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Parte II La metodologia e l’analisi dei dispositivi digitali nei muse

5 La sezione dedicata al Tempio di Giove Capitolino

5.2 Le fasi più antiche di occupazione del Colle Capitolino

Durante gli scavi effettuati tra il 1998 e il 2000 per la creazione dell’esedra di Marco Aurelio, il gruppo di archeologi afferenti alla cattedra di Paletnologia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, sotto la guida del professore Alberto Cazzella, ha esplorato l’area del Giardino Romano constatando periodi di frequentazione antropica continua risalenti fino alla media età del Bronzo (XVII-XIV secolo a. C.). Il ritrovamento di ceramica riferibile a questo periodo costituisce, infatti, la più antica testimonianza di un’occupazione stabile del colle Capitolino.

L’occupazione delle sommità di alture da parte di comunità di individui può essere considerata un fenomeno diffuso nell’Italia centrale nell’età del Bronzo. Nel caso specifico l’occupazione del Campidoglio può anche essere messa in connessione con la vicinanza di un guado del fiume Tevere che costituiva una rilevante via di collegamento con le aree interne. I materiali ceramici appartenenti a questo periodo non sono stati trovati in giacitura primaria ma in livelli successivi, in seguito a interventi di spostamento di terreno. La ceramica trova confronti sia con la più antica tipologia riferita al sito di Grotta Nuova (XVII-XV secolo a. C.) sia con la più recente facies Appenninica (Cazzella, 2008),

Durante l’età del Bronzo recente (XIII-XII secolo a.C.) si documentano numerosi interventi di sistemazione del pendio che lo resero più ripido ampliando l’area di occupazione dell’abitato. In particolare sono state notate imponenti opere di terrazzamento che prevedevano l’escavazione del versante nord-orientale del colle con

accumulo a valle del materiale di risulta e con il parallelo livellamento della sommità. In questi strati asportati sono stati trovati frammenti ceramici riferibili all’età del Bronzo recente, resti di carbone e faune (Lugli, Rosa, 2008). Inoltre, un’area ellissoidale con margini sopraelevati è stata riconosciuta sopra il terrazzamento. In questo spazio si sono riscontrate concentrazioni di materiali ceramici e di faune in diverse fasi di utilizzo. Sul margine esterno dell’area è stata documentata una piastra di cottura di cibi formata da una base di frammenti ceramici coperta da uno strato di argilla concotta (Baroni, 2008).

Per la parte finale dell’età del Bronzo (XII-XI secolo a. C.) si evidenzia una destinazione d’uso dell’area per la produzione artigianale. In particolare è stato individuato un piano realizzato con ciottoli di fiume, resti di faune e frammenti ceramici. Questa area pavimentata era destinata allo svolgimento di attività specializzate, come è dimostrato dalla presenza di una piastra di cottura in argilla e di una piccola struttura di combustione per attività metallurgiche. La mancata presenza di tracce di abitato potrebbe indicare che in questa fase l’area indagata aveva una destinazione d’uso prevalentemente produttivo. Qualora venisse accetta questa ipotesi ci troveremmo difronte a un completo controllo delle attività produttive all’interno della comunità (Boccuccia, 2008).

I ritrovamenti datati alla prima età del Ferro (X-VIII secolo a. C.) mostrano una modalità di occupazione del colle più complessa. Nello stesso luogo sono state ritrovate otto sepolture (quattro di bambini e tre di adolescenti), evidenze da collegare ad attività artigianali per la lavorazione dei metalli e tracce di un abitato. Nella prima parte del periodo si potrebbe ipotizzare che l’area indagata fosse stata parte di un settore marginale dell’abitato, adibito ad attività produttive metallurgiche e affiancato da un’area sepolcrale. Si ripeterebbe in questo caso il modello di piccolo insediamento abitativo con necropoli annessa, attestato in altre zone dell’area centrale di Roma. All’VIII secolo a.C. sono riferibili due deposizioni di giovani di quindici anni che possono essere riconosciute come sepolture di carattere eccezionale in un’epoca in cui sembra ormai definitiva la separazione tra la città dei vivi e la città dei defunti. Le uniche sepolture documentate negli abitati sono quelle di bambini sotto i quattro anni che probabilmente non sono riconosciuti come membri effettivi della comunità. Le deposizioni sembrano essere differenziate in base all’età dei defunti: per i bambini al di sotto dell’anno si utilizza l’inumazione in dolio, per quelli più grandi la deposizione in fossa. Nei vasi di corredo si ritrovano resti di offerte di cibo (Anna De Santis, 2008).

Gli scavi hanno restituito tracce di edifici a carattere abitativo precedenti la costruzione del Tempio di Giove, databili all’età orientalizzante e arcaica (VII-VI sec. a. C.). Gli edifici, di cui si conservano solamente le fondazioni senza il piano di pavimentazione, erano realizzati con muri di schegge di tufo litoide e prevedevano una copertura con tegole. Dato lo stato frammentario dei ritrovamenti, è impossibile stabilire con certezza se si trattasse di abitazioni, di strutture destinate a stoccaggio delle merci o di parti di opere di terrazzamento. I frammenti ceramici negli strati di abbandono indicano la presenza di un abitato. Sono, infatti, costituiti da vasellame da mensa, pesi da telaio, fornelli, tegole e un frammento di lastra decorativa con processione di carri. Sono inoltre presenti numerose sepolture entro fossa di infanti o bambini che possono essere collegate all’usanza di delimitare le proprietà da parte delle famiglie residenti, come avviene in altri siti nell’area centrale di Roma. Dalla stessa area indagata del Giardino Romano provengono anche tracce di un’intensa attività produttiva metallurgica come la presenza di forni a forge, scorie ferrose, frammenti di crogioli e gocce di rame. (Danti, 2008b).

Infine due grandi fosse repubblicane nell’area del Giardino Romano, databili nel I sec. a. C., sono da collegare alla distruzione di edifici limitrofi, tra i quali forse anche il tempio di Giove Capitolino. A quest’ultimo potrebbero appartenete un frammento di opus scutulatum, frammenti in alabastro riferibili ad un elemento architettonico di grandi dimensioni e parti di decorazioni in terracotta dipinta, tra i quali si distingue la testina femminile dipinta esposta nel museo.