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2. La formazione dell’identità in Bosnia – Erzegovina

2.6 L’unione degli slavi del sud nel Regno di serbi, croati e sloveni, poi Regno di Jugoslavia

2.3.1 I movimenti che portarono all’Unione degli Slavi del sud

L’idea di un’unione degli slavi del sud non è nuova, ha origine nel movimento panslavista o illirico promosso dagli umanisti dalmati nel XVI secolo. Detto movimento rimase così forte e influente, che fu battezzato “illirico” anche il movimento che promosse l’unione degli slavi del sud negli anni ’30 del XIX secolo265.

Secondo Banac, questa idea fu quindi vista come il male minore, data l’impossibilità di realizzare l’indipendenza senza di essa266.

Questa idea venne riproposta quando la maggior parte degli slavi del sud si trovavano nell’Impero austro-ungarico, in parte sottoposti alla forzata “nazionalizzazione” ungherese. Anche Anderson sottolinea l’effetto esplosivo della sostituzione del tedesco al latino come lingua di Stato nell’Impero asburgico, in particolare sui sudditi slavi dell’impero. Detta decisione fu adottata da Giuseppe II con l’intento di modernizzare e unificare l’Impero, non con intenzioni nazionalizzanti o in opposizione ad altre lingue. Tuttavia fu percepita negativamente, soprattutto quando si fecero concessioni ad alcune lingue, come l’ungherese, attirandosi così l’odio degli slavi267.

Secondo Hastings268, la gente era stanca del dominio austriaco, ungherese o ottomano e divenne consapevole che, se le molte etnie slave presenti si fossero accordate, avrebbero potuto ottenere l’indipendenza. Poiché la Serbia era nel frattempo diventata autonoma, i

      

264 Hastings Adrian, Ibidem., p. 126.

265 Fine John V. A., Ibidem., pp. 270-271.

266 Banac Ivo, Ibidem., p. 70.

267 Anderson, Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, Manifestolibri, Roma, 1996, pp. 91-2, 97-98; (titolo orig. Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism, 1983).

nazionalisti slavi pensavano ad un comune stato degli slavi del sud come federazione ottenuta dall’ampliamento della Serbia. Il principale portavoce di questa idea fu la figura imponente dell’arcivescovo croato Juraj Strossmayer, fondatore dell’Università di Zagabria e una delle figure dominanti del concilio Vaticano I (1870).

Il croato Ljudevit Gaj come linguista diede un fondamentale contributo all’ideale unione degli slavi del sud, scegliendo, fra i vari dialetti parlati in Croazia, Dalmazia, Istria e Slavonia (kajkavo, čakavo e štokavo), quello štokavo, parlato in Bosnia – Erzegovina, in Montenegro e nella maggior parte della Serbia, standardizzando così la lingua croata in base ad esso. La diffusione della lingua così standardizzata nelle scuole croate fu un fattore determinante nella loro identificazione con la cultura nazionale jugoslava, sebbene per molto tempo non divenisse la base per una completa identificazione politica. Ciò avvenne anche per due fattori: l’estraneità del clero che rimase fedele agli Asburgo ed il fatto che la nuova lingua non comprendesse la lingua parlata dagli sloveni. Tuttavia i liberali sloveni furono conquistati dall’idea jugoslava, anche in nome della vicinanza linguistica269.

Per Hastings270, così come per Garde, questa idea fu dominante nell’opinione pubblica croata. Tuttavia non ha mai interessato molto la Serbia, nella quale si è sviluppato invece un movimento nazionalista classico.

L’idea jugoslava fu promossa con astuzia dal presidente del governo serbo Ilije Garašin, autore del Načertanije, con un fine sostanzialmente diverso: creare una “Grande Serbia” ispirata all’Impero di Dušan271.

Non sono mancati i croati che interpretarono l’idea di unione come la creazione di una Grande Croazia o, come il fondatore dell’ideologia nazionale croata, Vitezović, tentarono di dimostrare che tutti gli slavi (non limitandosi a quelli del sud) derivassero dalla tribù dei croati… Vitezović inaugurò il nazionalismo basato sulla revisione storica, nel tentativo di dimostrare l’origine croata degli Slavi e quindi di legittimare il diritto al dominio dei croati su un territorio che includesse i Balcani, l’Ungheria e la Tracia272.

      

269 Pitassio Armando, The building of Nations: the cases of Slovenia and Montenegro, in Bianchini Stefano e Dogo Marco (a cura di), The Balkans. National Identities in a Historical perspective, Europe and the Balkans International Network, Longo Editore, Ravenna, 1998, pp. 42-43.

270 Hastings Adrian, Ibidem., pp. 121-122.

271 Hastings Adrian, Ibidem., pp. 121-122.

Anche Gaj estese il nome di “croati” a tutti gli slavi del sud, secondo il principio che la nazione dovesse basarsi sulla lingua273.

Parallelamente, il linguista riformatore Vuk Karadžić ebbe il merito di standardizzare la lingua parlata dalla maggior parte del popolo in Serbia (lo štokavo), abbandonando lo slavonico dei testi religiosi ortodossi, e facendo coincidere l’ortografia con la fonetica274. Vuk Karadžić sostenne la tesi parallela, cioè che il popolo serbo includesse tutti coloro che parlavano lo štokavo, in Croazia, Montenegro, Bosnia e che avessero tutti un’origine etnica comune, indipendentemente dalla religione275.

In conclusione, il principio della nazione su base linguistica fu così utilizzato sia per sostenere sia i programmi di estensione territoriale serba che quelli croati!

Viene proprio da pensare, come scrive il croato Kovacić Krešimir (1889-1960) in Nacionalne

ideje: “il maggior peccato per noi croati e serbi è che siamo più un nome che una nazione”276. In entrambi i casi, così come nel progetto jugoslavo, possiamo notare il sopravvento della concezione herderiana di nazione linguistica, rispetto all’identità religiosa.

In base alla convinzione internazionale dell’esistenza della nazione jugoslava e che le identità croate, slovene, serbe, ecc. fossero solo etnie periferiche, a Versailles nel 1921, venne formato il Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni, poi ribattezzato Regno Jugoslavo nel 1929277. Il “Manifesto jugoslavo alla nazione britannica” (Jugoslovenski manifest britanskoj naciji) pubblicato a Londra nel 1915, consiste in un appello alla nazione britannica affinché capisca che la guerra della Serbia contro l’Impero austro-ungarico era in realtà una lotta per la liberazione e l’unificazione della “nazione jugoslava”. Serbi, croati e sloveni che abitano la Serbia, il Montenegro, la Slavonia, la Dalmazia, la Bosnia - Erzegovina e la Slovenia, infatti, “costituiscono un’unica nazione, simili per identità linguistica, coscienza nazionale e leggi geografiche”.

      

273 Banac Ivo, Ibidem., p. 76.

274 Questo principio tutt’ora valido nella lingua serbo-croata-bosniaca moderna fa sì, inoltre, che sia possibile passare da un alfabeto all’altro in modo estremamente facile (n.d.a.)

275 Banac Ivo, Ibidem., pp. 79-81.

276 Banac Ivo, Ibidem., p. 100.

Il manifesto fu firmato per la maggioranza da croati e si contrappone, quindi, alle dichiarazioni degli ultimi decenni soprattutto da parte croata, sull’inesistenza di tale nazione278.

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