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Un nuovo paradigma e nuove traiettorie tecnologiche

1.3.1 Cosa abbiamo imparato e cosa non abbiamo capito

1.4 Alla ricerca di un nuovo modello: come ripetere quel successo?

1.4.1. Un nuovo paradigma e nuove traiettorie tecnologiche

Prima di considerare nel dettaglio le possibili forme di riorganizzazione del SCIA, sembra necessario approfondire un aspetto a cui si è finora solo fatto cenno. Al di là delle nuove sfide a cui le agricolture devono trovare adeguata risposta, a guidare questa riorga- nizzazione sembra essere soprattutto la progressiva emersione di un vero e proprio nuovo paradigma tecnologico, e di nuove traiettorie tecnologiche che da esso si delineano. Il ripensamento dell’intero SCIA non potrà che essere dettato dai vincoli che questo paradig- ma impone, nonché dalle grandi opportunità che le relative traiettorie offrono (Freibauer et al., 2011).

A grandi linee, il paradigma tecnologico di riferimento del tradizionale SCIA SS era caratterizzato dall’applicazione in ambito agricolo di GPT che consentivano la progressiva introduzione di innovazioni di processo capaci di soddisfare la principale esigenza di quel modello agricolo: produrre di più incrementando la produttività del lavoro agricolo e della terra. Le traiettorie sviluppate lungo questo paradigma sono state prevalentemente quelle delle innovazioni varietali, della genetica animale, della chimica e della farmaceutica per usi agricoli, della meccanizzazione agricola, delle materie plastiche per gli impieghi agri- coli.

Negli ultimi due decenni, a questo paradigma tecnologico se ne è sovrapposto un altro che lo sta progressivamente sostituendo. Infatti, le nuove GPT oggi già dominanti o, comunque, molto promettenti per gli sviluppi futuri (ICT, microelettronica e nanotecno- logie, moderne biotecnologie, neuroscienze, robotica, materiali avanzati, fotonica) offrono un potenziale applicativo in ambito agricolo altrettanto ampio ma di natura sostanzialmen- te diversa. La natura della innovazione nell’agroalimentare è passata da prevalentemente meccanica e chimica a biologica-biotecnologica e, più di recente e sempre più in futuro, in-

formatica34. Si è già notato (Esposti, 2005) come, nell’ambito della produzione alimentare

e del relativo ruolo dell’agricoltura, queste tecnologie stiano progressivamente ampliando le possibilità di innovazione di prodotto, stiano cioè progressivamente consentendo l’affer- marsi di una produzione modulare capace di soddisfare le esigenze sempre più differen- ziante e sempre più mutevoli del consumatore delle economie più ricche (Boehlje et al., 2011). La combinazione di queste GPT applicate all’agricoltura con un tale consumatore, 33 Da qui in avanti, l’analisi si concentrerà prevalentemente su quelle realtà/paesi in cui prevalgono le sfide della post-scarcity, cioè realtà quale quella europea e italiana in uno stadio avanzato (post-industriale) di sviluppo economico e agricolo.

34 “The scientific foundation of innovation in production agriculture has shifted from chemistry to biology”; “cyber- space and information technology influences on agrifood supply chains” (Sporleder e Boland, 2011).

molto più dinamico ed esigente (il cosiddetto iper-consumatore, o hyper-modern consu-

mer, vero protagonista della società della post-scarcity alimentare; Lipovetsky, 2010), apre

uno spazio potenziale molto ampio proprio in termini di nuovi prodotti che abbiano una qualche combinazione innovativa in termini di requisiti di funzionalità, convenienza e naturalità.

Ma c’è di più. Queste soluzioni tecnologiche oggi disponibili consentono all’agricol- tura di aprirsi alle nuove funzioni (dall’agriturismo, alla produzione di energia, alla vendita diretta), cioè di orientarsi verso le sfide tipiche della post-scarcity, ovvero sostenibilità e multifunzionalità. In altre, parole, questo nuovo paradigma tecnologico consiste in una nuova dimensione innovativa che si aggiunge all’innovazione di processo e all’innovazione di prodotto: l’innovazione di funzione (o funzionale). È bene sottolineare che introdurre nell’esercizio dell’impresa agricola nuove attività o business è di norma il risultato non tanto di innovazioni tecnologiche in quanto tali, bensì di innovazioni organizzative, ge- stionali/manageriali, di marketing. Tuttavia, queste hanno sempre una “attivazione” tec- nologica, una componente tecnologica che è resa possibile o facilitata dalle nuove soluzioni sviluppate nell’ambito delle GPT. Ecco perché, non solo in ambito agricolo, queste soluzio- ni vengono chiamate Key Enabling Technologies (KET); pur non essendo centrali nella

soluzione innovativa, esse la facilitano (European Commission, 2010b, p. 131)35. Per esem-

pio, l’agriturismo e la vendita diretta sono tra le maggiori innovazioni che hanno riguardato l’agricoltura italiana dell’ultimo ventennio. Non sono innovazioni tecnologiche; né di pro- cesso né di prodotto, ma innovazioni di funzione. Ebbene, nessuna di queste due avrebbe potuto trovare il successo che poi ha riscontrato senza uno strumento potente e pervasivo come Internet e, più in generale, senza la possibilità di comunicare in maniera nuova, ca- pillare, non centralizzata e gerarchizzata, offerta dalle ICT (Information&Communication Technologies). Accanto a questo, c’è l’avvento dell’iper-consumatore, cioè un soggetto (ap- parentemente) molto critico, molto informato e alla ricerca continua di nuovi prodotti,

esperienze, sollecitazioni, suggestioni36.

Questo nuovo spazio è l’ambito proprio del nuovo paradigma tecnologico: maggior- mente orientato alle innovazioni di prodotto e di funzione, dove l’elemento tecnologico

35 “KETs reflect the enabling nature of general purpose technologies that support widespread industrial deployment and provide significant economic improvement over existing complementary technologies” (Van Meijl e Soete, 1995, p. 112)”; “most general purpose technologies play the role of enabling technologies, opening up new oppor- tunities rather than offering complete, final solutions” (Bresnahan e Trajtenberg, 1995, p. 84); “the KETs enable process, goods and service innovation throughout the economy and are of systemic relevance” (European Commis- sion, 2010b).

36 Questo tipo di consumatore tende ad avere verso il cibo e, più in generale, verso i beni ed i servizi prodotti dall’a- gricoltura (si pensi all’agriturismo e alle agroenergie) una percezione profondamente diversa. Non più beni di prima necessità nella scelta dei quali predominano la conoscenza ex-ante e le certezze acquisite circa il prodotto che si consuma (search goods o credence goods), ma beni per i quali si va alla ricerca di nuove esperienze e sen- sazioni, si procede per tentativi (experience goods) [Nelson, 1970; West et al., 1999]. Una interessante analogia può essere fatta, in tal senso, con beni finora considerati del tutto diversi, i cosiddetti creative goods. Come questi ultimi, anche i prodotti della bioeconomia tendono ad avere queste caratteristiche: “high market uncertainty”; “competitive edge derived from originality, customization and service”; “infinite variety of products with a shorter life cycle”; “functionally close substitutes”; “product differentiation with respect to individual taste and symbolic meaning deriving from quickly changing social values and cultural norms”; “social sphere determines symbolic value of products and practical value” (Falk et al., 2010). Pur non volendo qui entrare nel merito di queste profonde evoluzioni dal lato della domanda, è evidente come il nuovo paradigma tecnologico e le relative nuove traiettorie ne siano profondamente condizionate, consentendo un graduale scivolamento verso la produzione modulare e la mass-customization (Esposti, 2005).

è spesso solo facilitatore. Quindi, uno spazio innovativo continuo37 fatto di innovazioni incrementali, adattamenti, soluzioni personalizzate, spesso disegnate dal (o insieme al) basso, dall’utente, cioè dalla domanda. Non più un paradigma basato sulla scienza e guida- to dall’offerta di soluzioni tecnologiche, ma un paradigma in cui queste soluzioni tecnolo- giche emergono talvolta dagli stessi utilizzatori, dal loro essere “in rete”, oppure dalla loro interazione con i produttori di conoscenza/scienza e di moduli tecnologici. Un’interazione che impedisce che la soluzione tecnologica sia prodotta una volta per tutte e offerta all’u- tilizzatore come pacchetto pre-costituito; essa è piuttosto uno stadio momentaneo nell’a- vanzamento e adattamento continuo di idee originariamente sviluppate per la soluzione di problemi specifici e poi condivise e rese “collettive”. Si passa da un paradigma SS, unidi- rezionale e closed-space, ad un paradigma multidirezionale e open-space che potremmo

definire Permanent-beta Network (PβN). Ne consegue che anche il SCIA tradizionalmente

impostato su un paradigma tecnologico del primo tipo, debba essere ripensato per essere compatibile e organico con un paradigma del nuovo tipo.

Il principale elemento di novità ai fini di questa ridefinizione del SCIA è che questa evoluzione verso un nuovo paradigma tecnologico modifica sostanzialmente i confini set- toriali. L’ampiezza di questo spazio innovativo potenziale verso una molteplicità di nuovi prodotti e funzioni espande e rende meno netti i confini di ciò che consideriamo “settore agricolo” con altri settori con cui questa espansione va a sovrapporsi e, quindi, convergere: il food sector, in tutte le sue varie fasi; il settore del recupero, della tutela e della riqualifi- cazione ambientale; il settore energetico; il settore turistico e delle attività culturali, edu- cative e del tempo libero. L’esito principale di tutti i cambiamenti di paradigma tecnologico è proprio la ridefinizione degli ambiti settoriali e questa convergenza di settori preceden- temente visti come ambiti distinti. In questo caso, è evidente la necessità di ampliare quelli che tradizionalmente erano i confini propri dell’agricoltura e dell’industria alimentare ver- so una più ampia e inclusiva combinazione settoriale, talvolta identificata come economia resource-based o land-based; oppure, secondo un’accezione oggi prevalente, economia

bio-based o bioeconomia38. Diverse definizioni di bioeconomia sono state proposte, più o

meno in accordo tra loro (European Commission, 2012c; Danish Presidency of the Council

37 Con riferimento a questa evoluzione, sembra dunque un errore, o comunque limitativo, pensare che l’agricoltura del futuro debba implicare la scelta di una determinata traiettoria tecnologica piuttosto che un’altra (tipicamente, biotech piuttosto che organic; Neubauer, 2010), perché l’elemento che caratterizza questo futuro è proprio l’occu- pazione di questo iperspazio innovativo, cioè si compone di tutte le traiettorie che in esso si sviluppano. Diversi, infatti, sono gli esempi di come una stessa opportunità tecnologica possa essere coniugata per rispondere ad esigenze opposte. Si consideri il caso della cosiddetta precision agriculture, cioè il ricorso ad avanzate soluzioni ICT per la gestione delle attività agricole, che viene pensata sia come soluzione per realizzare un’agricoltura iper- moderna (agricoltura 2.0) che per un ritorno alla naturalità dei processi agricoli (agricoltura blu) [Christensen 2007]. Analogamente, le moderne biotecnologie agricole possono anche essere applicate senza sollevare problemi di natura interspecifica ma proprio per migliorare specie e varietà a rischio di estinzione (cisgenetica invece che transgenetica).

38 Questa la definizione della Commissione Europea: “The bioeconomy encompasses the sustainable production of renewable biological resources and their conversion and that of waste streams into food, feed, bio-based products such as bioplastics, biofuels and bioenergy. It includes agriculture, forestry, fisheries, food and pulp and paper production, as well as parts of chemical, biotechnological and energy industries. Its sectors have a strong inno- vation potential due to their use of a wide range of sciences (life sciences, agronomy, ecology, food science and so- cial sciences), enabling industrial technologies (biotechnology, nanotechnology, information and communication technologies (ICT), and engineering), as well as local and tacit knowledge” (European Commission, 2012c).

of the European Union, 2012)39. Qui interessa relativamente poco soffermarsi sugli aspetti definitori. Ciò che interessa è piuttosto sottolineare come questo ampliamento di orizzonte dall’agricoltura tradizionalmente intesa alla bioeconomia è il risultato stesso dell’evoluzio-

ne sopra delineata verso un nuovo paradigma tecnologico dominante40. In questo senso, la

bioeconomia è quello stesso iperspazio innovativo che questo nuovo paradigma contribui- sce a generare. Quindi, anche l’analisi del sistema della conoscenza e dell’innovazione deve necessariamente ampliarsi dall’ambito settoriale tradizionale (SCIA) verso questo ambito più inclusivo e dinamico: il Sistema della Conoscenza e dell’Innovazione per la Bioecono- mia (SCIB).