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1.3. La letteratura sapienziale

1.3.2. La nascita della letteratura sapienziale

L’Oriente antico ha senza dubbio dato i natali a moltissime espressioni di letteratura sapienziale, tra le quali annoveriamo i ben noti cinque libri sapienziali del Tanakh – il Libro di Giobbe, il Libro dei Salmi, il Libro dei Proverbi, l’Ecclesiaste e il

Cantico dei Cantici – per citare come esempio i libri maggiormente noti; o anche il Libro della Sapienza attribuito a Salomone dalla tradizione giudaico-cristiana, e il Libro

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Ibn Qutayba, Tafsīr ġarīb al-Qur᾿ān, 32, n. 24. Traggo la citazione da D. Gutas. “Classical Arabic Wisdom Literature”, p. 52.

110 Cfr. al-Kindī, Risāla fī ḥudūd al-ašyā᾿ wa-rusūmi-hā (Epistola sulle definizioni delle cose e le loro

descrizioni), in Rasā᾿il al-Kindī al-falsafiyya, ḥaqqaqa-hā wa-aḫrağa-hā ma῾a muqaddima … ed. M. ῾A. Abū Rīda, I, Il Cairo, 1950-53, p. 177; traggo però questa citazione da F. Rosenthal, Knowledge

Triumphant, p. 39.

111 Da qui in poi, la fonte del capitolo sarà interamente D. Gutas, “Classical Arabic Wisdom Literature”,

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del Siracide attribuito a Yehoshua ben Sira.112 Si tratta dunque di vedere in che modo questo particolare genere letterario si sia sviluppato in lingua araba.

La prima questione da affrontare è dunque quella della datazione della comparsa della letteratura sapienziale in lingua araba; questione inestricabilmente legata a quella dell’esistenza di fonti scritturali in prosa in generale nell’epoca precedente a quella di Muḥammad. Anche per indagare in quest’ambito possiamo prendere in esame il Corano, e notare innanzitutto che, all’interno di quest’ultimo, non meno di sei termini vengono utilizzati per riferirsi ai documenti scritti in generale (kitāb, lawḥ, raqq, qirṭās,

ṣaḥīfa, usṭūra) e almeno altri quattro vengono utilizzati per riferirsi a determinati tipi di

libro (tawrāt, inǧīl, zabūr, e ḥikma, come abbiamo visto). Inoltre traspare dal testo113

come l’assumere degli scribi per uso privato, specialmente per mettere per iscritto delle tradizioni orali di antica memoria, fosse una pratica comune tra i pagani contemporanei del Profeta, tanto che lui stesso fu accusato di non fare altro che registrare storie che già circolavano oralmente; e la realtà di questa pratica al tempo di Muḥammad è confermata anche da altre fonti.114

Da ciò si può facilmente intuire che questa usanza esistesse anche nella Ǧāhiliyya, e alcuni studiosi, come ad esempio Goldziher, sono andati alla ricerca di testimonianze all’interno della letteratura extra-coranica che supportassero questa intuizione.115

1.3.3. Luqmān

Come è stato accennato precedentemente, è possibile che alcuni interpreti del Corano siano stati mossi dalla necessità di evitare che le raccolte di massime in circolazione ai tempi del Profeta acquisissero un’autorità indipendente a quella del testo sacro nel fornire direttive per la condotta quotidiana, e che a questo scopo abbiano

112

Ovvero degli altri due libri contenuti nell’Antico Testamento ma non accolti dall’Halakhah.

113 Cor. XXV, 4-5: «I miscredenti dicono: “Invero questo non è che una menzogna, egli l’ha inventata col

supporto” […] E dicono: “Storie (asāṭīru) degli antichi che si è fatto scrivere e che gli vengono dettate dalla mattina alla sera”».

114

Ad esempio da ῾Abd al-Malik Ibn Hišām, il quale riporta le seguenti parole di al-Naḏr ibn al-Ḥāriṯ, il menetsrello meccano rivale di Muḥammad: «By God, Muḥammad does not tell better stories than I do – his stories are nothing else but tales of the ancients which he has had copied for himself just as I have had them copied for myself», cfr. ᾿Abd al-Malik Ibn Hišām, Sīra: Das Leben Muḥammed’s nach Muḥammed

Ibn Isḥāk, 2 voll., ed. Wüstenfeld, Göttingen, 1858-1860, I. 235; tr. ingl. di D. Gutas, “Classical Arabic

Wisdom Literature”, p. 55.

115 Per maggiori informazioni in merito alle fonti utilizzate a questo scopo e i relativi dibattiti che ne sono

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inteso “neutralizzare” il termine ḥikma all’interno Corano, attribuendogli un significato religioso e non più connesso a questo genere letterario. È stato anche fatto notare, però, che il termine ḥikma avrebbe potuto riferirsi alle raccolte di massime presenti nel Corano stesso, ovvero nella Sura XXXI, la cosiddetta Sura di Luqmān, che contiene le massime attribuite all’omonimo sapiente appartenente all’epoca pre-islamica.

È stato ipotizzato che questa Sura raccolga materiale già esistente in forma scritta al tempo di Muḥammad, verosimilmente nella forma di un libro sapienziale attribuito a questa figura. Se tale ipotesi è corretta, ovvero se davvero uno o più libri sapienziali attribuiti a Luqmān siano stati in circolazione contemporaneamente alla predicazione di Muḥammad, certo l’inclusione di queste massime all’interno del Corano deve aver contribuito ad evitare l’elevazione dei suddetti libri a oggetto di venerazione, precludendo loro in altre parole la possibilità di acquisire tale status in modo indipendente.

L’esistenza di queste raccolte di massime, sebbene non ci siano pervenute116

, è comunque estremamente probabile. L’ipotesi della loro circolazione in lingua araba è infatti supportata anche dalla letteratura extra-coranica, ed è di nuovo Goldziher ad aver riferito un certo numero di passaggi all’interno della prima letteratura islamica che testimoniano questa diffusione almeno sin dal tempo del Profeta.117

Due di queste testimonianze provengono dalla Sunna. La prima è presente in al- Buḫārī118 (m. 870), ma anche in Muslim (m. 875) e in Ibn Ḥanbal (m. 855), e in una versione leggermente diversa in Ibn Abī l-Dunyā (m. 894). In essa è riportato un breve dialogo tra due persone attorno al significato della modestia; uno di essi è ῾Imrān ibn Ḥuṣayn (m. 672), il quale espone l’opinione del Profeta; l’altro, che nella prima versione è un certo Bušayr ibn Ka῾b mentre nella seconda è citato anonimamente, espone un punto di vista diverso, citando espressamente la ḥikma nella prima versione: «È scritto nella ḥikma che…».119

In entrambi i casi, ῾Imrān risponde spazientito: «Io ti

116

Non siamo infatti in grado di stabilire se il poco materiale che ci è pervenuto sia genuinamente pre- islamico e non piuttosto fabbricato in epoca posteriore.

117 I. Goldziher, Muhammedanische Studien, vol. 2, Hallem, 1890, pp. 205-6. Le fonti più eloquenti

trattate in questo studio sono state a loro volta analizzate da D. Gutas, cfr. Id., “Classical Arabic Wisdom Literature”, pp. 56-57.

118 Muḥammad ibn Ismā᾿īl al-Buḫārī, al-Ğāmi῾ al-ṣaḥīḥ [Raccolta autentica], ed. L. Krehl, 4 voll.,

Leiden, 1862-1908, IV 139.

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sto parlando del Messaggero di Dio e tu mi stai parlando della tua pergamena!»120, o «delle pergamene!».121 La seconda testimonianza proviene invece da Ibn Ḥišām122 (m. 833) che la deve a sua volta a Ibn Isḥāq (m. 768), autore della prima biografia del Profeta. Essa narra di un uomo, Suwayd d. Ṣāmiṭ, il quale inizialmente non aveva accolto la Rivelazione, poiché a suo dire possedeva già un libro simile, che era per giunta migliore del Corano, ed esso era il Maǧalla Luqmān (La pergamena di Luqmān).

Effettivamente, è proprio Luqmān, il sapiente degli Arabi, il personaggio di maggiore rilievo nell’ambito della letteratura sapienziale araba pre-islamica: se infatti una diatriba che ha visto il Corano in rivalità con la letteratura sapienziale ha avuto luogo, ciò ci deve portare a concludere che tale letteratura non solo sia effettivamente esistita, ma che debba aver goduto anche una certa fama e di una certa venerabilità. E senza dubbio è a Luqmān che la maggior parte di questo materiale è stato attribuito, proprio a causa del considerevole rispetto che suscitava il suo nome presso gli Arabi.

Così, i versetti coranici nei quali Luqmān e le sue massime sono citati – in particolare, i versetti 12-13 e 16-19 della Sura XXXI – consacrano definitivamente Luqmān al ruolo di ḥakīm per eccellenza della tradizione islamica, strappandolo alla sua precedente posizione di venerabile saggio della tradizione pagana.

Come si è detto, fatta eccezione per ciò che ci è pervenuto grazie al Corano, di materiale pre-islamico attribuito a Luqmān non ci è rimasto nulla, escluse poche massime di origine incerta: è impossibile, infatti, stabilire se si tratti di materiale realmente pre-islamico e non piuttosto di materiare di epoca post-coranica. Si pensa però che questo materiale, sia per quanto riguarda la forma, sia per quanto riguarda il contenuto, derivi a sua volta dalla letteratura sapienziale in lingua semitica, trasmessa in particolar modo attraverso il Tanakh, i cosiddetti testi apocrifi e le tradizioni di Aḥīqar.123

Il primo che, in epoca islamica, si prodigò nel compito di raccogliere e pubblicare il materiale su Luqmān, fu uno studioso vissuto nel primo secolo dopo l’Egira, Wahb ibn Munabbih (m. 728 o 732). Nel Kitāb al-Ma῾ārif di Ibn Qutayba124

è

120 Ibid.

121 Ibid., p. 56. In entrambi i casi il termine utilizzato è ṣaḥifa (pl. ṣuḥuf). 122

Ibn Ḥišām, Sīra I. 283-285

123 D. Gutas, “Classical Arabic Wisdom Literature”, p. 57.

124 ῾Abd Allāh ibn Muslim Ibn Qutayba, Kitāb al-Ma῾ārif, ed. Tharwat ῾Okāsha, 2° edizione, Il Cairo,

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riportato che Wahb avrebbe avuto la possibilità di visionare diecimila bāb della ḥikma di Luqmān. La traduzione del termine bāb è, in questo contesto, incerta. Ma sia che si riferisca a dai capitoli, sia che indichi le singole massime, in ogni caso il senso generale della frase è che, evidentemente, nel primo secolo dopo l’Egira circolava un gran numero di massime in forma scritta attribuite a Luqmān, con le quali Wahb compose presumibilmente le sue collezioni.125

Si ritiene che tali massime siano giunte a Wahb ibn Munabbih nella forma di trasmissioni orali in arabo, e che non siano dunque frutto di alcuna traduzione. Le sue collezioni diedero a questo materiale una forma definitiva, tramite la quale esso fu conosciuto nelle epoche successive.

Fu con l’avvento del IX secolo – ovvero con l’epoca delle grandi traduzioni – che si poté assistere a un secondo stadio dell’influenza della letteratura sapienziale attribuita a Luqmān sulla letteratura araba in generale. In merito a questa fase, la quale comunque necessita ancora di essere studiata approfonditamente, possiamo asserire che furono probabilmente i Cristiani, e non i Musulmani, ad attribuire a Luqmān del materiale tratto da Esopo e dalla tradizione di Aḥīqar. Ma a prescindere da ciò, il testo che può considerarsi il punto di partenza di questa fase è il Nawādir al-falāsifa (Aneddoti dei filosofi)126 di Ḥunayn ibn Isḥāq, nel quale possiamo trovare una sezione dedicata Luqmān che contiene trentasei massime.127

Un libro di Abū l-Wafā᾿ al-Mubaššir ibn Fātik128 scritto negli anni 1048-1049, recante il titolo Muḫtār al-ḥikam wa-maḥāsin al-kalim (Le più eccellenti massime e i

migliori detti), può essere considerato un esempio dello sviluppo della tradizione della

letteratura sapienziale attribuita a Luqmān in lingua araba successivo a quello

125 Le fonti arabe attribuiscono a Wahb diversi titoli di letteratura sapienziale: Ḥikma (o Kitāb Zabūr)

Dāwūd, Ḥikma Wahb, Ḥikma Luqmān, Maw᾿iẓa Wahb; un altro libro a lui attribuito, il Kitāb al-Mubtada᾿ wa-qiṣaṣ al-anbiyā᾿, contiene una sezione dedicata alle massime di Luqmān; cfr. D. Gutas, “Classical

Arabic Wisdom Literature”, p. 58.

126 Questo importante gnomologio dal quale hanno tratto citazioni quasi tutte le opere dossografiche

successive, è giunto fino a noi grazie alla recensione abbreviata di Muḥammad ibn ῾Alī al-Anṣārī, nonché grazie alla traduzione dapprima ebraica e poi alto-spagnola (Libro de los buenos proverbios); cfr. C. D’Ancona, “Le traduzioni di opere greche e la formazione del corpus filosofico arabo” in Storia della

filosofia nell’Islam medievale, p. 215 n. 142.

127 Lo stato attuale degli studi in merito a questo testo non ci permette di stabilire se e in quale misura egli

abbia usato il materiale di Wahb ibn Munabbih; tuttavia parrebbe che le sue fonti siano state altre: in particolare l’Aḥīqar Siriaco e le tradizioni ad esso correlate; cfr. D. Gutas, “Classical Arabic Wisdom Literature”, p. 58.

128 Al-Mubaššir ibn Fātiq fu un intellettuale e storico di probabili origini siriane vissuto in Egitto nell’XI

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rappresentato da Ḥunayn ibn Isḥāq. Anche quest’opera infatti contiene una larga sezione dedicata a Luqmān, che pare essere il risultato della fusione della moltitudine di materiali disponibili a quell’epoca. Una delle particolarità di questo scritto è che esso pare contenere alcune delle massime attribuite a Luqmān anche dal Corano, private però delle usuali formule pie che precedono e seguono normalmente la massima all’interno della Sura XXXI.129

Esiste infine un altro testo grazie al quale le massime di Luqmān sono state preservate: si tratta di un manoscritto dal titolo Aḫbār Luqmān al-ḥakīm wa-ādābuhu. (Notizie su Luqmān il sapiente e le sue massime). Non è chiaro se quest’opera abbia attinto dal Muḫtār al-ḥikam di al-Mubaššir ibn Fātik, o se sia una collezione originale dalla quale è stato piuttosto al-Mubaššir ibn Fātik ad attingere.