mutuare quella codificata80;
Non molto cambia se le relazioni sono poche o rare, e se queste avvengono in luoghi limitrofi e ripetuti. L'incontro è una dimensione intrinseca dell’essere, un concetto pre–esistente a noi, un'azione incondizionata dell’essere umano. Noi stessi, in qualità di esseri viventi, siamo il frutto di un incontro, che si considera come originario. Crescendo a contatto con il mondo esterno, iniziamo a sviluppare una rete di relazioni che presuppone l'utilizzo di un linguaggio. L’adattamento nei confronti di tale linguaggio risulta differente da individuo a individuo, ed è innegabile rilevare la capacità varia tra gli individui nell’abilità di utilizzo dei codici linguistici differenti, anch’essi in movimento nello spazio – tempo.
Dunque esiste una diversità, nell'uso del linguaggio, che co–crea l’ambiente in cui viviamo, una diversità sottoposta a tensioni geografiche nomadi che pur trasformandosi con lentezza, rispetto agli standard soggiacenti di un proprio tempo, determina il reale, ciò che vediamo, ciò che percepiamo come contesto abituale e vivente.
La dimensione educativa dell'incontro non si presenta come un oggetto formativo univoco, definibile alla luce di una singola epistemologia. Essa è al contrario un sistema complesso che prevede l'interrelazione di diverse componenti. Educare all'incontro non può significare pertanto esplorarne in modo separato le singole dimensioni, ma neppure prescindere dalla conoscenza puntuale di ognuna di esse. Vuol dire, per quanto rappresenti una difficile scommessa didattica, affrontare in modo parallelo e integrato sia le dimensioni della conoscenza primaria dell'altro, sia quelle che derivano dalla loro utilizzazione secondaria in direzione di interpretazione dell'altro da sé81.
In ogni caso il nostro tempo ha delle caratteristiche precise, dei punti di contatto oscuramente condivisi, che lo definiscono: questo Tempo – il nostro – è il varo di un’epoca, così come lo sono state altre epoche prima di lei, in cui la comunicazione si espande oltre il limite fisico del corpo. Questa comunicazione deforma – etimologicamente – il nostro ruolo, il nostro approccio, la nostra costanza relazionale, e la mutazione che ne deriva, crea un universo che definiremo, con semplicità, come tecnologico; uno spazio terziario – una nuova forma di terziario – che si manifesta negli oggetti della comunicazione sotto forma di messaggio latente, di testualità e di immagine, seguendo il principio della loro reperibilità permanente e semovente.
Questo insieme di relazioni è sottoposto ad una rivoluzione organica dell’individuo occidentale e del suo sistema di vita; questa rivoluzione agisce nelle dinamiche relazionali, mentre le nuove
80 M. FABBRI, Controtempo. Spaggiari, Parma, 2014, p. 67
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generazioni nascono all’interno di questo paesaggio globale modificato – modificante – mancando la facoltà dell'incontro con l'altro, con il non esperito, lo sconosciuto, ovvero con ciò che più profondamente garantisce la crescita dell'immaginazione e della ricerca intesa come ricerca di vita, come esperienza del mondo, come scoperta della dinamica con la quale confrontarci, con la quale decidere di rappresentarci. Questo incontro è possibilmente mancante oggi, a causa dell'onnipresenza delle tecnologie di comunicazione, ma anche a causa dell'estrema spettacolarizzazione, dei consumi, dei conflitti, del corpo, a cui i nativi digitali sono sottoposti in maniera costante e coercitiva, fin dall'inizio della loro vita.
Per questo viene proposta l'attivazione di una procedura di educazione alla cultura visuale, alla cultura delle immagini, che divengono compagne di vita e oggetti relazionali attraverso lo scambio continuo della rete. Immagini che possono essere discusse assieme agli insegnanti, agli educatori, ai formatori di ogni tipo che vengono incontrati nel percorso dei nativi digitali; immagini che permettono un'esperienza soltanto di tipo bidimensionale, e questa bidimensionalità potrebbe portare ad una mutazione dei rapporti dei nativi con lo spazio, aumentare problemi di
displacement82, ovvero nella qualità del rapporto tra individuo e spazio fisico, concreto. Immagini
che si presentano come rarefatte, nel senso di scarsamente riconoscibili dall'immagine accanto, per motivi di carattere quantitativo, e che potrebbero dunque rimanere astratte nel processo della crescita, e pertanto distanti, inutili, e inutilizzabili. Esisterà un luogo dove tutte queste immagini vengono custodite, oppure esse appaiono e si smaterializzano, non occupando spazio in nessun archivio della nostra memoria collettiva?
Il passaggio da un’epoca ad un’altra secondo un modello fisico che prende in considerazione il rapporto tra spazio e tempo, corrisponde ad un possibile trauma83. All’interno di un centro
commerciale polivalente e sommesso, adiacente ad una grande stazione di transito, assistiamo – voracemente – all'allestimento di un percorso espositivo in occasione dei 25 anni dalla caduta del muro di Berlino. Titolo eloquente dell'installazione Die Fall der Mauer84. La caduta del muro ha
rappresentato un grande evento epocale, l'abbattimento di una storica barriera, uno dei simboli più eloquenti del novecento europeo. Questo evento ha prodotto una serie di eventi concatenati di cui ancora oggi stiamo osservando la trasformazione, non è questo il luogo per discutere sulla teoria politica della guerra fredda, ma è interessante notare, come questo evento, se considerato all'interno della griglia che stiamo componendo per definire l'impatto del grande evento, abbia delle ripercussioni non lontane nella coscienza delle persone che hanno vissuto e subito questo
82Non è facile tradurre in italiano questo termine, che funzionerebbe come spaesamento, oppure
smarrimento, ma possiede nella sua forma inglese originaria (Cfr. Clash) un’accezione psicologica preponderante, utile a definire il rapporto spaziale.
83 Interessante notare l'etimologia originaria dal greco traûma: ferita, mentre il significato tedesco di Traum è
sogno.
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cambiamento; questa mutazione epocale, ha contribuito alla nascita di un nuovo paese che ad oggi guida l'Unione europea, ovvero la Germania riunificata, un paese che ha cercato di stabilizzare una diversità composita e regionale, acutizzata da mezzo secolo di separazione forzata, anche da un punto di vista del modello di sviluppo. Nei diari di campo raccolti nel corso della mia permanenza a Berlino85, ho potuto osservare queste differenze e analizzare l'impatto del
passaggio da un sistema, quello comunista, ad un altro sistema, quello capitalista, vissuto in prima persona da un testimone privilegiato.
Il grande evento è una metafora che ci permette di osservare il mondo; oltre a questo, esso rappresenta anche un pretesto per comprendere alcune dinamiche molto ristrette, che riguardano la natura dell'abitare, ovvero le forme più basilari dell'esistenza, e che si intrecciano immediatamente con le dinamiche relazionali. Costruendo l'abitare nasce la città, moltiplicando le possibilità di relazione, si costruisce la socialità.
3. Füssball als teil der welt
86Nell'immaginario comune anche il mondo del calcio può essere considerato come una grande metafora. Dopo aver soggiornato all'interno della comunità di Vidigal, una delle favelas pacificate87 di Rio de Janeiro, ho potuto rilevare attraverso interviste semi-strutturate il grado di aspettative che gli abitanti di questa comunità avessero nei confronti dei Mondiali di Calcio (2014). Il desiderio di competizione, malcelato in una risata sarcastica, e il pronostico su chi sarebbe stato il vincitore (ovviamente il Brasile) era il discorso comune più espresso. Per riuscire a controbilanciare le teorie critiche che disegnano il mondiale come antagonista del popolo, come mostro (Moloch) contro il quale scagliare la propria parola di urbanisti critici o sociologi allerta, è necessario ascoltare e riflettere su ciò che viene definito in maniera presuntuosa vox populi, ovvero la voce dell'oppresso:
Il grande problema sorge quando ci si domanda come potranno gli oppressi, che ospitano in sél'oppressore, partecipare all'elaborazione della pedagogia della loro liberazione, dal momento che sono soggetti a dualismo e inautenticità. Solo nella misura in cui scopriranno di ospitare in sél'oppressore, potranno contribuire alla creazione comune della pedagogia che li libera88.