Parte I La mediazione culturale nei musei archeologici su sito
2 Tecnologie digitali per la mediazione culturale nei muse
2.1 Introduzione delle tecnologie digitali nei musei
2.1.1 Quali tecnologie digitali?
Nel tentativo di sistematizzare le molteplici esperienze di applicazione di dispositivi digitali accumulate negli anni, può essere utile procedere a una macro classificazione delle nuove tecnologie utilizzate nella comunicazione museale suddivise per tipologia di applicazione (Abad, Gil, Arzua-Solzabal, 2009a):
− applicazioni off-line. In questa categoria si possono considerare tutti gli strumenti che sono integrati nell’allestimento museale con una postazione fissa e che non permettono il collegamento a internet. Sono state tra le prime forme di tecnologia digitale a essere introdotte nell’esposizione museale, attraverso l’utilizzo di personal computer con programmi multimediali.
− Applicazioni on-line. Possono rientrare in questa categoria portali, siti, cataloghi, approfondimenti che i musei mettono a disposizione degli utenti. Anche i musei virtuali rientrano in questo gruppo.
− Applicazioni Web 2.0. Si tratta di tutte le applicazione on line che permettono un elevato livello d’interazione tra i siti web e gli utenti, attraverso la produzione e lo scambio di contenuti digitali.
− Dispositivi mobili. In questa categoria rientrano tutti gli strumenti di comunicazione portatili che possono essere usufruiti autonomamente dagli utenti e che non sono fisicamente integrati nell’allestimento.
− Ricostruzioni virtuali. In questa categoria rientrano tutti gli strumenti che permettono l’applicazione della realtà virtuale in contesti di comunicazione
museale. All’interno di questa categoria è possibile procedere a una distinzione degli strumenti utilizzati sulla base di un maggiore o minore intervento sostitutivo della realtà. È possibile considerare anche la “realtà aumentata” come una forma di ricostruzione virtuale poiché permette di intervenire sulla percezione del contesto spaziale dell’esposizione senza modificarlo direttamente.
Sebbene questa classificazione possa essere considerata un valido strumento per evidenziare specifiche caratteristiche, gli stessi autori prendono atto che queste categorie sono oggi facilmente integrabili tra loro in unici dispositivi accessibili a tutti. Grazie al telefono smartphone, che ha la possibilità di connettersi alla rete, è possibile ad esempio visitare il sito del museo per scaricare approfondimenti su alcuni argomenti che ci interessano, scegliere il nostro percorso e integrare le informazioni della visita con i collegamenti on-line che spesso includono ricostruzioni virtuali e alla fine possiamo suggerire, commentare o inviare contenuti, comunicando direttamente con il portale del museo o con gli altri visitatori, sia in modalità sincrona sia asincrona.
Ogni tentativo di classificazione degli strumenti digitali rischia di non raggiungere un grado sufficiente di esaustività, sia a causa dell’impossibilità di avere una chiara idea di tutti gli sviluppi della ricerca informatica applicata alla sfera museale, sia per la rapidità stessa con la quale le tecnologie si rinnovano aprendo nuovi scenari di sviluppo. Questa riflessione ci spinge a considerate ogni tentativo di valutazione dell’applicazione di dispositivi digitali circoscritto in un contesto temporale specifico e, allo stesso tempo, a interrogarci su quale piano di analisi è necessario concentrare la nostra attenzione per interpretare il fenomeno in una prospettiva di lungo periodo.
Se spostiamo le nostra riflessione verso la reale applicazione di questi dispositivi nella strategia comunicativa del museo, è possibile porre l’attenzione su alcuni tentativi di classificazione delle forme in cui essi sono stati integrati nelle esposizioni, dallo loro introduzione fino ai nostri giorni. Parry e Sawyer (2005) hanno proposto una storia dell’introduzione dei dispositivi digitali nei musei in sei fasi distinte:
1. Esterni (1950-1960). I dispositivi digitali sono esterni al museo.
2. Periferici (1970). I dispositivi digitali sono utilizzati solamente nella gestione delle collezioni e nella ricerca, con approcci sperimentali che dipendono da iniziative individuali.
3. Inclusi (1980-1990). I dispositivi sono inclusi nell’esposizione ma in ambienti distinti che li separano dalle opere.
4. Discreti (1990). I dispositivi sono all’interno delle sale dell’esposizione come strumenti interattivi indipendenti.
5. Integrati (oggi). I dispositivi sono perfettamente inseriti come parte dell’esposizione e permettono un dialogo verso l’esterno attraverso il collegamento alle rete.
6. Innati (in corso di sviluppo). Le esposizioni sono pensate come un medium digitale in cui i visitatori possono vivere un’esperienza di interazione attraverso dispositivi digitali intuitivi.
Questo tentativo di categorizzazione, che risale al 2005, aveva già anticipato gli sviluppi che possiamo oggi verificare nelle più avanzate esperienze di allestimenti museali, dove la struttura stessa dell’esposizione prevede l’utilizzo di tecnologie digitali come forma prioritaria di comunicazione. Allo stesso tempo possiamo verificare come ci sia un ritardo nell’ammodernamento digitale delle esposizioni esistenti, in cui non sono generalmente previste riorganizzazioni degli allestimenti in funzione degli sviluppi delle tecnologie digitali.
Attraverso una ricerca empirica condotta nel Regno Unito, Pujol-Tost (2011) ha proposto una rielaborazione della precedente categorizzazione, partendo dalla considerazione che in molti musei convivono diverse forme di integrazione dei dispositivi. Inoltre lo studio ha rilevato come in alcuni dispositivi possono essere integrati aspetti inclusi nelle diverse categorie individuate da Parry e Sawyer. Partendo dalla considerazione che per analizzare il grado di integrazione dei dispositivi fosse necessario prendere in considerazione alcuni aspetti, quali il contenuto, l’interfaccia e la posizione nello spazio espositivo, Pujol-Tost ha suddiviso i suddetti dispositivi digitali in:
− Inclusi: come personal computer o postazioni informatiche inseriti in ambienti esterni all’esposizione.
− Discreti: personal computer o postazioni in relazione agli oggetti esposti, con una possibile connessione alla rete.
possibilmente immersiva e con la possibilità di un collegamento con la rete. In questi casi la tecnologia utilizzata è perfettamente integrata con l’allestimento, “instead of being a showcase, the exhibition room becomes a medium of media” (ivi, p. 75).