2. La formazione dell’identità in Bosnia – Erzegovina
2.4 Il periodo austro-ungarico e le ripercussioni sulle caratteristiche demografiche e identitarie
2.3.2 L’istituzione del “confine militare” (Vojna Krajina, Die Militargrenze)
La Jugoslavia, e la Bosnia - Erzegovina in particolare, è sempre stata un'area di confine: fra Impero Romano d'Oriente e d'Occidente, fra Chiesa cattolica ed ortodossa, tra Impero austro-ungarico ed Impero Ottomano. Il confine ha avuto una funzione di cuscinetto, di difesa, di separazione dei centri delle diverse unità politiche. Come in ogni siffatta situazione di confine, la cultura ha accentuato valorizzava la separazione fra i popoli, l'emarginazione rispetto ai centri del potere e la chiusura difensiva in piccole comunità-villaggio monoetniche; al contempo, la lontananza dai centri culturali imperiali e la chiusura delle comunità ha favorito il mantenimento di una esagerata omogeneità ed indebolito l’influenza della cultura urbana a favore di quella rurale.
Questi aspetti hanno caratterizzato la situazione socio-culturale dei Balcani e sono stati il risultato delle politiche attuate dall’Impero austro-ungarico, che aveva collocato popolazioni serbe e croate lungo il confine con l’Impero Ottomano, creando così un “cordone sanitario cattolico-ortodosso”, come lo definisce Gasparini195.
Questo scopo venne ottenuto in modi diversi: la popolazione cattolica (italiani, austriaci, ungheresi, gli odierni sloveni e croati) fu incoraggiata ad emigrare, principalmente attraverso
194 Zupanc, Popis stanovnistva 1857. godine, Geografski horizont, 2/2009. (http://www.geografija.hr/clanci/1258/popis-stanovnistva-1857-godine)
195 Gasparini Alberto, Alcune variabili per spiegare la situazione dell'Ex-Jugoslavia e il futuro dei nuovi stati
(nominalmente) indipendenti, in „Cultura di confine e rapporti inter-etnici nella formazione degli stati degli slavi
l’assegnazione di terre, la popolazione ortodossa, invece, attraverso l’istituzione del “confine militare” all'inizio del XVI.
Sulle frontiere con l’Impero Ottomano, si adottò il sistema ottomano di comunità auto-gestite e libere di praticare la propria confessione religiosa; fu questo fattore ad attirare gli ortodossi nelle zone di confine-militare196.
Le terre confinanti con l'Impero Ottomano, infatti, dipendevano direttamente dalla corte viennese ed ai suoi abitanti veniva concesso uno status socio-politico privilegiato in cambio della difesa armata. I privilegi di cui godevano gli uomini di frontiera (krajišnici) erano costituiti: dall'assenza di obblighi agrari, di imposte e di tasse, dalla libertà religiosa, dall'auto-governo e dalla autonoma amministrazione della giustizia al loro interno. Inoltre, i nuclei militari si auto-sostenevano, non costando quindi nulla all'Impero che servivano militarmente. Per questo motivo il confine militare venne mantenuto in vigore fino al 1881, bene dopo l'inizio della decadenza dell'Impero Ottomano e quindi dopo la cessazione della sua ragion d'essere, proprio in quanto rendeva disponibile un gran numero di soldati, che costituivano il più efficiente e meno costoso nucleo dell'esercito austro-ungarico.
Caratteristica e condizione del confine militare era la dinamicità della frontiera: alle frequenti incursioni ottomane si aggiungeva, infatti, il continuo flusso di popolazioni in entrambe le direzioni. Detto flusso era costituito da contadini, in gran parte ortodossi, che venivano dall'Impero Ottomano attratti dal regime speciale del confine militare, oppure da servi della gleba della Croazia in fuga verso l'Impero Ottomano per sottrarsi alle sempre maggiori imposizioni a cui erano sottoposti197.
Banac sottolinea che il confine militare era una specie di extra-territoriale per le autorità civili croate; alla fine del XVII secolo, per Croazia si intende la Croazia storica intorno a Zagabria, una piccola striscia di terra verso l’Adriatico e la Slavonia che si estendeva ad est fino alla confluenza fra Danubio e Sava. L’estensione del confine militare che comprese l’intera Lika, il territorio a sud di Kupa e quello intorno alle frontiere ottomane di Bosnia e Belgrado, separò in verticale la Croazia dalla Slavonia a nord della confluenza fra Sava e Danubio198.
196 Garde Paul , Ibidem., p. 64.
197 Mandić Oleg, Il confine militare croato. Uomini di frontiera, origini etniche, in „Cultura di confine e rapporti interetnici nella formazione degli stati degli Slavi del Sud“, ISIG, 1994, pp. 4-5.
198 Banac Ivo, The National Question in Yugoslavia. Origins, History, Politics, Cornell University Press, Ithaca and London, 1984, p. 37.
Gli Asburgo crearono inizialmente (nel XVI secolo) non uno ma due confini militari: il primo definito croato o di Karlovac, il secondo detto della Slavonia o di Varaždin. Questi due confini militari, che costituivano per la loro estensione dei distretti veri e propri, furono congiunti nel 1783. Nel XVIII secolo l’Impero austro-ungarico iniziò ad impiegare questo esercito anche nelle guerre europee dove divennero famosi per la loro efferatezza; di conseguenza parte di loro venivano richiesti a Vienna come eserciti mercenari e come tali combatterono: per l’Impero prussiano, per la Repubblica di Venezia, per il papato, per la Repubblica di Ragusa, per la Prussia199.
Secondo Rothemberg, lo status privilegiato di questi giannizzeri di frontiera fece sì che questa diventasse la loro identità, prevalente rispetto a quella etnica. Per quanto riguarda la religione, essi erano ortodossi, cattolici o uniati; la prevalenza ortodossa era sottoposta a frequenti pressioni cattoliche contro l’ortodossia che spesso portarono a tramutare forzatamente monasteri o comunità ortodosse in uniati200.
Judah sottolinea che, nonostante l’istituzione del confine militare garantisse l’auto-governo e la libertà religiosa (proprio per questo motivo lo status di frontalieri risultava particolarmente interessante per gli ortodossi), spesso gli Asburgo si trovarono a dover fare concessioni alle richieste croate e ungheresi. Le richieste di un controllo religioso delle comunità frontaliere, diedero luogo a periodici tentativi di conversione forzata al cattolicesimo o, più frequentemente, la sottomissione al papa, con la conseguente trasformazione in comunità uniate. In particolare ci furono espulsioni di preti ortodossi, forzate conversione al cattolicesimo di donne e bambini, mentre gli uomini combattevano altrove, e inoltre, l’imposizioni della quota di massima di 1/3 di ortodossi rispetto a cattolici o uniati. Nel 1741 i croati riuscirono ad ottenere l’abrogazione della giurisdizione ortodossa, che però fu reinstaurata poco dopo a seguito di una rivolta. Detta giurisdizione era il risultato di un accordo fra il Patriarca Arsenije, leader dell’esodo dei serbi dal Kosovo e l’autorità imperiale nel 1691, quando Leopoldo I garantì ai serbi la stessa giurisdizione garantita loro dal millet ottomano201.
199 Fine John V.A. Jr, When Etnicity Did Not Matter in the Balkans.A Study of Identity in Pre-Nationalist
Croatia, Dalmatia and Slavonia in the Medieval and Early Modern Periods, University of Michigan Press, 2006,
p. 370.
200 Fine John V.A. Jr, Ibidem., p. 372.
201 Judah Tim, The Serbs: - History, Myth, and the Deconstruction of Yugoslavia, Yale University Press, New Haven, 1997, pp. 13-16.
John Fine sottolinea che detti giannizzeri erano definiti con termini “nazionali” assai vari: croati, illirici, serbi; inoltre, essi erano utilizzati con significati variabili, quindi, “croato” poteva comprendere indistintamente sia i cattolici che gli ortodossi, oppure solo i cattolici; “illirico” spesso era usato come sinonimo di serbo (qualche volta addirittura riferendosi all’alfabeto cirillico), mentre a volte era inteso come omnicomprensivo della intera “nazione illirica”202.
Il confine militare arrivò ad estendersi per 1000 miglia e con uno spessore variabile fra i 30 ed i 100 km dall’Adriatico lungo i confini della Bosnia ottomana, lungo il Danubio ed i confini con i principati danubiani ottomani.
Il confine militare si estese sempre di più, a mano a mano che l’Impero inglobava parti sempre maggiori di terre ottomane, la maggior parte delle quali veniva incorporata al confine militare e popolate da coloni provenienti dall’Impero Ottomano, famiglie contadine i cui uomini diventavano frontalieri203.
Dopo la vittoria di Krbavsko Polje (1493) da parte degli ottomani, parti della Croazia e della Dalmazia furono sottomesse ed in queste aree di frontiera furono insediati serbi e vlahi come soldati di frontiera ottomani.
Judah sottolinea la pratica frequente da parte dell’Impero austro-ungarico di incoraggiare serbi e vlahi a passare dalle terre ottomane al confine militare. All’inizio del ‘500 una parte di essi passò il confine, giurò fedeltà alla corona asburgica e iniziarono a servire il confine militare austro-ungarico contro quello ottomano; questo successe con i serbi insediati intorno a Zumberak, al confine fra Croazia e Slavonia a cui l’imperatore Ferdinando garantì nel 1538 i privilegi degli uomini di frontiera. La Guerra del 1683-99, nella quale gli ottomani furono respinti dalla Croazia e dalla Slavonia ed il confine militare si spostò per poi rimanere sostanzialmente inalterato fino al 1881, fu dovuta in larga parte al fatto che migliaia di soldati serbi, che difendevano la frontiera ottomana, passarono dalla parte opposta. Il risultato, dal punto di vista demografico, fu l’espulsione di decine di migliaia di “turchi” (o slavi islamizzati) dall’Impero austro-ungarico, e l’arrivo di migliaia di soldati serbi con le proprie famiglie204.
202 Fine John V.A. Jr, Ibidem., p. 371-375.
203 Mandić Oleg, Il confine militare croato. Uomini di frontiera, origini etniche, in „Cultura di confine e rapporti interetnici nella formazione degli stati degli Slavi del Sud“, ISIG, 1994, p. 4.
2.3.2.1. Le conseguenze del “confine militare”
Judah sottolinea l’esistenza di una continuità nell’identità dei frontalieri e vede parallelismi fra le lotte fra i due imperi e quelle dell’ultima guerra. In particolare, sostiene che l’ultima vestigia vivente dei frontalieri (krajišnici) perdurò fino alla sconfitta dei serbi della Krajna nel 1995; inoltre che il confine militare di Karlovac nella Krajna croata divenne nuovamente città di confine di guerra nel 1991 fra serbi e croati; infine, che la logica di bruciare villaggi, massacrare ed espellere la popolazione, che caratterizzò lo spostamento del confine militare nella guerra del 1683-99, non è dissimile da quella che nella guerra 1991-95 fu chiamata pulizia etnica205.
Indubbiamente l’istituzione del confine militare cambiò la demografia della regione, ed è all’origine dell’alta presenza di serbi nella Krajna fra Croazia e Bosnia, così come nella Slavonia croata al confine con la Serbia; inoltre, della “de-islamizzazione” dei territori conquistati dall’Impero austro-ungarico a scapito di quello ottomano e dell’esodo dei serbi dal Kosovo.
Nella stessa ottica, è da leggere la conversione religiosa nell’Impero austro-ungarico, che avvenne dopo le pressioni ungheresi e croate e che sarebbe impensabile al di fuori di una correlazione fra religione ed etnia; detta conversione darà materiale per le future strumentalizzazioni nazionalistiche serbe, che iniziarono a sostenere l’origine etnica serba dei croati della Slavonia e della Krajina.
Si desidera, inoltre, sottolineare che l’instaurazione del confine militare e le sue estensioni e modificazioni a seconda dei risultati militari, provocarono continue sottrazioni di fondi terrieri inutilizzati (di proprietà della nobiltà croata, soprattutto nella regione della Slavonia) in favore dei soldati frontalieri serbi che difendevano il confine militare stesso. Questa appropriazione, stabilita dalla corona asburgica, creò una serie infinita di contese per la proprietà di quelle terre fra serbi e croati dalla soppressione del confine militare (1881) in poi. Queste contese furono strumentalizzate per motivi demografici e politico-nazionalistici nei secoli successivi, in occasione di ogni revival nazionalistico206.
A causa della mobilità della frontiera, questa cultura di confine influenzò ampie aree sia nella parte settentrionale che in quella orientale della Bosnia.
205 Judah Tim, Ibidem., pp. 13-16.
206 Mandić Oleg, Il confine militare croato. Uomini di frontiera, origini etniche, in „Cultura di confine e rapporti interetnici nella formazione degli stati degli Slavi del Sud“, ISIG, 1994, p. 5.
Se consideriamo che un'area molto simile esisteva alla frontiera orientale della Serenissima Repubblica di Venezia, in cui vi erano i morlacchi (anch'essi ortodossi, quindi successivamente identificatisi con i serbi) dell'entroterra dalmato, che erano incaricati di difendere la Serenissima dall'Impero Ottomano, in cambio di una posizione privilegiata207, ci rendiamo conto che una simile cultura di frontiera esisteva anche al confine occidentale della Bosnia - Erzegovina.
Era una questione di posizioni militari strategiche e di un confine da difendere, come nella
Cazinska Krajina (l’area intorno a Bihać, al confine nord-occidentale della Bosnia –
Erzegovina), nella quale la popolazione musulmana, in fuga da Slavonia e Dalmazia alla fine del XVII secolo, si concentrò nella nuova area di confine dell’Impero Ottomano. Anche nel caso della Kninska Krajina (l’area intorno a Knin in Croazia, vicina al confine bosniaco e contrapposta alla Cazinska Krajina), in cui la popolazione serba in fuga dall’Impero Ottomano fu messa a difendere il lato austro-ungarico della frontiera. Similmente è avvenuto per i croati dell’Erzegovina, per i musulmani nel Sangiaccato di Novi Pazar, ecc.
Questa influenza nella distribuzione delle popolazioni da parte dei due imperi è rimasta tale fino ad oggi o, almeno, fino alla guerra del 1991-95.
Oltre a dislocare e contrapporre le popolazioni, i due imperi ne sfruttarono le forme di organizzazione sociale e le pratiche di violenza. L’espansione dell’Impero Ottomano nel XV e XVI secolo è legata all’utilizzo di truppe ausiliarie reclutate fra gli ortodossi della penisola, delle loro strutture tribali e delle pratiche predatorie. Infatti, mentre generalmente l’impero si avvaleva di corpi di giannizzeri, i corpi militari utilizzati nelle aree periferiche, gli sipari, erano pagati attraverso l’attribuzione delle nuove terre conquistate e con il diritto di diventare esattori fiscali per l’Impero. Tuttavia, dopo le perdite territoriali del Trattato di Karlowitz (1699), questo sistema fu sostituito in Bosnia – Erzegovina da un vero e proprio confine militare gestito dai kapetani.
La differenza, rispetto al confine militare austro-ungarico, era che si basava su una aristocrazia militare, mentre il secondo si basava su contadini-soldati, le cui zadruga avevano compiti economici di sostentamento dei frontalieri.
La “cultura tribale” era quindi legata ad una cultura di confine, in cui lo Stato non era per nulla assente e anzi era presente sui due lati della frontiera, entrambi trasformati in confini
militari; da ciò è rimasta la definizione geografica di Krajina, che significa appunto: confine militare208.