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DOTTRINA E BEST PRACTICES DELLA VALUTAZIONE D’AZIENDA NELLE PROCEDURE CONCORSUAL

LIQUIDATORIE

1. I PECULIARI CARATTERI DELLE PROCEDURE CONCORSUALI

LIQUIDATORIE SU CUI SI INNESTA LA VALUTAZIONE D’AZIENDA

La valutazione di complessi o sub-complessi aziendali nelle procedure concorsuali liquidatorie (dunque in caso di fallimento, concordato preventivo liquidatorio con cessione di beni) assume certamente dei tratti di peculiarità rappresentando il caso estremo delle valutazioni di aziende in crisi. Prima di addentrarci nel cuore del presente lavoro, è necessario innanzitutto contestualizzare l’ambito della valutazione d’azienda da noi affrontato, caratterizzato da fattori che influenzano e rendono “particolare” la valutazione d’azienda stessa se applicata a tale ambito, sia per le logiche, sia per le metodologie valutative. Le suddette peculiarità fanno capo ai seguenti fattori:

 l’accoglimento di ipotesi conservative dell’attività aziendale all’interno di procedure concorsuali tipicamente dissolutorie, ovvero:

 la cessione in blocco del compendio aziendale;

 l’eventuale operazione provvisoria di salvaguardia della continuità aziendale tramite l’esercizio provvisorio (art. 104 LF) o l’affitto (art. 104-bis);

 il restringimento del perimetro aziendale ad un attivo operativo.

Andiamo ad analizzare e contestualizzare tali aspetti, mostrando in che modo influenzino la valutazione d’azienda.

1.1. LE IPOTESI CONSERVATIVE DEL PATRIMONIO NELLA GENERALE

PROSPETTIVA DISSOLUTORIA: IL LORO RUOLO PER LA VALUTAZIONE

D’AZIENDA

Le procedure concorsuali liquidatorie costituiscono la fase terminale di uno stato patologico di crisi divenuta irreversibile, che l’impresa non è stata in grado di fronteggiare e che assume le caratteristiche giuridiche ed economiche dell’insolvenza. L’insolvenza, come visto nel capitolo 1, va oltre il dissesto, concetto essenzialmente di natura economica che ci permette di

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configurare una situazione di squilibrio aziendale, che può sfociare in una procedura concorsuale, o risolversi anche in via differente1. La dottrina2, a tal proposito, sembra concorde nell’impostare il sentiero di crisi che conduce all’insolvenza attraverso l’analisi dell’equilibrio o squilibrio aziendale, nei profili economico, finanziario e patrimoniale. Dapprima si possono manifestare disequilibri economici assieme a disquilibri finanziari, ovvero inizialmente economici a cui conseguono quelli finanziari oppure il caso inverso, i quali porteranno nel lungo termine a incongruenze patrimoniali. A causa del disequilibrio economico i ricavi prodotti dall’attività d’impresa non sono più in grado di coprire i costi di gestione, non riuscendo più a remunerare i fattori produttivi e assicurare i rinnovi delle immobilizzazioni tecniche, mentre i disequilibri finanziari sono tali per cui le uscite finanziarie o monetarie sono superiori alle relative entrate, andando a finanziare la propria attività prevalentemente tramite mezzi di terzi. I suddetti squilibri condurranno conseguentemente, se non fronteggiati adeguatamente e tempestivamente, a disequilibri patrimoniali, con sempre maggiore incompatibilità fra finanziamenti e investimenti, attività e passività, compromettendo l’attitudine a soddisfare gli impegni verso creditori e soci. Infatti, le perdite della gestione caratteristica si ripercuotono sulla dinamica dei flussi di cassa, che a sua volta peggiora ulteriormente i risultati economici e patrimoniali, innescando un circolo vizioso che produce come effetti finali illiquidità, azzeramento del capitale e insolvenza, situazione che implica una condizione di squilibrio globale, che si riverbera, appunto, fra dimensione economica, finanziaria e patrimoniale. A parere di Confalonieri (1979)3, se nelle procedure concorsuali stragiudiziali o comunque tipicamente conservative lo squilibrio è essenzialmente e tendenzialmente soprattutto di natura finanziaria, nel concordato preventivo, il cui presupposto oggettivo di ammissione è comunque lo stato di crisi, indipendentemente dalla forma specifica che esso assumerà, lo squilibrio si estende in non modesta entità anche nell’ambito reddituale e persino in quello patrimoniale, quantomeno a danno di alcune categorie di creditori e dei soci. Nel caso del fallimento, il cui presupposto oggettivo d’ammissione è invece l’insolvenza, lo squilibrio economico coinvolge pesantemente anche l’area patrimoniale, pregiudicando la generalità dei creditori. Infatti il

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A parere di Confalonieri (1979), infatti, un dissesto può preludere a una procedura concorsuale, ma anche a una sistemazione stragiudiziale, una liquidazione volontaria o all’acquisizione dell’impresa da parte di un’altra. Confalonieri M, La valutazione delle imprese in dissesto, in Rivista dei Dottori Commercialisti, marzo-aprile, 1979, p.354.

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Ci riferiamo ad esempio a Confalonieri M, La valutazione delle imprese in dissesto, op. cit.; Guatri L.,

Turnaround, op. cit.; Bastia P., Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali, Torino, Giappichelli,

1996; Andrei P., La previsione dei dissesti aziendali: alcuni spunti di riflessione, Milano, Giuffrè, 1996; Bertoli G., Crisi d’impresa, ristrutturazione e ritorno al valore, Milano, Egea, 2000; Garzella S.,Il sistema

d’azienda e la valorizzazione delle potenzialità inespresse. Una “visione” strategica per il risanamento,

Torino, Giappichelli, 2005.

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Confalonieri M, La valutazione delle imprese in dissesto, op. cit., p.355. Il medesimo ragionamento viene seguito anche da Savioli G., Conservazione dell'azienda e fallimento alla luce delle prospettive di

riforma della legge sulle procedure concorsuali, in Rivista di Ragioneria e di Economia Aziendale, n 3-4,

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fallimento rappresenta la procedura dissolutoria per eccellenza in cui il complesso degli elementi del sistema aziendale non è più idoneo proseguire la propria attività e, conseguentemente, viene smembrato, liquidato e destinato al soddisfacimento dei creditori, secondo i criteri della par condicio4. Quindi la gravità dell’alterazione dello stato fisiologico, parametro fondamentale rientrante nel presupposto oggettivo su cui si basa il giudizio sull’ammissione a una procedura concorsuale, risulta essere elevato e tale da compromettere fortemente e irreparabilmente la gestione aziendale sotto la guida dello stesso soggetto giuridico e da richiedere una dissoluzione del suo patrimonio per colmare il più possibile le lacune economiche, finanziarie e patrimoniali per il pagamento dei creditori5.

Tuttavia, come osservato nel capitolo 1, pur essendo il concordato preventivo liquidatorio con cessione dei beni e il fallimento delle procedure dissolutorie, miranti ad una sostanziale estinzione dell’impresa debitrice a seguito del pagamento dei debiti nella misura più soddisfacente possibile per i creditori, l’accoglimento di ipotesi conservative del patrimonio oggetto di procedura liquidatoria non è escluso, anzi tutt’altro: esse sono promosse dalla stessa legge fallimentare, fatta salva la convenienza economica6. Le ipotesi conservative a cui alludiamo sono quelle previste dalle norme redatte per il fallimento, trattate nel capitolo 1, relative da un lato all’esercizio provvisorio (art. 104 LF) e all’affitto (art. 104-bis LF) dell’azienda o del ramo d’azienda ante cessione o liquidazione dell’impresa soggetta a fallimento per quanto riguarda l’amministrazione del patrimonio in itinere della procedura fallimentare, dall’altro alla vendita in blocco di azienda o ramo d’azienda o del ramo d’azienda (art. 105 LF), applicabile anche alla procedura del concordato preventivo con cessione dei beni (ex art. 182, 5° comma LF).

1.1.1. La vendita in blocco dell’azienda

La vendita in blocco di azienda o ramo d’azienda (art. 105 LF), applicabile anche alla procedura del concordato preventivo con cessione dei beni (ex art. 182, 5° comma LF) è legata, ricordiamo, alla volontà della liquidazione concorsuale di realizzare il maggior valore possibile del patrimonio del debitore per la miglior soddisfazione dei creditori; ragione per cui deve essere privilegiato, ove possibile, un realizzo in blocco del complesso aziendale rispetto a quello parcellizzato dei singoli beni, in modo da considerare i valori degli intangibles e, in generale, dell’avviamento.

Più in particolare, le fondamenta delle ipotesi conservative sono da ricercare nel principio del

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Lacchini M., Le valutazioni del capitale nelle procedure concorsuali, Padova, CEDAM, 1998, p.63.

5 Savioli G., Conservazione dell'azienda, op. cit., p.164. 6

A parere di Lacchini (1998) “a ben vedere, tuttavia, non esiste una vera e propria incompatibilità fra esigenza liquidatoria dell’impresa ed esigenza di conservazione della stessa, specialmente ove si assegni all’esercizio provvisorio una preservazione del valore del complesso aziendale” o al contratto d’affitto. Lacchini M., Le valutazioni del capitale nelle procedure concorsuali, op. cit., p.114.

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miglior realizzo possibile da parte della procedura del patrimonio aziendale ai sensi della dottrina fallimentare, soprattutto a seguito delle recenti riforme della legge fallimentare, della salvaguardia dei valori stessi d’impresa, seppur con altro soggetto economico, e della sempre maggior attenzione per la tutela dei posti di lavoro e del mantenimento dei livelli occupazionali7. Dunque è proprio la scelta ad opera degli organi della procedura concorsuale di valutare l’esecuzione del concordato preventivo liquidatorio con cessione dei beni, in cui il debitore offre i propri beni e asset inclusi nella proposta di concordato ammessa e omologata dalla procedura ai creditori per il pagamento dei propri debiti, e il fallimento, tipicamente liquidatorio, attraverso l’ipotesi di realizzo globale con la vendita in blocco di un’azienda o un ramo d’azienda ai sensi degli artt. 105-108-ter LF, mantenendo un nesso funzionale, organizzativo e unitario del patrimonio o parte di esso8, che crea i presupposti per l’applicazione della disciplina della valutazione d’azienda all’interno di tale ambito liquidatorio e dissolutorio, incidendo sia sul presupposto valutativo sia sulla configurazione di capitale da adottare. Tale nesso funzionale e organizzativo può venir rafforzato o quantomeno non eroso (così come il relativo valore) tramite la continuazione pre-cessione (potenziale) dell’attività ad opera dell’affitto o dell’esercizio provvisorio9

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La scelta ad opera degli organi della procedura di eseguire un realizzo globale o frazionato si basa in primis su un giudizio di convenienza economica con il confronto fra il valore economico e valore di liquidazione del complesso aziendale in esame10.

A parere di Lacchini (1998) la vendita in blocco deve essere valutata essenzialmente sulla base della convenienza economica in relazione al miglior realizzo, ovvero al massimo ricavo

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A tal proposito Boccuzzi (1997) scrive: “in ogni ordinamento vi è il problema di fondo della individuazione di una equilibrata composizione fra gli interessi dei creditori e quello della conservazione dell’impresa. Privilegiare il mantenimento dell’organizzazione produttiva è sicuramente un obiettivo prioritario …. Si tratta, peraltro, di far sì che tale obiettivo sia compatibile con l’interesse dei creditori; in linea di principio tra i due obiettivi non deve esservi contrasto … “. Boccuzzi G., L’efficacia delle

procedure di gestione della crisi in Italia, possibili linee evolutive, in AA.VV. Crisi d’impresa, procedure

concorsuali e ruolo delle banche, Quaderno di ricerca giuridica della Consulenza legale della Banca d’Italia, n 44, marzo 1997.

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A parere di Scanzano (1994), infatti, circa la vendita in blocco dell’azienda “solo mantenendo l’aggregazione dei vari elementi che la compongono, appunto con la forma della vendita di una entità unitaria, è possibile conseguire taluni risultati che sono essenziali …, come la conservazione dei posti di lavoro, il subentro dell’aggiudicatario nell’eventuale locazione dell’immobile aziendale e l’utilizzazione, da parte sua, del marchio, che, come è noto, può essere trasferito solo con l’azienda o con un ramo di essa”. Scanzano G., Vendita fallimentare dell'azienda, in AA.VV., Gestione e alienazione dell'azienda nelle procedure concorsuali, Milano, Giuffrè, 1994, p.154.

9 Danovi A., Fallimento, valutazione e affitto d'azienda, in Rivista dei dottori commercialisti, vol 51, n 4,

pp. 507-528, 2000, p.508.

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A parere di Lacchini (1998) “l’ampio potere discrezionale del giudice delegato e la convenienza economica dell’operazione per i creditori, consentirebbero la cessione unitaria dell’azienda con tutti suoi elementi materiali e immateriali, mobili e immobili, adottando le forme previste dall’art. 108 LF, le quali già prevedono l e misure di pubblicità opportune”. Lacchini M., Le valutazioni del capitale nelle

procedure concorsuali, op. cit., p.81. Si consulti anche Bozza G. La vendita dell'azienda nelle procedure concorsuali, IPSOA informatica, Milano, 1988, p.286.

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ritraibile nell’interesse dei creditori, ponendo in secondo piano gli obiettivi diversi, quali quelli sociali, che comunque non devono essere trascurati11. Sempre a parere dell’autore, i criteri che permettano di scegliere fra vendita in blocco o frazionata conducono alla stima del valore economico del complesso da cedere in blocco da un lato e del valore di liquidazione per stralcio dall’altra: qualora il valore economico risulti maggiore del valore di liquidazione, sarà più conveniente la cessione in blocco12. È evidente che l’utilizzo del criterio proposto implichi la nomina di stimatori indipendenti in qualità di professionisti con idonee competenze in ambito economico-ragionieristico-aziendale per la determinazione del valore d’azienda da un lato e di consulente tecnico per la stima del valore di stralcio dei singoli beni frazionati (Lacchini 1998). Ed ecco che per la stima del valore economico del complesso eventualmente da cedere in blocco la legge riserva agli organi della procedura fallimentare o concordataria di incaricare dei professionisti indipendenti rispettivamente ex art. 107, 1° comma LF ed ex art. 172, 2° comma LF per la stima del valore economico di tale complesso, mentre per la stima del valore di stralcio dei singoli asset la relazione viene redatta da un consulente tecnico (periti industriali, geometri, architetti, ingegneri edili).

L’interesse alla conservazione dell’impresa deriva anche dalla progressiva importanza alla determinazione del valore aziendale non tanto dei beni materiali strumentali, quanto degli

intangibles, ovvero, a parere di Savioli (2003) delle “condizioni produttive immateriali,

prevalenti nelle economie evolute, spesso consistenti nelle conoscenze incorporate nella risorsa umana, che non sono suscettibili di trasferimento separatamente dall’azienda, di modo che il dissolvimento della combinazione aziendale porterebbe alla perdita di un capitale importante, non solo per la collettività in genere, ma anche per le ragioni degli stessi creditori”13

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Sulla base di tali premesse economiche, procedurali e giuridiche si innesta la valutazione d’azienda nelle procedure concorsuali liquidatorie, le quali, solo in apparenza paradossalmente, mirano a massimizzare, sin dove possibile, la conservazione unitaria del complesso aziendale, seppur sotto altro soggetto giuridico. Questo ci permette di mostrare come ritroviamo da un lato il capitale di liquidazione e il presupposto write-off concern a livello complessivo dell’intera procedura concorsuale e dall’altro un valore di realizzo più tendente al capitale economico e il presupposto going concern della specifica fattispecie di cessione in blocco in senso lato.

1.1.2. L’eventuale operazione provvisoria di salvaguardia della continuità aziendale

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