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Il Kitāb al-Ḥikma al-Ḫālida

7. I Versi d’oro

Ciò che troviamo al termine del Testamento di Aristotele ad Alessandro è un capitolo che porta il titolo Testamento di Pitagora, noto come aureo (Waṣiya Fiṯāġūras

al ma῾rūfa bi-l-ḏahhabiyya). Si tratta di una traduzione araba dei Versi d’oro, in greco

Χρυσᾶ Ἒπη, opera poetica attribuita a Pitagora, che nel mondo arabo-islamico ebbe grandissima diffusione. Essa viene citata anche col titolo di Risāla al-ḏahhabiyya o, come accade nell’Enciclopedia degli Iḫwān al-Ṣafā᾿, con il titolo di Epistola dorata ed

esortazione a Diogene.476 Tali versi vengono detti “d’Oro, dorati” a causa di una leggenda riguardante Galeno, del quale si narrava che leggesse quotidianamente tali versi e che li avesse copiati con lettere d’oro.477

Assieme alla Tabula Cebetis, essa fu edita per la prima volta da Johannes Elichmann478

sulla base di un manoscritto del Kitāb al-Ḥikma al-Ḫālida contenuto nella collezione di Golius479

; attualmente, il testo pubblicato da Elichmann non è né la versione più antica né la più corretta tra quelle che abbiamo a disposizione: anche nel

Ṣiwān al-Ḥikma di Abū Sulaymān al-Siǧistānī sono riportati i Versi d’oro, in una

versione peraltro maggiormente corrispondente all’originale greco; ed entrambe queste traduzioni, sia quella del Kitāb al-Ḥikma al-Ḫālida, sia quella del Ṣiwān al-Ḥikma, sono posteriori rispetto a quella presente nel Nawādir al-falāsifa di Ḥunayn ibn Isḥāq - giunta in Occidente tramite una traduzione ebraica del XIII secolo di Jehuda ben Salomo al-Ḫarīzī, ed in seguito grazie a una traduzione spagnola di epoca medievale, il

Libro de los Buenos Proverbios – scoperta in arabo per la prima volta da A. Peron nel

1820 nel manoscritto dell’Escorial 760480

; è dunque possibile che sia Miskawayh sia al- Siǧistānī abbiano attinto da essa.481 Ed è proprio quest’ultima ad essere la più antica

476 Cfr. Iḫwān al-Ṣafā᾿, Rasa᾿il, Il Cairo, 1928, IV, 100. 477

Cfr. F. Rosenthal, Fīthāghūras, EI2, p. 929-930.

478 Tabula Cebetis Graece, Arabice, Latine. Item Aurea Carmina Pytagorae, cum paraphrasi Arabica,

Auctore Iohanne Elichmanno M. D. Cum praefatione Cl. Salmasii, Lugduni Batavorum, Typis Iohannis

Maire, 1640.

479

Per maggiori informazioni, cfr. F. Rosenthal, Some Pythagorean Documents Transmitted in Arabic, in «Orientalia», 10, 1941, pp. 104-115 e 383-395, in particolare p. 105-106.

480 «The translation is not bad as a whole. But the Arabic language used in it is rather clumsy. Therefore,

it is presumably not due to Ḥunayn. A comparison of the technique of translation which I could not undertake, might prove this. – I could not find any cogent proof for a possible Syriac medium, and the text with all its strange expressions and conception is rendered in a way which seems possible only by utilizing directly the Greek text»; cfr. F. Rosenthal, Some Pythagorean Documents, p. 112 n. 1.

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versione dei Versi d’oro in nostro possesso, dal momento che la versione greca più antica del poema risale a non prima del X secolo.482

Nel mondo arabo-islamico circolarono anche dei commentari a quest’opera, uno dei quali attribuito a Proclo,483 un altro a Giamblico.484

La figura di Pitagora (generalmente reso in arabo con Fīṯāġūras, Fūṯāġūras o, più raramente, con Būṯāġūras o con altre traslitterazioni) fu estremamente celebre nel mondo arabo-islamico. I dettagli della sua biografia – in parte storica ed in parte leggendaria – furono conosciuti in particolare tramite la sua dossografia filosofica contenuta nella Historia Philosophica di Porfirio, della quale ritroviamo una versione araba in al-Mubaššir e in Ibn Abī Uṣaybi῾a.485 In questi due autori, la vita del filosofo greco è collocata a cavallo tra i regni di Ciro e di Cambise; in altri – ad esempio in Sa῾īd ibn al-Biṭrīq - è invece collocata durante il regno di Artaserse, in altri ancora – al- Šahrastānī – ai tempi di Sulaymān (Salomone).486

Secondo una tradizione arabo-musulmana, influenzata dal neoplatonismo di Porfirio e di Giamblico, Pitagora fu istruito da Dio stesso,487

ed istruì a sua volta – in modo indiretto – Platone, Aristotele ed i loro successori, garantendo così un’origine comune alle loro dottrine e, di conseguenza, la loro reciproca armonia nonché l’armonia della filosofia con la verità rivelata da Dio nel Corano. Secondo un’altra tradizione –

482 Cfr. Ibid., p. 112. 483

I testi nei quali il commentario è attribuito a Proclo sono: Ibn al-Nadīm, Fihrist, 253; al-Qifṭī, 89. Un suo riassunto, ad opera di ῾Abd Allāh ibn al-Ṭayyib, è stato rinvenuto all’interno del manoscritto dell’Escorial 888 (8). Il testo è stato edito da N. Liney, Ibn al-Ṭayyib: Proclus’ Commentary on the

Pythagorean Golden Verses, New York, 1984. Alcuni studiosi, tra i quali lo stesso Liney, hanno

ipotizzato che esista un legame tra questo commentario e quello di Ierocle di Alessandria, benché quest’ultimo testo sia più ricco e complesso di quello conservato in arabo ed attribuito a Proclo; cfr. C. D’Ancona, “Le traduzioni di opere greche e la formazione del corpus filosofico arabo” in Storia della

filosofia nell’Islam medievale, pp. 218-219; vedi anche F. Rosenthal, Fīthāghūras, pp. 930.

484

H. Daiber, Neuplatonische Pytagorica in arabischem Gewande. Der Kommentar des Iamblichus zu

den Carmina Aurea. Ein verlorener griechischer Text in arabischer Überlieferung, North-Holland –

Amsterdam – New York – Oxford – Tokyo 1995; cfr. C. D’Ancona, “Le traduzioni di opere greche e la formazione del corpus filosofico arabo” in Storia della filosofia nell’Islam medievale, p. 219. Un riferimento al commentario di Giamblico si trova nel Ṣiwān al-Ḥikma di al-Siğistānī; cfr. F. Rosenthal,

Fīthāghūras, p. 930.

485 Per la diffusione nel mondo arabo della Historia Philosophica, cfr. E. Cottrell, “Notes sur quelques-

uns des témoignages médiévaux relatifs à l’Histoire Philosophique (ἡ φιλόσοφος ἱστορία) de Porphyre”, in Islamic Thought in the Middle Age (studies in text, transmission and translation, in honour of Hans

Daiber), ed. Anna Akasoy and Wim Raven, Brill, v. LXXV, Leiden-Boston, 2008, pp. 523-555.

486 Nella letteratura araba classica è d’uso collocare ai “tempi di Salomone” uomini ed eventi di grande

antichità; cfr. F. Rosenthal, Fīthāghūras, p. 930.

487

Egli fu infatti considerato monoteista: «Voici qu’il dit des choses divines. Le Créateur Très Haut est un, mais non comme les uns, il n’est pas compris dans le nombre. […] L’unité (waḥda) par essence n’appartient qu’an Créateur de l’univers, de qui procèdent les unités (waḥdāniyyāt) qui sont dans le nombre et dans ce qui est nombré»; cfr. Šahrastānī, Livre des Religions et des Sectes, vol. II, pp. 201-202.

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nata grazie alle dossografie filosofiche dello pseudo-Plutarco,488 dello pseudo- Ammonio489 e di Ḥunayn ibn Isḥāq, e ripresa poi da al-῾Āmirī nel suo al-Amad – fu invece Empedocle il primo filosofo, il quale, dopo esser stato discepolo di Luqmān durante un suo soggiorno in Siria ai tempi del profeta Davide, tramandò ai Greci – e in primis a Pitagora – quella ḥikma divina che, in epoca pre-islamica, secondo il Corano fu donata direttamente da Dio a Luqmān. Pitagora si troverebbe dunque in seconda posizione nella catena dei cinque filosofi (Empedocle, Pitagora, Socrate, Platone, Aristotele) ad aver trasmesso quella sapienza divina dalla quale in seguito i falāsifa avrebbero attinto senza con ciò temere di contraddire gli insegnamenti del Profeta, e dunque di fare cosa sgradita a Dio.490

In entrambi i casi, Pitagora fu una figura centrale nella raffigurazione orientale delle origini della filosofia491

, ed oltre a ciò, fu anche considerato il padre della scienza musicale, dell’aritmetica, della geometria.492

Presso i Sabei di Ḥarrān, Pitagora fu considerato un profeta.493

Gli vennero attribuiti un gran numero di trattati494

; tre dei quali sono citati nel Fihrist assieme al relativo commento di Giamblico495

; Rosenthal riferisce che si trovano spesso riferimenti generici ad opere di aritmetica e geometria attribuite a Pitagora, senza la menzione di alcun titolo, ma Ibn Abī Uṣaybi῾a gli attribuisce un Libro di aritmetica e altri cinque titoli; l’autore di un’opera dedicata alla scienza alchemica gli attribuisce invece un trattato dal titolo Trattato sui numeri naturali (Al-a῾dād al-

488

Si tratta del Libro di Plutarco sulle opinioni sulla natura espresse dai dotti, traduzione araba di Qusṭā ibn Lūqā (m. 912) dei Placita Philosophorum attribuiti a Plutarco – ma che in realtà, come ha mostrato H. Diels, furono composti prima del 177 d.C. come compendio di un’opera di Aezio- dalla quale attinsero sia al-Kindī sia Ḥunayn ibn Isḥāq; cfr. C. D’Ancona, “Le traduzioni di opere greche e la formazione del corpus filosofico arabo”, in Storia della filosofia nell’Islam medievale, pp. 214-215.

489

È il cosiddetto Libro di Ammonio sulle opinioni dei filosofi, un’opera ispirata dalle Confutazioni di

tutte le eresie di Ippolito di Roma (m. 235), ma probabilmente composta direttamente in arabo; soggetta a

numerosi rimaneggiamenti e affine per lessico e dottrina alle versioni arabe di Plotino e di Proclo. Nel Prologo vi ritroviamo la tesi secondo cui gli antichi filosofi avrebbero intravisto la verità della creazione

ex nihilo ed elaborato argomenti contro il dualismo; cfr. C. D’Ancona, “Le traduzioni di opere greche e la

formazione del corpus filosofico arabo”, in Storia della filosofia nell’Islam medievale, pp. 216-217.

490 Cfr. C. D’Ancona, “Le traduzioni di opere greche e la formazione del corpus filosofico arabo”, p. 218

e Ibid., “Al-Kindī e la sua eredità”, p. 318 in in Storia della filosofia nell’Islam medievale.

491

In Ṣā῾id al-Andalusī, trad. Blachère, 60 e in al-Qifṭī, 258 ss. Pitagora è colui che ha elaborato le teorie di Empedocle; traggo queste informazioni bibliografiche da F. Rosenthal, Fīthāghūras, p. 930.

492 Al-Ya῾qūbī, I, 134; cfr. F. Rosenthal, Fīthāghūras, p. 930

493 Cfr. F. Rosenthal, Fīthāghūras, p. 930 e C. Baffioni, “Gli Iḫwān al-ṣafā᾿ e la loro enciclopedia”, in

Storia della filosofia nell’Islam medievale, p. 461.

494 Al-QifṭI, 20; Ibn Abī Uṣaybi῾a, I, 42; al-Mubaššir; cfr. F. Rosenthal, Fīthāghūras, p. 930.

495 Si tratta dei seguenti trattati: On Spiritual Polity, To the Tyrant of Sicily; To Sīfān.s on the Discovery of

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ṭabī῾iyya)496

, mentre nel Corpus Ǧābiriano troviamo un trattato che porta il titolo di

Muṣaḥḥaḥāt Fīṯāġūras497: il nome di Pitagora, insieme ad altri grandi nomi dell’antichità, venne infatti usato molto spesso per donare maggiore prestigio agli insegnamenti alchemici.

La dottrina pitagorica – o ritenuta tale – influenzò particolarmente la teorie arabe della musica e dei numeri; negli Iḫwān al-Ṣafā᾿ troviamo molti riferimenti a Pitagora498 e, come fa notare Rosenthal, probabilmente furono ispirati dal pitagorismo anche nell’organizzazione della loro scuola; anche al-Rāzī si ispirò a quel che riteneva essere la medicina pre-ippocratica di Pitagora – il nome di Badīġūras è spesso citato nel suo

Ḥāwī – e prese le difese dei Pitagorici nei suoi scritti.499