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2. La formazione dell’identità in Bosnia – Erzegovina

2.5 La prima “etnicizzazione”: l’identificazione dei cattolici e degli ortodossi di Bosnia – Erzegovina con croati e serbi

2.3.3 Tesi sull’etnicizzazione ottocentesca

Pitassio individua l’inizio della presa di coscienza nazionale serba nella Vojvodina ungherese del ‘700. Essa, però, fu limitata ad alcuni intellettuali, quali Jovan Raijc autore della Storia dei

diversi popoli slavi (Istorija Raznih Slavenskih Narodov) in slavone (la lingua ecclesiastica in

vigore con alcune modifiche in tutta l’area ortodossa), Dositej Obradović che pubblicò diverse opere divulgative nella lingua parlata, Orfelin che pubblicò un Lamento della Serbia (Plać

Srbii), in cui le glorie passate del Regno serbo sono contrapposte a quella che definisce

“l’attuale schiavitù”.

Secondo Potassio, questa promozione culturale e la propaganda dell’idea di nazione furono alla base delle rivolte serbe dell’800 contro l’Impero Ottomano. Questo lavoro di propaganda da parte degli intellettuali, basato su miti storici, non distingue, però, i serbi dai montenegrini, unificati in un’unica “grande nazione”, unita dalla lingua e dal comune passato mitico.

      

228 Banac Ivo, Ibidem., p. 44.

229 Banac Ivo, Ibidem., p. 23.

230 Banac Ivo, Ibidem., pp. 33, 37.

Il fervore nazionale e religioso, che risulta da questa propaganda intrisa di vittimismo storico è accompagnato da incitamenti alla ribellione contro gli Asburgo cattolici e ad aperti incitamenti alla pulizia etnica contro i musulmani, viva incarnazione degli oppressori ottomani. Un esempio di questo fervore si trova nel poema Gorski Vijenac del re e arcivescovo montenegrino Peter II Njegoš232.

Il Gorski Vijenac è importante per l’identità serba e montenegrina anche perché mitizza e sacralizza per la prima volta la sconfitta di Kosovo Polje (Campo dei Merli, 1389): nell’eroismo della battaglia contro gli ottomani si volle vedere la nascita della nazione serba (non distinta da quella montenegrina). Questa mitizzazione inaugura una lunga tradizione etno-nazionalista il cui ultimo esponente è Milošević, al fine di legittimare l’espansione serba nei Balcani, “rivisti” come territori sottratti loro dall’antico nemico “turco”.

Secondo Potassio, la contraddizione interna all’identità montenegrina, fra sentirsi “più serbi dei serbi” e una appartenenza territoriale, basata sull’esistenza di una unità politico territoriale consolidata nel tempo, viene “risolta” dalla Federazione Jugoslava, per poi riemergere al suo crollo alla fine del ‘900233.

Anche secondo l’opinione espressa dal direttore dell’Istituto Storico di Sarajevo, Husnija Kamberović, in una intervista, questa identificazione etnica risale al XIX secolo234.

Secondo Garde il processo di etnicizzazione di croati e serbi in generale, quindi senza specifico riferimento a quelli di Bosnia, si è concluso nell’800235.

Secondo l’opinione di Pirjevec, i serbi e i croati che avevano iniziato a prendere coscienza della propria appartenenza nazionale nei primi decenni del ‘800, perché influenzati dal romanticismo tedesco. Questo concetto fu importato in Bosnia dai francescani (per secoli i principali protagonisti del mantenimento della fede cattolica in Bosnia), che lo trasmisero ai propri seguaci; l’esempio dei francescani fu subito imitato dai preti ortodossi, dati i forti legami della loro Chiesa sia con l’antico Regno di Serbia, sia con il nuovo Stato serbo. Pirjevec interpreta le rivolte come risultato della presa di coscienza nazionale serba e croata.

      

232 Pitassio Armando, The building of Nations: the cases of Slovenia and Montenegro, in Bianchini Stefano e Dogo Marco (a cura di), The Balkans. National Identities in a Historical perspective, Europe and the Balkans International Network, Longo Editore, Ravenna, 1998, pp. 44-51.

233 Pitassio Armando, The building of Nations: the cases of Slovenia and Montenegro, in Bianchini Stefano e Dogo Marco (a cura di), The Balkans. National Identities in a Historical perspective, Europe and the Balkans International Network, Longo Editore, Ravenna, 1998, pp. 51-59.

234 Intervista pubblicata sul settimanale indipendente “Dani”, il 13.01.2006.

Pirjevec, inoltre, vede il periodo austro-ungarico non solo come un momento di forte rafforzamento delle identità religiose, ma anche come la presa di coscienza nazionale non solo di serbi e croati, ma anche dei musulmani. I serbi per opposizione all’amministrazione austro-ungarica, dopo la fallita speranza di annessione, ma anche ai croati che invece la vedevano positivamente. Infine, i musulmani, ripresisi dallo shock della fine dell’Impero Ottomano grazie al fatto che l’amministrazione asburgica si appoggiò alla loro classe dominante per governare, iniziò a svilupparsi la coscienza etnica musulmana. La crescita delle tensioni inter-etniche fu dovuta, oltre ai fattori suddetti, anche ad una politica diretta a “istigare i diversi gruppi etnici gli uni contro gli altri, al fine di preservare l’antico ordine sociale”. La pax

austriaca fu quindi solo di facciata, al di là della quale le differenze etniche e religiose si

rafforzarono e si contrapposero 236.

Anche Lovrenović237 sostiene che fino alla fine dell‘800 la nazionalità indicava l’appartenenza al Paese e non aveva nulla a che fare con il moderno concetto di nazionalità di questa regione che coincide con la religione.

Questo fatto è dimostrato dall’uso di cognomi “nazionali”. Infatti, la denominazione di “bosgnacco” indicava originariamente l’appartenenza al Paese e per questo il cognome

Bošnjak era utilizzato per definire i bosniaci che andavano a vivere fuori dalla Bosnia: esso è

infatti molto diffuso come cognome, ma presente anche come toponimo, in Croazia in persone che dopo l’introduzione del moderno concetto di nazione locale alla fine del XIX iniziarono a definirsi croati, ma che quando sono emigrate dalla Bosnia si consideravano semplicemente cattolici e la loro unica patria di riferimento era la Bosnia, quindi si definivano ed erano definiti così.

Detti croati di cognome Bošnjak, si riunirono in 5.000 a Zagabria nel 1993 per protestare e per firmare un Memorandum in cui chiedevano la protezione del proprio cognome, offesi che i musulmani avessero usurpato il loro cognome per definire la propria nazionalità!

Detto cognome è presente anche fra i serbi, con lo stesso significato: indicare persone emigrate dalla Bosnia.

      

236 Pirjevec Joze, Muslim, Serbs and Croats in Bosnia – Herzegovina. The Burdne of a Tragic History, in Bianchini Stefano e Dogo Marco (a cura di), The Balkans. National Identities in a Historical perspective, Europe and the Balkans International Network, Longo Editore, Ravenna, 1998, pp. 108-109.

237 Lovrenović Ivan, Bosanski hrvati. Esej o agoniji jedne evropsko-orijentalne mikrokulture, Durieux, Zagreb, 2002, pp. 14-15.

Il fenomeno inverso si è verificato alla fine del XVII secolo, dopo il ritiro degli ottomani da Vienna ed il restringimento dei confini imperiali alla Bosnia, quando i nuovi arrivati in Bosnia dalla Croazia, di religione musulmana, furono denominati Hrvati (croati) e portano ancora questo cognome. A questo proposito, durante l’assedio di Sarajevo ha iniziato a circolare la seguente battuta: “hrvati su staro muslimansko pleme u okolici Sarajeva” (i croati sono un’antica stirpe musulmana dei dintorni di Sarajevo)238.

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