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Il plastico ricostruttivo del Tempio di Giove, VI secolo a.C

Parte II La metodologia e l’analisi dei dispositivi digitali nei muse

5 La sezione dedicata al Tempio di Giove Capitolino

5.5 Il Tempio di Giove Capitolino

5.5.4 Il plastico ricostruttivo del Tempio di Giove, VI secolo a.C

Questo dispositivo di mediazione è composto da un plastico ricostruttivo del Tempio di Giove Capitolino, una didascalia e un pannello posti alla base. La didascalia si riferisce al plastico stesso e il pannello riporta il titolo “Il plastico ricostruttivo del Tempio di Giove, VI secolo a.C.” (fig. 60).

Il plastico è posto in asse con il Muro Romano, addossato alla parete del museo, oltre il primo tratto di fondazioni del tempio, di fianco alla colonna cilindrica che indica l’inizio della sotto-sezione “Il Tempio di Giove Capitolino” (fig. 61).

Il plastico mostra le parti ricostruite dell’alzato del tempio, lasciate volutamente in plexiglass trasparente, e i resti archeologici attualmente visibili colorati di grigio (il Muro Romano e il basamento est inferiore). Nel plastico è indicata anche la posizione del visitatore rispetto a questi resti e all’edificio templare.

Il testo del pannello, su sfondo arancione, corre per tutta la lunghezza della base del plastico. La didascalia si trova sul lato della fronte del tempio e presenta l’indicazione per l’ascolto della traccia 17 dell’audioguida.

Il dispositivo, definito dal plastico e dai suoi apparati testuali, può essere considerato come lo strumento principale per comprendere il discorso espositivo dell’intera sotto- sezione. Di conseguenza il plastico assume una funzione di integrazione tra i resti archeologici inclusi in essa. Proprio per questo motivo si riscontra un alto numero di unità nel testo che hanno una relazione con gli oggetti dell’esposizione, sia con le vestigia antiche sia con il plastico stesso.

Indicazioni per il visitatore sono presenti in tutte gli strumenti di mediazione che costituiscono il dispositivo: sono collegate all’esigenza di chiarire le modalità di

funzionamento del plastico e la sua corretta interpretazione. Soprattutto nel pannello, all’inizio e alla fine del testo, si precisa il significato attribuito ai diversi materiali utilizzati e si invita indirettamente il visitatore a immedesimarsi nelle figure di uomini in scala sia per comprendere la sua posizione nello spazio rispetto all’originale aspetto del tempio, sia per avere un riferimento chiaro che aiuti a risolvere la complessità del rapporto in scala.

Il pannello, distribuito per orizzontale lungo la lunghezza del plastico, è suddiviso in tre colonne con capoversi che introducono argomenti diversi.

Contrariamente al titolo, il testo del pannello fornisce, più in generale, le informazioni necessarie a un’interpretazione corretta delle presenze archeologiche in questa sezione dei musei. Si propone anche per questo testo la scomposizione secondo i criteri dell’analisi narratologica (all. 7 – tab. 2). Nel testo sono state riconosciute 48 unità suddivise in dieci sequenze. La struttura interna delle unità risulta più complessa: alla funzione nucleo sono aggiunte più di una funzione catalisi e diversi indizi espliciti o impliciti. Di seguito si riporta la tabella che illustra il rapporto tra sequenze e argomenti trattati.

Sequenze/Unità Argomenti

1 (unità 1-5) La scoperta del tempio

2 (unità 6-8) Posizione e dimensione del tempio 3 (unità 9-12) Il plastico

4 (unità 13-18) Ricostruzione del tempio sulla base delle fonti 5 (unità 19-21) Decorazione del tempio sulla base delle fonti 6 (unità 22-26) Funzione del muro di fondazione dell’esedra 7 (unità 27-30) Il Muro Romano

8 (unità 31-38) I resti della fronte del tempio 9 (unità 39-43) Il piano del tempio

10 (unità 44-48) Rapporto tra plastico e resti archeologici

Anche questo, come il precedente, può essere considerato a metà tra un testo descrittivo e un testo esplicativo poiché sono integrati descrizioni della realtà e ricostruzione cronologiche del passato. Gli argomenti trattati si articolano principalmente sulla descrizione del tempio antico attraverso lo studio delle fonti storiche, sulla descrizione del plastico e sulla spiegazione di come utilizzare quest’ultimo

ed altri strumenti di mediazione per interpretare i resti archeologici integrati nell’esposizione museale.

La segmentazione del testo in diversi argomenti non chiaramente distinti, la mancanza di punti di raccordo tra le varie parti di cui si compone e il limitato uso di aneddoti non consentono di evidenziare una strategia comunicativa volta a coinvolgere il visitatore. Il testo è prevalentemente descrittivo e funzionale a comprendere direttamente la connessione tra le varie parti del monumento. Si nota inoltre una ripetuta citazione delle fonti storiche per la legittimazione della ricostruzione proposta. In questo testo la descrizione del tempio è anticipata dall’espressione “nella ricostruzione proposta” che in qualche modo fa supporre la possibilità che possano essere avanzate altre ipotesi ricostruttive sulla base magari di nuovi dati archeologici o di nuove interpretazioni delle fonti storiche. Possiamo dunque considerare questa attenzione nella comunicazione del messaggio come una possibilità offerta al visitatore di condividere il processo di interpretazione archeologica o quantomeno di capirne limiti e processi.

Il plastico distingue le parti dell’edificio ricostruite sulla base delle informazioni ricavate dall’analisi delle fonti storiche da quelle che sono state riportate alla luce grazie ai diversi interventi di ricerca archeologica e indica con precisione la posizione del visitatore rispetto a questi resti e all’edificio templare. Il visitatore può riconoscersi in alcuni piccole riproduzioni in scala di uomini che si trovano esattamente nel luogo in cui nella realtà è posizionato il plastico, luogo identificabile anche da una porta sul Muro Romano aperta in fasi di riutilizzo successivo (fig. 62). Questo strumento di mediazione genera nel visitatore un forte coinvolgimento percettivo che non si sovrappone alla realtà vissuta in quello specifico contesto, ma contribuisce alla costruzione di significato. Il plastico è di immediata comprensione proprio per la presenza della riproduzione di uomini in scala e per la scelta della doppia resa di superfici per le parti ipotizzate e quelle realmente esistenti. Sembra chiaro che qualora il plastico fosse posizionato in un altro luogo, come spesso accade durante le esposizioni temporanee, perderebbe molto della sua efficacia comunicativa perché sarebbe mancante dei riferimenti di percezione spaziale. Non a caso nel testo si esplicita che il plastico è posizionato in asse con il tempio stesso. Il plastico è presentato sia come uno strumento che aiuta il visitatore a costruire una corretta percezione del luogo archeologico, sia come il prodotto delle varie ipotesi ricostruttive che gli archeologici hanno avanzato sulla base dello studio delle fonti storiche e dei risultati delle campagne di scavo. Il potenziale comunicativo del

plastico come elemento d’integrazione viene a diminuire man mano che ci si discosta da esso. Nel plastico il visitatore è posto in diretto contatto con il monumento che è idealmente astratto dal contesto museale che lo contiene. Sono presenti solamente gli elementi strutturali del tempio e il visitatore è portato a cercare corrispondenze con lo spazio fisico reale relativo alla struttura del podio. Questa connessione può essere dunque fornita dalla porta ricavata sul Muro Romano che è prossima al plastico. Altri riferimenti nel testo risultano poco efficaci dal punto di vista comunicativo, come ad esempio quelli che indicano il posizionamento della fronte del tempio in relazione a soluzioni museografiche che non sono direttamente percettibili dal visitatore. Mi riferisco dunque alla linea illuminata di demarcazione sul pavimento e ai riferimenti all’indicazione della terrazza Caffarelli al fine di rendere apprezzabile l’altezza della struttura templare. L’ultima sequenza del testo rappresenta una sorta di guida alla lettura del plastico. Per la localizzazione dei visitatori, esplicitata anche nel testo, risulta poco chiara la struttura stessa delle fondazioni che avevano una struttura a reticolato con riempimento di argilla degli spazi interni. In sintesi, non è chiarito come il visitatore si trovi oggi in un luogo che non era percorribile in antico perché riempito con argilla tra setti murari di fondazione. Questo aspetto, difficilmente integrabile nel plastico, poteva essere esplicitato nel testo che indica invece la presenza della rappresentazione di un sacerdote antico che invece non risulta essere visibile. Inoltre è presente un altro riferimento che potrebbe portare a fraintendimenti quando si indica come il visitatore si trovi verso la fronte del tempio quando è evidente che le figurine sono poste lungo il suo fianco. Anche se sono state rilevate queste contraddizioni possiamo comunque constatare una relazione molto stretta tra testi e plastico. Ad eccezione del primo capoverso di introduzione storica, i contenuti del pannello ritrovano riferimenti puntuali nell’osservazione del plastico, quando si specifica la struttura architettonica del tempio, il suo apparato decorativo o la descrizione delle presenze archeologiche visibili nel museo e colorate nel modello in scala. Possiamo comunque constatare la presenza di due ostacoli che il visitatore potrebbe incontrare nel trovare riscontro tra testo e plastico:

− Molti termini specialistici che si riferiscono alle parti architettoniche in cui si componeva il tempio non trovano un’esplicitazione nel plastico che in questo senso appare “muto”, più adatto a trasmettere una percezione di insieme degli spazi che a precisare i diversi aspetti del modello architettonico;

− nel plastico non sono presenti rimandi testuali a strutture che compongono il museo contemporaneo e che, fornendo punti di riferimento attuali, possono aiutare il visitatore a collocare spazialmente la struttura templare per dare inoltre concretezza all’idea di grandiosità che tutti i testi vogliono trasmettere. Per sostenere l’efficacia comunicativa del plastico è possibile considerare la presenza di un pannello, presente nella visita virtuale, con tre riproduzione acquarellate che mostrano in assonometria la pianta dei musei dalla Valle del Foro in cui si riconosce l’esedra di Marco Aurelio e il luogo in cui il visitatore si sarebbe trovato rispetto al Palazzo Caffarelli, la ricostruzione dei volumi del tempio in relazione agli edifici attuali resi in trasparenza ed infine la pianta del tempio sempre in relazione alle piante degli edifici attuali. Questo pannello avrebbe aggiunto informazioni preziose per la comprensione della topografia del luogo e delle possibili dimensioni del tempio nell’antichità, favorendo la connessione tra resti archeologici, edificio antico e ambienti del museo.

La strategia comunicativa prevalente è quella realizzante. Sebbene i contenuti del testo possano rimandare a una strategia informativa, nella specificazione del contesto storico e nella descrizione della struttura architettonica, le modalità attraverso le quali il plastico agevola la percezione delle dimensioni della struttura templare e raccorda ciò che resta delle profonde fondazioni in una sintesi unica, ci rimanda a una “museologia del punto di vista”. Il visitatore è proiettato con grande immediatezza all’interno della ricostruzione del tempio attraverso la riproduzione in scala della sua figura, grazie alla quale può trovare la corrispondenza di punti di riferimento certi (le presenze archeologiche visibili nel museo e colorate nel plastico) e allo stesso tempo avere una proiezione delle dimensioni del tempio guidata dalle linee trasparenti del plastico.