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Cosa mai intendiamo con il termine eidolon?

2.3 Eikon e phantasma

Tornando al Sofista, il dialogo prosegue con l’applicazione del metodo dicotomico alla produzione d’immagini, ambito che si concorda essere troppo ampio. Da un lato la phantastike techne consiste nell’imitare qualcosa secondo il modo in cui appare (fainetai) e quindi produce apparenze (fantasmata); dall’altro l’eikastike

techne permette di imitare ciò che è simile al vero (eikos) di un oggetto – simile cioè

all’essenza di ciò che si rappresenta, a ciò che i diversi esemplari hanno in comune –

23 Platone, Sofista, 266c, cit.,

24 Platone, Repubblica, X, 597b. Rispetto al Sofista è esclusa da questa ricognizione l’immagine

naturale, che in questo caso potrebbe essere l’ombra o il riflesso del letto.

25 Ibid. 26 Ivi, 597b.

e produce di conseguenza delle “copie” (eikones)28. Lo scarto tra l’imitazione del vero e l’imitazione di ciò che è semplicemente apparente si manifesta soprattutto nel vincolo che una rappresentazione mantiene con un punto di vista determinato, limitato nello spazio e nel tempo. All’obiezione di Teeteto che tutti gli imitatori tentano di imitare il vero, lo straniero risponde ricordandogli che quasi tutte le opere di grandi dimensioni – statue o pitture – sono realizzate con effetti anamorfici per cui le parti superiori sono più ampie del dovuto per apparire giuste da lontano e lo stesso avviene con i colori, non corrispondenti all’originale, ma resi per produrre un determinato effetto su chi li osserva. Un oggetto di questo tipo appare verosimile da un punto di vista particolare, ma non è in se stesso simile al vero: «a uno che fosse capace di guardarlo in modo adeguato nelle sue dimensioni proprie, neanche sembrerebbe una copia di ciò a cui si afferma sia simile»29. Gli artigiani che producono secondo la phantastike techne «lasciano da parte la verità, per riprodurre in immagine non le proporzioni reali, ma quelle che suscitano un’impressione appropriata».

Il problema del contrasto tra diverse esperienze di uno stesso oggetto è presente anche nella Repubblica, dove è trattato sempre in riferimento ai limiti della conoscenza sensibile che ci vincola a un punto di vista parziale e contingente: «un letto, che tu lo guardi di lato o di fronte o in un modo qualsiasi, differisce forse da se stesso? O non c’è nessuna differenza, anche se appare diverso?»30. A cambiare è il

nostro sguardo, la relazione contingente tra soggetto e oggetto, ma l’eidos del letto, che fa sì che tutte le diverse esperienze siano riconducibili allo stesso oggetto, resta sempre uguale ed è a quello che un buon mimetes dovrebbe guardare.

Se volessimo cercare di comprendere la differenza tra phantasma ed eikon attraverso degli esempi potremmo ricorrere alla rappresentazione di una città. Il dipinto di una veduta prospettica, che appeso a un muro potrebbe quasi sembrare uno scorcio da una finestra aperta, ci offre una conoscenza molto parziale di ciò che mostra. Al contrario un plastico in scala della stessa città non potrebbe essere confuso per ciò che non è, date le sue dimensioni, ma offrirebbe valide informazioni

28 Il termine eikon significa immagine, ma F. Fronterotta traduce qui “copia” per distinguerlo da

eidolon. A. Zadro traduce invece “rappresentazione”, vedi Platone, Opere complete, Laterza, Roma-

Bari 1984.

29 Platone, Sofista, 236b, cit. 30 Platone, Repubblica, X, 598a.

a chi voglia studiarne la compagine urbana31. Un esempio simile è proposto anche da Flusser, che si pone il problema di come Platone giudicherebbe oggi le immagini digitali. Si consideri il sistema di produzione di un aereo: il velivolo, come un letto, è prodotto in base a un modello, può essere realizzato più o meno bene e sicuramente finirà per corrompersi. Una fotografia di quell’aereo, come un phantasma, è limitata a un punto di vista32 e per di più a un momento determinato. Il progetto dell’aereo elaborato al computer, invece, è un’eikon perfetta: libera dai vincoli spazio- temporali, strutturata secondo le proporzioni reali. È un Vorbild (modello) e non un

Abbild (riproduzione): Platone «dovrebbe, con suo disappunto, ammettere che le

immagini là sullo schermo non sono idee distorte. Dovrebbe ammettere che la contemplazione di quelle immagini è “teoria” e che l’uomo che siede davanti al computer è un filosofo»33.

Chiarite queste differenze i due dialoganti possono azzardare una provvisoria risposta alla domanda: «cosa mai intendiamo con il termine immagine [eidolon]? – […] Si tratta delle immagini nell’acqua e negli specchi, poi di quelle dipinte e modellate e di tutte quante le altre di questo genere»34. Ma cosa permette di chiamare tutti questi diversi fenomeni con lo stesso nome? Ognuno di questi ricopia (aphomoiomenon) qualcosa di vero senza essere a sua volta vero. Il complesso intreccio di vero e non vero può essere districato solo attraverso il concetto di eikos, “simile al vero”. L’immagine non è vera, non è davvero, e tuttavia, «almeno in qualche misura»35, è qualcosa. Il rischio è quello di scambiare l’immagine per ciò che rappresenta, o di attribuire alla cosa i tratti della sua rappresentazione, eppure almeno in quanto è se stessa, cioè in quanto è simile ad altro, l’immagine è: «non è realmente, ma è realmente ciò che chiamiamo copia [eikon]»36. Ogni immagine (eidolon) può quindi essere chiamata eikon se rende manifesto il fatto di essere una

31 Il plastico come esempio di eikon funziona perché mostra come Platone potesse apprezzare una

riduzione dell’impatto emotivo a vantaggio di una maggiore esattezza geometrica e allo stesso tempo non funziona perché il plastico dovrebbe imitare la città ideale e non una determinata città.

32 Perciò, nota Flusser, il fotografo tende a correre intorno all’oggetto tentando di raccogliere quanti

più punti di vista possibili. V. Flusser, Per una filosofia della fotografia, cit., pp. 46-47.

33 V. Flusser, Ein neuer Platonismus?, cit., p. 65, trad. mia.

34 Platone, Sofista, 239d, cit.; nel passo sulla teoria della linea, in Repubblica, VI, 509e, viene

proposta una definizione simile: «Intendo per immagini in primo luogo le ombre, poi i riflessi nell’acqua e in tutti gli oggetti formati da materia compatta, liscia e lucida, e ogni fenomeno simile».

35 Ivi, 240b. 36 Ibid.

rappresentazione, mentre va chiamata phantasma se si presenta come la cosa stessa, traendo in inganno chi la osserva37.