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Esposizione universale dell’immaginario

117 impegnarsi nella lotta per la loro liberazione274.

1. Esposizione universale dell’immaginario

Forse non s’avvedono del dolore o della gioia del mondo, chiusi nel libero gioco della fantasia e della ragione, o tutt’al più il dolore o la gioia rientrano in tal gioco, come la morte di mille formiche o lo spavento di un nido di uccelli nel gioco di un bimbo308.

Un’esposizione universale è la manifestazione suprema dell’effimero. La sua facciata di consumo appartiene alla dimensione rituale della modernità, il cui oggetto del desiderio per il capitolo milanese del 2015 era il Cibo, come pretesto per muovere la nostra economia. L’ultimo grande salto è la natura segreta del pretesto che spinge l’uomo a disegnare tutto questo, la necessità della commissione letteraria che permise al Graal di nascere, ovvero un testo all’altezza della giustificazione delle crociate. Si racconta che Chretien de Troyes, impegnato nella stesura del romanzo di Perceval, anche noto come il racconto del Graal, pensasse proprio alla formazione di Filippo d’Alsazia, ma non solo. Il vero movente di quest’opera epica, sarebbe stata la

306 Descritta con somma grazia nell’opera di Michelangelo Antonioni (1916-2007) come nei Il Grido, L’Eclisse, Deserto Rosso, Blow Up, tra gli altri.

307 Nel senso etimologico di scelta. Dal greco krisis, nome d’azione di krino, “io giudico”. Anche “momento

culminante”.

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giustificazione dell’esistenza di un oggetto sacro custodito in quella che veniva considerata la terra santa, che per noi è un ottimo esempio di ambiente storico309, ovvero la Palestina e nello specifico Gerusalemme, un oggetto talmente importante da corrispondere alla coppa dove bevve Gesù in persona durante l’ultima cena. Scrivendo le gesta di Perceval, Chretien giustificava formalmente e artisticamente l’ufficio del proprio Re a compiere tale gesta in un luogo lontano.

Esiste un film di Eric Rohmer del 1978 che affronta la complessa rappresentazione di questo romanzo di Chretien de Troyes. Il film è stato analizzato dai Cahiers du Cinema, i quali hanno rilevato nella struttura visionaria del racconto cinematografico, qualcosa di simile a <la

concrétisation d'une sorte de rêve pédagogique310>, partendo dal presupposto che il medioevo è

uno spazio che ognuno di noi ha introiettato nel proprio immaginario a partire dall’infanzia, uno spazio perfetto e ideale per il racconto e la fiaba, un fondale immaginario sul quale proiettare le proprie fantasie. A questo punto non esiste più confine tra l’ambiente storico della letteratura e l’ambiente storico della memoria. Essi, attraverso un processo di consolidamento narrativo, diventano un unico spazio, posseduto a partire dall’immaginazione del bambino, e pertanto dell’adulto, che corrisponde ad uno spazio concreto nella trasmissione delle idee, che siano costruzioni materiali dell’architettura come i luoghi fantastici inventati da Niemeyer, Gaudì o Hundertwasser, o spazi mentali della letteratura e della conoscenza come le opere di Eco, Brecht e Borges:

L’Alto Medioevo viene caratterizzato anche da un forte decadimento tecnologico e dall’impoverimento delle campagne. Scarseggia il ferro e un contadino che lascia cadere nel pozzo l’unico falcetto che ha deve attendere l’intervento miracoloso di un santo che glielo faccia risalire (come testimoniano le leggende), altrimenti ha finito di campare. Il pauroso decremento della popolazione riprende quota solo dopo il Mille proprio a causa dell’introduzione di colture di fagioli, lenticchie e fave, ad alto potere nutritivo, senza di che l’Europa sarebbe morta di debolezza costituzionale (il rapporto tra fagioli e rinascenza culturale è decisivo)311.

L’accettazione della nostra caducità è proposta da Dante nella sua Divina Commedia, dove attraverso un pertugio, un’apertura nel sogno, viene a contatto con il mondo successivo, quello che non ha tempo, un mondo che si sviluppa in verticale, dall’Inferno al Paradiso, oppure all’opposto. Un mondo in cui il poeta toscano è in grado di infliggere le pene anche ai suoi stessi contemporanei, proponendo una colpa e un rispettivo contrappasso. Una punizione è prevista, ed in questa visione medievale e cristiana vediamo la sostanza di uno spazio mentale, conoscitivo,

309 “Moyen âge = enfance. Voilà l'équation qui est de plus en plus mise en avant quand il s'agit d'interpréter

le cinéma dont le sujet se veut médiéval. Ou moyen âge = rêve, ce qui revient à peu près au même, si l'on prend au pied de la lettre l'une des réflexions de Freud : « Les rêves reposent pour une bonne part sur les impressions laissées par des événements de la vie infantile...». On a en effet, et peut-être à juste titre, perçu dans toutes les transpositions de roman ou légende remontant aux premiers siècles de notre millénaire, une pulsion vers l'univers enfantin. Ou vers l'idée que nous nous sommes formée du regard de l'enfance.” In G. ANGELI, Perceval le gallois d'eric rohmer et ses sources. Università di Firenze, 1994

310 D. DUBROUX, in Cahiers du Cinéma n° 299 1979, p. 42

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formale, che ha permeato la storia dell’occidente fino ad essere superata dall’economia, come fattore decisivo e dal valore delle conquiste come dato capitalistico, al momento in cui il verbo d’azione Explorar (che in portoghese significa Sfruttare), ha supportato l’espansione e la creazione delle colonie europee nel mondo conosciuto. Il pertugio da cui Dante esce a mirar le stelle, è come un’uscita dal medioevo.

Oggi anche questo dato capitalista ed economico viene superato dall’universo delle tecnologie che utilizzano i grandi eventi come strumento di imperialismo globale, per questo si parla di fine dell’era capitalista, ma non di quella imperialista.

Non è certamente inutile, in un’epoca timorosa ed esitante come la nostra, nella quale ci si interroga più sulle radici che sull’avvenire, ricordare che le nostre radici sono multiple e il nostro avvenire aperto312.

Il superamento del limite non è ancora avvenuto; probabilmente si preparano tecnologie speciali per il momento in cui avverrà lo straripamento, ovvero il giorno in cui le tecnologie subentreranno all’uomo sopraffacendolo, lasciando spazio alle ultime storie di essere narrate, agli ultimi margini di essere presi in considerazione, agli ultimi uomini e donne di vestire in abiti da chiesa e passeggiare liberamente per strada. I nostri pronipoti ci guarderanno stupiti ascoltando il racconto che narrava di piccoli gruppi di suore che vivevano ancora nel centro delle nostre antiche città, nascoste in grandi conventi paradisiaci, a cui nessuno poteva accedere. Le potevi vedere la mattina presto, camminare un po’ smarrite per le strade secondarie e alcune persone ben educate le salutavano, dicendo perfino: “Buongiorno Sorella”313.

Il tempo vive in una costante di relatività, per questo lo si interpreta come un fluire storico molto simile ad un organismo vivente, possibilmente tridimensionale e paradossalmente perfino prevedibile.

Tecnoevo potrebbe corrispondere a questa grande epoca della storia dell’uomo, la più vicina a noi, e il solo atto di nominare una nuova epoca storica, per di più attiva mentre la pronunciamo, significa muoversi in un contesto di periodizzazione concettuale. Prima di tutto, è utile confrontarsi con la motivazione per cui dovrebbe esistere una necessità di periodizzazione delle varie epoche, ovvero la necessità di contenere le epoche in una teca esponibile. Questo non tanto per verifica ma, piuttosto, per un atto di chiarezza nei confronti della Storia. Ciò che muove l’atto del nominare questa epoca è lo stesso motivo per cui nasceva la necessità di nominare il Medioevo314. Un po’

312 M. AUGÉ, Genio del Paganesimo. Bollati Boringhieri, Torino, 2000

313 Riporto una scena a cui ho assistito personalmente, che potrebbe rientrare in uno scenario tecnoevale,

senza paura di utilizzare questo termine, essendo già utilizzato in ambito musicale, per l’esistenza del fenomeno del Teknival, ovvero raduni dedicati alla musica techno, diramazione dell’elettronica.

314 Nominato per la prima da Flavio Biondo nel 1483, intende un periodo che va dalla caduta dell’impero

romano d’occidente (tra il sacco di Roma del 410 e la data simbolica del 476 D.C.) alla caduta dell’ultimo baluardo arabo in terra di Spagna; la periodizzazione si è consolidata successivamente confermando l’inizio dell’età moderna grazie alla contemporaneità del primo libro a stampa, ovvero la bibbia di Gutenberg e la scoperta dell’America.

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come nominare le varie vette di una cordigliera di montagne. Ritengo esistere sia una componente centrale di creatività in questa operazione nominale; oltre al concepimento, esiste il conferimento dell’autonomia315. Si potrebbe spiegare altrimenti con un principio caro all’Illuminismo, ovvero

l’urgenza di comprendere, di illuminare dall’alto qualcosa di altrimenti oscuro per superare la paura degli organismi minori che brancolano nelle profondità dell’oceano.

Questo dato concettuale intrinseco dell’idea di Tecnoevo si infrange comunque nella coesistenza dell’uomo con le tecnologie – da lui create – a partire dalla sua comparsa sul pianeta, o meglio a partire dalla sua presa di coscienza delle proprie potenzialità. Allora la Tecnologia potrebbe valere come discriminante decisivo nella separazione – o nel distaccamento – tra animale e uomo. Ciò che risulta comunque oscuro, e per il quale saremo costretti a rinviare il giudizio finale, è l’accezione semplice di un vocabolo che è appena passato tra le nostre mani, come l’acqua che scorre, un termine al quale non si darebbe troppa importanza, se non fosse per l’estrema solitudine che ci assale e contro la quale vengono generate certe varianti difensive. Un animale da compagnia, un cucciolo magari, al quale pensare rinviando i pensieri che ci riguardano più da vicino. Ma dietro a quell’animale, resiste la radice di anima, ed è precisamente questo il termine che intendevo. Contemplare il funzionamento dell’anima è impresa ardua; ovvero è come avere a che fare con un materiale che arde. Che cosa arde dentro di noi?

Per stabilire questo ci affidiamo ad un classico della poesia, ritardando la questione dell’origine, affrontata nel tentativo di comprendere l’interferenza tra guardiano, servo e osservatore, per introdurre la figura di una immagine, che possa rappresentare anche solo in maniera parziale, ciò che portiamo dentro di noi.

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