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evoluzione della politica della ricerca: il quadro normativo degli ultimi 15 ann

l a ricerca agricola in italia :

2.2 evoluzione della politica della ricerca: il quadro normativo degli ultimi 15 ann

Delineare il percorso politico e normativo seguito dalla ricerca pubblica (non solo agricola) in Italia è fondamentale per comprendere l’indirizzo che questa ha assunto negli ultimi 15 anni in termini di ricerca e innovazione (R&I). Il tutto non può prescindere dal contesto europeo di riferimento, all’interno del quale sono state maturate le decisioni e i regolamenti che hanno condotto all’attuale configurazione dei sistemi della conoscenza, di cui la ricerca di una nazione è componente centrale.

2.2.1 Il contesto europeo per le politiche nazionali e regionali di ricerca e inno-

vazione

Sebbene la ricerca scientifica costituisca un ambito di sostegno da parte dell’Europa sin dai primi anni della sua fondazione (anni ’50), è tuttavia nel corso degli anni ’80 e dei primi anni ’90 che questa assume un impegno più esplicito in merito all’incentivazione e al coordinamento della ricerca negli Stati Membri (cfr. capitolo 6, Parte II). Risale difatti al 1984 il primo piano pluriennale comunitario per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (Pro- gramma Quadro – PQ), ma è con l’Atto Unico Europeo (1986) che viene istituzionalizzato un approccio basato su una ricerca coordinata tra gli Stati Membri e centrata su attività di interesse comunitario. I successivi Trattato di Maastricht istitutivo dell’UE (1992) e

Trattato di Amsterdam3 (1997) contribuiscono a costituire la base giuridica su cui poggia

la politica comunitaria di sostegno in materia di ricerca e sviluppo tecnologico e segnano l’inizio di una vera politica di coordinamento della ricerca.

All’inizio degli anni ’90, difatti, l’attività di ricerca in Europa risulta essere ancora svolta soprattutto a livello nazionale: piuttosto che in un’ottica di sistema coeso, essa è vista come la semplice somma delle attività svolte dai quindici Stati Membri, mediante 3 Firmato nell’ottobre 1997, è uno dei trattati istitutivi dell’UE, nonché il primo tentativo di riformare le istituzioni

le proprie politiche nazionali e regionali in materia, con le attività promosse dall’Unione Europea (UE) nell’ambito dei Programmi Quadro. La stessa evoluzione dei PQ nel tempo avviene dunque di pari passo con la manifestata esigenza di organizzare la cooperazione a diversi livelli (coordinando politiche regionali, nazionali e sovranazionali e aumentando la mobilità degli individui e delle idee), e ruota intorno sia alle esigenze di ricerca, sia alle necessità emergenti di una società più complessa, con nuovi bisogni cui anche la R&I pos-

sono rispondere4.

La consapevolezza della necessità di creare un modello europeo più integrato e dina- mico che armonizzi con maggior coerenza le singole politiche nazionali/regionali e quella dell’Unione, porta in seguito all’elaborazione di una vera e propria strategia di politica unitaria “europea” della ricerca, formalizzatasi nel 2000 con l’istituzione dello Spazio Eu-

ropeo della Ricerca (SER) [Commissione Europea, 2000, 2002, 2008; Constantin, 2011]5.

La creazione del SER costituisce di fatto un’opportunità per uscire dal regime di “segrega- zione” in cui operano i sistemi pubblici di ricerca fino alla fine degli anni ’90, nonchè dalla completa assenza di coordinamento nell’attuazione delle politiche di ricerca a livello euro- peo e nazionale. È proprio in questo periodo che comincia dunque ad essere evidenziato il ruolo dell’innovazione tecnologica nello sviluppo regionale, fino a rafforzare la correlazione sempre più stretta tra conoscenza e competitività (Consiglio europeo di Lisbona, 2000), per poi integrarvi anche la dimensione ambientale (Consiglio europeo di Göteborg, 2001) e successivamente sociale (Consiglio europeo di Bruxelles del giugno 2005; Strategia Europa 2020).

Il quadro europeo nel quale operano i sistemi nazionali della ricerca può essere dun- que ricondotto a due ambiti principali. Il primo è relativo alle politiche europee specifiche per la ricerca e innovazione, programmate e gestite direttamente dall’UE, e che trovano nello strumento dei Programmi Quadro la loro massima esplicitazione. Il secondo riguarda invece l’ambito delle politiche di coesione e quelle di sviluppo rurale e della pesca. Esso utilizza diversi strumenti la cui programmazione e gestione fanno capo alle istituzioni nazionali o regionali (es. Programmi operativi nazionali/regionali, Programmi di sviluppo rurale, ecc.), ed in cui, per quanto detto, sono sempre più promossi interventi volti ad in- crementare l’innovazione e potenziare il capitale umano.

Entrambe le dimensioni europee, quella della ricerca e innovazione e quella dello sviluppo regionale, hanno fortemente condizionato e continuano ad influenzare l’evoluzio- ne delle politiche nazionali. La crescente importanza riconosciuta in ambito europeo alla conoscenza quale fattore di sviluppo ha infatti determinato un processo di rinnovamento dapprima del sistema di ricerca comunitario e poi, a catena, delle politiche nazionali e regionali, con riferimento sia a contenuti che alle modalità di attuazione (programmazio- ne, incentivazione dell’eccellenza scientifica, grado di internazionalizzazione dei sistemi, interdisciplinarietà della ricerca, promozione della ricerca privata, ecc.).

D’altro canto, le politiche nazionali e regionali della ricerca, oltre ad avere una pro- pria “strutturazione” in termini di istituzioni coinvolte, origine delle fonti di finanziamento 4 Difatti, se i primi PQ mostrano una impostazione per settori produttivi e puntano sostanzialmente sulla ricerca a fini industriali, per la quale si presentano come meri strumenti di finanziamento, nel tempo questa visione “ristret- ta” si è aperta, articolandosi su diversi fronti e piani.

5 Il problema della mancanza di coerenza tra i piani nazionali/regionali e comunitario era stato dibattuto nel mag- gio del 1999 in sede di riunione informale dei Ministri della Ricerca con i rappresentanti della comunità scientifica, ribadito dal Consiglio Ricerca del dicembre dello stesso anno, nonché riconosciuto anche dal Parlamento Europeo, interessato ad una nuova struttura che l’attività di ricerca dell’Unione dovesse assumere (Commissione Europea, 2000).

e strategie di promozione, si esplicano da tempo anche attraverso il grado di adesione agli strumenti comunitari per lo sviluppo delle regioni europee, ideando ed adottando una programmazione tesa a dare rilevanza alla ricerca ed innovazione sulla base degli stimoli provenienti, appunto, dal livello sovranazionale. La comprensione delle attuali peculiarità di tali politiche non può quindi non tener conto del quadro esterno nel quale esse sono venute a delinearsi.

2.2.2 La politica della ricerca in Italia

Una delle riforme più rilevanti degli ultimi quindici anni che segna peraltro la rior- ganizzazione del “sistema pubblico di ricerca” è la Legge Bassanini (n. 59 del 1997), dal titolo: “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione ammi- nistrativa” (figura 2.1). Primo passo verso la trasformazione dello stato italiano in senso federalista, all’articolo 11 sancisce il riordino e la razionalizzazione degli interventi diretti a promuovere e sostenere il settore della ricerca scientifica e tecnologica nazionale, nonché gli organismi operanti nel settore stesso. In particolare, stabilisce (con l’art. 18) i criteri e i principi ai quali il Governo si attiene allo scopo di: (a) individuare una sede di indirizzo strategico e di coordinamento della politica nazionale della ricerca (anche con riferimento alla sua dimensione europea e internazionale); (b) riordinare, secondo i criteri di program- mazione, gli enti operanti nel settore, la loro struttura, il loro funzionamento nell’intento di assicurare il massimo livello di flessibilità, autonomia ed efficienza; (c) provvedere allo snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e alla promozione del trasferimento e della diffusione della tecnologia (INEA, 2002). La legge prevede peral- tro anche procedure per la valutazione dei risultati dell’attività di ricerca e dell’impatto dell’innovazione tecnologica sulla vita economica e sociale, nonché la programmazione e il coordinamento dei flussi finanziari in ordine agli obiettivi generali della politica di ricerca (Esposti et al., 2010).

Alla legge fa seguito il Decreto Legislativo n. 204 del 1998 (D.Lgs n. 204/1998) detto “cervello del sistema della ricerca”: emanato dal Ministero dell’Università e della Ricerca

Scientifica e Tecnologica (MURST)6, il decreto reca le disposizioni per il coordinamento,

la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell’art. 11 della citata Legge Bassanini (INEA, 2002). A partire dal D.Lgs n. 204/1998, il processo di evoluzione del sistema di ricerca pubblico italiano si è focalizzato su due obiettivi principali: (1) l’impostazione e la promozione di un sistema sta- bile ed omogeneo di valutazione della ricerca in termini sia di produzione scientifica, sia di organizzazione e gestione; (2) la promozione di un collegamento funzionale sempre più efficace tra le attività di ricerca e gli indirizzi politici di sviluppo (Vagnozzi, 2005). Quanto al primo obiettivo, la riforma ha trovato applicazione con la messa a regime dei Comitati di valutazione della gran parte delle istituzioni di ricerca italiane e con la pubblicazione (av- venuta tuttavia solo nel marzo 2004) del bando per il primo esercizio di valutazione trien-

nale della ricerca7. Il D.Lgs n. 204/1998 istituisce difatti il Comitato di Indirizzo per la

Valutazione della Ricerca (CIVR), con il compito di promuovere la sperimentazione, l’ap- plicazione e la diffusione di metodologie, tecniche e pratiche di valutazione, e di indicare i 6 Il MURST è stato istituito con la Legge n. 168 del 9 maggio 1989.

criteri generali per le attività di valutazione sia dei risultati della ricerca (dunque progetti scientifici e tecnologici) sia degli enti e delle istituzioni scientifiche e di ricerca (dunque programmi e attività di ricerca), favorendo al riguardo il confronto e la cooperazione tra le diverse istituzioni operanti nel settore, nazionali e internazionali. Per quanto concerne, invece, il raggiungimento dell’obiettivo di promozione di un collegamento funzionale effi- cace tra l’attività di ricerca e le scelte politiche, lo strumento utilizzato è la promozione di modalità di finanziamento delle attività di ricerca sempre più legate alle priorità temati- che individuate dalla politica e a forme di collaborazione (ad esempio, partenariati per la presentazione di progetti, tavoli di concertazione della domanda di ricerca) con il sistema produttivo (Vagnozzi, 2005). Con il decreto si dà infatti avvio al processo di redazione dei Programmi Nazionali per la Ricerca (PNR) che, con riferimento alla dimensione europea e internazionale della ricerca e tenendo conto delle iniziative, dei contributi e anche delle realtà di ricerca regionali, definiscono gli obiettivi generali e le modalità di attuazione degli interventi alla cui realizzazione concorrono con proprie risorse le Pubbliche Amministra- zioni, comprese le università e gli enti di ricerca, con le specificità dei loro ordinamenti e nel rispetto delle loro autonomie ed attività istituzionali (Esposti et al., 2010). Il decreto, in aggiunta, prevede l’istituzione di alcuni strumenti per il coordinamento e la partecipazio- ne, quali il Comitato di esperti per la politica della ricerca, i Consigli scientifici nazionali, l’Assemblea della scienza e della tecnologia.

A questo decreto fa seguito il D.Lgs n. 297/1999 recante il titolo “Riordino del- la disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori emanato

dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR)8. Al fine di rafforzare la competitività

tecnologica dei settori produttivi e di accrescere la quota di produzione e di occupazione di alta qualificazione, il decreto disciplina e riordina gli interventi di sostegno alla ricerca industriale, alla connessa formazione e alla diffusione delle tecnologie derivanti dalle at- tività stesse, nonché promuove interventi organici attraverso la costituzione di un unico strumento finanziario, il Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR), gestito contabil- mente dal MIUR (INEA, 2002).

All’approvazione del decreto hanno fatto seguito anni di “assestamento” per l’intera materia, caratterizzati dalla preesistenza di progetti presentati e in parte istruiti nell’ambi- to delle precedenti leggi n. 46/82 e n. 488/92 e che si è scelto di portare avanti (Vagnozzi et al., 2008). Il decreto quindi mette ordine su una materia affrontata già da tempo, ma con

norme diverse e su argomenti specifici9.

Il 21 dicembre 2000 viene approvato dal CIPE il primo Programma Nazionale della