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Euforia: osservazione del trauma

PARTE QUARTA CASI-STUDIO

3. Euforia: osservazione del trauma

Il momento presente può assumere talvolta toni tragici. Coesistono forze maggiori che si scontrano contro quella scogliera già della violenta e grave della realtà, producendo manifestazioni di dolore, attriti globali e paure, che, per quanto possiamo mettere da parte con fare borghese, ovvero in quanto difensori del benessere raggiunto dall’occidente, riaffiorano nella paranoia generale, aumentata negli ultimi decenni in grado esponenziale. Coesistono due forze principali, non soltanto nel destino del mondo, ma nel nostro approcciarsi ad esso. La lotta tra il bene e il male non risolve questo dualismo. Gli anni ’20 del XX secolo hanno rappresentato un ottimo esempio di come l’euforia potesse regnare, a pochi passi dalla fine di una guerra – ovviamente tenendo conto di un dislivello di classe insormontabile – e alla vigilia di una crisi strutturale – e ciclica – del sistema capitalista, che avrebbe portato ad un’altra guerra e all’olocausto. Di per se, l’invenzione di una parola che potesse contenere la portata dell’atrocità basterebbe a farci comprendere la

360 G. DELEUZE, F. GUATTARI, Millepiani. Castelvecchi, Milano, 1980 361 M. GALLERANI, L'abitare Etico. Loffredo, Napoli, 2011

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dimensione e la cifra qualitativa della situazione. Tecnoevo è un epiteto, e non una categorizzazione storica; per epiteto s’intende una sovrapposizione, un nomignolo che non corrisponde ad una tipologia determinata, ma è più simile a quello che abbiamo delineato nel teorizzare l'ambiente storico362. In questo ambiente torico è contenuta la modernità, Tecnoevo è

una ragione per affrontare il presente, è ciò che si considera un pretesto di partenza. Ogni mutazione – ogni rivoluzione – accade in successione ad una serie di eventi, si compone di una serie di azioni molteplici che, solo se osservate a distanza, producono la nascita di ciò che in seguito considereremo come un fenomeno compiuto, conferendogli una dicitura rivoluzionaria. Se pensiamo ai principi narrativi primari della letteratura o del cinema, notiamo lo stesso procedimento; una tendenza si esprime attraverso una produzione considerata d’avanguardia, mentre altre ancora obsolete ma sicure della propria struttura si attestano con più solidità nel mercato, mentre lentamente alcune delle soluzioni drammaturgiche vengono adottate, fino a divenire parte della nuova tendenza che si sposta necessariamente in avanti o indietro, a seconda di una ciclicità dei costumi, del periodo storico a contatto con la stagione politica, con i sommovimenti planetari. Questo perlomeno è quanto percepiamo da un punto di vista narrativo, essendo l’osservazione della realtà delle cose un’operazione sempre più imprevedibile.

Da un’azione si scatena il movimento, e nuova azione; la serie di azioni provocano ciò che si potrebbe chiamare trauma, dunque il risultato di un’azione. Nell’universo culturale brasiliano, questo tema è stato affrontato dalla letteratura in maniera originale. Una letteratura che deriva in parte dallo stile cronachistico francese, in voga nell’ultima parte del secolo XIX, ma anche, secondo Gilberto Freyre, da una certa maniera spagnola di trasformare il lavoro filologico in psicologico, e successivamente, in poetico. L’opera di Euclydes da Cunha, conosciuta in Italia per un’edizione del 1953 del suo capolavoro Os Sertoes – Brasile ignoto – è molto indicativa in questo senso. Arruolato nell’esercito per combattere nel nordest del paese contro la rivolta dei Canudos, il giovane ingegnere Euclydes riuscì a completare un’opera di importanza cruciale nello sviluppo della letteratura moderna brasiliana. Di certo un vantaggio, questa giovane letteratura sudamericana, lo possedeva; non dover fare i conti con predecessori illustri come nel caso delle lingue romanze europee. Ma proprio in questa libertà, grazie al potersi concedere una freschezza e una agilità tipica del nuovo mondo coloniale, in questa predisposizione a vincere il presente e saper rappresentare una realtà che solo avendola vissuta come protagonisti, come testimoni diretti, si può possedere, proprio qui esiste il fascino, oltre che l’estrema intensità e pertinenza, intrisa di tropicalismo, dell’opera di Euclydes da Cunha. Questa letteratura riuscì a sviluppare uno

362 L'ambiente storico è qualcosa di paragonabile al concetto di milieu culturale, dunque una parentesi, un

sostrato comune e riconoscibile, da cui ripartire. La possibilità di utilizzare l'ambiente storico come strumento condivisibile permette al ricercatore di trasmettere una sensazione attraverso quello che possiamo considerare un ambiente comune, stabilito da alcune interconnessioni storiche ed estetiche; il concetto di Emilia rossa, è un ambiente storico riconoscibile, un luogo che avviene e si avvera nello Spazio dell'immaginario, in quanto spazio co-esistente come spazio materiale. Si riflette su quale tra i due sia più capace di influenzare l'altro, in un alterno gioco di contaminazione.

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stile che si pone in bilico tra il saggio sociologico e il racconto, molto peculiare rispetto alla letteratura europea.

Numa quasi mania collectiva da perseguiçao, andamos, por vezes, ás arrancadas com alguns espectros: o perigo allemã e o perigo yankee. Nunca, em toda a nossa vida historica, o terror do estrangeiro assumiu tão alarmante aspecto, ou abalou tão profundamente as almas. Estamos, neste ponto, como os romanos da decadencia depois dos revezes de Varus: escutamos o rumor longinquo da invasão363.

L’Europa subisce, anche a livello di creatività intellettuale, un ristagno evidente, una neutralizzazione che viene dall’interno stesso delle sue fucine culturali. L’intellettuale europeo deve essere in grado, non soltanto di guardare oltre – oceano – ma soprattutto di saper vedere all’interno del proprio ventre protetto continentale, anche quegli eventi controversi e tabù, cogliendo – e descrivendo – i traumi che è capace di osservare. Non deve essere la visione del trauma, o quella del dolore, l’oggetto privilegiato dell’attenzione per motivi di natura morbosa o voyeuristica364. Al contrario valorizzare la capacità di leggere, individuare e proporre anche le

buone pratiche e le eccellenze, le quali spesso non si colgono per un atteggiamento critico miope e univoco, pratiche che possono implementare e aiutare la realtà esistente, questo rappresenta certamente uno dei compiti della fascia umana e intellettuale che si fa produttrice di cultura. Ma un adeguamento all’energia euforica mistificatoria, che è l’agente necessario a giustificare un investimento colossale come può essere quello olimpionico, considerato come acceleratore di un processo di civilizzazione e progresso, è pericoloso. Leggiamo ancora nelle parole di Da Cunha:

Quando o almirante Dewey rematou em Manilha a campanha accelerada que em tão pouco tempo se alongara, num theatro de operações de 160° de longitude, da ilha de Cuba ás extremas do Pacifico, a conquista das Filippinas pareceu a toda gente uma intervençao dessassombrada do yankee na partilha do continente asiatico. Os melhores propagandistas de uma politica liberal e respeitadora da autonomia de outros povos, os mesmos anti-expansionistas do North America, justificavam uma posse arduamente conseguida através de uma lucta penosa e ferocissima365

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Come presi da una mania collettiva di persecuzione, andiamo, alle volte, arrancando con alcuni spettri:

il pericolo tedesco e il pericolo yankee. Mai, nel corso storico della nostra vita, il terrore dello straniero ha assunto un aspetto così allarmante, ha segnato così in profondità le anime. Siamo, a questo punto, come i romani della decadenza al ritorno di Varus: ascoltiamo il rumore distante dell’invasione”. In Temores Vãos (Horror Vacui) all’interno di E. DA CUNHA, Contrastes e Confrontos. Livraria Chardron, Porto, 1923 p. 18

364 A questo proposito ricordiamo il testo di Susan Sonntag, Davanti dolore degli Altri. Mondadori, Milano,

2006

365 “Quando l’ammiraglio Dewey concluse a Manila la breve campagna che da lì a poco tempo si sarebbe

prolugnata, in uno scenario di operazioni a 160’ di longitudine, tra l’isola di Cuba all’estremo del pacifico, la conquista delle Filippine sembrò a tutti un intervento audace di uno Yankee nella spartizione del continente asiatico. I propagandisti più convinti di una politica liberale e che rispettosa delle autonomie degli altri popoli, così come gli stessi anti-interventisti del Nord America, giustificarono una conquista conseguita con difficoltà, grazie a una lotta greve e ferocissima”. In Temores Vãos di E. DA CUNHA, Contrastes e Confrontos. Livraria Chardon, Porto 1923, p. 183

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4. London (o anche Michael J. Wells come un picaro postmoderno)

Tutto è iniziato a Londra nel 2010. La città vinceva the bid, superando una Parigi molto agguerrita. L'intera operazione era simile ad una finale di coppa dei campioni e l'attesa del risultato avveniva davanti ai televisori e faceva notizia, come una competizione di tipo sportivo. D'altra parte si trattava di una competizione a tutti gli effetti; com-petere, ovvero avveniva la richiesta contemporanea di due soggetti per ottenere qualcosa: la stessa cosa.

In questo caso il risultato - o la vittoria finale - non sarebbe stato un semplice trofeo, ma un grande insieme di pratiche, di azioni e reazioni, un urto decennale per la città, ma soprattutto di appalti. Il tema dell'opportunità diventa decisivo nello sviluppo della concezione sociale del grande evento. Come si è cercato di definire nella prima parte del lavoro, il grande evento è un insieme coinvolgente e complesso, e un catalizzatore collettivo. Nel caso di Londra, questo aspetto di calamita, o di sorgente, di oggetto totemico intorno al quale fare incrociare una serie di rivendicazioni, atti di protesta che esistevano precedentemente e talvolta scollegati dal tema della

regeneration olimpica, atti critici che con tutta probabilità confluirono per motivi anche strumentali

in un luogo non idoneo, è stato molto evidente. La comunità di boaters con la quale ho condiviso una serie di azioni, attraverso uno stretto dialogo con alcuni di loro, in particolare con Michael J. Wells, in qualità di testimone privilegiato – il nostro picaro postmoderno – ha avuto un ruolo centrale nella contestazione di un evento che è stato capace di trasformare – alcuni dicono annientare – un territorio creativo e pulsante, per rigenerarlo secondo schemi della società neo- liberista, facendo avverare un fenomeno molto dibattuto in questi decenni che prende il nome di gentrificazione366. Parlando di questo processo gentrificante, mi permetterò di raccontare qui gli

eventi di ordinaria straordinarietà che ho avuto modo di osservare direttamente nel corso di quell’ ultimo anno straordinario in attesa dei giochi, che ho avuto occasione di vivere nella capitale inglese.

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