• Non ci sono risultati.

I linguisti polacchi e le influenze straniere 1.2.7.

La lingua polacca è “sopravvissuta” a momenti difficili. L’uso del verbo sopravvivere può apparire azzardato ma se si considera che l’utilizzo della lingua polacca fu diverse volte in passato vietato nelle scuole e nelle amministrazioni pubbliche, inoltre furono liquidati i nomi di località in polacco (questo accade per esempio in un passato non troppo remoto, alla fine del XIIX secolo inizio del XIX secolo) non stupisce la volontà di molti linguisti polacchi determinati a preservare la purezza del polacco da influenze straniere. La religione e la vita religiosa hanno permesso alla lingua polacca di non scomparire; nei periodi delle spartizioni le celebrazioni religiose erano infatti l’unico momento di vita pubblica in cui era concesso di utilizzare tale lingua per le prediche, le preghiere e le canzoni. Questo valeva soprattutto nelle zone di influenza prussiana ovvero, a grandi linee, le regioni che corrispondono oggigiorno alla Grande Polonia e alla Slesia. In un tale scenario è

77

possibile comprendere l’approccio di diversi esponenti letterari pronti a criticare e a condannare aspramente l’uso di termini stranieri. Verranno riportati di seguito alcune critiche a questa tendenza di arricchimento tramite l’adozione o adattamento di termini da altre lingue.

Già nella sua grammatica Kopczyński scrive:

Jest coś w naszej krwi, przez co tak do obcych rzeczy lgniemy, że aż do zapomnienia o swoich,ovvero che vi è qualcosa in noi che ci fa tendere verso le cose straniere e dimenticare le nostre.

(Kopczyński, 1817: 137)

Tale tendenza viene definita da Mroziński una malattia:

Żadnemu podobno jeszcze narodowi nie radzono zamienić brzmienia słów dlatego tylko, aby je zbliżyć do słów innego języka; u nas zaś ta chęć przekształcenia słów polskich na podobieństwo słów innych języków europejskich, a nawet azjatyckich, stała się jakąś grasującą chorobą.

(Mroziński, 1824:28)

Jan Śniadecki vede in tale tendenza non una possibilità di arricchimento della propria lingua bensì il modo più rapido per smarrirla:

Źle, zdaje mi się sądzą ci, którzy rozumieją, że się język bogaci, kiedy do swych ubiorów przyjmuje obce. Jest to owszem najkrótsza i bita droga do jego zaguby.

(Śniadecki, 1822:110 )

A difendere la bellezza e purezza della lingua polacca ci pensa Kazimierz Jabłonowski (citato in Klemensiewicz, 2007) definendo il tentativo di introdurre parole straniere barbarzyństwem największym e criticando i giornali per il ricorso ingiustificato a parole quali: parlament, parlamentować, reprezentować, deputować, deputowanych ecc. al posto dei loro corrispondenti polacchi. Più articolata è la critica di Bożydar Ożyński che auspica un intervento dall’alto affinché la lingua polacca non si perda nel mare magnum di obce wyrawy. Fa appello alle scuole, agli insegnanti chiedendo loro di dar lustro alla ricchezza di lessico della lingua polacca e all’inutilità dell’impiego di prestiti. Ancora più radicale è la posizione di Fryderyk Skobel (1883) che non solo non tollera l’ingresso di ulteriori parole straniere nella lingua polacca ma addirittura caldeggia l’eliminazione dei prestiti già in uso. Dopo aver offerto una panoramica delle posizioni assunte dai vari esperti si presentano di seguito gli influssi delle singole lingue: ceco, ucraino, bielorusso, tedesco, latino, italiano, francese, inglese.

78

Le influenze del ceco

1.2.8.

L’influenza della lingua ceca sul polacco è da far risalire al X–XI secolo ovvero al momento dell’adozione del Cristianesimo da parte della Polonia. Tale influenza venne rafforzata durante gli anni di dominio dei monarchi cechi sul territorio polacco, ovvero durante il regno di Wacław II e di Wacław III. Fino alla metà del XVI secolo la letteratura ceca, prevalentemente in ambito teologico, così come anche lo scambio di professori e sacerdoti e i contatti a livello politico, permisero la penetrazione di termini cechi nella lingua polacca.

Szedł więc wpływ czeski inaczej niż niemiecki, od góry, od księży i literatury, od wojska i dworu.

(Brückner, 1974:390)

Il ceco ebbe un impatto, visibile ancora oggi, su diversi livelli influenzando la fonetica, la declinazione dei sostantivi come anche la formazione delle parole. Dal punto di vista fonetico possiamo ricordare per esempio l’introduzione del fonema “h” anche se la maggior parte dell’inteligencja polska usava “ch”. La “h” è rimasta oggigiorno solo in alcune espressioni, ad esempio: hasło, hańba, ohyda ecc. Per quanto concerne la formazione delle parole sono di derivazione ceca i suffissi –tel, ad esempio

obywatel;-telny, czytelny, rzetelny, wierzytelny. La lingua ceca svolse la funzione di

arbitro nella competizione instauratasi tra i maggiori dialetti, ovvero quello dell’area della Grande Polonia, della Piccola Polonia e dell’area di Danzica. I linguisti affermarono che la variante da preferire era quella maggiormente vicina al ceco. Il primo studioso ad azzardare una tale ipotesi fu Zdisław Stieber nel 1966. Per quanto riguarda l’ingresso di parole ceche nella lingua polacca, come già accennato, il momento di maggior influenza fu quello dell’adozione del Cristianesimo da parte della Polonia. Non deve stupire quindi che molti di questi termini di origine latina e tedesca penetrati tramite il ceco riguardassero l’ambito religioso come ołtarz, poganin, biskup,

mnich, papież. Grazie al ceco entrarono direttamente nel polacco le prime parole latine

(e greco latine) come: angelus, apostolus, calendae, cimiterium, crux, diabolus,

79

anioł, apostoł, kolęda, cmentarz, kryż, diabeł, ewangelia, żyd, parafia ecc. (Widłak,

2006:52). Inoltre:

[…] w tym czasie za pośrednictwem czeskim przyjęliśmy też wyrazy luźniej związane z terminologią religijną, jak np. nazwy dni tygodnia.

(Siatkowski, 2010:543)

Bisogna comunque sempre tener presente la vicinanza tra le due lingue e la difficoltà nel riconoscere se un dato termine è un prestito dalla lingua ceca o meno.

Z powodu bliskiego pokrewieństwa obu języków, które były w przeszłości dialektami tej samej grupy zachodniej, trudno nieraz rozstrzygnąć, czy dany wyraz jest pożyczką z czeskiego, czy też rodzimym.

(Klemensiewicz, 2007:134)

Tuttavia è fuori discussione che lo sviluppo del polacco sia stato influenzato dalla cultura, dalla letteratura e anche dalla lingua ceca e che il ceco, come anche il tedesco di cui si parlerà in seguito, abbia permesso a molte parole di origine latina di entrare in maniera indiretta nella lingua polacca. Come afferma Klemensiewicz :

Najwięcej terminów chrześcijańskich dostaje się do polszczyzny na drodze: łacina – język niemiecki – język czeski.

(ibidem)

Dopo il XVI secolo l’influenza del ceco si ridusse notevolmente tanto che molti termini caddero perfino in disuso.