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In questo paragrafo e in quello successivo ci si concentrerà sul concetto di determinatezza e indeterminatezza, presentando prima questo fenomeno nella lingua italiana e poi nella lingua polacca. In primis è importante chiarire che cosa si intenda con determinatezza. Wierzbiczka (1996:113) la definisce come la “funzione che consiste nell’attualizzare il nome cioè nel fornirgli la caratteristica di nome definito o indefinito”. La studiosa polacca Papierz (2009) descrive invece così la categoria della determinatezza/indeterminatezza:

Kategoria określoności/nieokreśloności dotyczy grup imiennych użytych referencyjnie. Za grupę imienną określoną (wyznaczoną) przyjmuje się grupę imienną użytą referencyjnie, tj. odsyłającą do referenta poza tekstem (we wspólnym świecie nadawcy i odbiorcy).

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Renzi (1989)sostiene che in ogni sintagma nominale debba essere espressa la determinatezza (o indeterminatezza) in modo che l’ascoltatore possa facilmente capire il referente, se si parla di uno o più oggetti o se l’oggetto in discussione è già noto all’interlocutore o meno. La determinatezza può essere espressa facendo ricorso a mezzi linguistici diversi, come puntualizza Papierz (2009: 61): “[…] może być wyrażona środkami gramatycznymi (np. za pomocą rodzajnika określonego) lub implicite, tekstowo”.

Nelle lingue romanze la determinatezza e l’indeterminatezza vengono espresse comunemente tramite l’articolo “nelle tre varietà definito (o determinativo), indefinito (o indeterminativo) e zero (Fici, 2001:56)” mentre nelle lingue slave, dove l’articolo è assente è necessario esplicitare tale categoria in modo diverso. La determinatezza/indeterminatezza è infatti, come sostiene Hewson nel suo lavoro intitolato “Article and noun in English”, presente in tutte le lingue indoeuropee:

[…] the binary contrasting of the values between the singular and the universal senses of the noun’s potential significate” are “inherently present in the system of the noun in all Indo-European languages.

(Hewson, 1972:117)

Roszko (2004) sostiene che l’espressione della determinatezza/indeterminatezza non sia legata esclusivamente alla presenza degli articoli e che quindi sia esprimibile anche in lingue che non abbiano sviluppato tale categoria morfologica.

Wyrażanie znaczeń określoności/nieokreśloności niekoniecznie musi łączyć się z istnieniem/funkcjonowaniem w danym języku rodzajnika (/ pary opozycyjnych rodzajników). Te same treści związane z określonością i nieokreślonością można wyrazić zarówno w języku, który rozwinął morfologiczną kategorię określoności/nieokreśloności, jak i w języku, który takowej kategorii nie rozwinął. Mówienie o kategorii określoności/nieokreśloności jako kategorii morfologicznej znacznie ogranicza możliwości badawcze i poznawcze.

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Nocentini nel suo articolo dedicato alla tipologia e alla genesi dell’articolo nelle lingue europee, chiarisce come inizialmente nessuna lingua indoeuropea, a parte il greco, avesse l’articolo.

It is a well-known fact that the old European languages, except for Greek, didn’t have articles. In the modern European languages, on the contrary articles are fully developed in the West and partially developed or totally absent in the East.

(Nocentini, 1996:1)

Sempre nello stesso saggio Nocentini accenna anche alle origini e allo sviluppo degli articoli: “Their source are evident: the definite article (DA) derives from the demonstrative pronoun “that” and the indefinite article (IA) derives from the numeral “one” (ibidem).

Della stessa opinione è Guillame (1919), che afferma che nelle lingue indoeuropee con articolo, l’articolo determinativo si sia sviluppato a partire dai pronomi dimostrativi e che lo si possa intuire considerando le similarità di base presenti nelle due categorie:

De ce que l’article a été originairement un démonstratif, il ressort que ces deux sortes de mots participient d’une même nature, au moins jusqu’à un certain degré. Or, le démonstratif a pour but de réduire l’idée générale du nom en une idée étroitement particuliére et momentanée. Il faudrait admettre d’après cela que l’article exerce une fonction du même genre, et y voir un signe pour passer d’une certaine generalité de l’idée nominale à une généralité moindre.

(Guillame, 1919: 14)

Interessante a tal proposito è il contributo di Renzi (1992) che sostiene che nelle lingue romanze l’articolo si sia sviluppato dal deittico latino ille con funzione di determinante del sostantivo come nella seguente frase latina:

Adducite uitulum illum saginatum – portate il vitello quello grasso

Dove illum saginatum (quello grasso) funge da complemento aggettivale e illum precisamente da determinante del sostantivo. In seguito avrebbe portato allo sviluppo dell’articolo posposto come nei casi seguenti:

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Carlo il Grande, Lorenzo il Magnifico ecc.

Come accennato in precedenza si considererà dapprima la realizzazione della determinatezza nella lingua italiana dove questa avviene soprattutto grazie all’articolo determinativo o indeterminativo o alla sua assenza. A proposito Renzi puntualizza (1989: 364): “la determinatezza non dipende necessariamente dall’articolo”.

L’articolo fornisce all’ascoltatore numerose informazioni in merito alle caratteristiche del referente ovvero relativamente alla categoria semantica della persona o di non-persona, il sesso, la quantità e indica se il referente è conosciuto solo al parlante o anche all’ascoltatore oppure sconosciuto ad entrambi. Per chiarire meglio questo ultimo punto si riportano i tre esempi citati da Renzi(1989: 366):

E’ arrivato il ragazzo di Maria a Roma.

E’ arrivato un nostro amico a Roma.

Se arrivasse un marziano a Roma.

Nella prima frase il referente (il ragazzo di Maria) è conosciuto sia al parlante che all’ascoltatore, si tratta, secondo la denominazione adottata da Renzi di un sintagma nominale determinato. Nella seconda frase il referente (un nostro amico) è noto al parlante ma non all’ascoltatore e ci troviamo di fronte ad un sintagma nominale indeterminato specifico. Nell’ultimo esempio invece il referente (un marziano) non è noto né al parlante né all’ascoltatore, si tratta di un sintagma nominale indeterminato non-specifico.

Per quanto concerne la tipologia degli articoli nella lingua italiana ne possiamo quindi individuare due: determinativo (definito) e indeterminativo (indefinito). Il primo come abbiamo visto introduce un referente noto ad entrambi gli interlocutori, parlante ed ascoltatore, mentre l’articolo indeterminativo introduce un referente noto solo a chi parla. Esiste inoltre un’ulteriore tipologia di articoli, solitamente accorpata a quella dell’articolo indeterminativo, ovvero l’articolo partitivo come nell’esempio “Marco ha comprato del pane.” Inoltre la determinatezza può essere desunta dal contesto linguistico come anche da quello extra linguistico. Nel primo caso il referente è ripetuto due volte, prima preceduto da un articolo indeterminativo e poi da uno determinativo,

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essendo già stato citato il referente. Si parla in tale situazione di funzione anaforica, da intendersi nell’accezione descritta da Bacz (1991:4):

[…] the epithet anaphoric is taken to express reference to something mentioned or implied before and assumed to be present in the speaker’s and the listener’s memory at the time of the speech act.

(Bacz, 1991:4)

Per illustrare meglio tale concetto possiamo riportare il seguente esempio:

Pietro ha detto che domani sarebbe arrivato un pacco. Invece il

pacco è arrivato oggi.

In presenza di alcuni fenomeni è il contesto extra-linguistico a condizionare la determinatezza, come avviene negli esempi che seguono tratti da Renzi (1989: 366) dove:

 Ci si trova di fronte alla categoria degli oggetti unici, così definita poiché identificano elementi considerati come tali.

Ad esempio: La luna è piena stanotte; La sua bocca è rossa.

Con alcuni sostantivi come il sole e la luna è in certi casi è accettabile l’uso dell’articolo indeterminativo, ad esempio: è la prima volta che vedo una luna così luminosa.

 Le conoscenze comuni hanno un ruolo chiave per l’identificazione del referente.

Ad esempio: La capitale dell’Italia è Roma.

 Il sintagma nominale è seguito da una frase relativa o da una costruzione introdotta dalla preposizione di. Questi identificatori del referente hanno carattere cataforico poiché sono posizionati dopo il referente.

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Ad esempio: Questa è la studentessa della quale ti ho parlato ieri;

Ho conosciuto la mamma di Alice; Abbiamo il rappresentante di una classe.

Gli esempi appena riportati evidenziano come sia l’intera frase nel suo complesso a realizzare il riferimento, dato che l’articolo da solo non sarebbe sufficiente (Fici, 2001:29).

Nella lingua italiano l’articolo determinativo può caratterizzare un nome referente specifico come anche un nome generico.

Il leone attaccò il cacciatore (l’articolo definito caratterizza un referente specifico).

Il leone è il re della foresta (l’articolo definito caratterizza un referente generico).

Allo stesso modo l’articolo indeterminativo può riferirsi ad un nome referente come ad uno non referente; il verbo può aiutare a specificare la referenza come si evince dai seguenti esempi:

Chiama un medico! (il sintagma nominale un medico non è referente).

Ho sposato un medico (il sintagma nominale un medico è referente).

Oltre agli articoli, esistono nella lingua italiana altre forme grammaticali per esprimere la determinatezza/indeterminatezza. I pronomi dimostrativi (questo, questa, quello, quella, questi, ecc.) determinano il sostantivo al quale si riferiscono, mentre i qualificatori (qualche, alcuni e qualcuno ecc.) attribuiscono al sintagma nominale un carattere indeterminato.

Lo studente è molto preparato. Questo studente è molto bravo. Uno studente è andato al cinema Alcuni studenti sono andati al cinema.

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Dopo aver illustrato la categoria della determinatezza /indeterminatezza nella lingua italiana si illustrerà la medesima nella lingua polacca partendo da un excursu sulle teorie relative alla nascita dell’articolo nelle lingue indoeuropee e concludendo con alcune considerazioni in merito alle ipotesi dello sviluppo dell’articolo nella lingua polacca.

La studiosa polacca Gebert (1996) nel suo saggio intitolato Riflessioni

sull’articolo mai nato nelle lingue slave sottolinea come la nascita dell’articolo in

diverse lingue europee, germaniche, romanze, celtiche, come anche nell’armeno e nel greco, abbia rappresentato “una delle innovazioni tipologiche più importanti” (Gebert, 1996:11). Come già accennato la categoria dell’articolo è assente nelle lingue baltiche e slave, ad eccezione del macedone e del bulgaro dove è posposto. Lo slavista polacco Moszyński (1983) afferma che le lingue indoeuropee potevano differenziare i nomi dagli aggettivi in due modi: o attribuendo una marca speciale al nome o all’aggettivo. Le lingue germaniche e romanze hanno “preferito” marcare il sostantivo mentre quelle slave l’aggettivo. Nello slavo antico esistevano forme degli aggettivi brevi e lunghe. Moszyński sostiene la teoria morfologica in base alla quale le forme aggettivali lunghe risulterebbero dalla fusione degli aggettivi con i pronomi di terza persona in modo da distinguere i nomi dagli aggettivi che avevano appunto le stesse desinenze. Questa teoria è corroborata anche dai lavori di Ramat (1986) in merito all’articolo nelle lingue germaniche, da Givòn (1984) e Harris (1980). Lo sviluppo dei pronomi dimostrativi in articoli è avvalorato dalla perdita della loro funzione deittica nella frase e al loro passaggio a espressioni di referenzialità e di definitezza (Gebert:1996).

La seconda teoria relativa all’origine delle forme aggettivali afferma che gli aggettivi composti slavi risulterebbero dall’unione della forma aggettivale breve con l’elemento deittico e rappresenterebbero quindi un tentativo, non riuscito di formazione dell’articolo. Una conferma di tale ipotesi è riscontrabile negli studi dedicati alle prime manifestazioni degli articoli nelle lingue che hanno in seguito sviluppato questa categoria grammaticale, ad esempio nel germanico. Ramat riferendosi alla genesi dell’articolo nel germanico afferma che:

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Il punto di partenza di questo sviluppo va ricercato probabilmente nel sintagma con costruzioni aggettivali appositive/attributive tipo hairdeis sa goda: (il pastore, quello buono”, N+DET+AGG (ovvero N2) con DET in funzione di riferimento anaforico a un elemento (=N) già testualmente noto.

(Ramat, 1986:126)

Tale opinione è condivisa dallo studioso Harris che fa notare come sia nelle lingue germaniche che in quelle baltoslave esistano aggettivi aventi una flessione debole e una flessione forte. Per concludere si può evidenziare come nelle lingue slave, che hanno conservato le forme lunghe degli aggettivi, non si sia mai sviluppata la categoria dell’articolo, come nella lingua polacca, dove troviamo pochi aggettivi nella forma breve e solo in posizione predicativa. L’opposizione, fra aggettivi di forma breve e lunga, è infatti rimasta solo in alcune lingue slave, come nel russo.

É importante ricordare, per poter meglio comprendere la genesi della categoria dell’articolo, che, nelle lingue indoeuropee in cui tale categoria grammaticale è nata, sono scomparsi i casi anche se vi sono stati periodi di coesistenza. Non stupisce di conseguenza che le uniche lingue slave ad aver sviluppato l’articolo, il bulgaro il macedone, siano anche le uniche ad aver abbandonato la flessione casuale. Questo fenomeno è stato accompagnato da un irrigidimento dell’ordine dei costituenti della frase. Nelle lingue invece, come il polacco, dove si è conservata la flessione casuale, l’ordine delle parole è libero e flessibile.

A questo punto è lecito domandarsi come venga realizzata la categoria della determinatezza/indeterminatezza nella lingua polacca. Secondo Wierzbicka:

La determinatezza, intesa come funzione che consiste nell’attualizzare il nome, cioè nel fornirgli la caratteristica di nome definito o indefinito, è presente anche nelle lingue senza articolo quali per esempio il polacco e il russo.

(Wierzbicka, 1996:113)

Lo studio della determinatezza nella lingua polacca ha attirato l’attenzione di numerosi slavisti, tra cui Topolińska (1981), Szwedek (1974, 1975, 1976), Kryk (1987) e Pisarkowa (1968, 1969).

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La determinatezza in polacco è espressa in diversi modi, attraverso i nomi propri, frequentemente ricorrendo ai pronomi deittici ten, ta, to (questo, questa), tamten,

tamta, tamto (quello, quella); ten sam, ta sama, to samo (lo stesso, la stessa); ów, owa, owo (quello lì, quella lì). La studiosa Papierz (2009) nel suo contributo “Realizacja kategorii określoności/ nieokreśloności w tekstach słowackich i polskich” presenta una

classificazione più completa degli esponenti della determinatezza nella lingua polacca. Volendo schematizzare i diversi modi di espressione della determinatezza possiamo riassumerli nel seguente modo:

 espressioni con un’evidente caratteristica di determinatezza: nomi propri (ad esempio: Pietro, Maria, Paweł); descrizioni determinate (ad esempio: stolica Polski), nomi di oggetti unici (ad esempio:

Słońce, Ziemia );

 formulazioni determinate e chiare da punto di vista situazionale (ad esempio: spotkamy się na dworcu);

 esponente zero, ad esempio:

- Czekaliśmy na Pawła, ale ø nie przyszedł. - Czekaliśmy na Pawła. ø Nie przyszedł.

 la posizione del tema nella frase, ad esempio:

- ø Dom jest bardzo ładny (la casa è molto bella);

 mezzi lessicali (pronome dimostrativo, costruzioni con il genitivo, pronomi personali usati in modo anaforico)

- ta książka, ten długopis, to okno; - stolica Polski, ojciec Marii;

- czekaliśmy na Pawła, ale on nie przyszedł;

 frase relativa: (ad esempio: spotkałam dzisiaj panią, o której rozmawialiśmy wczoraj)

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Anche gli aggettivi indefiniti possono essere impiegati per esprimere la determinatezza. Verranno riportati gli esempi citati nel lavoro di Kreisberg (2008) tratti dal testo di Calvino, Marcovaldo, e dalla versione in lingua polacca realizzata dalla ricercatrice, in quanto lei stessa ritiene che:

[…] l’articolazione di una categoria risalti meglio in un raffronto tra due lingue di cui una l’ha grammaticalizzata, mentre l’altra, per quanto in certi casi debba segnalarla, si avvale a tale scopo di mezzi suppletivi.

(Kreisberg, 2008: 32)

Questo primo esempio è un titoletto:

La città tutta per lui (Calvino, 2002:108) Całe miasto tylko dla niego

Se si omette l’aggettivo cały “intero”, si ottiene la frase:  Una città tutta per lui.

Anche il possessivo swoja svolge la medesima funzione (Kreisberg, 2008:32). La compattezza del grappolo s’era dissolta (Calvino 2002:105)

Teraz już grono utraciło swoją spoistość.

La traduzione letterale risulta essere:

Ormai il grappolo ha perso la sua compattezza.

Nel caso però il possessivo venisse omesso:  Teraz już grono utraciło spoistość.

La traduzione diventerebbe:

Il grappolo ha perso compattezza.

Di conseguenza si può affermare che la presenza o l’assenza di un aggettivo indefinito o possessivo influenza la determinatezza-indeterminatezza ed anche il

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significato della frase. Tuttavia come fa notare Wierzbicka (1996) può accadere che anche un nome proprio non sia sufficiente a specificare un referente, visto che, oggigiorno anche agli animali vengono dati nomi di persone come anche ai luoghi pubblici in ricordo di alcune importanti personalità. Per meglio identificare il referente in oggetto entrano in gioco gli esponenti grammaticali dell’indice che forniscono i seguenti attributi:

 la categoria semantica di persona o di non-persona.  il sesso

 la quantità.

La categoria semantica di persona o di non-persona è segnalata tra l’altro dai pronomi kto (chi), riferito a persona e co (che cosa), riferito a cose.

A titolo esemplificativo si riportano i seguenti esempi, tratti dal contributo di Wierzbiczka (1996) intitolato “Gli esponenti grammaticali dell’indice”:

Kto to jest Baśka? (Chi è Baśka?)

Nie kto, ale co to jest Baśka. To nasza kotka. ( Non chi, ma che cos’ è Baśka. È la nostra gatta).

Talvolta per distinguere tra un nome proprio di persona o un nome geografico ci possono venire in aiuto le desinenze dei casi nelle varie declinazioni, tranne al nominativo, qualora ci si trovi di fronte ad un sostantivo di genere maschile.

Jadę do Jarosława

Jadę do Jarosławia

Jarosław è nella prima frase riferito ad una persona di sesso maschile mentre nel secondo ad un luogo.Tale distinzione non è altrettanto chiara quando il sostantivo è di genere femminile.

Jadę do Karoliny

In tal caso ci si può riferire sia ad una località come anche ad una persona. È possibile riuscire a distinguere tra nome geografico e di persona solo se il sostantivo è

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espresso al plurale, visto che i nomi geografici non possono essere espressi al plurale. Dunque nel seguente esempio ci si riferisce senza dubbio ad un nome di persona:

Tu są dwie Karoliny.

Esistono nella lingua polacca altri mezzi linguistici per specificare la categoria semantica di persona e di non persona come ad esempio i pronomi anaforici który, jaki. In base alla loro declinazione è possibile dedurre se si tratta di una persona o meno.

Śnił mi się Jarosław, który znam od dzieciństwa;

Śnił mi się Jarosław, którego znam od dzieciństwa.

La declinazione maschile di un sostantivo di persona ci segnala che nel primo caso si tratta di un luogo mentre nella seconda frase di una persona. Lo stesso vale per l’esempio successivo in cui compare il pronome jaki.

Jarosław jest dokładnie taki, jaki widać na zdjęciu;

Jarosław jest dokładnie taki, jakiego widać na zdjęciu.

Ovviamente anche i pronomi personali on, ona, ono in base alla loro posizione all’interno della frase possono fornire informazioni utili ad identificare se ci si riferisce ad una persona o no. Se sono collocati all’inizio di una frase si tratta indubbiamente di una persona, se invece sono collocati all’interno della frase possono anche indicare degli oggetti.

Ona przyjechała z Madrytu;

To Marta. Ona przyjechała z Madrytu;

To hispańska maschina. Ona przyjechała z Madrytu.

Nel primo esempio, come accennato, siamo sicuri che si tratta di una persona mentre nelle frasi successive è il contesto che ci permette di capire se ona si riferisce ad una persona, come nella seconda frase, o ad una cosa, come nell’ultimo esempio.

Dopo aver analizzato gli indici che informano in merito alla categoria semantica di persona o di non-persona ci si concentrerà brevemente su quelli che permettono di identificare la categoria semantica del sesso. Questo viene generalmente espresso attraverso le desinenze del genere grammaticale, tuttavia vi sono dei sostantivi, spesso

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quelli indicanti una professione, dove esiste solamente la forma maschile (inżynier, adwokat, doktor...) in cui il sesso è chiarito dalla forma del verbo o dell’aggettivo.

Doktor przyjechał;

Doktor przyjechała.

Un altro elemento che disambigua è il lessema pan (signore) e pani (signora). To pan doktor z Krakowa;

To pani doktor z Krakowa.

Fungono inoltre da esponenti del sesso anche i pronomi come on, ona, ono (lui, lei), który, która, które (il quale, la quale). Nei due esempi che seguono capiamo che nel primo caso si tratta di un uomo e nel secondo di una donna solo grazie alla declinazione del pronome.

To magister psychologii. Lubię go; To magister psychologii. Lubię ją,

Un ulteriore attributo dell’oggetto, che può essere trasmesso dagli esponenti grammaticali dell’indice, riguarda la categoria semantica della quantità. In alcune situazioni infatti, qualora ci si trovi di fronte a sostantivi come Kowalscy, dziadkowie,

Jankowie, per eliminare l’ambiguità è necessaria la presenza di un indice grammaticale,

spesso espresso nella forma del predicato (Saloni, 1976). Nella frase riportata di seguito per esempio non è chiaro se si tratta della signora e del signor Kowalski o dell’intera famiglia.

Przyszli już Kowalscy.

In alcuni casi l’aspetto del verbo può fungere da indice grammaticale, il verbo imperfettivo identificando un’azione multipla precisa che un’azione è stata compiuta più volte e dunque che l’oggetto è da considerarsi al plurale. Questa informazione può risultare utile con i pluralia tantum, per esempio drzwi (porte).