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Per una teoria dei gest

Un’interfaccia tra interno ed esterno: il corpo e i gest

2.2 Per una teoria dei gest

In una lettera del 10/03/1975 al teorico della comunicazione francese Abraham Moles, Flusser accenna al lavoro sui gesti che sta sviluppando e che vorrebbe elaborare fino a renderlo «un ritratto dell’uomo nuovo come bambino»8. Il libro

sull’uomo nuovo che sta progettando da anni potrebbe trasformarsi in un libro sui gesti, assorbendo la nuova ricerca iniziata nei primi anni ’70. L’uomo nuovo è infatti caratterizzato da nuovi gesti ed è solo descrivendoli, raccogliendoli e facendo emergere le differenze con quelli vecchi che si potrà eseguire un buon ritratto. «La mia tesi: siamo nel mondo nella forma dei nostri gesti e in principio ogni cambiamento di Dasein è leggibile nel cambiamento dei gesti (in-der-Welt-sein)»9. Nel 1991, poco prima della morte, Flusser pubblica in tedesco una raccolta di diversi testi sul tema, scritti prevalentemente in francese nella seconda metà degli anni ’70, e la intitola Gesten: Versuch einer Phänomenologie. Senza dubbio non si tratta di quella «teoria generale» che aveva in progetto e che non avrebbe mai realizzato.

7 Questo è il tema di «Riflessioni nomadiche», ivi, dove si pensa alla società contemporanea come

caratterizzata da un nuovo nomadismo. Come si vedrà in seguito, tuttavia, il nuovo nomadismo, la nuova magia e la nuova barbarie, sono radicalmente diversi dalle versioni preistoriche.

8 V. Flusser, lettera a A. Moles del 10/03/1975, trad. mia. 9 V. Flusser, lettera a A. Moles del 24/06/1976, trad. mia.

Secondo la ricostruzione di Sandra Parvu, che ha partecipato alla riedizione francese di Les gestes, si possono individuare due principali fasi dell’elaborazione delle riflessioni contenute in questi saggi10.

La prima, che ha inizio con il ritorno in Europa di Flusser nel 1972, è segnata dalla collaborazione con l’artista francese Fred Forest. Quest’ultimo stava portando avanti un progetto video intitolato Gestes dans les professions et la vie sociale, in cui si affiancavano gesti tradizionali come quello del barbiere, a gesti nuovi come quello del fotografo. Flusser partecipa con il video Les gestes du professeur, del 1974: un dialogo tra i gesti dell’operatore video, Forest, e quelli di Flusser che gesticola esponendo le proprie riflessioni sui gesti. Ciò su cui quest’ultimo pone l’accento, spostandosi mentre parla e raccogliendo persino uno specchio attraverso cui mostrare Forest dietro la telecamera, è quanto i gesti dell’uno condizionino quelli dell’altro, quasi si trattasse di una danza11.

La seconda fase è invece segnata dal dialogo con Abraham Moles: ingegnere elettronico con un dottorato in fisica e uno in filosofia, professore a Strasburgo, dove ha fondato l’Institut de psychologie sociale des communications, è stato tra i primi a far dialogare la teoria dell’informazione con l’estetica, in modo simile a come ha fatto Umberto Eco, autore con cui ha più volte collaborato. È proprio a seguito di un intenso scambio epistolare con Moles che Flusser elabora due fondamentali testi introduttivi sulla teoria del gesto: «First Sketch for an Introduction to a General Theory of Gesture» (1974), poi riscritto anche in tedesco e in portoghese, e «Geste et sentimentalité» (1975), di cui esiste anche una versione inglese e una tedesca. Tra il 1976 e il 1977 tiene una serie di conferenze a Aix-en-Provence intitolata Comment

notre crise culturelle se manifeste: è in quest’occasione che elabora la maggior parte

dei testi che entreranno poi a far parte dell’opera sui gesti. Il fatto che Flusser abbia abbandonato il progetto, verso la fine degli anni ’70, per riprenderlo in maniera incompleta nel 1991, non deve farci credere che abbia perso interesse in questi temi:

10 S. Parvu, «Des archives, une introduction», in V. Flusser, Les gestes, Al Dante, Marseille 2014, pp.

11-25.

11 In quegli stessi anni Flusser sta portando avanti una ricerca sul video e sulle sue potenzialità

interattive e dialogiche: sul finire della ripresa si rivolge allo spettatore e chiede di non limitarsi a essere osservatore, ma di partecipare a quel gioco di gesti usando il video, rimontandolo o filmando lo schermo.

al contrario è la prova che la sua teoria dei gesti sta a fondamento della teoria dei media che viene elaborata proprio in quegli anni.

Oltre a Forest e Moles, Parvu cita un altro teorico che potrebbe aver influenzato le riflessioni di Flusser: Louis Bec, che si autodefinisce zoosystematicien, ricercatore specializzato in biotecnologie e in modelli informatici della vita animale, le cui simulazioni “tecnosemiotiche” spesso sconfinano nel campo dell’arte12. Parvu,

tuttavia, trascura almeno un’altra importante fonte della teoria dei gesti di Flusser: Bernardo Bagolini, dell’Università di Trento13. È stata probabilmente l’amicizia e la

possibilità di collaborare con lui ad aver portato Flusser e sua moglie a stabilirsi a Merano per i primi anni del loro soggiorno europeo14. Bagolini si occupava soprattutto di paleotecnica e ha a lungo studiato l’evoluzione dei gesti di cui i frammenti di industria litica sono importanti tracce. Nel 1986, a nome della

Sociedade Brasileira de Historia da Ciencia, Flusser invita Bagolini a partecipare a

un convegno sulla storia della tecnologia (tenutosi a São Paulo tra il 24 e il 26 febbraio 1987): è Flusser a tradurre il suo intervento, in cui si mostra come la «progressione della gestualità e dell’intelligenza operativa» siano «“registrate” sul manufatto»15. Un’ulteriore possibile fonte di Flusser è l’opera del paleoantropologo francese André Leroi-Gourhan, che Bagolini cita spesso e di cui ha parlato anche nell’intervento a São Paulo. A dare credito a questa ipotesi è la corrispondenza quasi letterale della descrizione dell’uomo di Neanderthal contenuta nel racconto Missão:

Homo Sapiens Sapiens e in Il gesto e la parola di Leroi-Gourhan16.

La teoria generale dei gesti, di cui Flusser auspicava la nascita, dovrebbe essere una teoria interdisciplinare, e quindi antiaccademica e anti-ideologica, che colleghi tra loro antropologia, psicologia, neuroscienze e teoria della comunicazione,

12 Con L. Bec Flusser scrive Vampyroteuthis Infernalis, un altro ottimo esempio di philosophie-

fiction, o di fantascienza filosofica, che attraverso l’approfondita descrizione dell’essere-nel-mondo di

un misterioso cefalopode degli abissi, riesce a dare luce a diverse questioni poste dalla teoria dell’embodied cognition.

13 A lui è dedicato il Laboratorio Bernardino Bagolini, un importante e ancora attivo centro di ricerca

sull’archeologia preistorica presso l’Università di Trento.

14 Si vedano a proposito le lettere a Dora Ferreira da Silva del 17/08/1972, 09/11/1972 e 26/06/1973. 15 L’intervento di Bagolini, dal titolo «Significati dello studio delle tecnologie litiche preistoriche» è

conservato presso l’Archivio Flusser all’interno della corrispondenza tra i due.

16 «Un essere primitivo, curvo, con il cranio schiacciato, con le arcate orbitali sporgenti e il mento

sfuggente», A. Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola, Einaudi, Torino 1977, pp. 15-16.

«Seu rosto confirma a impressão de bestialidade. Sua frente é baixa, seus olhos assentam sob arcos pesados, seu nariz é longo e largo, e não tem queixo», V. Flusser, Missão: Homo Sapiens Sapiens, cit.

fungendo da interfaccia17. Noi leggiamo e interpretiamo gesti quotidianamente, ma lo facciamo in modo intuitivo e imperfetto, mentre avremmo «bisogno di una teoria dell’interpretazione dei gesti»18. La teoria della comunicazione e la semiotica

sembrano essere particolarmente adatte a svolgere questo ruolo, ma per Flusser è necessario uno studio interdisciplinare che eviti tendenze riduzionistiche, le quali porterebbero inevitabilmente a spiegare i gesti con un elenco di cause, senza cogliere ciò che è più essenziale. Quella dei gesti dovrebbe essere invece una «meta-teoria»19

che risulti utile tanto per gli studi sulla comunicazione, quanto per quelli sul lavoro, sull’arte e persino nelle ricerche antropologiche sulla magia e sui rituali. Inoltre, bisogna ricordare che il termine “gesto” viene dal latino gerere (che nella sua ambivalenza potrebbe essere tradotto con “portare su di sé” e insieme “compiere”) ed è imparentato con l’espressione res gestae. La storia è una “cosa gesticolata”: la storia dell’umanità non si distingue dalla storia dei suoi gesti, al punto che “teoria generale dei gesti” e “filosofia della storia” possono essere considerati sinonimi20.

Il metodo di lavoro proposto da Flusser è quello dell’inventario: una raccolta di gesti tradizionali o inediti, da analizzare, commentare e classificare. Nel corso tenuto ad Aix-en-Provence procede effettivamente in questo modo: ogni lezione è dedicata a un gesto che considera per qualche ragione significativo. Com’è tipico dell’atteggiamento provocatorio di Flusser, vengono accostati gesti assolutamente triviali a gesti fondamentali per la storia della cultura, nel tentativo di mostrare che ogni gesto esprime e articola un modo di essere nel mondo, senza alcuna gerarchia possibile. La scelta può essere motivata solo da ragioni soggettive: i gesti selezionati da Flusser sono quelli con cui ha più confidenza, quelli la cui analisi gli permette di sollevare problemi per lui più urgenti. Tra i gesti contenuti nell’edizione francese aggiornata si trovano: radersi, scrivere, parlare, distruggere, fumare la pipa, cercare, fotografare, rivoltare le maschere, filmare, il gesto dell’amore, piantare, il gesto con il video, telefonare, fare, dipingere, ascoltare la musica.

In «Toward a General Theory of Gestures» Flusser propone una serie di possibili classificazioni, che devono essere intese come un semplice strumento di analisi, con

17 V. Flusser, «Toward a General Theory of Gestures», in Id., Gestures, University of Minnesota

Press, Minneapolis 2014, p. 161.

18 V. Flusser, «Geste et sentimentalité», in Id., Les gestes, cit., p. 251, trad. mia. 19 V. Flusser, «Toward a General Theory of Gestures», cit., p. 167, trad. mia. 20 Ivi, p. 171.

la consapevolezza che le diverse classi si sovrappongono il più delle volte e che le distinzioni sono molto più sfumate di quanto si tenda a pensare. Un primo criterio sta nel possibile uso di strumenti: da un lato gesti che si limitano al movimento degli organi del corpo (come il parlare), dall’altro gesti che richiedono l’uso di estensioni degli organi (come lo scrivere). Un secondo criterio consiste nella funzione dei gesti: informare (gesti di comunicazione), trasformare (gesti di lavoro) e agire in modo disinteressato (gesti rituali)21.