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3. La categorizzazione giuridica delle identità collettive e il conseguente condizionamento delle scelte di identificazione individuali

3.3. La Bosnia – Erzegovina post-Dayton

3.3.6. Il mancato riconoscimento dell’identità civica bosniaco-erzegovese ed il concetto di identità civica in serbo-croato-bosniaco

Il 25 novembre 2009, a Sarajevo ed a Tuzla, si è tenuto il «Primo incontro degli appartenenti alla nazione bosniaco-erzegovese» organizzato da due movimenti dal carattere fortemente anti-nazionalista: il “Movimento degli appartenenti alla nazione bosniaco – erzegovese” di Sarajevo ed il “Movimento giovanile Revolt” di Tuzla.

L'obiettivo dell'incontro è stato quello di portare alla luce la discriminazione cui sono soggetti tutti i cittadini bosniaci ed erzegovesi che non si sentono appartenenti a nessuno dei tre grandi gruppi etnici e neanche ad una delle numerosissime minoranze esistenti. Essi rivendicano il diritto di essere semplicemente considerati cittadini del proprio Paese e come tali, di godere di pari diritti.

Il 25 novembre è una data significativa, in quanto è l'anniversario della prima formazione della Bosnia – Erzegovina come stato moderno, nel 1943.

Gordan Izabegović, portavoce del “Movimento giovanile Revolt” di Tuzla ha affermato che, in base alla Costituzione di Dayton, vige una discriminazione nei confronti di tutti coloro che non si considerano appartenenti a nessuno dei «popoli costitutivi», che non possono essere eletti né alla Presidenza (composta da tre rappresentanti dei tre popoli costitutivi), né alla Camera dei Popoli (una delle due camere, in cui è diviso il Parlamento, composta da cinque delegati serbi, cinque croati e cinque bosgnacchi).

Secondo Izabegović, risultano discriminati prima di tutto i numerosi figli di matrimoni misti, i quali se decidono di non optare per l’etnia di appartenenza di uno dei due genitori, cessano di essere cittadini di pari diritti; in secondo luogo le minoranze che però godono, almeno formalmente, dei diritti propri delle minoranze nazionali. Inoltre, esistono anche molte altre persone che, pur potendo identificarsi con una delle tre etnie maggioritarie, sentono l'appartenenza nazionale come prevalente e come tale si dichiarano; oppure vorrebbero potersi dichiarare, ma non al prezzo di diventare una minoranza.

La partecipazione di rappresentanti delle minoranze a questo raduno del 25 novembre, è la dimostrazione che almeno una parte di essi vorrebbe essere considerata come cittadini a pieno titolo del Paese e non solo come minoranza.

Nel 2006 due cittadini bosniaco-erzegovesi appartenenti alle due minoranze storiche del Paese: l’ebraica e la rom, Jakov Finc466 e Drevo Sejdić, hanno fatto causa alla Bosnia - Erzegovina presso il Tribunale europeo per i diritti umani di Strasburgo. Il 3 giugno 2009 il tribunale europeo per i diritti umani ha confermato (con 11 voti favorevoli e tre contrari) l’esistenza di discriminazione etnica nei confronti dei non appartenenti ai “popoli costitutivi” nella Costituzione di Dayton (art. IV e V), e che pertanto costituisce una violazione dell’articolo 14 (proibizione della discriminazione) della Convenzione Europea dei Diritti in base ai seguenti articoli: art. 3 del Protocollo I, che garantisce il diritto di elezioni libere e l’articolo 1 del Protocollo 12 che proibisce genericamente la discriminazione467.

La corte conferma che non è necessario abbandonare completamente il meccanismo di condivisione del potere e che i tempi potrebbero non essere maturi per un sistema politico che rifletta semplicemente il volere della maggioranza dei cittadini; tuttavia, come il Giudizio della Commissione di Venezia ha chiaramente dimostrato, esistono meccanismi di condivisione politica che non portano all’esclusione automatica i rappresentanti degli “altri”. Inoltre, la corte ha sostenuto che, divenendo membro del Consiglio d’Europa nel 2002 e ratificando la Convenzione ed il Protocollo senza riserve, la Bosnia – Erzegovina ha volontariamente aderito a conformarsi ad essi e, specificatamente, “a revisionare entro un anno, con l’assistenza della European Commission for Democracy through Law (Commissione di Venezia), la legislazione elettorale alla luce degli standard europei, e a modificarla qualora fosse necessario” (si veda il paragrafo 21).

Infine, ratificando il Protocollo di Stabilizzazione e Associazione con l’Unione Europea nel 2008, il Paese ha accettato di “emendare la legislazione elettorale per quanto concerne i membri della Presidenza e i delegati della Camera dei Popoli al fine di asssicurare la piena aderenza alla Convenzione europea dei diritti umani e agli obblighi successivi all’accesso come membro dell’unione stessa” entro due anni (si veda il paragrafo 25).

      

466 Jakov Finc, giurista, dal 2000 presidente della Commissione costituzionale del Parlamento della Federazione di Bosnia – Erzegovina, , Direttore dell'Agenzia statale per gli Affari civili, membro del «Club 99», ex presidente dell'associazione religiosa ebraica la «Benevolencija», fondatore del Consiglio inter-religioso bosniaco.

467 Consiglio d'Europa, Prohibiting a Rom and a Jew fron Standing for Election to the House of Peoples of the

Parliamentary Assembly and for the Precidency Amounts to Discrimination and Breanches their Electoral Rights, http://www.coe.org.rs/eng/news_sr_eng/?conid=1545

La Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto, nota come “Commissione di Venezia”, infatti, aveva confermato l'esistenza di una discriminazione in base alla appartenenza etnica già nel 2008468.

Il presidente della Commissione giuridica della Camera dei Rappresentanti della Bosnia – Erzegovina, Šefik Džaferović ha dichiarato che la sentenza corrisponde alle aspettative, in quanto è del tutto evidente che la Costituzione contiene elementi discriminatori anche più ampi di quelli stabiliti dalla corte europea in relazione al ricorso di Finc e Sejdić. Ha dichiarato, quindi, che sarà modificata la costituzione al fine di renderla compatibile con la Dichiarazione dei Diritti umani, accettata e quindi inclusa nella Costituzione stessa469.

Altri470 sono molto più scettici riguardo alla reale possibilità di ottenere l'accordo politico necessario alla revisione costituzionale, sia per la mancanza di accordo in merito alla revisione costituzionale in genere, sia in quanto i maggiori partiti politici rappresentano i tre popoli costitutivi e quindi sono contrari a detta riforma. Gli unici partiti che si sono dichiarati favorevoli sono quelli a base civica e non etnica: il partito socialdemocratico e quello liberale. Anche Daniel Omeragić, sul noto quotidiano “Oslobođenje”, mette in risalto che, a sette mesi dalla sentenza di Strasburgo, il Paese non ha ancora neanche iniziato la revisione necessaria affinché diventi compatibile con la Dichiarazione dei diritti e delle libertà fondamentali471. Inoltre, ogni popolo costitutivo è portatore di diritti, in particolare del diritto ad essere eletto, solo se risiede nella Entità in cui è etnia maggioritaria, per cui godono di tutti i diritti solo i serbi in Republika Srpska, così come i bosgnacchi e i croati in Federazione. Infatti, i cinque delegati serbi della Camera dei Popoli sono della Republika Srpska, mentre i cinque delegati croati ed i cinque bosgnacchi sono della Federazione.

Questo fatto, inverosimile per chi non conosce la realtà della Bosnia - Erzegovina post – Dayton, è una ulteriore conferma che i diritti non sono costituzionalmente uguali per tutti.

      

468 “Zašto sam tužio svoju državu?” (Perché ho denunciato il mio Paese?) – dichiarazione per la stampa, in occasione del dibattito sulla discriminazione costituzionale, aperto da Jakov Finc e organizzato dal Centro per gli studi strategici dell'International Forum Bosnae, il 15 novembre 2008, a Sarajevo.

469 www.bitno.ba › Bosna i Hercegovina › BiH osuđena u Strasbourgu zbog diskriminacije Židova i Roma

470 Si veda, fra gli altri: Milanović Marko, Grand Chamber Judgment in Sejdić and Finci v. Bosnia, EJIL Analysis, EJIL Reports (www.ejitalk.org).

471 Omeragić Daniel, Nacionalne manjine i učešče u vlasti: Sejdić i Finci na čekanju, Oslobođenje, 6 gennaio 2010.

Secondo Gordan Izabegović, da quando i partiti etno-nazionalisti dominano la scena politica, l'unico argomento di discussione si basa su «diritti dei popoli» assolutamente teorici, che mettono i cittadini gli uni contro gli altri ed hanno come unico scopo la conservazione del potere da parte di quegli stessi partiti. Il risultato complessivo di questa situazione è che i reali interessi dei cittadini, quelli economici, culturali e sociali, vengono completamente trascurati. In merito si riporta l’opinione di Yinger secondo il quale gli interessi reali di cui si fanno portatori i referenti politici del gruppo etnico, sono in realtà prevalentemente legati non a tutto il gruppo, ma solo a chi se ne fa portatore472.

Tuttavia, secondo il “Movimento degli appartenenti alla nazione bosniaco – erzegovese” ed il “Movimento giovanile Revolt”, non è desiderabile che la Bosnia – Erzegovina si trasformi in uno stato civico in senso occidentale, in cui siano salvaguardati unicamente gli interessi dei cittadini, ma è necessario salvaguardare la multietnicità del Paese e quindi far sì che nessun popolo si senta discriminato. Contemporaneamente occorre fare sì che i diritti dei popoli non abbiano il monopolio esclusivo della politica e che, quindi, non prevalgano sui diritti dei singoli.

Secondo il portavoce del “Movimento giovanile Revolt”, i cittadini erano maggiormente tutelati dalla Costituzione della Repubblica di Bosnia – Erzegovina, quale Repubblica della Federazione jugoslava, perché l'esistenza della categoria «Jugoslavo» permetteva una identificazione statale (e non etnica) che aveva la funzione di unificare il Paese; invece nella Costituzione della Bosnia – Erzegovina questa categoria, in cui molti si identificano, non è prevista.

Lo scopo della manifestazione del 25 novembre è stato quello di portare alla superficie il problema della non identificazione con i gruppi etnici (che finora era considerato tabù), al fine di introdurre la categoria di «nazione bosniaco-erzegovese» in vista del prossimo censimento (previsto per il 2011).

La «nazione bosniaco-erzegovese» indiscutibilmente esiste, come prova l’esperienza di tutti coloro che durante la guerra si erano rifugiati in quella che pensavano fosse la loro “madrepatria” (Croazia o Serbia), dove non solo vissero l'esperienza di essere considerati solo come bosniaci-erzegovesi, (indipendentemente dall'appartenenza etnico-religiosa), ma si

      

resero anche conto di quanta parte della propria identità, fatta di tradizioni, abitudini, ecc. fosse comune agli altri abitanti del Paese che avevano lasciato.

In attesa di dati statistici, un primo mini-censimento di questa identità è stato effettuato via internet attraverso l'organizzazione di un gruppo su facebook; riguardava una popolazione prevalentemente di giovani di Sarajevo e di Tuzla: in poco tempo si sono iscritte oltre 8.500 persone.

Il «Movimento degli appartenenti alla nazione bosniaco - erzegovese» ha già preso contatti per estendersi ad altre città: Banja Luka, Mostar, Bijelina.

L’iniziativa in merito alla possibilità di introdurre un quarto popolo costitutivo, i bosniaci-erzegovesi, è stata ripresa da alcuni politici e commentatori, come dal membro bosgnacco della presidenza tripartita, Damir Arnaut473 all’incontro internazionale di Budmir.

Questa posizione si è in parte sovrapposta con la proposta di includere come quarto popolo gli “altri”, ma quest’ultima avrebbe un effetto meno dirompente a livello psicologico-identitario, sarebbe meno popolare e quindi non intaccherebbe il potere dei partiti etno-nazionalisti. Anche secondo Pejanović, al fine dell'entrata del Paese nell'Unione Europea, bisogna passare attraverso un contemporaneo rafforzamento dell'identità dei cittadini e dell'identità statale bosniaco-erzegovese474.

In merito alla necessità di supportare e rafforzare l’identità civica, si riporta l’opinione del direttore dell’Istituto Storico di Sarajevo, Husnija Kamberović, per il quale, l’unica possibilità rimasta di integrare la Bosnia - Erzegovina consiste “nell’incoraggiare il sentimento di appartenenza al Paese stesso, il patriottismo; è necessario accettare che le tre nazioni siano definitivamente integrate e cercare di costruire un futuro per questo Paese”475.

A questo concetto si aggiunge l’idea espressa da Željko Ivanković in Tetoviranje identiteta, sulla necessità di una identità politica costitutiva e unificante, ma al tempo stesso realmente inclusiva e anti-nazionalista, contrapposta alla visione di Izetbegović di “Bosgnacchi come popolo fondante la Bosnia - Erzegovina”, cioè implicante una visione unilaterale e

      

473 Anes Alić (International relations and security network), Bosnian Impasse Over ‘Dayton Two’, 6 Nov 2009, Sito web: http://www.isn.ethz.ch/isn/Current-Affairs/Security-Watch/Detail/?lng=en&id=109294

474 Pejanović Marko, Politički razvitak Bosne i Hercegovine u postdejtonskom periodu, Sarajevo, Šahinpašić, 2005. (The Political Development of Bosnia and Herzegovina in the Post-Dayton Period, Sarajevo, Šahinpašić, 2005), pp. 123-132.

tendenzialmente assimilazionista da parte del popolo più numeroso. Secondo Ivanković questa identità politica unificante si può raggiungere, in campo identitario, attraverso un processo di de-mitologizzazione delle divisioni etno-confessionali e, in campo politico, attraverso una completa revisione costituzionale, che porti il Paese ad applicare un principio di democrazia consociativa476.

Anche per Cvitković lo Stato deve rafforzare l’identità civica inclusiva, comune a tutti i cittadini, il patriottismo; è necessario riconoscere e “rispettare l’esistenza di due identità: quella etnica e quella civica” e “sarebbe un enorme errore escludere una delle due”, infatti “la coscienza dell’esistenza di una identità civica sarà più forte se lo Stato rispetterà tutte le particolarità etniche”477.

Anche secondo Bieber, il più numeroso gruppo di cittadini non inclusi nei “popoli costitutivi”, (secondo l’ultimo censimento), erano gli jugoslavi (5,5%); il numero di cittadini con un’identità civica, di cittadini, prevalente rispetto a quella etnica, è, secondo Bieber, inferiore dopo la guerra, ma non irrilevante. La questione dei bosniaci-erzegovesi riguarda principalmente i diritti dei cittadini, non quelli di una ennesima minoranza478.

Secondo Lovrenović, per i croati di Bosnia – Erzegovina diventare croati tout court è possibile solo rinnegando una parte di sé, percepita come una colpa storica, ma una parte di sé concreta e presente, nata dalla propria esperienza di vita in uno Stato multinazionale. Egli arriva a definire questo situazione socio-psicologica “schizoide”. Allo stesso tempo, sostiene che l’identità dei croati di Bosnia – Erzegovina sia un elemento indivisibile dell’identità del Paese.

Secondo Cvitković i croati di Bosnia – Erzegovina si trovano davanti ad una doppia scelta identitaria: fra identità etnica e civile479.

Anche Hastings, dopo aver evidenziato il legame fra nazionalismi croati e serbi in funzione irredentista ed averne sottolineato la pericolosità per un’identità territoriale come quella bosniaca-erzegovese, afferma che c’è poca speranza di futuro per i croati di Bosnia –

      

476 Ivanković Željko, Tetoviranje identiteta, Rabic. Sarajevo, 2009, pp. 205-251.

477 Cvitković Ivan, Ibidem., pp. 113-115.

478 Bieber Florian, Institucionaliziranje etničnosti. Postignuća i neuspjesi nakon ratova u Bosni i Hercegovini, na

Kosovu i u Makedoniji, Forum Bosna, n. 25, 2004, Sarajevo, p. 88.

Erzegovina se saranno trattati come croati e non come bosniaci: “spariranno senza capire che cosa gli è successo”480.

Gli osservatori più attenti concordano, quindi, sulla necessità politica di iniziare un processo di rafforzamento di una identità condivisa, recuperando e aggiornando i valori della tradizione bosniaco-erzegovese.

L'assurdità è che la categoria civica di tutti coloro che si considerano semplicemente cittadini bosniaco-erzegovesi, non soltanto non venga promossa, ma che nella Costituzione non esista. La creazione di una identità condivisa, basata sulla cittadinanza, ma anche sulla comune esperienza storico-culturale e linguistica, è certamente necessaria per stabilizzare il Paese e dovrebbe essere inclusa in tutti i processi di revisione della Costituzione, al fine di superare le attuali divisioni.

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