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L’ACQUISIZIONE LINGUISTICA: L1 E L2.

2.2. Neurolinguistica e neuropsicologia dell’acquisizione linguistica.

2.2.2. Il sistema della motivazione e memorizzazione.

È noto che nell’acquisizione di una lingua, come del resto in ogni altro processo di acquisizione, sono coinvolte molte sfere dell’individuo, fra cui l’affettività (e ci spostiamo adesso nel campo della psicologia) e la memoria. Anche in questi casi le neuroscienze gettano nuova luce su questi aspetti connessi con l’acquisizione e l’apprendimento delle lingue che da sempre hanno interessato teorici e docenti poiché collegati a loro volta alla motivazione e alla memorizzazione stabile dei contenuti linguistici.

Il sistema della motivazione interessa alcune importanti strutture cerebrali, in particolare l’amigdala e l’ippocampo, all’interno del sistema limbico (Figura 6), che nel loro insieme formano i margini interni della corteccia cerebrale; il sistema limbico è poi connesso alla corteccia orbitofrontale, una parte della corteccia prefrontale. È grazie ai collegamenti fra le strutture limbiche e quelle prefrontali che prendiamo decisioni in base alle emozioni. L’amigdala inoltre è collegata tramite interconnessioni neuronali all’ippocampo che fra l’altro è connesso alla memoria a lungo termine: le tracce mnestiche contenute nell’ippocampo permettono all’amigdala di disambiguare l’emozione negativa che riceve ad un dato stimolo e decidere se scatenare risposte di difesa o di semplice indifferenza. In pratica l’amigdala si limita a ricevere lo stimolo negativo, ma l’ippocampo stabilisce se lo stimolo è potenzialmente nocivo per il soggetto. Cercando di semplificare la complessità della materia, diremo che questa parte del nostro cervello, che comprende strutture arcaiche, presiede all’elaborazione Figura 3: Schematizzazione del sistema

limbico.

(http://www.liquidarea.com/2009/04/il- sistema-limbico/)

degli stimoli emotivi: «se lo stimolo è utile e appagante, l’informazione è mandata alla sostanza nera [una parte interna del cervello che ha colore più scuro rispetto alle aree circostanti; n.d.a.] che produce e mette in circolo dopamina, che a sua volta raggiunge la corteccia e i gangli corticali» (Marini 2009). La dopamina è una sostanza che una volta in circolo nell’organismo produce una sensazione di piacere e gratificazione, il cui mancato rilascio è collegato all’insorgere della depressione, tanto per fare un esempio. Se lo stimolo emotivo collegato all’apprendimento è dunque positivo sarà associato ad una sensazione di piacevole benessere che potenzia l’apprendimento perché spinge il soggetto a proseguire (Marini 2009). Come sottolinea Edelman (2006:27) «Il rilascio di dopamina agisce come un sistema di ricompensa che facilita l’apprendimento.»

Questa sede cerebrale sembra essere anche il sistema di smistamento della memoria poiché l’ippocampo permette il passaggio delle informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine tramite criteri associativi. Se l’informazione è collegata alla reazione neuroaffettiva gratificante cui accennavamo poco sopra, il passaggio dei contenuti nella memoria a lungo termine sarà notevolmente facilitato e per lo stesso principio associativo, altrettanto agevolmente rievocato.

Esistono diverse forme di memoria che come i tasselli di un mosaico, compongono nel loro insieme le capacità mnemoniche umane (Fabbro 2004): «la memoria non è una funzione unitaria, ma è formata da un insieme di moduli indipendenti.» (Urgesi 2008:36). Infatti la memoria a lungo termine si compone a sua volta di conoscenze esplicite o dichiarative che riguardano «quel tipo di conoscenza cui si può avere accesso consapevole» (Aglioti, Fabbro, 2006:60) e che quindi presiedono alla conoscenza esplicita, e memorie non dichiarative di cui il soggetto non è consapevole poiché si riferiscono alla conoscenza implicita e riguardano procedure di comportamento (come camminare o andare in bicicletta) di cui il soggetto non è cosciente. Mentre la memoria esplicita contiene informazioni riguardanti la propria vita e la conoscenza del mondo, soprassiede anche all’elaborazione semantica; la memoria implicita è d’altra parte coinvolta negli aspetti fonologici e morfosintattici della lingua, che possono essere considerati procedure e che, come abbiamo visto poco sopra, sono quelli più problematici quando la lingua è acquisita dopo il periodo sensibile. Gli studi di neurolinguistica

hanno dimostrato che un apprendimento formale di L2 «tende ad avere una rappresentazione più diffusa a livello del sistema di memoria esplicita.» (Urgesi 2008:39), ma le conoscenze della memoria implicita, generalmente acquisite spontaneamente, senza necessità di concentrazione da parte del soggetto, possono migliorare con la pratica (Fabbro 2004:58). Riassumiamo quanto fin qui descritto nel seguente schema:

memoria

memoria di lavoro memoria a lungo termine

(a breve termine)

Figura
4:
L’insieme
delle
memorie
(Adattato da Fabbro 2004)

Nel loro saggio del 2006 S. Aglioti e F. Fabbro asseriscono inoltre che «Un elevato numero di tracce mestiche viene formato tramite il linguaggio che a sua volta è utilizzato per esprimere molte forme di memoria.» (Agioti, Fabbro, 2006:57).

memoria implicita memoria esplicita (dichiarativa) memoria semantica (lessico e conoscenza del mondo) memoria episodica condizionamento memoria procedurale
 (fonologia e morfosintassi) priming

Dalle osservazioni condotte sia su individui sani che su soggetti affetti da deficit mnemonico, i due studiosi concludono che «l’acquisizione della lingua madre sembra maggiormente legata alla memorizzazione implicita rispetto alla seconda lingua. Tuttavia, anche nella prima lingua sono coinvolte costantemente sia componenti della memoria implicita che della memoria esplicita.» (Agioti, Fabbro, 2006:65). In altre parole sembra che la memorizzazione lessicale risieda nell’area della memoria esplicita che elabora la dimensione semantica, ossia la conoscenza del mondo, mentre le strutture morfosintattiche sono rese disponibili al soggetto tramite la memoria implicita di tipo procedurale. In effetti se si chiede ad un parlante nativo un giudizio di grammaticalità rispetto ad un enunciato della propria lingua madre, risponderà senza esitazione, ma se poi gli/le verrà richiesto di descrivere il funzionamento della regola grammaticale sottostante, riferendosi allo stesso enunciato appena prodotto, nella maggioranza dei casi risulterà difficile per il parlante madrelingua esplicitare la regola, pur avendone una conoscenza implicita che gli permette di esprimere un giudizio di grammaticalità e di usarla in frasi formalmente corrette ed appropriate al contesto. Tuttavia la verbalizzazione della regola ci riporta al valore cognitivo della lingua: l’esplicitazione cosciente modifica l’universo del parlante che attraverso questa operazione linguistica acquisisce una nuova consapevolezza riguardante il livello metalinguistico del linguaggio.

Sembra dunque che l’apprendimento di una lingua seconda, particolarmente «se la lingua viene acquisita dopo una certa età critica, che grossolanamente coincide con la pubertà» (Aglioti, Fabbro, 2006:64), sia regolato dalle memorie dichiarative e costituisca per questo in larga parte una conoscenza esplicita. A questo proposito però Aglioti e Fabbro rilevano che:

«la memorizzazione di informazioni esplicite aumenta se il soggetto focalizza l’attenzione sul compito e se viene emotivamente coinvolto. Le esperienze emotivamente neutre vengono invece dimenticate con più facilità. […] Il sistema affettivo gioca dunque un ruolo essenziale nella scelta di ciò che vale la pena di essere memorizzato. Tuttavia le esperienze emotive estreme, come gli shock emotivi dovuti a episodi di violenza o a traumi, provocano un completo collasso dei sistemi della memoriaesplicita.» (Aglioti, Fabbro, 2006: 61).

In un precedente studio Fabbro (2004) sottolinea la rilevanza dei sistemi di memoria delle emozioni in relazione all’acquisizione linguistica e ricorda che gli esseri umani hanno una memoria emozionale implicita e una memoria dell’emozione di tipo esplicito, quest’ultima riconducibile alla memoria episodica. La prima, inconscia, immagazzina le risposte agli stimoli sensoriali e li associa a risposte vegetative, fisiche, per cui in presenza dello stesso stimolo l’individuo avrà una risposta fisica automatica; la seconda, invece, permette di descrivere l’episodio che ha dato origine ad una certa risposta neurofisiologica. La rilevanza dei sistemi della memoria delle emozioni in termini di acquisizione linguistica è sottolineata dallo studioso in un paio di paragrafi che per la loro pregnanza riportiamo per esteso:

«In particolare, l’acquisizione della prima lingua viene in genere influenzata in maniera determinante dai rapporti fra madre e figlio, per tale ragione si utilizza ancora il termine ‘lingua materna’. L’esistenza di particolari relazioni fra la lingua materna e i sistemi affettivi chiarisce come numerosi pazienti poliglotti con gravi malattie psichiatriche riferiscano un aumento della sofferenza psichica quando esprimono i loro problemi affettivi nella lingua materna.

L’insieme delle memorie emozionali che si legano agli automatismi di una lingua è quindi molto diverso se la lingua è stata acquisita da piccoli e con modalità naturali piuttosto che appresa a scuola per regole. Si immagini ad esempio un ragazzo che abbia appreso il francese durante l’interazione con la sua fidanzata a Parigi, rispetto a un seminarista della stessa età che sta imparando il latino attraverso la memorizzazione di regole grammaticali. L’impatto emozionale delle due lingue sui due cervelli, a parità di condizioni, è sicuramente molto diverso. » (Fabbro 2004:75).

Motivazione e memorizzazione sono pertanto connessi: si innescano e si sostengono a vicenda nell’individuo, in una costante relazione fra esterno (la realtà sensoriale) e interno (le reazioni neuroaffettive che gli stimoli esterni producono nell’individuo). L’acquisizione di una lingua, in quanto processo cognitivo che permette all’individuo di elaborare una risposta adattiva ottimale rispetto all’ambiente in cui è inserito, si nutre di entrambi.