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Parte I La mediazione culturale nei musei archeologici su sito

1.3 Dal riconoscimento del valore scientifico alla

1.3.2 La valorizzazione

Alle difficili scelte che devono essere effettuate durante la fase di ricerca e di tutela del patrimonio archeologico corrispondono valutazioni altrettanto necessarie e complesse per affrontare quelle di natura etica che la valorizzazione di tale patrimonio impone.

Ogni testimonianza archeologica deve essere oggetto di ricerca ma anche di tutela e può essere soggetta a un processo di valorizzazione. La ricerca è, infatti, la premessa necessaria alla conservazione perché permette al bene archeologico di essere riconosciuto come tale: i primi passaggi che caratterizzano il processo di patrimonializzazione individuato da Davallon (2002) si concentrano proprio sulla scoperta del bene e sul riconoscimento della sua originalità e della sua provenienza da un mondo passato. Questo stesso processo, dopo l’attribuzione del valore simbolico da parte della società, si conclude con la presa di coscienza di un obbligo morale del passaggio di questo patrimonio riconosciuto alla generazioni future. Il passaggio di questa testimonianza si concretizza, in prima istanza, con pratiche di conservazione e tutela del bene, cui possono seguire processi di valorizzazione che permettono ai valori sociali e culturali, riconosciuti nel bene, di svolgere un ruolo attivo nella società contemporanea. Anche se non può esistere nessuna forma di valorizzazione senza la ricerca e la tutela, non è possibile considerare ogni ritrovamento archeologico potenzialmente musealizzabile e fruibile.

Con il termine valorizzazione intendiamo un’attribuzione di valore al sito o al bene archeologico che non si limita solamente a un suo riconoscimento da una comunità scientifica in termini culturali, ma si apre a un processo di negoziazione per definire la sua connotazione sociale25. Il progetto di comunicazione di un sito archeologico

archeologico è frutto del tempo che lo interpreta, il valore dell’importanza di rifarsi alla storia sarà sempre duraturo a prescindere dai possibili cambiamenti sociali futuri.

24 Ruggieri Tricoli (2004) fa riferimento, a questo proposito, al documento preparatorio del convegno

internazionale dell’Icomos del 2002, nel quale Jean-Louis Luxen introduceva il concetto di conservation authentique (http://www.icomos.org/victoriafalls2003/luxen_eng.htm: ultimo accesso settembre 2015).

25 L’uso di alcuni termini utilizzati nella lingua italiana per identificarmi elementi che riguardano la sfera

culturale, come appunto la parola valorizzazione, è stato criticato per il loro rimando alla sfera economica e

attraverso la sua valorizzare deve rientrare in un programma culturale che non può in alcun modo prescindere dalla realtà sociale in cui si inserisce, né tanto meno dai valori condivisi dalla comunità locale che lo promuove:

“la musealizzazione […] non potendo mai prescindere dalla conservazione oggettuale, che ne è il presupposto, tende però a superarla per trasformarsi in conservazione culturale e in questo […] dispiega una serie di atteggiamenti etici, che non possono essere codificati aprioristicamente, ma soltanto verificati nella loro pertinenza a una costellazione più o meno varia di valori, da negoziare sul campo delle esigenze, non sempre univoche, espresse dal territorio” (Ruggieri Tricoli, 2004, p. 27).

Abbiamo riconosciuto che l’attribuzione di un valore, prevalentemente storico- culturale e scientifico, è già alla base della ricerca archeologica nel momento in cui si interroga sulle sue finalità nell’esplorazione distruttiva del sottosuolo. L’azione di tutela non è solamente riconoscibile nel risparmio della ricerca archeologica che attribuisce un valore culturale al bene preservato, ma è svolta dalle autorità predisposte alla sua conservazione, che rappresentano l’attribuzione di un valore sociale attraverso un processo di patrimonializzazione culturale. Una piena accezione del concetto di valorizzazione implica che questi valori, stratificati nel passaggio dalla ricerca alla tutela, siano anche comunicati per essere condivisi. Proprio in questo ultimo aspetto la musealizzazione si distingue dal concetto di fruizione e di presentazione.

Con il termine fruizione intendiamo tutte le procedure attivate per consentire l’accesso e il contatto con l’oggetto del patrimonio. È un termine volutamente generico che consente di includere diverse forme di godimento del patrimonio culturale, incluso anche quello diffuso, definito con il termine landscape heritage.

La già citata Carta di Losanna per la Conservazione del Patrimonio Archeologico, promossa dall’Icomos (1990), parla di presentazione del patrimonio archeologico (articolo 7) in termini molto generici, associandola a un processo di semplificazione o traposizione delle conoscenze che derivano dalla ricerca archeologica, non facendo riferimenti a specifiche forme di musealizzazione delle aree26.

aggiunti anche la stessa parola patrimonio, bene culturale, risorsa fino ad arrivare ad alcune espressioni

utilizzate nel dibattito politico italiano per riferirsi al patrimonio culturale come “petrolio dell’Italia”, “ricchezza del Paese” (Settis, 2002; Montanari, 2015).

26Carta Internazionale per la Conservazione del Patrimonio Archeologico - Articolo 7. “The presentation of the

Se intendiamo la valorizzazione come un processo che prevede la comunicazione, la comprensione e la condivisione dei valori, culturali e sociali, che sottendono la funzione del museo, le altre forme individuate di gestione dei beni archeologici, dalla fruizione alla pura conservazione, si discostano per livelli decrescenti di valorizzazione27.

I criteri che guidano le comunità nel preferire una forma di valorizzazione rispetto ad altre, si fondano sull’idea molto articolata di sostenibilità cui deve seguire una progettazione culturale di insieme che tenga in considerazione le finalità ultime e il contesto sociale e ambientale in cui si applica. Non esistono infatti regole o indicazioni precise che possano spingere verso l’una o l’atra opzione28.

Un processo di musealizzazione, considerato come la massima espressione di valorizzazione, deve favorire la comunicazione e la mediazione della complessità dei valori culturali nascosti nelle testimonianze archeologiche, tenendo sempre in considerazione i destinatari ultimi di questa comunicazione (Ruggieri Tricoli, 2000). Le aree archeologiche e i monumenti non possono dunque essere semplicemente resi accessibili al pubblico, ma devono essere oggetto di un processo di mediazione culturale che eviti di trasformare i documenti di natura storica e antropologica in rovine prive di identità (Nardi, 2011).

Nel 2007 l’Icomos, dopo un lungo dibattito interno, ha pubblicato la Charter for the Interpretation and Presentation of Cultural Heritage Sites (detta Carta di Ename), che ha lo scopo di definire standard e principi fondamentali per una chiara e puntuale interpretazione e comunicazione dei siti del patrimonio culturale29. In particolare la Carta si articola in sette principi quali:

− la garanzia della fruizione e della comprensione del patrimonio culturale e del

origins and development of modern societies. At the same time it is the most important means of promoting an understanding of the need for its protection. Presentation and information should be conceived as a popular interpretation of the current state of knowledge, and it must therefore be revised frequently. It should take account of the multifaceted approaches to an understanding of the past […]”.

27 Il concetto di patrimonio stesso, nelle sua accezione materiale e immateriale, non può essere imposto in

modo autoritario, ma deve essere il frutto di un percorso di condivisione e riconoscimento, così come è stato identificato nella cosiddetta Carta di Cracovia27 (2000) redatta dall’International Conference for

Conservation.

28 Troviamo infatti nella letteratura di settore una certa discordanza di opinioni. Mentre Manacorda (2007)

propone la riconoscibilità delle strutture emerse come criterio di base per agevolare una corretta comprensione dei siti archeologici, al contrario Ruggieri Tricoli (2007) suggerisce di musealizzare le aree in cui si presentino maggiori problemi di apprezzamento dal punto di vista percettivo così da assicurare una mediazione culturale del bene musealizzato.

29 http://www.enamecharter.org/downloads/ICOMOS_Interpretation_Charter_EN_10-04-07.pdf -

riconoscimento pubblico del suo valore;

− la comunicazione attraverso un riconoscimento di significati culturali fondati su metodi scientifici, accademici ma anche sull’apporto di tradizioni culturali locali;

− la salvaguardia dei valori tangibili e intangibili dei siti nel loro contesto ambientale, culturale e sociale;

− il rispetto dell’autenticità dei siti del patrimonio culturale attraverso il rifiuto di ricostruzioni arbitrarie, infrastrutture invasive ed eccessiva presenza di visitatori;

− conservazione sostenibile dei siti culturali attraverso il coinvolgimento pubblico;

− garanzia di un processo di interpretazione condiviso con le comunità presenti nel territorio;

− sviluppo di criteri tecnici e professionali per l’interpretazione del patrimonio culturale che comprendano tecnologie, ricerca e formazione.

Questo documento riassume, con estrema chiarezza, molti aspetti che sono stati affrontati sul rapporto tra conservazione, interpretazione, comunicazione e valorizzazione.

Per quanto riguarda il primo principio, la Carta ricorre al termine interpretation, come fine ultimo di una comunicazione che deve favorire da una parte la condivisione di valori culturali e sociali all’interno della comunità, dall’altra una percezione individuale del valore dell’oggetto ricorrendo all’esperienza personale di contatto con il bene che inviti a riflettere sull’importanza della sua conservazione. Possiamo riconoscere in questa attenzione verso un piano individuale della comunicazione, il ricorso all’idea di interpretazione già maturata nell’esperienza americana ed europea dei Centri d’interpretazione. L’obiettivo di comunicazione coincide con quello di trasmissione degli strumenti necessari al fruitore per sviluppare una personale interpretazione dell’oggetto patrimoniale, e allo stesso di far maturare una coscienza collettiva dei valori associati al fine di garantirne una salvaguardia per le generazioni future. Allo stesso tempo, la Carta esplicita la necessità di considerare molteplici punti di vista in questo processo di riconoscimento collettivo di valori che dovrebbero essere condivisi.

questa idea di concertazione dei valori attraverso un dialogo costante con l’istituzione che protegge e presenta il bene patrimonializzato. Questo processo attraversa tutte le fasi di progettazione culturale: il ricorso necessario alle ricerche di settore, che possono garantire una costante verifica dell’attendibilità dei processi di costruzione delle conoscenze relative all’oggetto del patrimonio, l’utilizzo di un approccio multidisciplinare che prenda in considerazione anche forme meno convenzionali di appropriazione delle informazioni, come storie e tradizioni locali; la costruzione dell’interpretazione che prenda in considerazione molteplici punti di vista, con particolare attenzione anche ai valori riconosciuti da ciascun gruppo sociale che ha contribuito alla stratificazione storica dell’oggetto del patrimonio; la comunicazione dei valori legati all’oggetto del patrimonio concertata con tutti coloro che sono implicati nel progetto di patrimonializzazione e che possono rappresentare la varietà del contesto sociale e culturale in cui questo progetto si inserisce.

Il settimo e ultimo principio della Carta auspica che questo tipo di collaborazione con le comunità locali si perpetui anche dopo la realizzazione del progetto di patrimonializzazione, attraverso una concertazione continua che ridefinisca i suoi obiettivi, le priorità e gli strumenti per la sua concretizzazione, in un processo senza soluzioni di continuità30.