propaganda serba che croata.
Il matrimonio di una delle maggiori cantanti del genere, Ceca, con il paramilitare e criminale di guerra Arkan, fu un grande spettacolo televisivo mandato in onda indiretta in Serbia, mentre in Croazia meritò la prima pagina del quotidiano di regime "Večernje novosti". Secondo molti commentatori, la enorme pubblicità data all’evento simbolizzò il legame fra musica turbo-folk, media statali e la nuova élite politica nazionalista
Il termine novokomponovana, in origine riferito alla musica folk di “nuova composizione”, iniziò ad essere usato in senso traslato e derisorio che poteva essere usato per indicare un abito vistoso e di cattivo gusto, così come un politico ignorante, di estrazione rurale.
La cultura rock è rimasta, ancora oggi una cultura urbana che aspira ad esprimere un orientamento cosmopolita, mentre il neo-folk continua a dominare il gusto delle aree rurali. Prima che la cultura rurale arrivasse a dominare la scena culturale, il gusto musicale era già diventato un simbolo che marcava l’identità e l’orientamento nei confronti del nazionalismo. Dopo il periodo di intensa propaganda nazionalista degli anni ’90 e poi della guerra, i testi delle canzoni sono cambiati, ma il genere musicale turbo folk è rimasto un segno distintivo di appartenenza culturale rurale, pur perdendo in gran parte il significato di orientamento nazionalista398.