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IV. TUTTE LE DIREZIONI: APOTEOSI POSTMODERNA

La riduzione fenomenologica ci ha messo in possesso del regno della coscienza trascendentale, come dell’essere, in un determinato senso, <assoluto>319.

La questione del mito fondativo nella civiltà postmoderna

In questo senso siamo alla ricerca di un Graal comunitario in grado di confermare il sostrato condiviso, all’interno di un’epoca in cui la comunicazione rappresenta l’essere (comunico quindi

sono). Qui si apre una questione imponente sulla natura essenziale della nostra contemporaneità,

ovvero sulla sua costituzione in qualità di ente etico, rappresentato dalle istituzioni e dalla comunità civile, che alimenta la costruzione del sapere in occidente; la postmodernità troverebbe la propria affermazione, ossia il proprio dato di erlebnis320 proprio nel principio di questa comunicazione

permanente. Non lontano da questo si trova il concetto di connessione permanente, o di ricerca permanente della connessione; Home is where your wifi connects automatically, come recita il messaggio di una t-shirt venduta su internet.

La postmodernità non è riuscita a stabilizzarsi così come era accaduto con la modernità, nelle sue varie accezioni (razionalismo, funzionalismo, modernismo). Dopo il bombardamento di Belgrado ad opera delle forze NATO nel 1998, la letteratura scientifica ha iniziato ad occuparsi di Internet e di Globalizzazione fino all’avvento dell’anno fatidico, il 2001, con l’attacco ambiguo al World Trade Center e contemporaneamente al pentagono, che ha dato avvio in modo tragico al XXI secolo321.

Questi eventi storici fanno parte della contemporaneità e non possono non riflettersi sia nella produzione scientifica sia sugli effetti più intimi dell’impatto pedagogico, di ciò che consideriamo il grande evento, ed avere la disponibilità e la sensibilità per riconoscerli credo resti uno dei fattori più importanti del nostro agire.

Una possibile imago puerilis dei giovani e delle giovani del futuro potrebbe essere dunque identificata con il cartello Tutte le direzioni; così come abbiamo parlato del viaggio come metodologia di esplorazione, la pratica del viaggio si è modificata ed ora nella nostra operazione di attraversamento del territorio, se pensiamo al viaggio su mezzi di terra come l’automobile, non

319 E. HUSSERL, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica. Einaudi, Torino ,1950,

Libro I, p. 160

320 “Ogni io vive i suoi Erlebnisse, nei quali è, in diversi modi, realmente ed intenzionalmente rinchiuso. Il

fatto che egli viva non significa che li abbia <nello sguardo>, essi e ciò che contengono, e che li afferri nel modo dell’esperienza immanente o in un’altra visione o rappresentazione immanente. Ogni Erlebnis che non sia <nello sguardo> può diventare <veduto>, per una possibilità ideale, in quanto una riflessione sull’io si diriga su di esso, che diventa così oggetto per l’io. […] L’Erlebnis di volta in volta effettivamente vissuto, entrando poi nello sguardo riflettente, si offre come effettivamente vissuto, come esistente <adesso>; ma può anche offrirsi come quello che è stato or ora; e, se era irriflesso, si offre appunto come quello che era irriflesso”. All’interno di La riflessione come proprietà fondamentale della sfera dell’Erlebnis. E. HUSSERL,

Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica. Einaudi, Torino, 1950, p. 162

321 Ancora un attacco mentre scriviamo; in queste ore è stato colpito l’aeroporto di Bruxelles. È il 22 marzo

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attraversiamo più le città, ma proseguiamo per un circuito di assi tangenziali, che partecipano alla ridefinizione geografica del territorio. Le strade sono il segno del potere e nascono per ragioni militari, dunque lo studio dell’evoluzione di una strada può coincidere con la storia del territorio da un punto di vista politico.

Quale direzione politica indica il cartello Tutte le direzioni?

Forse una dimensione gestionale intrapresa dalla società tecnocratica, in cui il livello di benessere è arrivato ad uno stadio talmente avanzato (?) da ricostituire lo stesso spazio, considerato di servizio e dedicato al consumo, che si ripresenta nelle periferie di tutte le città europee, e di conseguenza mondiali?

Nel momento in cui ci troviamo di fronte al cartello tutte le direzioni, proviamo sempre l’identica sensazione, ovvero quella di muoverci in un territorio che si presenta talmente vittima di un processo omologante, da rendere già conosciuto un luogo che in realtà è per noi ignoto, e non riconoscere più un luogo che prima conoscevamo, essendo cambiati i punti di riferimento. Esiste una parola in cui il concetto geomorfologico di altura coincide con quello di punto di riferimento;

Havala è una parola di origine turca che si è diffusa nella regione balcanica durante lunghi secoli di

dominio ottomano. Un Havala è quello che in inglese chiamiamo con estrema chiarezza landmark, letteralmente un marchio nella terra, qualcosa che tutti siamo in grado di riconoscere, data la sua posizione e la sua altezza. La forma stradale e urbanistica della rotonda è probabilmente il contrario di un Havala, da un punto di vista semiotico, ovvero rappresenta la possibilità di muoversi in tutte le direzioni, e non corrisponde ne ad un punto d’arrivo ne ad uno di partenza. Sarebbe interessante ripercorrere la storia dello sviluppo della rotonda come oggetto, da un punto di vista urbanistico; la diffusione della rotonda come soluzione alternativa all’anziano semaforo, ha contraddistinto il paesaggio dello sviluppo stradale negli ultimi 25 anni, almeno in Italia e in Europa orientale. Gli stessi 25 anni che sono stati celebrati a Berlino come un primo giubileo, per ricordare la caduta del muro, secondo una forma cerimoniale germanica particolarmente laica e sommessa, alla quale sono accorse comunque oltre un milione di persone. In questi 25 anni in Europa si sono moltiplicate le rotonde, e con esse la presenza dei cartelli Tutte le direzioni, Alle richtungen, Toutes

directions. Si può riconoscere nel non luogo di Augè uno dei miti fondativi della postmodernità,

ovvero la capacità di un luogo di assuefarsi alla propria funzione omologata, la capacità di un ambiente di divenire neutrale, il potere di uno spazio la cui capacità è quella di rappresentare un altro spazio, in una finzione che si consolida in realtà vissuta. Partendo da questo assunto, la fondazione teoretica della postmodernità può consistere nel particolare rapporto tra uomo come agente e protagonista culturale e uomo in movimento nello spazio, o come ne parlano David Harvey e Hartmut Rosa, di una mutazione del rapporto tra temporalità e spazialità.

La crescita incredibile nella velocità della produzione ha cambiato dalle fondamenta il rapporto tra l’essere umano e l’ambiente che lo circonda: sostituiamo gli elementi materiali della nostra vita […] a una velocità

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