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Problematiche emergenti nella valutazione d’azienda nelle procedure concorsuali liquidatorie

blocco e sconti sul valore emergente dalla valutazione

5. il tipo e le caratteristiche dell’azienda valutanda 116 : ovvero rimangono valide le considerazioni della dottrina della valutazione d’azienda tradizionale circa la preferenza d

3.2.1. Metodi patrimonial

3.2.1.2. Problematiche emergenti nella valutazione d’azienda nelle procedure concorsuali liquidatorie

I metodi patrimoniali siano essi semplici o complessi, insieme ai metodi misti, sono i metodi che in genere la dottrina italiana predilige teoricamente impiegare nelle valutazioni di aziende in perdita e in dissesto124. L’esigenza del carattere di una prudenza più marcata in sede di

121

Gonnella E., Logiche e metodologie, op. cit., p.196; Guatri L. – Bini M., Nuovo Trattato, op. cit., p.142.

122 Gonnella E., Logiche e metodologie, op. cit., pp.194,195; Guatri L. – Bini M., Nuovo Trattato, op. cit.,

pp.135-136.

123

Guatri L. – Bini M., Nuovo Trattato, op. cit., p.25.

124 Fra i contributi, citiamo, fra gli altri, Confalonieri M, La valutazione delle imprese in dissesto, op. cit.;

Guatri L., La valutazione delle aziende in perdita, in Finanza, Marketing e Produzione, 1, 1983; Pinardi C.M., Come valutare aziende in perdita, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n 5, 1985; Lambertini F.,

Valutazione di cessione delle aziende in perdita, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale,

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valutazione di complesso o sub-complesso aziendale in procedura concorsuale liquidatoria vede in prima approssimazione sicuramente promuovere i metodi patrimoniali, quali garantiscono maggiore oggettività, attendibilità e verificabilità dei dati e quindi della stima, data la bassa incidenza di ipotesi soggettive e favoriti anche dalla loro facilità di applicazione. Infatti gli elementi che vanno a definire il valore desunto con il metodo patrimoniale sono ottenibili con moderate difficoltà e con un buon grado di certezza, a differenza delle altre metodologie valutative125. Quindi, in prima approssimazione, accogliendo il principio della prudenza, il metodo patrimoniale sembra il più ragionevole da applicare.

Tuttavia l’assenza di una prospettiva di reddito dovuta alla messa in liquidazione forzata del complesso aziendale non comporta automaticamente l’applicazione dei criteri di liquidazione per stralcio, né del metodo patrimoniale126. Si ricorda, tuttavia, che l’ipotesi di fondo di razionalità d’utilizzo dei metodi patrimoniali si ha nel caso in cui l’azienda o il ramo d’azienda oggetto di valutazione produca un reddito perfettamente allineato al reddito equo del capitale di proprietà espresso a valori correnti di sostituzione 127, ovvero solo quando l’avviamento è nullo, altrimenti non verrà valorizzata l’attitudine dell’azienda a generare sovra o sotto redditi che, capitalizzati, generano l’avviamento, sia esso un goodwill o un badwill. Quindi l’applicazione del metodo patrimoniale in assenza di tale ipotesi, e dunque senza una propedeutica stima dell’avviamento, rende il metodo patrimoniale (sia esso semplice o complesso) non correttamente e teoricamente applicato. In tale direzione viaggiano i contributi relativi alla valutazione delle aziende in dissesto128 che ritengono opportuno inserire una “correzione reddituale” “per tener conto proprio dell’incapacità della gestione di realizzare un reddito in linea con quello congruo”129

, ovvero proprio della necessità di considerare il badwill. Avremo dunque che:

Lacchini M., Onesti T., La valutazione delle aziende III edizione, 1997; Lacchini M., Le valutazioni del

capitale nelle procedure concorsuali, op. cit. p 45; Onesti T.- Romano M., Le problematiche valutative delle aziende in crisi, in Liberatore G.-Amaduzzi A.-Comuzzi E.- Ferraro O. (A cura di), La valutazione delle aziende in crisi, Milano, Giufrè, 2014.

125

Danovi A., Fallimento, op. cit., p.519.

126

Balducci D., La valutazione, op. cit., p.552.

127

Ovvero deve verificarsi che:

R=Re,

dove:

R = reddito medio-normale prospettico Re = reddito equo

Si rimembra che reddito equo è ottenuto dalla moltiplicazione fra K (capitale netto rettificato) e Ke

(tasso di remunerazione normale del capitale di proprietà). Gonnella E., Logiche e metodologie, op. cit.,

pp.202,203.

128 Si cita fra gli altri Confalonieri M, La valutazione delle imprese in dissesto, op. cit.; Guatri L., Crisi, risanamento, procedure: le premesse economiche, in Liquidazione o conservazione dell’impresa nelle

procedure concorsuali, Giuffrè, Milano, 1995; Lacchini M., Le valutazioni del capitale nelle procedure

concorsuali, op. cit.. 129

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Dove:

W = valore dell’azienda;

K = capitale netto rettificato col metodo patrimoniale semplice o complesso; Re = Reddito equo;

i’ = tasso di capitalizzazione del reddito differenziale;

n = numero di anni atteso di durata della correzione reddituale.

Come si può intuire il meccanismo coincide con la formula riguardante il metodo misto con stima autonoma dell’avviamento, essendo la correzione reddituale in sostanza l’avviamento (in tali casi generalmente un badwill).

Per quanto riguarda la componente del capitale netto rettificato (K), sia esso dato dal metodo patrimoniale semplice o complesso, si rammenta che il perimetro valutativo tendenzialmente comprende un attivo operativo: dunque la valutazione in ambito fallimentare di K tendenzialmente è data dalla stima delle attività, ovvero del valore corrente di sostituzione degli asset o comunque delle attività incluse in esso, con eventuale deduzione delle passività contingentemente accollate al cessionario130. Tale accollo, a parere di Danovi (2000), tuttavia, risulta un’ipotesi residuale in quanto la procedura ha interesse a massimizzare il ricavato derivante dalla potenziale cessione “e non a sottrarre alcuni creditori alla logica in corso”, motivo per cui il capitale netto rettificato coincide col valore di realizzo degli elementi attivi e le rettifiche per le passività potrebbero essere effettuate “per ipotizzare una situazione di funzionamento con compresenza anche di passività” 131

.

Esula dal nostro operato discutere sulla configurazione di valore ottimale attribuibile ai singoli componenti (attivi) del capitale netto rettificato, sulla cui determinazione possono essere comunque incaricati dei consulenti tecnici con apposita relazione tecnica di stima, limitandoci con l’affermare che i periti valutatori tendenzialmente assestano il valore di realizzo dei singoli beni al di sotto del valore di libro, ovvero generalmente apportano rettifiche diminutive (minusvalenze di attività o plusvalenze di eventuali passività presenti), fino talora al caso limite di considerare il valore di realizzo leggermente superiore al valore di liquidazione per stralcio. Ovvero potremmo avere in caso di metodo patrimoniale, il seguente spettro di situazioni:

Dove

W = valore economico del complesso aziendale;

K = capitale netto rettificato (espressione ai valori correnti di sostituzione) con eventuale aggiunta del valore immateriale in caso di patrimoniale complesso ;

130 Danovi A., Fallimento, op. cit., p.523. 131

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Wl = valore di liquidazione degli asset materiali; Wc = valore contabile;

Ovvero il valore di K, corrispondente alla sommatoria di valori correnti di sostituzione di asset, si assesta al di sopra del valore del capitale di stralcio e al di sotto del valore di libro. Tuttavia, non potrà essere al di sotto o essere coincidente al valore di liquidazione di stralcio, altrimenti sarebbe un evidente contraddizione terminologica e un evidente errore valutativo, essendo il metodo patrimoniale (così come tutte le metodologie valutative) necessariamente e per definizione impiegabili nel capo di valutazioni a capitale economico, non di liquidazione. Per quanto riguarda le problematiche della componente immateriale, si rinvia al sub-paragrafo

3.2.4.2 del presente capitolo.

Circa il metodo patrimoniale complesso adottato per la valutazione in dissesto, accertata la sua applicabilità come sopra riportato, a parere di Guatri (1985)132 muove dal presupposto che anche se l’azienda versi in uno stato di crisi o dissesto vanta l’esistenza di valori immateriali positivi. Dalla possibile acquisizione il potenziale acquirente disporrà non solo della componente materiale, ma anche di quella immateriale. Quindi la valutazione di un’azienda in dissesto (nel nostro caso posta a realizzo forzato), non sempre si risolve con l’evidenziazione di un badwill da portare a detrazione del capitale netto rettificato. Il metodo patrimoniale complesso va così a far coincidere il valore economico del capitale dell’azienda valutanda “con il costo opportunità che essa assume nella prospettiva del potenziale acquirente, in quanto complesso organizzato già operante e, come tale, dotato di una serie di qualità positive che ne influenzano il valore”133

. Si rimarca tuttavia un preliminare accertamento della sussistenza di un goodwill o di un badwill, data l’ipotesi di razionalità di utilizzo dei metodi patrimoniali con l’assenza di avviamento: ovvero viene raccomandato in dottrina di non utilizzare a priori il metodo patrimoniale complesso a priori, senza tale accertamento.

Il pregio della facilità di applicazione è strettamente connesso al fatto che la base informativa sottesa all’applicazione della metodologia patrimoniale è facilmente reperibile in quanto “è sempre disponibile in una procedura concorsuale l’inventario analitico dei beni e la loro stima”134, ovvero l’inventario fallimentare. Infatti la base informativa necessaria per l’utilizzo di tale metodologia, è costituita essenzialmente da:

 bilancio d’esercizio (o infrannuale) alla data di riferimento della stima, o eventualmente una situazione contabile aggiornata;

 il libro degli inventari e il registro dei beni ammortizzabili;

 la documentazione dei singoli elementi patrimoniali facenti parte del perimetro valutativo135 .

132

Guatri L., Turnaround, op. cit.

133

Onesti T.- Romano M., Le problematiche valutative, op. cit., p.208.

134 Danovi A., Fallimento, op. cit., p.519. Si veda anche Balducci D., La valutazione, op. cit., p.548. 135

100

Rispetto alle basi informative propedeutiche alle altre metodologie valutative, risulta essere sicuramente la più ristretta e facile da reperire. Quindi in situazioni come quella da noi esaminata, si può ritenere che l’utilizzo del metodo patrimoniale possa essere anche “annacquato” dalla carenza informativa necessaria all’adozione delle altre metodologie e potersi ritenere o dalla volontà/scelta del perito di reputare opportuno e ragionevole non basare la valutazione su dati storici o assumptions prospettiche non affidabili. Ricordiamo comunque, che il valore d’azienda determinato tramite metodo patrimoniale non è rappresentativo del valore economico propriamente tale del capitale, non considerando la capacità di produrre reddito né l’apprezzamento del profilo di rischio, fattore che sicuramente contribuisce a rendere più “facile” l’utilizzo della metodologia in questione, risultando particolarmente difficile effettuare

assumptions su flussi reddituali (e ancor più finanziari) e i tassi soprattutto per un’azienda fallita

consistente in un attivo operativo.

A parere di Danovi (2000), il metodo patrimoniale, soprattutto nella versione semplice, risulta meno indicato qualora sia presente un contratto d’affitto pre-cessione ovvero l’esercizio provvisorio, in quanto la salvaguarda del valore aziendale e in particolare delle sue componenti immateriali è garantita, non portando ad una loro ulteriore erosione, le quali devono a maggior ragione essere valorizzate136. Infatti il metodo patrimoniale semplice abbiamo visto che risulta correttamente applicato qualora la componente avviamentale, sia ipotizzata nulla, ipotesi probabilmente quantomeno poco probabile in situazioni in cui si sono registrate forti perdite nella gestione passata, tali da ricorrere ad una procedura liquidatoria. Con il metodo patrimoniale complesso quantomeno tramite l’aggiunta dei beni immateriali si permette di esplicitare una parte dell’avviamento, riferito ai soli beni immateriali137

.

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