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1.2.4.

Il polacco è una lingua slava, più precisamente appartiene al gruppo delle lingue slave occidentali. La famiglia delle lingue slave, diffusa nella zona dell’Europa centro- orientale e nei Balcani, rappresenta un gruppo omogeneo appartenente ad un ceppo europeo che si è estinto prima della formazione delle singole lingue.

The Slavonic languages form a genetic unit, that is to say they are all descendants of a single ancestor language, conventionally called Proto-Slavonic, whose characteristics can be reconstructed by comparing the various attested Slavonic languages. Going further, the Slavonic languages in turn form a branch of the Indo-European family, the family of languages that cover most of Europe and large parts of south-Western Asia and South Asia and which includes English (…).

(Comrie & Corbett, 1993:1)

In particolare, come fa notare Tazbir, il polacco nella seconda metà del 17esimo secolo ebbe un ruolo di primaria importanza tra le lingue slave.

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In the second half of the seventeenth century, Polish became the most popular Slavonic language, serving primarily, but not only, the other countries belonging to this linguistic group as a tool of inter-state and inter-civilisation communication. The attractiveness of our language and culture within the Republic can be explained by the prevailing tolerance in a “state without stakes”. (Tazbir, 2012: 31)

Le lingue slave moderne possono essere divise in tre sottogruppi:

 Lingue slave orientali che includono il russo, l'ucraino, il bielorusso (rappresentano il gruppo più cospicuo);

 Le lingue slave meridionali ovvero il bulgaro, il macedone, il serbo- croato e lo sloveno;

 Le lingue slave occidentali che a loro volta si suddividono in 3 gruppi: il ceco e lo slovacco il sorabo superiore ed inferiore e le lingue lechitiche ovvero il polacco e il casciubo.

Si tratta di una ripartizione soprattutto per motivi geografici che per motivi linguistici.

L’immagine mostra gli Stati in cui è adottata come principale lingua ufficiale una lingua di un popolo slavo.

██ Slavi occidentali

██ Slavi orientali

██ Slavi meridionali

Distribuzione degli slavi per lingua

67 Come sostiene la linguista Fici :

Le lingue standard corrispondono, nella maggior parte dei casi alle lingue riconosciute come entità nazionali. Anche se si tratta di divisioni originate spesso dalla politica interna e internazionale, e se è difficile affermare con certezza che la linea di confine corrisponde alla linea di demarcazione tra una lingua e l’altra, per buona parte dell’Ottocento e del Novecento il riconoscimento dell’identità linguistica è stato uno degli obiettivi dei movimenti di indipendenza. È sufficiente uno sguardo alla carta dell’Europa ottocentesca per rendersi conto che la maggior parte delle terre popolate dagli slavi era divisa tra tre grandi imperi.

(Fici, 2001:6)

Le prime notizie sugli slavi risalgono al VI e VII sec d.C. quando ebbero inizio i loro spostamenti. Possiamo individuare le loro aree di espansione grazie ad indizi di tipo linguistico ovvero gli appellativi e i toponimi (Ramat e Ramat, 1993). Gli slavi si spinsero fino a nord nelle zone baltofone, colonizzando e assimilando le popolazioni locali che oggi abitano le zone che fanno parte della Bielorussia e della Russia. Ad ovest emigrarono, verso nord, fino al mar Baltico e raggiunsero la zona delimitata dal fiume Elba e Danubio per poi spingersi ancora di più a sud, attraverso i Carpazi, verso la Macedonia, la Tessaglia, il Peloponneso. Solo un effimero gruppo riuscì ad insediarsi nelle isole greche e sulle coste dell’Asia Minore. Con il passare degli anni la presenza slava in queste terre diminuì. In Grecia e in Albania gli slavi vennero assorbiti dalle popolazioni locali, in Ungheria vennero respinti dai Magiari e in Baviera dai Germani. Di conseguenza la loro espansione continuò solo verso est.

Si è detto in precedenza che le lingue slave costituiscono un insieme compatto e che condividono molte caratteristiche linguistiche, ciò nonostante mostrano delle differenze, testimonianza queste di sviluppi autonomi e contatti con altre culture. In primis, basandoci sull’elenco delle caratteristiche tipologiche più importanti delle lingue slave di Comrie e Corbett (2002), verranno brevemente menzionati gli elementi che accomunano le lingue slave e successivamente ci si concentrerà sulle loro differenze.

Innanzitutto, dal punto di vista fonologico, le lingue slave sono caratterizzate da un sostanziale numero di consonanti palatali e palatalizzate. Inoltre sul piano morfologico mostrano una serie di alternanze e flessioni ed il loro sistema verbale presenta la categoria dell’aspetto. Dal punto di vista sintattico l’ordine delle parole è libero o meglio determinato più da fattori pragmatici che sintattici. Le lingue slave

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hanno un sistema di concordanze molto esteso; gli aggettivi concordano in genere e numero con i sostantivi ai quali si riferiscono, lo stesso vale per i sostantivi e i verbi infatti questo permette, in alcuni casi, con il verbo finito di omettere il pronome soggetto. In particolare nell’ucraino è possibile trovare elementi comuni con il polacco che sono da far risalire agli anni in cui parte del territorio dell’odierna Ucraina era sotto la giurisdizione della Polonia.

Una differenza non trascurabile tra le lingue slave è l’utilizzo di diversi alfabeti per trascrivere i rispettivi suoni, in seguito a vicende e vicissitudini politico-religiose. È possibile trovare testi slavi scritti con l’alfabeto greco, arabo od ebraico ma volendo individuare i tre veri alfabeti delle lingue slave questi sono: l’alfabeto glagolitico, il cirillico e quello latino. Il primo fu introdotto da Costantino ed era utilizzato soprattutto per i testi di tipo liturgico. Venne diffuso anche in Polonia dove nell’anno 1380 il principe polacco della famiglia dei Piast, Konrad I, istituì un convento glagolitico a Oleśnica. Dieci anni più tardi, nel 1390 la regina Jadwiga fondò a Cracovia la chiesa della Santa Croce, dove per 80 anni venne impiegata la scrittura glagolitica. Tuttavia è importante ricordare che, il polacco utilizzò una versione adattata dell'alfabeto latino, questo per ragioni politiche, per rimanere all’interno dell'orbita cattolico-romana. Verso la fine del IX secolo, uno dei seguaci di Metodio che si era stabilito a Preslav, in Bulgaria inventò l'alfabeto cirillico, che sostituì l'alfabeto glagolitico. Fanno tuttora uso dell’alfabeto cirillico le lingue slave meridionali e orientali. Le lingue slave occidentali, il ceco, lo slovacco, il polacco e il sorabo si avvalgono invece dell’alfabeto latino integrandolo con alcuni segni diacritici. Tale differenziazione tra gli Slavi ebbe luogo unicamente per motivi religiosi, ovvero a oriente la fede cristiana ortodossa e a occidente la fede cristiana cattolica. Più precisamente, una spiegazione di questa predilezione per l’alfabeto latino la possiamo trovare nell’influsso esercitato dal cattolicesimo sulle aree slave più legate alla chiesa di Roma che utilizzavano il latino come lingua per la liturgia. In seguito l’alfabeto latino, in queste zone, è stato utilizzato anche per altri tipi di letteratura non per forza di carattere religioso.

Il polacco fa parte delle lingue della Slavia occidentale, che come fa notare Cantarini (1993), non sono accomunate da elementi precisi e unitari come invece lo

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sono le lingue della Slavia orientale. Come elemento unificatore di epoca preistorica di tale gruppo linguistico si può ricordare:

[…] l’esito delle palatizzazioni delle alveolari (che producono le affricate, sibilanti c e dz, rispettivamente sorda e sonora); un altro, altrettanto antico, è dato dalla posizione debole degli jer nella prima sillaba dei bisillabi, indipendentemente dall’accento (nelle altre lingue si ha la posizione forte in sillaba tonica).

(Cantarini, 1993:178)

Un altro elemento caratteristico della Slavia occidentale, anche se non esclusivo, è rappresentato dalla posizione fissa dell’accento, solo una parte della zona casciuba ha mantenuto l’accento libero. Il polacco e il casciubo hanno mantenuto le vocali nasali, mentre nella Slavia meridionale ve ne sono solo alcune tracce a livello dialettale. Inoltre il polacco, assieme al bielorusso ed al russo mantiene l’opposizione fra consonanti dure e molli. A livello verbale, nella lingua polacca la desinenza –m della prima persona singolare è molto diffusa, invece nel russo compare solo in due verbi ovvero dam e jem mentre nel croato come anche nel serbo trova un ampio impiego. In polacco questa compare nella prima persona singolare della terza coniugazione, la quale è ricca di verbi, e nella quarta coniugazione che conta invece solo pochi esempi (umiem,

rozumiem, wiem). In polacco, rispetto alle altre lingue slave, si usa spesso la costruzione

impersonale con il participio passato passivo neutro singolare del verbo, ad esempio

mówiono mi (Cantarini, 1993). Il polacco è l’unica lingua slava in cui, come nelle lingue

romanze, la posizione dell’aggettivo rispetto al nome varia e non precede sistematicamente il sostantivo. Se due aggettivi si riferiscono allo stesso sostantivo, generalmente uno lo precede e l’altro lo segue. Nelle lingue slave la forma di cortesia è espressa con la seconda personale plurale, mentre in polacco, come in italiano, si usa la terza persona singolare, il soggetto sempre espresso è di solito Pan/Pani e non si distingue tra donne sposate o nubili.

Sul piano morfologico, come nelle altre lingue della Slavia occidentale notiamo l’esistenza della categoria del sottogenere nella sua variante animato/inanimato e [personale/impersonale, che porta di conseguenza all’opposizione maschile/non

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maschile-personale che funziona nei casi diretti del plurale di pronomi e aggettivi. In particolare la marcatura morfologica varia da una lingua all’altra.

[…] nelle lingue slave occidentali si tende a restringere la classe dei nomi animati a quelli maschili di persona e ad escludere i nomi femminili. Questa distribuzione interessa anche l’aggettivo […]

(Fici, 2001:27)