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Parte II La metodologia e l’analisi dei dispositivi digitali nei muse

4 Il Museo Archeologico di Grenoble, Saint Laurent

4.3 La trama narrativa dell’esposizione

4.3.4 La narrazione dell’archeologia

Procedere nella distinzione tra temi legati all’archeologia, all’architettura, all’arte o alla storia, può apparire come un esercizio molto complicato quando si analizza un’esposizione che ha lo scopo di proporre un racconto delle vicende che interessarono il sito, integrando le diverse fonti di informazione raccolte in un ventennio di ricerche sul campo. In alcuni casi questa distinzione è proposta nella suddivisione dei contenuti dei dispositivi digitali per orientare il visitatore nella navigazione: si distingue così, nel primo dispositivo multimediale, il capitolo “archeologia” quando si parla delle fasi più antiche del complesso, da quello “architettura” quando si riferisce all’analisi della pianta della chiesa cruciforme del VI sec.

La ricerca archeologica, nella sua fase finale di interpretazione dei dati, ricorre a diverse discipline per contribuire alla ricostruzione storica quanto più puntuale. I dati che provengono dalle indagini di scavo archeologico sono trasposti al visitatore e integrati nel racconto più ampio della storia del complesso. I dati di scavo e le relative rappresentazioni grafiche, (piante di scavo, sezioni, prospetti, fotografie) sono integrati negli strumenti di mediazione per sostenere e legittimare le ricostruzioni storiche proposte.

Nel Museo archeologico di Saint-Laurent, come in molti musei su siti, la ricerca archeologica ha un suo ruolo specifico nella trama espositiva. Il Museo dedica un’intera unità esposita per permettere alla ricerca archeologica di comunicare se stessa, la sua metodologia, le sue finalità (fig. 5). Nella galleria orientale, il visitatore è invitato a porsi di fronte all’area archeologica del chiostro benedettino, dove gli archeologi hanno documentato la presenza di circa 1500 sepolture, datate dal IV al XVIII secolo, messe in relazione con quattro fasi architettoniche. L’area si presenta come un vero scavo archeologico ancora aperto, dove si riconosco sezioni di strati, sepolture con elementi ossei e coperture. A differenza delle altre aeree del sito, questa parte interna del chiostro non presenta resti di strutture in alzato e proprio per la sua conformazione di terreno libero appare idonea per una rappresentazione “narrativa” della ricerca sul campo. Sono

così disposti all’interno dell’area, alcuni strumenti utilizzati dagli archeologi per la ricerca sul campo: un tripode per sostenere uno strumento per la rilevazione delle quote, delle cassette con alcuni materiali all’interno, dei secchi per il trasporto della terra, una tavoletta e delle cartelline con fogli per la documentazione delle caratteristiche del terreno. Una di queste cartelline è sistemata perpendicolarmente al terreno per consentire al visitatore di riconoscere il disegno di uno scheletro disteso. Il disegno si riferisce a una scheda per la registrazione dei resti umani, usata dagli antropologi per la documentazione delle sepolture. Tutti gli oggetti disposti suggeriscono l’idea di una rappresentazione scenica dello scavo archeologico. Il visitatore è portato a pensare che un archeologo potrebbe tornare da lì a poco per riprendere il suo lavoro di scavo.

Le informazioni circa l’area, minori in quantità e con un limitato grado di approfondimento, lasciano per lo più il campo alla trattazione dell’archeologia come tema dominante di questa unità espositiva. I contenuti dei due dispositivi digitali, orientati verso l’area delle sepolture, introducono concetti chiave per la conoscenza del processo di interpretazione delle tracce sul terreno: stratigrafia, cronologia relativa e assoluta, analisi scientifiche per la datazione. I testi sono corredati da immagini provenienti dalla documentazione archeologica del sito, come disegni di sezioni in cui si evidenzia la distinzione in fasi, o da foto prese durante il cantiere archeologico (in una di queste si riconosce l’archeologa Colardelle in atto di interpretare gli strati di una sezione nel terreno).

L’unico reperto esposto in una vetrina sospesa sembra anch’esso sostenere l’argomento trattato. Si tratta di una sepoltura infantile in anfora, scelta per essere esemplificativa di una delle molteplici tipologie di deposizioni riscontrate nell’area. Le poche informazioni strettamente riguardanti l’area sono comunque associate a foto di scavo.

Con l’allestimento di questa sezione, il museo sembra voler raccontare il modo in cui gli archeologi hanno lavorato per ritessere la trama storica del luogo. È possibile riconoscere l’intenzione di coinvolgere il visitatore per renderlo consapevole del processo di creazione della conoscenza storica. Non si vuole in questo modo condividere le informazioni sulla metodologia della ricerca archeologica per fornire al visitatore gli strumenti che gli consentiranno di procedere in autonomia nel riconoscere e interpretare le presenze archeologiche; in questo caso sarebbe difficile spiegare la posizione dell’unità nella parte finale del percorso espositivo. Il museo sembra piuttosto

avere l’intenzione di comunicare le metodologie per mezzo delle quali è stato possibile raccogliere i dati sul campo e proporre le ricostruzioni presentate lungo gran parte dell’esposizione. L’approfondimento sui diversi tipi di cronologia in ambito archeologico sembra funzionale a quest’ultimo aspetto: la cronologia relativa permette di ordinare la sequenza delle attività antropiche nel tempo, la cronologia assoluta ne stabilisce la datazione.

I dispositivi di mediazione (multimediali e audioguida) insistono sulla quantità di dati raccolti di un numero considerevole di sepolture che si sono accumulate nel tempo. La stessa rappresentazione scenica, atta a simulare uno scavo archeologico, sembra voler porre l’accento sull’attività gravosa di documentazione di ogni traccia sul terreno, la quale impegna risorse economiche ma allo stesso tempo è necessaria per procedere in modo rigoroso a una proposta di ricostruzione storica. Nella trama espositiva la ricerca archeologica trova il suo spazio per avanzare una sua legittimazione sociale, un riconoscimento del suo valore e delle sue potenzialità.