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Parte II La metodologia e l’analisi dei dispositivi digitali nei muse

3 Metodo di analisi dell’integrazione topologica e narrativa dei disposit

3.2 La scelta dei musei archeologici

In una fase preliminare dell’attività di ricerca, la scelta delle esposizioni museali che sarebbero state considerate oggetto dell’analisi sul campo era ricaduta nella categoria più generale dei musei archeologici che prevedessero l’utilizzo di dispositivi digitali. Concentrando l’attenzione sulle sole strutture museali, non sono stati presi in considerazione siti e i parchi archeologici che non integrassero oggetti del patrimonio. In una fase successiva, la ricerca ha previsto l’esclusione di musei archeologici che presentassero collezioni di oggetti esemplificativi di determinati periodi storici, senza un legame specifico con realtà territoriali definite. L’interesse della ricerca, infatti, si concentrava sull’aspetto documentale delle collezioni archeologiche per la ricostruzione diacronica dell’evoluzione di specifiche realtà identificate come siti archeologici, attraverso la documentazione di una ricerca sul campo. Una prima selezione di musei francesi e italiani è stata oggetto di ricognizione e documentazione fotografica54. I musei coinvolti in questa prima selezione potevano essere raggruppati nelle seguenti categorie: musei che integrano al loro interno siti archeologici; musei che si riferiscono a un singolo monumento; musei che si riferiscono a un sito archeologico non integrato. In questa fase l’obiettivo della ricerca era individuare le modalità applicative delle nuove

54 Una prima selezione prevedeva i seguenti musei: Museo Archeologico di Grenoble – Saint

Laurent, Sezione dedicata Tempio di Giove Capitolino dei Musei Capitolini (Roma), Musée du Pont du Gard, Museo Archeologico della città Saint-Raphaël, Museo dell’Ara Pacis (Roma), Sezione dedicata alla Tomba Regolini Galassi del Museo Gregoriano Etrusco (Città del Vaticano), Museo Nazionale Cerite (Cerveteri, Roma).

tecnologie in contesti museali che presentassero caratteristiche espositive differenti. Per individuare quale impatto l’introduzione delle nuove tecnologie avesse avuto nei processi di mediazione culturale nei musei archeologici e per evitare che la ricerca si concentrasse su caratteristiche specifiche di singoli dispositivi digitali, si è ritenuto necessario procedere all’analisi completa dell’esposizione di uno dei musei selezionati in precedenza: la sezione dedicata al Tempio di Giove Capitolino dei Musei Capitolini di Roma55. Un’analisi puntuale di tutte le componenti dell’esposizione e dei contenuti veicolati ha permesso di individuare nell’aspetto dell’integrazione dei dispositivi digitali nell’esposizione in rapporto alla trama narrativa e alla comprensione delle realtà archeologiche presenti il fulcro di interesse dell’intera attività di ricerca.

In conseguenza di questa scelta, i criteri di selezione dei musei, oggetto di analisi sul campo, sono stati aggiornati per consentire l’individuazione di realtà espositive utili allo sviluppo della ricerca. Sono così stati esclusi i musei che non integravano nella trama espositiva la comunicazione dello sviluppo diacronico dell’occupazione antropica del sito archeologico incluso nell’esposizione; musei in cui si evidenziava un’introduzione in momenti successivi di strumenti digitali senza che questa avesse comportato un rinnovamento o adeguamento dell’intera esposizione; i musei che comunicavano un solo monumento. La ricerca sul campo si è pertanto concentrata nell’analisi delle esposizioni della Sezione dedicata al Tempio di Giove Capitolino dei Musei Capitolini e del Museo Archeologico di Grenoble – Saint Laurent.

I due musei scelti per lo studio sul campo presentano similitudini sia dal punto di vista formale sia di contenuto. A livello formale entrambi i musei:

− integrano le aree o i monumenti archeologici all’interno di uno spazio espositivo caratterizzato da un progetto museografico discreto che permette un contatto diretto con le realtà archeologiche e che delega agli strumenti di mediazione culturale la comunicazione delle ipotesi di ricostruzione e

55 L’analisi completa è stata elaborata sul modello, suggerito da Davallon (2006), che prevede tre

livelli di osservazione: il primo livello di analisi si fonda su una ricognizione generale con l’intento di ricercare un’immedesimazione con il visitatore che è portato a scoprire man mano, durante la visita, la logica che è dietro all’esposizione fino ad arrivare al riconoscimento della sua organizzazione testuale; un secondo livello di analisi dell’esposizione è caratterizzata dal riconoscimento di unità o sequenze tematiche in cui si articola il discorso espositivo; in un terzo ultimo livello le unità tematiche individuate sono analizzate al fine di comprendere la presenza di elementi attrattori che guidano la costruzione dell’interpretazione, i rinvii tra vari elementi, il ruolo di essi nella trama discorsiva più generale.

interpretazione;

− presentano un progetto espositivo che ha previsto, fin dalla loro ideazione, l’inserimento di dispositivi digitali tra altri strumenti di mediazione culturale (quali pannelli, testi, plastici e audioguide);

− implicano un coinvolgimento diretto del visitatore a livello percettivo, suggerendo punti di osservazione delle presenze archeologiche in funzione del progetto comunicativo dell’esposizione.

Sul piano dei contenuti, i due musei:

− sono stati creati al fine di valorizzare aree archeologiche a seguito della documentata portata delle scoperte effettuate con le più aggiornate tecniche di scavo archeologico;

− comunicano, attraverso un racconto diacronico, la storia dell’occupazione antropica dell’area archeologica, combinando fonti provenienti da diverse discipline, per una rappresentazione quanto più puntuale del contesto storico- sociale e culturale all’interno del quale sono inserite le singole vicende;

− mettono in rilievo l’importanza del contributo della ricerca archeologica, comunicandone fini e metodologie, condividendo dati e interpretazioni delle indagini effettuate.

Nella storia della creazione dei due musei possiamo riscontrare un’importante differenza di impostazione museologica. Il Museo Archeologico di Grenoble – Saint Laurent è stato ideato a seguito di un ventennio di ricerche intensive per valorizzare l’intera area archeologica che, nel progetto espositivo, è lasciata volutamente nel suo stato finale di scavo archeologico completamente indagato, con strati e presenze archeologiche a vista (Colardelle, 2013). La sezione dedicata al Tempio di Giove Capitolino nasce a seguito di indagini effettuate per creare una nuova sezione del museo che esponesse la statua monumentale di bronzo di Marco Aurelio. Come nell’esempio francese, l’eccezionalità dei ritrovamenti ha determinato la volontà di valorizzare le scoperte attraverso un progetto espositivo che però ha dovuto rendere conto, per necessità, delle esigenze museali precedentemente determinate. Sono dunque state preservate le testimonianze archeologiche monumentali del Tempio di Giove

Capitolino, in parte già portate alla luce nei secoli precedenti, mentre l’area del cosiddetto giardino di Palazzo Caffarelli, nella quale sono state documentate tracce della più antica occupazione del Colle Capitolino, è stata obliterata dalla costruzione della nuova Sala di Marco Aurelio. I dati dello scavo dell’area sono comunicati attraverso un’esposizione documentaria, che integra reperti e ricostruzioni, nell’ultima sezione del percorso espositivo.