138 in Max Weber il suo Virgilio324.
1. Intorno al concetto di nostalgia
Si parla spesso e in ambienti diversi della scomparsa di alcuni valori, che nel passato sarebbero stati più presenti, come se fosse possibile un riconoscimento effettivo di questa trasformazione.
Allora la storia sembrava avere una direzione, abbondavano modelli di progresso (individuale e politico) e le narrazioni storiche prendevano la forma di storie di progresso. La tarda modernità, di contro, inizia quando i ritmi del cambiamento sociale raggiungono un andamento di trasformazione intra-generazionale: in un mondo simile l’impressione di mutamenti casuali, episodici e frenetici sostituisce la nozione di progresso e di storia finalisticamente orientata; gli attori sociali percepiscono la loro vita individuale e politica come qualcosa di volatile e privo di direzione, come in una condizione di stasi iperaccelerata328.
Tra questi valori che scompaiono, uno che viene spesso nominato è il senso di comunità. Intorno a questa mancanza, si costruisce una grande parte del discorso a seguire, sul senso scomparso di relazione tra gli individui, sulla metamorfosi degli spazi sociali all’interno dei quali le comunità integrate basavano la propria esistenza. Lentamente questo discorso di scomparsa entra in circolazione, e non è possibile considerare questa circolazione come un atto passivo; si potrebbe definire come una circolazione velata, come una pellicola sensibile o un filtro che si posa sulle situazioni comuni, una forma parallela dalla quale si crea l’anima dello stereotipo e la sua capacità di diffusione capillare, se non fosse di per se già in movimento, in moto tra un discorso e l’altro. Non è semplice uscire da questo binario. Se lo stereotipo è già in movimento e se si basa direttamente su forme archetipiche pre-esistenti, ad esempio il senso della nostalgia legato alla memoria della terra di Arcadia329, da dove nascono i nuovi stereotipi?
Non sono formule scientifiche quelle che possono permettere l’uscita da questo quesito. La nostalgia, è una forma archetipica e stereotipica insieme, dove è possibile incontrare molti temi, come l’insoddisfazione, la giustificazione, il timore per il futuro, la mancanza di prospettive, la difficoltà nella lettura del presente. Altro spazio interessante, che potrebbe essere contrapposto allo spazio della nostalgia, è quello della fantasia; questo spazio permette il superamento del pensiero di massa, dello stereotipo e del pessimismo caustico tipico della nostalgia. Tramite la
328 H. ROSA, Accelerazione e alienazione. Einaudi, Torino, 2015, p. 49
329 Molto affascinante il concetto di Arcadia, sviluppatosi particolarmente nel rinascimento, in riferimento ad
un topos letterario, oltre che pittorico, derivato dalla regione greca dell’Arcadia nel Peloponneso, patria del Dio Pan, terra dove era possibile vivere a contatto con la natura senza contaminarsi con il resto della civiltà.
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fantasia, ossia grazie all’incoraggiamento di un pensiero a contatto con il mondo dell’idea330,
l’essere umano è libero di leggere il reale in forme originali e sempre diverse. Purtroppo anche queste si con-formano in dimensioni che diventano ripetute e ripetitive, fantasie condivise, secondo processi di relativa assimilabilità degli universi fantastici già esistenti, che si spostano nel tempo secondo flussi storici e tendenze, per ritornare e ripresentarsi ciclicamente. Questi ritorni sono la prova della loro efficacia.
L’imago puerilis non nasce completamente predefinita. Subisce le influenze storiche e di contesto,
si forma all’inizio della nostra esistenza concreta, grazie alla prima osservazione del mondo reale. Ne sono responsabili le forme dialettiche e visuali che ci circondano in un periodo circoscritto, che può allungarsi fino all’adolescenza o ancora oltre. Individuare la propria imago puerilis, non ha a che fare con una regolamentazione definitiva e rigida, ma è possibile grazie ad un approccio alla propria storia che ha a che fare con la psicologia soggettiva e che si sviluppa in questo determinato periodo storico in maniera accentuata, con la pratica dell’autobiografismo e della scrittura terapeutica (come nel caso di Freire nel suo libro Aprender com a propria historia, scritto insieme a Sergio Guimaraes). La grave minaccia insita nell’invasione delle tecnologie di comunicazione331 deriva dal fatto che questa dimensione visuale e testuale, di messaggi
numericamente sovrabbondanti, sommerge l’individuo nella fase della sua formazione primaria, riducendo il tempo – fondamentale – che l’organismo e la mente dedicano – da sempre – alla comprensione di questa dimensione circostante.
L’organismo si adegua a questo sovraccarico, ed è per questo che si continua a sostenere che i neonati del XXI secolo sono molto più reattivi dei loro predecessori; non riesco a condividere questa opinione. I neonati del XXI secolo che vengono chiamati, in maniera significativa, Nativi Digitali332 sono esseri viventi in stato di mutazione proprio a causa del contatto con le tecnologie. Il fondatore di questo termine, non parla di mutazione, ma di evoluzione. Di certo l’essere umano acquisisce sempre nuove caratteristiche, a disposizione della risoluzione dei problemi che lo circondano. Ma è a questo punto che entra nella discussione il concetto di soglia; fino a quale velocità potrà spingersi il nostro organismo nell’atto dell’evoluzione e del progredire? E quanto si può parlare ancora di evoluzione, invece che di in-voluzione, dopo aver superato una serie di limiti, che sono limiti di attenzione e di cura?
330 Si cerca di potenziare in questo passo, la capacità di interagire con l’universo interiore delle idee,
assimilando il principio d’individuazione dell’imago puerilis, come processo di emancipazione nei confronti dell’omologazione tecnologica contemporanea.
331 “I mezzi di comunicazione influenzano il processo di socializzazione; in particolare, sul modo in cui
l’invenzione della stampa abbia creato l’infanzia e sul modo in cui, invece, i mezzi elettronici di comunicazione ne stiano determinando la scomparsa.” In N. PORTMAN, La scomparsa dell’infanzia. Armando Editore, Roma, 1984