3. La categorizzazione giuridica delle identità collettive e il conseguente condizionamento delle scelte di identificazione individuali
3.1. La Repubblica socialista federale di Jugoslavia e le politiche identitarie
3.1.3. Il tentativo di creare una nazione politico-territoriale inclusiva: la nazione jugoslava
Nel 1961 fu introdotta nel modulo del censimento la categoria di “nazione jugoslava”. La definizione di “jugoslavo” aveva un carattere politico-territoriale e coincideva con la cittadinanza.
Quindi, solo alcuni anni dopo la fondazione della Federazione, venne dato corpo all’idea espressa nel “Manifesto jugoslavo alla nazione britannica” del 1915, in cui si affermava con forza l’idea di una “nazione jugoslava”, che potesse unire tutti gli abitanti del Paese “simili per identità linguistica, coscienza nazionale e leggi geografiche”302.
In Bosnia – Erzegovina il numero di persone che scelse questa categoria, al posto delle altre tradizionalmente presenti (serba, croata, “nazionalità non dichiarata”), fu piuttosto significativo.
300 Yinger J. Milton, Ibidem., pp. 169.
301 Hobsbawm Erich, Nazioni e nazionalismi dal 1780. Programma, mito e realtà, Einaudi, 1992, p. 212; (titolo originale: Nations and Nationalism since 1780, 1990).
La scelta di “jugoslavo” poteva essere dovuta a molteplici ragioni: per staccarsi dall’ambiente rurale di origine ed entrare a far parte della società in formazione, per motivi ideologici o di carriera, perché essendo inclusiva evitava di dover scegliere fra identità diverse. Le autorità favorirono questo fenomeno303.
Dall’inizio degli anni ’60, però, il concetto di nazionalità jugoslava non fu più promosso, parallelamente al rafforzamento delle Repubbliche federate; negli anni ‘70 fu anzi rigettato ed i cittadini furono scoraggiati dal dichiararsi jugoslavi in favore delle categorie etniche, sia in occasione dei censimenti, sia nella registrazione dei figli alla nascita.
In Bosnia – Erzegovina questa politica fu meno forte, sia perché lo Stato non aveva un’unica nazione costitutiva, sia perché la resistenza dei cittadini fu maggiore. Il paese era uno dei più misti e dunque l’imposizione di una categoria etnica per molte persone significava omettere o rifiutare una parte della propria identità. La resistenza, a volte, fu dovuta al fatto che in questa repubblica, più che nelle altre con un nome nazionale, “jugoslavo” sembrava essere la categoria più corrispondente ad un concetto universale (parallelo a “francese”, “inglese”, ecc.), oltre che più cosmopolita304.
Bibò sottolinea l’importanza, come base per la costruzione della nazione jugoslava, dell’esperienza unificante della guerra di liberazione partigiana, oltre che dell’aver sperimentato durante la seconda guerra mondiale la potenza distruttrice dei nazionalismi305. Vale la pena di ricordare che fra il censimento del 1971 e quello del 1981 il numero dei cittadini che si dichiararono “di nazionalità jugoslava” aumentò di 943.000.
La seguente tabella306 indica le percentuali di popolazione maggiorenne che si identificarono come jugoslavi nel 1961 e nel 1981:
Area geografica 1961 1981
Croazia 4% 8,2%
303 Pirjevec Joze, Muslim, Serbs and Croats in Bosnia – Herzegovina. The Burdne of a Tragic History, in Bianchini Stefano e Dogo Marco (a cura di), The Balkans. National Identities in a Historical perspective, Europe and the Balkans International Network, Longo Editore, Ravenna, 1998, p. 111.
304 Bringa Tone R., Nationality categories, national identification and identity formation in “multinationa”
Bosnia, in Anthropology of East Europe Review, Vol. 11, Nos. 1-2 Autumn, 1993 - Special Issue: War among
the Yugoslavs, http://condor.depaul.edu/~rrotenbe/aeer/aeer11_1/bringa.html
305 Bibò Istvàn, Ibidem., pp. 44.
306 Duško Sekulić Garthmassey e Randy Hodson, Who were theYugoslavs? Failed sources od a common identità
in the former Yugoslavia, American Sociological Review, Vol. 59, No. 1. (Feb., 1994), pp. 83-97. Stable URL:
Serbia 2% 4,8% Bosnia – Erzegovina 8,4% 7,9% Kosovo 5% 1% Macedonia 1% 3% Montenegro 3% 5,3% Slovena 2% 1,4% Vojvodina 2% 8,2% Jugoslavia 1,7% 5,4%
Alla metà degli anni ’70 era diffusa la certezza dell’esistenza della nazione jugoslava e che le identità croate, slovene, ecc. fossero solo etnie periferiche, mentre oggi si afferma l’esistenza ininterrotta di questi popoli ed è diffusa la convinzione che croati, sloveni, serbi e musulmani siano nazioni e che l’idea jugoslava, che dominava all’inizio del secolo e aveva il sostegno di serbi, croati e britannici, fosse un’illusione307.
Per condividere l’opinione che la nazione jugoslava fosse una delle scelte possibili ed addirittura che avrebbe potuto diventare quella fondamentale (se il trend di crescita non si fosse invertito negli anni ’70), bisogna comprendere che fino ad allora le differenze etniche fra parlanti il serbo-croato erano basate sulla religione. Quindi la propaganda rivolta a diminuire l’importanza della religione, la secolarizzazione e modernizzazione della società urbana, i matrimoni etnicamente misti che diventarono sempre più frequenti (man mano che cadevano gli impedimenti religiosi riguardo ad essi), le politiche che incoraggiavano la mobilità rivolte ai lavoratori ed agli studenti universitari, l’urbanizzazione connessa all’industrializzazione, furono tutti fattori che incentivarono una mentalità jugoslava308.
307 Hastings Adrian, Ibidem., pp. 130, 34, 144.
308 Bringa Tone R., Nationality categories, national identification and identity formation in “multinationa”
Bosnia, in Anthropology of East Europe Review, Vol. 11, Nos. 1-2 Autumn, 1993 - Special Issue: War among
3.1.3.1. Il ruolo del sistema universitario jugoslavo nella formazione di un’identità jugoslava e nello sviluppo di reti sociali interetniche
Un ruolo strategico nella creazione di un’identità jugoslava fu determinato dalle politiche che favorivano la mobilità dei lavoratori e degli studenti: il sistema accademico jugoslavo ebbe un ruolo molto significativo nella formazione di un ceto dirigente e intellettuale jugoslavo. Esso, infatti, era incentrato su pochi poli universitari specialistici, strategicamente distribuiti su tutto il territorio nazionale (di conseguenza si studiava, ad esempio, Medicina a Belgrado, Giurisprudenza e Belle Arti a Sarajevo, Ingegneria a Zagabria ed a Tuzla). Questa distribuzione dei poli universitari sul territorio, presupponeva e imponeva la mobilità degli studenti e dei docenti, che era incoraggiata dallo Stato anche attraverso idonei incentivi economici.
Questa politica di mobilità favoriva la convivenza ed, in particolare, lo sviluppo di nuove relazioni interpersonali tra soggetti appartenenti a gruppi identitari diversi e un alto numero di matrimoni misti all’interno delle élite intellettuali del Paese309.