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La gestione del testo: la specificità del testo narrativo I più moderni approcci alla didattica delle lingue si basano tutti in varia

PROGRAMMI UNIVERSITARI IN ITALIA.

3.4. La gestione del testo: la specificità del testo narrativo I più moderni approcci alla didattica delle lingue si basano tutti in varia

misura sull’assunto derivato dalla linguistica testuale che il testo – e quindi non più la frase – sia l’unità minima di descrizione e perciò di insegnamento linguistico. Questa centralità del testo inteso come campione compiuto di competenza linguistico-comunicativa, è un microcosmo che riassume in sé tutte le componenti fondamentali della competenza comunicativa (Freddi, 1999:32; Balboni, 2002:73-

74)7 . Nonostante la competenza testuale sia teoricamente solo una delle componenti della competenza linguistica, la produzione e la ricezione di testi compiuti presuppongono anche competenze sia sul versante socio-culturale che su quello pragmatico-strategico: un buon testo si inserisce sempre in una compagine socio- culturale a cui rimanda per una corretta interpretazione, oltre ad essere costruito secondo strategie di efficacia comunicativa che permettono al parlante di raggiungere lo scopo che si è prefissato al momento della comunicazione. Il concetto di testo supera dunque l’idea che la frase sia il punto di partenza di ogni studio sul linguaggio umano e sulle lingue naturali, anche se – è bene ricordarlo – un testo può essere costituito da una sola frase, a patto che questa rispetti i requisiti che rendono un testo coerente e coeso e fanno sì che sia percepito come tale dai parlanti.

Molti sono i tipi di testo che gli esseri umani possono produrre nelle loro interazioni e la linguistica testuale si occupa allora di classificarli in una tipologia che a seconda degli autori può comprendere da cinque ad otto tipi di testo; tuttavia è oggi largamente riconosciuto che solo tre sono i tipi principali di testo – narrazione, descrizione, argomentazione – che in quanto espressione dei tre tipi basilari di pensiero umano sono di per sé universali e rintracciabili in tutte le lingue-culture (Coveri, L., Benucci, A., Diadori, P., 1999).

Il rilievo attribuito al testo e alla testualità all’interno delle scienze del linguaggio ha rappresentato un notevole passo in avanti nella teorizzazione e nella pratica di insegnamento e apprendimento linguistico, tanto che il Common European Framework, a tutt’oggi il più importante documento europeo contenente le indicazioni fondamentali nel campo della pedagogia linguistica, riconosce nel testo la base di ogni azione didattica (Vedovelli, 2002:73-112).

Il lavoro che ci accingiamo ad esporre parte innanzi tutto da alcune semplici considerazioni teoriche che converrà tener presenti fin da subito. La prima di queste è già stata esplicitata poco sopra: il testo è l’unità minima di analisi e insegnamento linguistico in quanto microcosmo dell’universo comunicativo umano. Il secondo 







7Freddi paragona la competenza comunicativa ad una serie di cerchi concentrici, ognuno dei quali corrisponde ad una sottocompetenza, mentre Balboni la rappresenta come un quadrato suddiviso in quattro triangoli formati dall’intersecarsi delle diagonali che identificano i vari “saperi” che cooperano nella comunicazione. Si noterà che entrambi gli studiosi considerano comunque i vari livelli della competenza comunicativa sullo stesso piano di importanza, riconoscendo ad ognuno di essi un ruolo determinante e non esattamente delimitabile all’interno di una comunicazione efficace.


punto da considerare riguarda le tre tipologie testuali di base – descrizione, narrazione, argomentazione – che in quanto espressioni di processi cognitivi universali sono, a differenza dei generi testuali, condivise da tutta la specie umana e pertanto possono essere ritenute transculturali. Infine, all’interno di questa tripartizione universale, stando agli studi dello psicolinguista statunitense Jerome Bruner, il testo narrativo riveste un’importanza fondamentale e per molti aspetti prioritaria.

In questo saggio ci occuperemo dunque di un unico tipo di testo, quello narrativo, del valore cognitivo e formativo che alla narrazione è attribuito all’interno della teoria psicolinguistica di Jerome Bruner e delle ricadute nell’ambito della pedagogica – in particolar modo nel campo della pedagogia linguistica - di questa tesi. Delineandone le possibili applicazioni didattiche pratiche, descriveremo i tratti interlinguali relativi alle strutture aspettuali del passato e cercheremo di dimostrare come l’esposizione e il potenziamento della narrazione favoriscano lo sviluppo dei processi cognitivi sottesi all’apprendimento di una lingua non materna, consolidando in ultima analisi l’apprendimento linguistico stesso, in particolare di alcuni aspetti attinenti alla gestione del testo narrativo, la cui corretta espressione rappresenta un punto di criticità per il profilo di apprendenti in esame.

Prima di procedere, converrà analizzare la struttura specifica del testo narrativo prendendo in rassegna gli studi più significativi per il nostro lavoro.

Labov (2006) indaga il processo cognitivo che il parlante compie per codificare la propria esperienza personale in una narrazione e ritiene che tale operazione sia un imperativo sottostante ad ogni narrazione, anche a quelle a carattere letterario. La pre-costruzione mentale della narrativa individua prima di tutto nella memoria un evento riportabile (reportable) che ha un carattere di eccezionalità, e procede a ritroso e con modalità ricorsive, fino ad individuare quegli eventi che non è necessario menzionare in quanto scontati, che non hanno bisogno di nessuna spiegazione. L’evento intorno al quale si costruisce la narrazione è dunque inaspettato, al di fuori dei fatti giornalieri e proprio per questo motivo è narrabile. Il passo successivo che il parlante deve compiere da un punto di vista cognitivo è localizzare un evento precedente che è in relazione causale con il primo. Quindi ciò che contraddistingue il discorso narrativo è la “giuntura temporale” (temporal

juncture) e le relazioni causali che si stabiliscono fra i vari enunciati che compongono il testo narrativo e che ne costituiscono i riferimenti temporali e spaziali. (Baldi, Savoia 2009:209).

Sul versante della pratica didattica invece, menzioniamo un articolo di Nancy Rose Steinbock in cui l’autrice sostiene che «Narratives are universal and valued by all cultures altough the importance and interpretation of human experiences vary according to a particolar cultural community. (Steinbock, 2007:23). Nel suo articolo Steinbock si occupa in particolare dell’apprendimento di una lingua straniera – l’inglese – da parte di bambini della scuola primaria e considera l’esposizione e la produzione di testi narrativi letterari come strumenti per il potenziamento linguistico (Steinbock, 2007); tuttavia riteniamo che gli essere umani siano costantemente immersi nella narrazione e ne facciano uso a più livelli in tutte le fasi della propria esistenza, pertanto in questa sede ci occuperemo soprattutto dell’utilizzo di testi narrativi pragmatici come strumenti didattici per lo sviluppo della competenza linguistico-comunicativa in lingua seconda da parte di giovani adulti che per questo motivo si trovano simultaneamente inseriti in un contesto di acquisizione spontanea e apprendimento guidato della lingua.

Quello che però ci sembra interessante nell’articolo di Steinbock è principalmente il paragrafo che va sotto il titolo «How does building narrative skills serve language learning?»
 (Steinbock, 2007:25) in cui l’autrice, sulla scorta di precise indicazioni teoriche, rende conto dei livelli di cui si compone il testo narrativo, livelli che interagendo fra di loro ne definiscono la testualità. Ogni narrazione si articola infatti su due piani: il primo - la macrostruttura – è costituito dalle relazioni temporali e di causa/effetto che rispondono ai criteri di coerenza testuale, mentre il secondo - la microstruttura - riguarda le componenti semantiche e grammaticali della coesione testuale. Esporre i discenti alla narrazione fin dalle prime fasi dell’apprendimento della lingua, li aiuta innanzi tutto a considerare la lingua nella sua interezza e li familiarizza prima a entrare in contatto con le microstrutture - «repeated language patterns» (Steinbock, 2007:25) - che conducono poi allo sviluppo dei differenti generi narrativi di cui potranno quindi appropriarsi nell’uso.

Nella categoria dei testi narrativi rientrano gli articoli di cronaca, il racconto di fatti storici, i romanzi, le biografie e le autobiografie; Steinbock, citando S. Brice Heath (1986) e riferendosi alla sua esperienza con apprendenti bambini, identifica «4 basic types of narratives. Three of them are genres for reporting factual scenarios over time. They include recounts, eventcasts and accounts. Stories, the forth type, are fictionalized account of animate beings engaging in goal-directed behavior.» (Steinbock, 2007:24). Le storie sono dunque il tipo di narrativa più evoluto, mentre recounts e accounts sono forme più elementari come le elencazioni; gli eventcasts invece, come la preparazione di una recita scolastica, sono prodotti per ottenere qualcosa, per esempio che un certo allievo, dopo un’adeguata spiegazione, interpreti al meglio un certo ruolo. 


Da un punto di vista strettamente linguistico i testi narrativi sono poi caratterizzati dall’uso prevalente di forme verbali al passato o al presente storico, dalla presenza di espressioni anaforiche di tempo come “allora”, “a quel tempo, in quell’epoca, quel giorno”…, oltre che da connettivi ed indicatori temporali che segnalano lo sviluppo della narrazione, come “prima”, “dopo/poi, in seguito”, “nel (anno)”, “infine/alla fine” (Lavinio 1990; 2010).

Se la strutturazione del testo narrativo in quanto universale e transculturale può considerarsi implicitamente acquisita per gli apprendenti di italiano L2, l’utilizzo di certe forme verbali come l’espressione del contrasto fra aspetto perfettivo e imperfettivo nel Passato, risulta invece piuttosto incerta, soprattutto l’opposizione maggiormente ricorrente nell’italiano contemporaneo, quella Passato Composto- Imperfetto. A questo si affianca una scarsa padronanza dei connettivi e degli indicatori temporali, elementi lessicali che potrebbero compensare, almeno in parte, le difficoltà sul piano aspettuale dell’azione.

Partendo dal presupposto che gli apprendenti alloglotti possiedono una competenza d’uso della L2 in divenire, crediamo che un potenziamento della competenza testuale narrativa possa sostenere lo sviluppo della lingua seconda, in particolare degli aspetti problematici intrinseci alla narrazione in italiano che abbiamo delineato poco sopra, oltre a rappresentare un dispositivo formativo per una ridefinizione del Sé dell’apprendente, inevitabilmente destabilizzato dall’incontro con il nuovo orizzonte linguistico-culturale.

Capitolo 4