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del

SiStema

della

ricerca

agricola

in italia

(di Anna Vagnozzi, Ines Di Paolo e Valentina Cristiana Materia)

Sebbene il quadro delineato nel primo capitolo di questo Rapporto circa le traiet- torie evolutive del sistema della ricerca agricola possa essere di generale validità, almeno nel contesto dei paesi sviluppati, ogni singola realtà nazionale mostra forti specificità sia rispetto alla sua architettura che rispetto alla sua traiettoria evolutiva. Non è possibile, cioè, definire una one-size-fits-all formula nei confronti della quale valutare la congruità delle scelte politiche compiute. Anche solo limitandosi al contesto della UE, i “modelli” na- zionali che possono essere individuati sono piuttosto diversi (Materia, 2012; Poppe, 2012).

Con riferimento al caso italiano, a conclusione della dettagliata analisi della strut- tura, del funzionamento e dell’evoluzione delle varie componenti del sistema della ricerca agricola condotta nella seconda parte del Rapporto, sembra opportuno tentare una lettura complessiva e di sintesi del modello che ne emerge, anche per fornire alcune indicazioni di carattere generale circa i principali punti di forza e di debolezza.

In primo luogo, emerge con chiarezza come, analogamente ad altri paesi sviluppati, anche il sistema della ricerca agricola italiano stia da tempo vivendo profonde trasforma- zioni, più o meno governate, ma certamente riconducibili ai processi evolutivi di portata generale evidenziati nella prima parte del Rapporto. Proprio in relazione a questi processi evolutivi, ciò che del sistema della ricerca pubblica agricola in Italia sembra peculiare rispetto ad altri paesi è la sua configurazione molto articolata, non facile da ricondurre a un organico quadro di sistema, per molti aspetti fortemente frammentata e dispersa terri- torialmente; apparentemente “vicina” alle esigenze dei territori, ma allo stesso tempo con una scarsa integrazione tra i vari soggetti e, invece, ancora con un orientamento prevalen- temente top-down.

Questa caratteristica è molto evidente nel caso del sistema della ricerca pubblica che, da un lato, assume un elevato grado di frammentazione e “localizzazione” ma, allo stesso tempo, mantiene ancora preponderanti, soprattutto in ambito universitario, le logiche ti- piche della ricerca non finalizzata, non vincolata ad obiettivi applicativi, né efficacemente integrata con altre componenti del sistema o con gli utilizzatori. Nell’ultimo decennio, peraltro, un crescente ruolo è stato assunto dalle Regioni che hanno progressivamente sviluppato traiettorie proprie, quasi dei sistemi regionali, autonomi con qualche difficoltà di integrazione con il sistema nazionale. È inevitabile che in tale contesto le risorse finan- ziarie e umane, di per sé già insufficienti, risultino fortemente disperse.

8.1 Stimoli e supporti alla politica nazionale/regionale da parte del livello

europeo

La ricerca promossa dall’UE, principalmente attraverso i Programmi quadro, è stata caratterizzata dai seguenti elementi distintivi:

- mission orientata a premiare l’eccellenza scientifica e l’efficienza nell’utilizzo sia del- le risorse umane che finanziarie;

- grande attenzione alla domanda e al trasferimento di innovazione in agricoltura at-

traverso il sostegno a temi di ricerca applicata che rispondessero alle richieste della società civile;

- potenziamento della ricerca curiosity driven mediante il finanziamento di progetti

non finalizzati (Priorità “Idee” del 7° PQ);

- incentivazione alla impostazione di progetti complessi ed ambiziosi, con un alto livel-

lo di interdisciplinarietà e la creazione di una vasta rete di contatti tra istituti e centri di ricerca e trasferimento tecnologico europei ed extraeuropei, nonché tra questi e

vari soggetti imprenditoriali1.

In questo contesto, i PQ hanno svolto un ruolo di stimolo per lo sviluppo e la ridefi- nizione delle politiche nazionali, nonché per una riorganizzazione dei sistemi nazionali di ricerca. Essi hanno infatti costituito l’occasione per promuovere riflessioni articolate sugli obiettivi della ricerca, per confrontarsi sulla gestione delle relative politiche e per indivi- duare risposte comuni alle problematiche delle istituzioni di ricerca pubbliche e private.

Inoltre, l’aumento generalizzato a livello comunitario delle risorse per la R&S (in controtendenza rispetto agli andamenti nazionali) e il processo di miglioramento della loro gestione, dimostra proprio che il rilancio ed il rafforzamento di iniziative ed investimenti per promuovere la ricerca, l’innovazione e la competitività in Europa si pongono come una fondamentale priorità politica.

È pur vero tuttavia, che ottenere i finanziamenti comunitari per la R&I non è una operazione agevole: la complessa impostazione gestionale richiesta e i numerosi adempimenti e regole che governano sia la partecipazione alle “call” sia le procedure

connesse alla realizzazione delle ricerche2, costituiscono spesso un deterrente alla par-

tecipazione e un limite alla riuscita dei progetti sia per le strutture amministrative che le governano, sia per gli enti di ricerca che vi sono sottoposti. In questa situazione, mentre è senz’altro molto sentita la necessità di una semplificazione procedurale, è altresì importan- te che sempre più istituzioni di ricerca “capitalizzino” quanto di utile si è potuto acquisire attraverso precedenti esperienze o tentino di “agganciarsi” ad accreditate strutture già beneficiarie (quindi già pratiche) di finanziamenti comunitari per la ricerca.

Sul fronte dell’applicazione dei risultati della ricerca europea, poi, come anche la Commissione sottolinea [COM(2012) 79 final], si rende necessario assicurare un ruolo di coordinamento delle linee di azione praticabili ed è opportuno che esso sia svolto preferi- bilmente dalle Istituzioni pubbliche che sovrintendono all’attuazione delle politiche e ne governano i programmi, le procedure e i tempi. Le Regioni, dunque, possono svolgere la funzione di veri e propri motori di sviluppo, purché sappiano supportare adeguatamente la creazione di un ambiente favorevole all’innovazione tecnologica, mettendo in campo incisi- ve iniziative politiche che sappiano innanzitutto basarsi su quei percorsi strategici proposti 1 La promozione degli scambi e delle sinergie tra settore pubblico e privato è tra l’altro una delle caratteristiche di

successo della ricerca europea che ha favorito l’accesso alla ricerca europea anche alle PMI. 2 In proposito, gli elementi più critici sinora riscontrati sono:

- la progettazione delle proposte, la cui impostazione è spesso carente di informazioni di scenario e di impatto previsto, ma soprattutto non sempre mette in evidenza i bisogni dell’utenza di riferimento;

- i sistemi di monitoraggio, spesso non strutturati e perciò insufficienti ad assicurare un adeguato controllo scien- tifico, amministrativo e finanziario delle attività in itinere;

- la gestione dei partenariati, che appare complessa soprattutto per la presenza di istituzioni con natura giuridica diversa.

e sostenuti dall’UE3. Centrale, al riguardo, sarà anche la scelta delle modalità attuative più efficaci per la realizzazione degli interventi di diffusione dei risultati della ricerca, le quali dovrebbero concretamente stimolare ciò che con difficoltà riesce a generarsi in maniera spontanea: i network, ossia le reti formali ed informali tra i vari soggetti interessati, atte a creare percorsi preferenziali di sviluppo ed applicazione dell’innovazione.

In altri termini, si ritiene che gli interventi di politica regionale debbano agire con- temporaneamente lungo due direttrici interconnesse: la prima, che operi prevalentemente per l’adeguamento del sistema di offerta di innovazione, e la seconda che, invece, miri a sostenere il soddisfacimento della domanda di innovazione. Si tratta di realizzare un’a- zione combinata, per spingere i centri di ricerca pubblici ad integrarsi ed a collaborare con il tessuto produttivo e sociale regionale e per supportare il sistema imprenditoriale (e soprattutto le PMI) nella realizzazione di progetti di R&S in collaborazione con i centri di ricerca pubblici e privati.

L’opportunità offerta dalla nuova politica di sviluppo rurale di costituire l’EIP e, con- seguentemente, la Rete europea per l’innovazione (a livello centrale) e soprattutto i Grup- pi Operativi (a livello regionale e locale) appare come un’opportunità da non perdere, anche per agevolare l’accesso delle imprese agro-alimentari alle politiche di R&S, ed in particolare alle azioni previste dal PQ 2014 -2020.

Tuttavia il sostegno all’innovazione previsto nell’ambito dello sviluppo rurale, non è da solo sufficiente ad assicurare un significativo progresso del settore e, senza le opportu- ne ed adeguate integrazioni con altri strumenti di sostegno finanziario, rischia di incidere scarsamente sulla competitività delle imprese. È per questo che vari regolamenti e docu- menti programmatici della Commissione europea raccomandano fortemente di ricorrere

ad un impiego congiunto dei Fondi strutturali (e dei Fondi FEASR e FEAMP)4 con iniziative

o fonti di finanziamento comunitarie specifiche per la R&S (PQ, Cost ed Eureka).

Per lo stesso motivo, una particolare attenzione va rivolta anche alla cooperazione interregionale in ambito europeo. In effetti, lo sviluppo di sinergie tra programmi e fondi diversi è stato promosso dalla Commissione sin dal 6° PQ anche per stimolare il coordi- namento e la conseguente messa in rete delle capacità regionali, indicate come scelte importanti ai fini della realizzazione del Spazio Europeo della Ricerca e della diffusione delle innovazioni. La messa in rete di tali capacità – attraverso la partecipazione delle Isti- tuzioni regionali a progetti integrati e reti di eccellenza nel campo della R&S – è quindi fortemente incoraggiata dalla CE.

8.2 Il livello nazionale: risultati, difficoltà e obiettivi futuri

La principale considerazione che emerge dalla prima parte del Rapporto (capitolo 2) è che alcuni indirizzi politici degli anni novanta – tramutatisi in norme generali di ampio respiro – hanno inteso imprimere al sistema di ricerca italiano un’evoluzione che facesse perno intorno agli obiettivi della programmazione, della partecipazione e della valutazione. Tali intenti, tuttavia, non si sono automaticamente tradotti in un maggior coordinamento 3 Ciò appare ancor più necessario nei casi in cui i notevoli costi della ricerca, la complessità e l’intensità del fabbiso-

gno di conoscenza e gli elevati costi di investimento rendono pressoché proibitivi per i singoli attori locali percorsi autosufficienti nei processi di innovazione.

4 Il FEARS è il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale; il FEAMP è il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca 2014-2020, il quale andrà a sostituire l’attuale FEP-Fondo Europeo per la Pesca 2007-2013.