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3. La categorizzazione giuridica delle identità collettive e il conseguente condizionamento delle scelte di identificazione individuali

3.2. L’etno-nazionalismo ed il rafforzamento delle identità etniche

3.2.5. Il rafforzamento delle identità etniche a causa della guerra

Durante il conflitto degli anni 1992-95 i leader delle diverse fazioni in lotta hanno favorito, nei territori da loro controllati, l’affermazione univoca delle appartenenze etniche a scapito di quelle multiple, nonché l’insediamento di persone appartenenti al proprio gruppo etnico. Un contributo determinante a questi processi è stato dato dalla propaganda etno-nazionalista che è riuscita a imporre sulle tenui differenze reali, profonde differenze immaginarie e mitologiche.

      

398 Gordy Eric D., Turbasi and rokeri as windows into the Serbia’s social divide, in Balkanologie, vol. IV, n. 1, settembre 2000, Sito-web: http://balkanologie.revues.org/index312.html

La propaganda etno-nazionalista dai primi anni ’80, la guerra e la divisione della Bosnia - Erzegovina, sono tutti fattori che influenzarono profondamente l’identità etnica

Sebbene all’origine del conflitto non ci fossero le differenze etniche, bensì una serie di concause come “una nomenclatura che ha voluto succedere a se stessa, passando dal comunismo al nazionalismo e dando continuità ad un sistema paternalistico e mafioso” (Michele Nardelli), un “conflitto ed una pulizia etnica intesi come forme di accumulazione primaria di ricchezze (economia marcata dalla deregolazione estrema)” e come “conflitto socio-culturale fra città e campagna” (Paolo Rumiz), queste concause hanno nondimeno portato alla divisione del Paese su base etnica.

3.2.5.1. L’urbanizzazione “di guerra” e il rafforzamento dell’identità etnica

Durante l’ultima guerra la struttura sociale della Bosnia – Erzegovina è stata devastata: vi furono due milioni circa fra rifugiati e profughi su una popolazione di 4.430.000 abitanti. Durante la guerra le città costituivano gli unici possibili rifugi per sfuggire alla pulizia etnica (a parte la possibilità di fuggire all’estero per pochi privilegiati). I ritorni ai villaggi sono stati minimi, complicati inizialmente dall’occupazione delle case, poi soprattutto dal fatto che la maggior parte della gente non voleva tornare, sia per non diventare una minoranza, sia per non peggiorare le proprie condizioni di vita, sia perché, dopo anni ormai, si erano rifatti una vita in città.

Come afferma Hastings: “uno dei classici fattori per il rafforzamento dell’identità etnica o nazionale è la lotta contro un nemico esterno”399.

Smith400 sostiene che le guerre hanno avuto il massimo impatto sulla formazione e sulla persistenza delle identità etniche e sono state un fattore decisivo per la cristallizzazione dei sentimenti etnici.

Gli strumenti principali con cui la guerra contribuisce a infiammare e rafforzare il sentimento etnico sono principalmente: la mobilitazione fisica, lo shock della battaglia e lo spirito di corpo militare, che mettono in luce il senso di dipendenza del singolo dalla comunità. A questo si aggiunge la propaganda politica mirante a tener desta la resistenza e a glorificare le

      

399 Hastings Adrian, Ibidem., p. 14.

400 Smith Anthony D., Le origini etniche delle nazioni, Il Mulino, Bologna, 1998, pp. 95-99; (titolo originale:

imprese della propria comunità o dei suoi leader. Così la vanteria di conquiste e stragi fa da contrappunto alle ricorrenti denigrazioni dei nemici e alla riscrittura della storia militare. Lo stato di guerra stabilisce il modello dei rapporti con gli out-sider collettivi attraverso la creazione di avversari permanenti, a cui vengono attribuiti degli stereotipi negativi; questa situazione psicologica ha l’effetto di rafforzare una “identità-attraverso-il- nemico”401.

Bibò sottolinea, fra i fattori che rafforzano l’identità etnica, quello della paura esistenziale per la propria comunità davanti al rischio dell’annientamento 402.

Cvitković sostiene che quando il nemico in guerra appartiene ad un’altra confessione, al conflitto politico e militare si aggiunge quello religioso, che porta ad un perfezionamento dell’identificazione fra confessione religiosa ed etnia. Finché in Bosnia – Erzegovina sarà mantenuta la tendenza al rafforzamento di un singolo etno-nazionalismo, questo a sua volta rafforzerà gli altri 403.

Stojković404 concorda: nei Balcani dopo gli anni ’90, la principale identificazione etno-nazionale presuppone un’identificazione fra ortodosso e serbo (così come fra cattolico e croato, fra musulmano e bosgnacco). Di conseguenza se una persona è serba ma non ortodossa, immediatamente viene messa in discussione la sua appartenenza nazionale, come succede per le nuove confessioni cristiane presenti in Serbia, come la chiesa avventista. Dopo il crollo del comunismo jugoslavo e del suo sistema di valori, il nuovo si intravede appena e la confessione religiosa si pone nuovamente come unica base costituente dell’identità culturale ed etnica che legittima la società405.

Secondo Hastings406, il pericolo per l’identità territoriale della Bosnia – Erzegovina è costituito dai nazionalismi interessati dei vicini e dal loro contributo esterno al rafforzamento delle identità etniche delle comunità croate e serbe del Paese.

Egli sostiene che la Bosnia – Erzegovina è stata la maggior vittima del crollo della Jugoslavia, in quanto la mancanza di una maggioranza etnica e il dualismo fra Stato e nazione

      

401 Smith Anthony D., Le origini etniche delle nazioni, Il Mulino, Bologna, 1998, pp. 95-99; (titolo originale:

The ethnic origins of nations, Oxford 1986).

402 Bibò Istvàn, Ibidem., pp. 53-54.

403 Cvitković Ivan, Ibidem., p. 85.

404 Stojković Branimir, Identitet i komunikacija, Agora, Beograd, 2002, p. 123.

405 Stojković Branimir, Ibidem., p. 124.

avvantaggiarono i nazionalismi serbi e croati che, di volta in volta, applicarono il criterio dell’appartenenza territoriale o della maggioranza etnica, secondo la convenienza. Così i serbi trattarono il Kosovo e il Sandžak come parte del proprio territorio (pur essendo una minoranza etnica in quelle regioni), mentre intervennero nella Kninska krajna (intorno a Knin in Croazia) e nella Erzegovina orientale in base alla maggioranza etnica. I croati similmente intervennero in base al principio di appartenenza territoriale nella Kninska krajna ed in base a quello della maggioranza etnica in Erzegovina occidentale.

Hastings definisce la “beffa delle categorie etniche” il trattare gli appartenenti alle minoranze nazionali come cittadini con meno diritti e, contemporaneamente, difendere militarmente le proprie minoranze nelle altre repubbliche407.

Anche Delli Zotti408 parla manipolazione delle identità al fine di incanalare il malcontento e l’ansietà della gente da parte dei leader politici e del ruolo determinante da loro avuto nell’evolversi del conflitto; egli definisce l’attivismo etno-nazionalista come “un drammatico gioco che non è nemmeno a somma zero, ma diventa pesantemente a somma negativa con grosse perdite per tutti”.

3.2.5.2. La guerra e il rafforzamento dei partiti etno-nazionalisti

Il confronto militare della Croazia con l’esercito federale jugoslavo intervenuto, almeno formalmente, in difesa delle minoranze serbe in Slavonia, nella Krajina e in Dalmazia, dopo la unilaterale proclamazione di indipendenza, ha oggettivamente favorito l’affermazione del Partito nazionalista croato (Hrvatska Demokratska Zajednica, HDZ) guidato da Franjo Tuđman, presidente dal 1991 alla morte nel 1999. Mentre la fine del conflitto e la crisi economica hanno progressivamente indebolito il regime di Tuđman, per cui alle elezioni presidenziali e legislative del 2000 si è affermata una coalizione di centro-sinistra.

Dal 1992 il confronto fra Croazia e Serbia si è trasferito in Bosnia – Erzegovina, dove la Croazia è intervenuta formalmente a sostegno delle comunità croate e vi ha costituito una regione autonoma, denominata “Herceg-Bosna” con intenti annessionistici; parallelamente, l’esercito federale jugoslavo, dopo l’epurazione interna di tutti i non serbi, è intervenuto in appoggio dei serbi dell’autoproclamata “Repubblica Serba” (Republika Srpska) di Bosnia - Erzegovina, con analoghi intenti annessionistici.

      

407 Hastings Adrian, Ibidem., pp. 126-128.

408 Delli Zotti, Il crollo delle federazioni comuniste, il riemergere dei nazionalismi e la transizione alla

democrazia, in Bergnach L. e Tabboni S. (a cura di), Conflittualità interetnica e nuovi nazionalismi, Quaderni

Come testimoniato dall’ex presidente della Croazia Stipe Mešić al Tribunale dell’Aja, già nel 1991 gli allora presidenti di Croazia e Serbia, Tuđman e Milošević si erano accordati per spartirsi la Bosnia – Erzegovina; Mešić aveva confermato, inoltre, la partecipazione dell'esercito della Croazia alla guerra in Bosnia - Erzegovina409.

Occorre tuttavia distinguere fra la responsabilità politica delle due parti, in quanto la parte serba è responsabile di un numero molto superiore di morti, oltre che di quello che il Tribunale dell’Aia ha definito come genocidio.

Anche dopo la firma degli accordi di pace di Dayton (21.11.1995), sottoscritti, del resto dai capi di Stato di Croazia, Serbia e Bosnia - Erzegovina, la Croazia e la Serbia hanno mantenuto un ruolo di “tutela” delle rispettive minoranze del Paese.

3.2.6. La definitiva etnicizzazione dell’identità musulmana: la nascita dell’etnia

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